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DOVE ANDRO' (FORSE)

Post n°1791 pubblicato il 29 Novembre 2021 da atapo
 
Tag: viaggi

ETIOPIA-ERITREA

 

 

Non solo quest’anno di sicuro non andrò in queste terre, ma credo che non sarà possibile viaggiare là ancora per molto tempo…

Guerre, guerre interminabili, susseguirsi di distruzioni, saccheggi, stragi. Pensare che nel passato sono state terre di grandi regni! Il colonialismo europeo ne ha iniziato e portato a termine la distruzione.

Non conosco molto di questa parte dell’Africa e ciò accresce il suo fascino. I colorati disegni e le pitture conservati al museo antropologico di Firenze, i grandi altipiani dove fa parecchio freddo e il contrasto con deserti fra i più inospitali della Terra, le zone del ritrovamento della nostra antenata Lucy, abitate da chi era simile a noi fin da quei tempi antichissimi; poi la storia più recente, l’epoca delle colonie italiane con l’illusione di un Impero da far sorgere sull’annientamento della storia autoctona, le ombre cupe dei misfatti e del razzismo di quei tempi, che solo da poco sono state divulgate. Penso anche agli edifici e alle architetture che gli Italiani hanno costruito e che restano ancora, alla nostra lingua che ancora gli anziani parlano, al nostro paese visto come una speranza dai giovani di laggiù che affrontano l’emigrazione.

Chi è riuscito a viaggiare in Eritrea e in Etiopia ne è rimasto molto colpito.

Ricordo che, appena diplomata maestra, c’era un corso di aggiornamento di quelli che facevano guadagnare pochi decimi di punteggio per le graduatorie, era l’unico gratuito che potevo permettermi in quegli anni di enormi problemi familiari ed economici: riguardava proprio queste ex colonie italiane e così mi interessai parecchio, al di là del minimo sforzo per apprendere quelle poche nozioni ancora in stile trionfaleggiante per le imprese e i tempi passati.

Pochi anni prima, un’estate al mare avevo conosciuto due fratelli che avevano il papà italiano e la mamma eritrea: la mamma era morta da tempo ed erano venuti in Italia col papà. Il maschio aveva qualche anno più di me ed era bellissimo, alto, magro, pelle ambrata, capelli scuri ricci e due stupendi occhi azzurri; spopolava tra le ragazzine della compagnia di spiaggia, lui ne era ben consapevole e… ne approfittava. La sorella aveva la mia età, anche lei era abbastanza scura, dai tipici lineamenti etiopi, carina, ma molto meno bella del fratello. Diventammo amiche, scoprii che abitavano a Bologna non molto lontano da casa mia, allora al ritorno dalla villeggiatura in quell’estate alcune volte andai a passare qualche pomeriggio da lei e chiacchieravamo tanto… Lei non era serena, non si trovava bene in Italia, diceva che suo fratello era sempre ben accolto in ogni gruppo, mentre lei, così poco appariscente, veniva spesso presa in giro per l’essere “nera”: ancora questi problemi non si affrontavano nella società, ognuno doveva gestirli e superarli con le sue forze… L’estate finì, ripresi la scuola e la persi di vista. Chissà come è proseguita la sua vita, se ha continuato ad esserle difficile vivere in Italia, se è riuscita ad essere felice…

 
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LEO

Post n°1790 pubblicato il 27 Novembre 2021 da atapo
 
Tag: cronaca

 

FINE DELLA STORIA TRISTE


 

Abbiamo continuato ad interessarci alla sorte di Leo, il gatto inquilino del mio giardino, di cui qui c’era la prima parte della storia.

Circa una volta alla settimana facevamo una telefonata all'ambulatorio:

“ verrà operato nei prossimi giorni...”, “è stato operato...”, “ appena sarà in condizioni adatte andrà al gattile...”.

Nessun padrone ha mai telefonato per riprenderlo.

Poi: - Nei giorni scorsi l’abbiamo portato al gattile, ora è là che dovete rivolgervi.-

- Ma in che condizioni è rimasto? Gli occhi…?-

- E’ rimasto cieco, nemmeno l’altro occhio si è potuto recuperare.-

Che dispiacere! Pensavo ad altri gatti ciechi di cui il gattile mette foto e notizie su facebook, so che i mici hanno altri sensi molto sviluppati, anche lui si sarebbe adattato, anche se quei bellissimi occhi verdi-gialli erano chiusi per sempre.

Ora dovevamo contattare la nuova “residenza”, mio marito si era quasi convinto per l’adozione a distanza: in casa con noi nemmeno a parlarne secondo lui, io mi ero rassegnata, anche perché, oggettivamente, se la nostra casa sarebbe stata adatta, non così il giardino col suo cancellone dalle sbarre larghe, attraverso le quali lui era entrato per cercare rifugio dopo l’incidente. Sarebbe uscito troppo facilmente trovandosi così subito sulla strada. Con l’adozione a distanza avrei potuto andare a fargli visita e se avesse poi trovato una famiglia per lui… ne sarei stata contenta.

Ma non è stato semplice saper qualcosa dal gattile: attraverso i numeri di telefono non si riusciva a raggiungere, per motivi che ho scoperto in seguito.

I giorni passavano, finché non ho incontrato un volontario che distribuisce i calendari prodotti dal gattile per autofinanziarsi: ci troviamo una volta all’anno, quando mi porta il calendario che gli ordino. Così in questa occasione gli ho raccontato la storia del gatto, gli ho chiesto se andava al gattile, se lo vedeva, se mi dava notizie, se potevano chiamarlo Leo, il nome che avevo pensato per lui… Abbiamo parlato a lungo, mi ha confermato che i gatti ciechi hanno molta sensibilità anche in altre parti del corpo, per cui si abituano e non se la cavano male, che i gatti belli vengono adottati facilmente anche se hanno handicap, che ora Leo di sicuro stava in infermeria, poi sarebbe andato nel recinto con Poldo, un altro bel micione cieco che spesso è fotografato nella pagina del gattile.

Alla sua prossima visita si sarebbe informato e mi avrebbe aggiornato. Ho dovuto aspettare pochi giorni, ma le novità purtroppo non erano quelle sperate.

Ecco la nostra corrispondenza:

“Purtroppo Leo è deceduto due giorni dopo che era arrivato in gattile. Era in infermeria e l’hanno trovato morto. Forse, ipotesi mia, una lesione interna dovuta all’urto.”

“ O forse non voleva vivere così… Che tristezza… Grazie per l’interessamento.”

“Forse, povero gattone”

Ho pianto, l’ho immaginato solo, confuso, disperato, senza punti di riferimento, senza carezze, si è lasciato andare…

Chissà se oltre il ponte dell’arcobaleno ora sa che io, in un certo senso, l’aspettavo.

Adesso quando guardo il giardino mi sembra così desolatamente vuoto e triste.

 
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MEDITAZIONI DI NOVEMBRE

Post n°1789 pubblicato il 21 Novembre 2021 da atapo
 

QUESTO NOVEMBRE

 



Novembre di solito non è per me un mese entusiasmante: l’umidità, le piogge, il buio che la sera cala velocemente, ancora peggio per il passaggio brusco dall’ora legale a quella solare, tutto ciò mi crea disagio. E’ abbastanza normale, pare che capiti a molti. Soprattutto, dicono, a chi come me è nato in primavera, sembra che il pieno autunno, cioè la stagione opposta, venga vissuta in modo fortemente negativo.

I miei “novembre” sono sempre stati pesanti: quando insegnavo era il periodo in cui si lavorava intensamente dopo i ripassi del primo periodo di scuola, prima che il clima natalizio creasse atmosfere diverse e più “elettriche” nei bambini. C’erano però anche le prime verifiche dell’anno e i primi colloqui coi genitori. Che stress! Tutte le problematiche delle famiglie più difficili ci si rovesciavano addosso, in aggiunta a quelle delle nostre famiglie di insegnanti.

Per me novembre ha spesso significato anche un mese “medico”: devo fare annualmente delle visite di vario genere e spesso sono in pieno svolgimento cure dentistiche, perché i controlli di fine estate non sono stati positivi e allora… via di trapano e affini, in modo da essere sistemati prima di Natale, caso mai si volesse (o potesse) fare un viaggetto invernale, così da non correre rischi.

Certi “novembre” passati inoltre mi hanno gettato in vicende molto tristi, che tornano in mente, le scaccio a fatica e con angoscia.

Ricordo che anni fa avevo scoperto la frase “avere il gufo sulla spalla” per indicare la depressione e mi erano sembrate parole azzeccate per indicare quella grande pesantezza, come un peso addosso, che non si riesce a togliere, che rende difficile ogni attività e ogni decisione. Sì, spesso in novembre era così che mi sentivo e non riuscivo a liberarmi.

Negli ultimi anni invece il “gufo” non lo sento più: non che le cose vadano molto meglio, anzi il covid ha portato preoccupazioni nuove, costrizioni e isolamenti faticosi, però sto affrontando tutto in modo diverso, vivo quasi giorno per giorno, riesco a soffermarmi, come rifugio, di più sui momenti positivi, li ricerco nella lettura di un libro, negli scambi anche scritti quindi virtuali con amici e amiche, nella contemplazione del mio giardino, nella creazione e sperimentazione di una ricetta, nella fantasia che inventa storie e talvolta le scrive. Insomma ricerco la leggerezza di qualcosa che mi dia una soddisfazione anche piccola e su questo mi concentro. Sarà la saggezza dell’età? Saranno i suggerimenti bonari e velati del mio amico psicologo? Non lo so, l’importante è che tutto funzioni e che superi questo mese e anche il seguito con lucidità e serenità, per quanto possibile.

Meditavo su tutto questo ultimamente; ne ho di tempo per la meditazione, perché… il mio computer si è rotto! Completamente e inesorabilmente, non si accende neppure!

Mio marito, esperto, stavolta non sa che pesci pigliare, ci sta studiando e provando, ma mica ci lavora a tempo pieno…

Così io ho inaccessibili tutti i miei file, le foto, i video, le storie, gli appunti degli scambi… Sono molto bloccata, posso usare il suo dove mi sono fatta una cartella provvisoria per questi “incidenti”, per salvare ciò che ora scrivo e certi allegati che ricevo, tipo materiali del teatro.

Però un solo computer da dividere in due vuol dire che è per me quando a lui non serve… e a lui serve molto spesso! Erano già da alcuni giorni che volevo aggiornare il blog, ma in questo modo come si fa?

Ho più tempo per fare altre cose, questo è vero, magari per sistemare un po’ il mio perenne disordine in casa, o per stirare una pila molto alta di biancheria, o per cucinare qualche piatto più elaborato.

E ho più tempo per le meditazioni esistenziali, come potete constatare...

 

 
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FOLIAGE

Post n°1788 pubblicato il 13 Novembre 2021 da atapo
 
Tag: cronaca

IL BOSCO IN FIAMME

 


 

Avevamo già sistemato tutto in montagna, alla fine di ottobre, pensando che la stagione delle giornate lassù fosse ormai finita, per il troppo freddo e perchè non ci va di scendere poi nel ritorno fra boschi e tornanti quando il buio arriva così presto: svuotate le provviste e il frigo, coperti letti e poltroncine con teli di plastica, riposti nei mobili gli attrezzi da lavoro, raccolte le ultime verdure nell’orto.

E arrivederci in primavera!

Poi il marito ha contattato l’azienda locale dei rifiuti per il ritiro di cose residue dalla ristrutturazione, alcuni pezzi a rischio amianto, e l’azienda ne voleva rapidamente le foto. C’erano due giorni previsti di sole, poi acqua e ancora acqua per una settimana: ci siamo precipitati in montagna a fare le foto e di già a prendere alcune misure…

E’ vero, in casa ora è freddo, non c’è il riscaldamento, ma ci copriamo bene e per qualche ora si resiste. E se fuori c’è il sole la montagna è magnifica!

Lo sapevo, lo immaginavo, ma ho toccato con mano la meraviglia del foliage. I monti attorno hanno tutte le sfumature dei colori caldi e anche dietro casa… ho passeggiato un po’ lungo la strada che costeggia il bosco dietro casa mia, mentre mio marito scattava le foto richieste.

Ci sono per la maggior parte alberi che perderanno le foglie: querce, robinie, pioppi e altri che non so, ogni tanto uno o pochi abeti, quelli che si sono spinti in basso alla quota degli 800 metri a cui siamo, le abetaie scure stanno sulle cime dei monti, come cappelli.

E’ tutto così splendidamente colorato! Come un incendio festoso. Tutti i colori rimescolati, pare il disordine di una natura agitata, gli ultimi spettacoli prima del sonno invernale… A terra c’è un tappeto soffice multicolore, le foglie sono un po’ diradate e ora si intravedono meglio certi sentieri, si potrebbe salire, penetrare nel bosco, con scarponcini adatti. Ma anche solo dalla strada è tutto così suggestivo. E un grande silenzio, solo a tratti il fruscio del vento, il canto del torrente in basso con le sue pozze luccicanti, qualche verso di uccelli nascosti, forse indispettiti dal mio passaggio.

Sì, mi piace tanto quel luogo, quella casa, quell’aria leggera e pulita, la possibilità di vivere il susseguirsi delle stagioni nella natura, mi manca ormai solo di conoscere lassù l’inverno, la neve che quando viene non fa sconti, dicono. Infatti i vecchi padroni ci hanno lasciato, fra le altre cose, una enorme pala per togliere la neve…

Ma senza il riscaldamento è impensabile andarci. Però… perché no, quando avremo terminato di rendere abitabili le stanze potremmo pensarci, so che a mio figlio piacerebbe molto stare lassù come base per sciare poi all’Abetone...

 
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GATTI

Post n°1787 pubblicato il 07 Novembre 2021 da atapo
 
Tag: cronaca

STORIA TRISTE

(che continua...)


Per due anni il gatto Andrea aveva abitato il mio giardino, da gatto libero e randagio; non del tutto, perchè la punta di un orecchio tagliata mi indicava la sua appartenenza a una colonia felina, certo dei dintorni, ma non ho mai scoperto quale nei miei giri per il quartiere, nè lui si è mai degnato di dirmelo. Aveva avuto anche l'onore di essere raccontato in questo blog, a quei tempi.

Poi era scomparso, ma al suo posto era subentrato un altro inquilino: un grosso gatto nero, da me chiamato Nerone, non del tutto sconosciuto, perchè la sua coda, spezzata e piegata ad angolo, mi svelava essere il micetto che giocava con la sua mamma nel mio giardino, anni prima, quando era piccolo. Se non ci fosse stata la caratteristica di quella coda, certo non l'avrei riconosciuto! Tornava nei luoghi della sua infanzia, ma era molto selvatico, schizzava via appena qualcuno usciva di casa, non aveva alcuna curiosità di osservare la nostra vita umana, come faceva Andrea dall'alto dei casottini porta attrezzi.

Questa primavera, a volte, insieme a Nerone, ma a debita distanza, c'era in giardino un altro gatto, mai visto prima.

Poi, una notte, si sentirono brontolamenti, soffi, miagolii acuti da lotta e, il mattino dopo, diversi ciuffi di pelo nero trovati sul vialetto indicarono, senza alcun dubbio, il perdente di quella nottata di guerra.

Infatti Nerone non si fece più vedere, il nuovo gatto stabilì il suo territorio nel giardino e cominciò la nostra reciproca conoscenza... a distanza. Non troppa stavolta, perchè, come Andrea, se uscivamo si spostava appena, quel poco che bastava ad avvisare "Non mi fido del tutto", però ci studiava, a volte saltava oltre la rete, dal vicino, poi stava lì accanto curioso, ma sentendosi protetto, altre volte dopo un po' di osservazione si allontanava e usciva dal cancello, ma dignitosamente, con andatura lenta e forse un po' scocciata di chi avrebbe voluto starsene in pace e invece doveva sopportare questa umana che gli rivolgeva anche la parola e lo salutava. Qualche sera, dietro alla portafinestra chiusa della cucina, l'ho visto che si era avvicinato al vetro e guardava all'interno.

Sembrava interessato a noi e alla nostra vita. Non aveva la punta dell'orecchio tagliata, quindi non apparteneva a una colonia felina, il suo aspetto era molto pulito e curato, avrà avuto un padrone da qualche parte, ma si sa come sono i gatti, amano prendersi la libertà del vagabondaggio. Il colore assomigliava a quello di Andrea, un grigio tendente al rosato, con leggere tigrature grigie più scure sui fianchi e sulla coda, il pelo semilungo gli formava una piccola criniera attorno al muso, gli occhi erano grandi e di colore giallo tendente al verde chiarissimo. Di corporatura snella, le zampe lunghe, quando girava tra l'erba mi pareva un mini leopardo nella savana. In estate erano comparsi dei topolini in fondo al giardino, dove c'è più selvatico e la compostiera, ma sono durati poco... ne abbiamo trovato anche qualche resto: il micio aveva fatto il suo dovere.

Insomma un gran bell'animale e naturalmente io mi sono affezionata: ultimamente avevamo l'appuntamento fisso ogni pomeriggio, spesso uscivo a raccogliere il bucato steso prima che il buio lo riempisse di umidità, gli parlavo un poco e lui mi ascoltava sgranando gli occhioni di quel bellissimo colore. Pensavo: "Non gli ho ancora scattato foto, penso al bucato e mi dimentico di prendere la macchina fotografica, devo proprio ricordamelo". Avevo voglia di dargli un nome, quale? Forse LEO, da leopardo, per quell'impressione di agilità e grazia che mi suggeriva.

Poi, la sera del 19 ottobre...

Tornavo dalle prove di teatro, era quasi mezzanotte. Sul cancello di casa mia ho notato un cartello: "Qui gatto ferito", sono entrata in casa e ho chiesto a mio marito: - Dov'è questo gatto?- Mi sembrava impossibile che lui, per niente amante dei gatti, ne avesse accolto uno.

Lui mi racconta. Verso le 21,30 ha suonato un uomo, gli ha detto che era stato appena investito un gatto da un'auto che si era allontanata. Aveva visto la scena e il gatto che poi era entrato dal cancello nel nostro giardino, pensava che noi fossimo i proprietari. Ma dov'era ora il gatto? Mio marito l'ha cercato nel giardino, senza esito. Poi alla luce fioca ha notato le tracce di sangue e l'ha scoperto sotto al portico, si era nascosto dentro uno scatolone semirovesciato e aperto di lato.

Aveva il muso sanguinante e un occhio quasi uscito dall'orbita.

Mio marito non sapeva che fare, ha cercato di telefonare a vari numeri trovati in rete, Protezione Animali, Soccorso Veterinario, nessuno rispondeva. Anche a una clinica privata veterinaria, che hanno subito precisato che se venivano a prenderlo avremmo dovuto pagare TUTTO, trasporto, visite, cure. Intanto arrivavo a casa io, abbiamo continuato a cercare e a fare telefonate, anche a una mia collega di teatro che ha la figlia veterinaria, ma quest'ultima era irraggiungibile... era già l'una di notte! Il micio si era tutto rintanato e raggomitolato, ma era vivo, respirava... abbiamo coperto lo scatolone con una stoffa, perchè la notte era fredda, avremmo ripreso le ricerche il mattino dopo.

Era il MIO gatto del giardino! Forse era entrato proprio da noi, dopo l'incidente, perchè la considerava casa sua, dovevamo prenderci cura di lui!

La mattina dopo, appurato che il micio era ancora vivo e si era anche girato nella scatola, abbiamo finalmente parlato col Servizio Tutela Colonie Feline e dopo mezz'ora arrivava il veterinario con una gabbia-trasportino: con poche manovre appropriate, senza quasi muovere il gatto, l'ha spostato nella piccola gabbia, ci ha detto che era maschio e sterilizzato, così abbiamo visto che anche l'altro occhio era insanguinato, così come la bocca, però il resto del corpo sembrava intatto, anzi, cercava pure di allungare le zampe.

La foto del gatto (dalla parte meno... rovinata), con descrizione e numero di telefono del Servizio Tutela ecc. è stata messa su Facebook, su una pagina del nostro quartiere, per la ricerca URGENTE del proprietario, io e molti altri l'abbiamo condivisa sui nostri profili e su altri gruppi. Sono stata contattata da alcune persone che avevano perso un gatto, ma nessuna era la giusta. Noi abbiamo fatto anche dei volantini, con la foto e il messaggio, li abbiamo attaccati sul nostro cancello e in altri punti del quartiere, incroci, negozi... nulla.

Una volta alla settimana telefoniamo al numero di riferimento e chiediamo notizie. Nessun padrone si è presentato, a volte certuni preferiscono non farsi vivi, avrebbero le cure da pagare, e li lasciano al loro destino...

E il micio come sta? Purtroppo le lesioni sono varie e gravi: un occhio l'ha perso, l'altro ancora non si sa, ha fratture alla mandibola e al palato, deve essere nutrito meccanicamente, dice il dottore. E' stato operato, dovrà esserlo di nuovo, verrà curato, quando starà bene se il padrone non si farà vivo (e ormai le speranze sono quasi inesistenti) finirà al gattile di Firenze, dove, forse, potrà essere adottato.

Io ho molto a cuore questa vicenda, vorrei adottarlo, ma mio marito è assolutamente contrario ad avere gatti che... limiterebbero la sua libertà (discorso annoso, dai tempi in cui era con noi il gatto di mia figlia). Forse nemmeno casa nostra sarebbe adatta ora, il giardino non è chiuso, dal cancello a larghe sbarre potrebbe uscire (così come è entrato per cercare rifugio) e si troverebbe (cieco o quasi) di nuovo sulla strada...

Spero di convincere il marito a fare l'adozione a distanza, quando sarà in gattile... così potremo almeno andarlo a trovare.

Rimpiango di non avergli mai scattato una foto, in quei pomeriggi del bucato in cui mi fissava con i suoi bellissimi occhi giallo-verdi che adesso... chissà come saranno ridotti...

Da quella sera triste, ogni pomeriggio quando guardo il mio giardino, ora tutto festoso nei colori autunnali, penso al micio Leo, mi aspetto di vederlo da un momento all'altro sbucare tra le piante, ma tutto resta desolatamente vuoto e mi si stringe il cuore.

 
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