Sconfinando

Questione di termini

Senza entrare nel merito del fatto di cronaca e delle sue conseguenze immediate (non possiedo elementi sufficienti per una serena valutazione), credo sia importante riflettere sul fatto che i bambini bielorussi che vengono a trascorrere alcuni periodi dell'anno in Italia, spesso ospiti delle stesse famiglie di anno in anno, NON sono bambini in affido preadottivo.
L'affido familiare è un'altra cosa, così come altra cosa ancora è l'adozione.
Confondere ospitalità, affido temporaneo terapeutico, affido familiare e adozione, significa non comprendere il complesso sistema di diritti/doveri che ciascuna delle situazioni prevede.
Senza nulla togliere alle relazioni di affetto e sollecitudine che inevitabilmente si creano.

[è evidente che il timore di maltrattamenti e sevizie fa porre al primo posto la salvaguardia del bambino. è altrettanto evidente che il diritto da difendere è il benessere del bambino, NON il pur comprensibile desiderio di genitorialità della famiglia ospite]

Al femminile

E lo ammetto che mi fanno impazzire quelle che con questa prima pioggia già sfoggiano il corredino nuovo della stagione autunno-inverno.
Mica come me, che stratifico, pescando nell'armadio quel che mi consente di non battere i denti.
La classe non è acqua, me ne rendo conto.
E io sono acqua.

Sorprese

A volte è sufficiente l'idea di una sorpresa per rischiarare anche la giornata più piovosa.
E ora, su questo treno con il quale dribblo lo sciopero dei mezzi pubblici, sorrido.
Anche se ho dovuto rinunciare ai sandali.

[e quando poi l'idea della sopresa si trasforma in realtà, spunta di nuovo il sole]

Oriana

L'ho conosciuta - letterariamente parlando -  alle medie. Era il 1975. Forse il 1976.
Il mio professore di storia mi disse "Leggila, poi ne parliamo". Mi diede in mano "Niente e così sia" me lo ricordo.
Ce l'ho ancora. In quell'edizione. Lei con le treccine, sulla copertina del libro.
L'ho letta allora. E poi andai avanti e a ritroso.
Scoprendo quel che non conoscevo e quel che non aveva ancora scritto.
Arrivò Insciallah.
Lessi anche quello.
E poi l'11 settembre.
E i suoi pamphlet.
Lessi quello che pubblicò sul Corriere della Sera e rimasi esterrefatta. Esterrefatta dal tono, dalla veemenza, dalla rabbia, che andava oltre ogni possibilità di dialogo.
Da allora non l'ho letta più.
Pochi stralci, ma  era uscita dalle mie corde.
Non per le sue idee - che un confronto ha sempre un senso - ma per il suo livore.
So che la malattia le era compagna da tempo.
Che riposi, ora.

Tornando a casa

Sei bagnata
Si
Quant'acqua hai preso?
Parecchia
Hai freddo?
Un po'

Mi guardo i piedi
E le gocce che vanno asciugandosi sulla gonna.
Preparo un tè?
Sorrido.
Ora sto bene.

La logica dell'escamotage

E non è raro che di fronte alla logica ferrea del passo falso, di colpo la mente si illumini di fronte al possibile escamotage.
Il sentiero laterale per aggirare l'ostacolo.
La scappatoia.
Lecita, per carità.
E dunque percorribile.
A una sola condizione.
Che si tenga presente che di scappatoia si tratta.
E che non si pretenda che gli altri non se ne accorgano.

La logica del passo falso

Che in realtà - trattandosi di passo - qualcuno potrebbe obiettare che di dinamica si dovrebbe parlare.
Esiste invece una logica perversa.
Che è quella che ti fa capire che qualunque mossa tu decida di fare, comunque sarà sbagliata.
Per questo l'unica scelta che ti resta da fare è scegliere, valutando il male minore.
E credo che negli scacchi voglia dire saper sacrificare il pezzo meno determinante per la partita in corso.
Cosa che io non so fare.
Mica per niente non so giocare a scacchi.

Lunghe, medie, corte. Che onde.

E al di là di tutto, io la radio l'ho sempre amata. Oh non parlo di quel periodo delle radio corsare che nascevano in ogni cortile. Che era anche divertente, se si vuole. Però aveva di bello il gusto dell'esperimento. E di brutto quella faciloneria che spingeva a credere che bastassero dei dischi e un po' di parlantina per far la radio vera.
No.
Io parlo di prima.
La radio dell'hit parade del venerdì, quella ascoltata al minimo volume di notte mentre leggevo, scrivevo, studiavo. E poi crescendo la radio del disimpegno e quella dell'impegno, passando dall'FM all'AM, che allora c'era ancora la distinzione.
E poi c'erano le radioline.
Che le vedevi la domenica certe coppie tristi, che camminavano al ritmo dello struscio, lui con la radio all'orecchio e lei con lo sguardo perso. Lui le stringeva con foga la mano quando c'era palo. (forse adesso lui camminerebbe con lo sguardo sul display del cellulare e lei gli farebbe da cane guida, se non fosse che nel frattempo invia sms alle amiche)
E io mi dicevo che un fidanzato così io non lo avrei mai voluto.
Poi mi toccò il moroso patito di calcio e la radiolina in giro lui non la portava. Qualche volta chiedeva il risultato. Credo fosse un modo di volermi bene.
E quando arrivavo a casa, mia mamma in cucina aveva sempre la radio accesa. Ce l'ha anche ora, a dire il vero.
E al mattino c'era la lettura dei romanzi. Naturalmente li sentivo solo quando non c'era scuola, ma in un'estate mi ascoltai tutto Piccolo mondo antico e se me lo ricordo ancora, qualcosa vorrà pur dire.
Ora sono forse una ascoltatrice un po' più distratta di un tempo.
Ho quella manciata di programmi "culto" che ascolto al mattino o quando sono in macchina. E non so se sono culto davvero o semplicemente sono i programmi migliori che trovo in quella fascia oraria, senza dover per forza sottostare all'adrenalico buon giorno di un dj al colmo dell'entusiasmo.
So che li ascolto.
Molte altre cose forse le sento.
Forse no.
Perchè a volte mi perdo e il filo non lo ritrovo più.

Spirito animale

E' piaciuto ai conduttori radiofonici il sondaggio secondo il quale per metà degli italiani gli animali hanno un'anima.
La notizia l'ho sentita commentata al mattino presto, più tardi mentre andavo al lavoro e di nuovo mentre tornavo.
Conduttori diversi, forse anche stazioni diverse.
Un unico comun denominatore: fermarsi al compiacimento. Tuttalpiù concedersi lo stupore di fronte all'opposta evidenza: c'è comunque un 50% della popolazione che all'animismo animale ancora non crede.
Nulla di più.
Anzi, liquidare con una battuta (non è questo il momento; non è l'occasione; ma cosa c'entra ora) la vera domanda sensata che qualche radioascoltatore ha posto:

ma cosa si intende per anima?

Ri-mescolando

E sempre più mi rendo conto che per qualcuno il passato altro non è che un calderone, nel quale rimestare con il mestolo del rancore.
Riportando a galla, a seconda dell'uzzo e del momento, questo o quell'evento. Questa o quella frase. Quel gesto o quel fatto.

Cercando collegamenti con qualcosa che forse in quel momento giace in qualche altro punto della pentola. Ma che di certo prima o poi tornerà a galla.
Basta rimestare ancora un po'