Sconfinando

Hobbes

Oggi va così.
Risveglio frenetico. Gianni è in Germania. Questo significa che dobbiamo essere lavate-vestite-nutrite-tutte-e-quattro-contemporaneamente per le 7.40. Questo significa che dobbiamo uscire di casa con zaini-borsedadanza-libridiscuola-ammeniccolipiùomenonecessari-tutte-e-quattro-contemporaneamente.
Ed essendo quattro femmine, la cosa più che routine quotidiana sembra mission impossible.
Ovviamente ci scapicolliamo, cercando di battere il record delle tre scuole in tre punti diversi della città in un lasso di tempo che va dalle 8 alle 8.25, camion dell'immondizia compreso.
Traguardo raggiunto, mi merito un caffè.
Guardo l'orologio.
Scappo, alle 10 devo essere a Milano, in un posto rigorosamente non servito dai mezzi che riesco a prendere io.
Ma la mia Kangoo deve aver sentito per radio che oggi è la giornata internazionale senza macchina e decide di punirmi severamente.
Puzza di gremato. Oscuro stridio ogni volta che cambio marcia.
La frizione.
La mollo nell'unico parcheggio diponibile e raggiungo trafelata il luogo dell'appuntamento.
Mi siedo cercando di prendere fiato-calma-serenità-e-compostezza quando la vedo entrare.
Splendida, al solito.
Vestiti-capelli-accessori-trucco-borsa-scarpe. Dio mio, avrà mai qualcosa fuori posto?
E proprio vicino a me deve sedersi?
La odio, in questo momento la odio.
Mentalmente faccio l'inventario di tutto quanto ho fuori posto io stamattina.
Il relatore comincia a parlare.
Le penne scorrono veloci sui fogli.
Mi dà di gomito.
Giornataccia?
Abbastanza.
Caffè?
Dopo, sì.
Belli gli occhiali nuovi.
Sorrido, finalmente
Tutti abbiamo bisogno del nostro Hobbes.