Sconfinando

Gli spacco la faccia

Lo scrivo qui. Adesso. Perchè G. non c'è. E perchè ne ho già parlato ma non come avrei voluto in sua presenza.
E perchè con lei ho dovuto cercare i toni giusti. Le parole giuste.
Rasserenanti.
Perchè ho dovuto tranquillizzarla.
Calmarla.
Dirle di non avere paura.
Che ci siamo.
Che siamo qui.
Che ci pensiamo noi.
Che domani ne riparliamo con calma e vediamo come e cosa fare.

Ma se "quello" mi capita sotto mano gli spacco la faccia.
E non in senso metaforico.

_._._._._._._._._._._._._._._._._._._._._._._._.

Sono arrabbiata. Furibonda.
E sono preoccupata.
Lui sa dove lei va il pomeriggio.
L'ha seguita.
Domani non andrà sola.
Lunedì nemmeno.
Ma non è questa la soluzione del problema.
Anche se adesso "questo" è il problema.

Cuoco cinese per cucina irlandese

Un Americano, mia conoscenza di Londra, uomo molto istruito, mi ha assicurato che un infante sano e ben allattato all’età di un anno è il cibo piú delizioso, sano e nutriente che si possa trovare, sia in umido, sia arrosto, al forno, o lessato; ed io non dubito che possa fare lo stesso ottimo servizio in fricassea o al ragú. […]  all’età di un anno potranno essere messi in vendita a persone di qualità e di censo in tutto il Regno, avendo cura di avvertire la madre di farli poppare abbondantemente l’ultimo mese, in modo da renderli rotondetti e paffutelli, pronti per una buona tavola. Un bambino renderà due piatti per un ricevimento di amici; quando la famiglia pranzerà da sola, il quarto anteriore o posteriore sarà un piatto di ragionevoli dimensioni e, stagionato, con un po’ di pepe e sale, sarà ottimo bollito al quarto giorno, specialmente d’inverno. […] La carne di bambino sarà di stagione per tutta la durata dell’anno, ma sarà piú abbondante in marzo, e un po’ prima dell’inizio e dopo la fine di quel mese.
Jonathan Swift - 1729

Con tutta l'ironia che questo testo merita.
In versione integrale qui

Buoni propositi per il futuro

In un'altra vita rinasco scorbutica.
Anche se poi mi viene da ridere.
Ma troverò pure qualcuno che ci casca.

How much silence in your day?

Fiumi di parole.
Circondata. Soffocata.
Il telefono.
Spento.
Non ne avevo voglia.
Semplice.
Niente da dire.
Nè da ascoltare.
Scendi al caffè?
No. Grazie. Di nuovo parole. Per carità.
Niente radio, tv, tg.

Soffocare le parole. Il rumore. Attutire il frastuono. Spegnerlo.
Infilare la testa sott'acqua e ascoltare il mondo lontano.
Fuori da me.
O io fuori da lui.
Bambagia nelle orecchie.
Un mezzo senso di vertigine.

Di-stacco.

(l'immagine è di Sabin Corneliu Buraga)

Ambientalmente utile

Da Holden riprendo e sostengo.

Bari, Lungomare Sud, 2 aprile 2006, prima implosione: per i 300mila metricubi di cemento noti come Punta Perotti sarà l'inizio della fine.

Ecomostri, adieu
E se mettessimo alberi al posto del cemento?
Concretamente, qui, si può.

Imbarazzante

Apro l'edizione online del Wall Street Journal. Prima colonna, solita scorsa veloce.
Il Nasdaq e Google e il Dipartimento di Giustizia.
Poi scendo, Delta, eBay.

Poi l'occhio casca lì:
Berlusconi's Career Is at Crossroads e mi dico, beh, ci sta. In fondo mancano pochi giorni alle elezioni e l'analisi internazionale è doverosa.
Tre righe sotto: Read Some of Berlusconi's Colourful Remarks, seguito da una altrettanto colourful galleria di immagini.

Ancora un volta rifletto su come sia imbarazzante essere considerati colourful.
E mi viene in mente Enrico Montesano, tanti anni fa, e la sua lady inglese.
Pittoresco, davvero pittoresco.
Pizza e mandolini li avevamo già, però.

A che gioco giochiamo?

E se smettessi di essere tranquillizzante?
Non sarebbe la stessa cosa vero?
No, non lo sarebbe.
Tutto il gioco cambierebbe.
Non pretese, ma richieste.
Non certezze, ma possibilità.
Non dovere, ma potere.
Tenendo bene a mente che potrei anche non volere.

E va bene così

Senza parole
(post musicato)

Poco meno del 50%

La Libia è lontana. La Turchia pure. E anche la Sicilia non è esattamente dietro l'angolo.
A Milano credo che ce ne toccasse poco meno del 50%.

E metti su quell'aria finto-snob dicendo che insomma. guardare il cielo avendo come prospettiva Linate non è certo come stare nel deserto.
E senza telescopio che fai.
Poi c'è Internet, no?
E le foto lì si vedono bene senza nemmeno bruciarti gli occhi.

Ma alle 12.30 ti accorgi che il fermento in fondo c'è. E non è solo il tuo.
Allora esci sulle scale, con il naso all'insù.
Sapendo che gli occhiali non bastano.
Rientri, fingendo di far spallucce mentre frughi frenetica nel cassetto alla ricerca di un cimelio che chissà poi se esiste ancora.
E quando lo trovi lo sollevi trionfante.
Onore al vecchio floppy, subito smembrato e diviso, per recuperare il disco interno.
Dai-dai-dai e non sei solo tu a dirlo.
Di nuovo sulle scale, l'occhio sulla pellicola.
Si vede, questa volta si vede.
Di mano in mano, di occhio in occhio.
Anch'io, anch'io.

Ritorni alla scrivania.
Sul piano i frammenti di plastica nera e l'etichetta strappata.
Li butti nel cestino.
La pellicola no.
La riponi nel cassetto, ben protetta questa volta.
Si sa mai che la prossima volta ci tocchi il 70%.

Somewhere, over the rainbow

Siamo scese dalla macchina, con le ultime gocce di una pioggia furiosa che ancora cadevano qua e là.
Mentre una luce strana faceva capolino tra le nuvole.
Ancora livida.
Ancora senza promesse.
Ma è bastato voltarsi.
Guardare di là.
E la luce, e gli alberi, e l'asfalto, e tutte le cose intorno sono sembrate diverse.
E forse eravamo diverse anche noi.

Non ho mai cercato la pentola d'oro in fondo all'arcobaleno, ma non ho mai smesso di aspettare l'arcobaleno dopo un temporale.