Aggiornamento in Infettivologia: Infezione ricorrente da Clostridioides difficile

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SER-109, una terapia del microbioma orale per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile

Le attuali terapie per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile non affrontano il microbioma perturbato, che supporta la germinazione delle spore di Clostridioides difficile in batteri produttori di tossine.
SER-109 è un microbioma terapeutico sperimentale composto da spore di Firmicutes purificate per il trattamento dell’infezione ricorrente da Clostridioides difficile.
È stato condotto uno studio di fase 3, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo in cui i pazienti che avevano avuto tre o più episodi di infezione da Clostridioides difficile ( incluso l’episodio acuto qualificante ) hanno ricevuto SER-109 o placebo ( 4 capsule al giorno per 3 giorni ) dopo il trattamento antibiotico standard.
L’obiettivo primario di efficacia era mostrare la superiorità di SER-109 rispetto al placebo nel ridurre il rischio di recidiva dell’infezione da Clostridioides difficile fino a 8 settimane dopo il trattamento.
La diagnosi mediante test delle tossine è stata eseguita all’ingresso dello studio e la randomizzazione è stata stratificata in base all’età e all’agente antibiotico ricevuto.  
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Valutazione dell’uso precoce di antibiotici nei pazienti con forma non-grave di COVID-19 senza infezione batterica

L’impiego degli antibiotici era comune in alcuni Paesi durante la fase iniziale della pandemia del coronavirus 2019 ( COVID-19 ), ma manca una valutazione adeguata.
Uno studio ha valutato l’effetto dell’uso precoce degli antibiotici nei pazienti con COVID-19 in forma non-grave, ricoverati, senza infezione batterica.
Questo studio di coorte retrospettivo multicentrico ha riguardato 1.373 pazienti ricoverati con COVID-19 non-grave e senza infezione batterica.
I pazienti sono stati divisi in due gruppi in base alla loro esposizione agli antibiotici entro 48 ore dal ricovero.
Gli esiti erano la progressione a forma grave di COVID-19, la durata della degenza superiore a 15 giorni e il tasso di mortalità.
Durante il periodo di follow-up di 30 giorni, la percentuale di pazienti che sono passati alla forma grave di COVID-19 nel gruppo uso precoce degli antibiotici è stata quasi 1.4 volte quella del gruppo controllo.
Nel modello a effetti misti, l’uso precoce di antibiotici è risultato associato a una maggiore probabilità di sviluppare forma grave di COVID-19 e di rimanere in ospedale per più di 15 giorni.
Non è stata rilevata alcuna associazione significativa tra l’uso precoce di antibiotici e la mortalità.
L’analisi con coorti abbinate al punteggio di propensione ha mostrato risultati simili.
Nell’analisi dei sottogruppi, i pazienti che ricevevano qualsiasi classe di antibiotici erano maggiormente a rischio di esiti avversi per la salute.
L’Azitromicina non ha migliorato la progressione della malattia e la durata della degenza nei pazienti con COVID-19.
Dallo studio è emersa la raccomadazione di evitare l’uso di antibiotici a meno che non sia assolutamente necessario nei pazienti con forma non-grave di COVID-19, in particolare nelle fasi iniziali.( Xagena2022 )
Yin X et al. Int J Antimicrob Agents 2022;59(1):106462.doi: 10.1016/j.ijantimicag.2021.106462

I FANS non peggiorano il COVID-19 nei pazienti ospedalizzati

Infettivologia.net

I farmaci antinfiammatori non-steroidei ( FANS ) non aumentano il rischio di forma grave di malattia o di decesso nei pazienti ospedalizzati per COVID-19.
Queste le conclusioni di uno studio prospettico di ampie dimensioni che ha riguardato pazienti ricoverati in ospedale con malattia COVID-19, fornendo ulteriore evidenza sulla sicurezza dei FANS e sugli esiti ospedalieri.

Per più di un anno si è discusso se i FANS potessero avere un effetto deleterio nelle persone a rischio di COVID-19.

Nel marzo 2020, funzionari sanitari francesi avevano annunciato che l’uso di antidolorifici come i FANS poteva aumentare la gravità della malattia indotta da SARS-CoV-2, e avevano raccomandato ai pazienti di assumere il Paracetamolo.
Il National Health Service ( NHS ) nel Regno Unito aveva formulato una raccomandazione simile.
Ma altre Agenzie non avevano ritenuto ci fossero prove sufficienti per sostenere di escludere i FANS nella terapia del COVID-19, e recenti studi pubblicati su Annals of the Rheumatic Diseases e PLoS Medicine hanno indicato che non c’è correlazione tra impiego degli antinfiammatori non-steroidei e peggioramento della malattia da coronavirus. CONTINUA: https://www.infettivologia.net/articolo/i-fans-non-peggiorano-il-covid-19-nei-pazienti-ospedalizzati

 

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