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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Maggio 2015

Nati nella famiglia sbagliata: Il premio anelato

Post n°1000 pubblicato il 14 Maggio 2015 da lascrivana

 

L’arrivo dell’erede, si rivelò per Lucio molto più proficuo di quanto potesse immaginare.

Suo padre, pazzo di gioia per averlo reso nonno, e di un maschio per giunta, gli affidò la responsabilità di dirigere a pieno titolo gran parte dei suoi loschi affari.

Al giovane malavitoso, non parve vero di avere in mano il potere da sempre ambito. Avido e senza scrupoli, già pregustava la possibilità di avere sempre più carne fresca per soddisfare i propri istinti animaleschi e perversi. Ma, prima d’iniziare qualsiasi altra cosa, doveva prendersi ciò che anelava da tempo: Carlo Lucisano.

 

-Papà, prima di buttarmi a capofitto negli affari, vorrei trascorrere qualche settimana fuori città in compagnia di mia moglie e mio figlio-

Don Carmine, posandogli un braccio sulle spalle, sorrise compiaciuto.

-Ma certo figghiu mio. Hai tutto il diritto di concederti una vacanza. Così, al tuo ritorno, ne approfitterò anch'io. Da tempo immemore ormai, tua madre mi chiede di fare un viaggio per l'Italia. Con te a capo della famiglia, non avrò problemi ad accontentarla-

Dopo essersi congedato, Lucio si recò subito da Agnese, ansioso di comunicarle la bella notizia. Dopo aver socchiuso la porta della cameretta, la sorprese intenta a cambiargli i pannolini. La vista del corpicino nudo di Carmine Campisi Junior, pur turbandolo, gli provocò un fremito.

Agnese, attenta com’era a coccolare e pulire la creatura, non si accorse subito della sua presenza. Cercando di calmare i propri impulsi, Lucio richiuse la porta e rimase in attesa. Dopo qualche istante, bussò nuovamente. 

-Che vuoi Lucio?-

Gli domandò Agnese astiosa.

-Ho una bella notizia per te Agnese. Poiché tu e John, mi avete fatto un bel favore rendendomi padre, ho deciso di premiarvi. Passerete qualche settimana insieme al bambino nella villa che ben conoscete. Vi raccomando però, di fare molta attenzione e di non muovervi da lì, sino a che non ve lo dirò io. Ho detto a mio padre che, prima di dedicarmi totalmente agli affari, voglio passare una settimana con la mia famiglia-

Lucio si lisciò il mento, compiaciuto della propria idea. Una volta che se li fosse tolti dai piedi, avrebbe potuto avvicinare Carlo senza nessuna complicazione.

La mattina successiva alla loro partenza Lucio si alzò di buon’ora. L'intenzione, era quella di farsi trovare davanti alla scuola, aveva pianificato tutto.

Carlo Lucisano, come era solito fare, stava percorrendo il marciapiede. Un istante più tardi, una grossa automobile rallentò sino a fermarsi al suo fianco.

-Ciao Carlo! Salta su che ti do uno strappo fino a scuola-

Sbirciando all'interno dell'abitacolo, il giovane fece un passo indietro. 

-Mio padre mi ha proibito di rivolgerti la parola, Lucio-

Lucio, sornione, non smise di sorridere.

-Ma ora tuo padre non c'è Carlo. Lo sai che sei diventato zio? Non ti piacerebbe conoscere il nipotino?-

A quella notizia, gli occhi di Carlo si riempirono di una luce gioiosa. Bastò questo per spronare Lucio a incalzarlo.

-Forza. Sali in macchina che ti porto a vederlo! Agnese sarà felicissima. Non ti piacerebbe darle questa soddisfazione? Tua sorella è triste Carlo. Soffre molto del fatto che, nessuno della sua famiglia, sia venuto a congratularsi con lei-

Aveva toccato i tasti giusti. Il povero Carlo, ignaro della sorte che gli sarebbe aspettata, decise di accettare l’invito.

-Però, promettimi che nessuno lo verrà a sapere, va bene?-

Lucio acconsentì sorridendo compiaciuto. No, nessuno lo avrebbe mai saputo.

Laura e Danio

 
 
 

Nati in una famiglia sbagliata: La nascita.

Post n°999 pubblicato il 12 Maggio 2015 da lascrivana

 

La mia permanenza a villa Campisi, grazie a mia suocera, si rivelò una vera e propria vacanza. Lontana dal caos cittadino e dagli affari loschi del clan, mi crogiolavo in un vero e proprio paradiso. Vivere nel lusso e nell’agiatezza era un’esperienza nuova per me, e anche molto gratificante.

Tutto questo però, non riusciva a togliermi quel senso di apatia e tristezza che, ogni qual volta pensavo alla mia famiglia, mi assaliva.

Nonostante la gravidanza, e gli sforzi di Lucio per riappacificarci, mio padre non aveva mollato di un centimetro nella propria e personale lotta contro le vessazioni mafiose.

Sovente, mi capitava di captare qualche conversazione privata tra Lucio e Carmine. E i loro ragionamenti, piuttosto che rassicurarmi, non facevano altro che aumentare la mia ansia.

-Non ti preoccupare figghio mio. Una volta nato il picciriddo, faremo in modo di sistemare le cose, in un modo o nell'altro-

Ed era l'altro modo che m'incuteva terrore.

Saltuariamente, e per non destare sospetti, l'autista di Lucio veniva in villa a prendermi.

-Un uomo, ha sempre bisogno della propria donna accanto...- era solito ripetere don Carmine.

Con quella scusa, avevo l'opportunità di vedermi con John nella vecchia villa fuori città.

 

 

L’arrivo dell’erede Campisi, era atteso dal nonno paterno con gioia e trepidazione. Nonostante non si conoscesse ancora il sesso, Carmine aveva già predetto che sarebbe stato un maschio.

Personalmente, l’unica cosa che m’importava era che Lucio stesse il più lontano possibile da me e dalla mia famiglia.

L'idea che covasse ancora delle mire su mio fratello, non si erano del tutto placate, tutt'altro.

Quando potevo, scortata dai soliti gorilla e con la complicità di mia suocera Maria, andavo a spiare Carlo all’uscita di scuola. Sino a quel momento però, non avevo notato nulla di strano. Qualche volta ero riuscita persino ad avvicinarlo e a domandargli di mamma e papà. Inizialmente, Carlo sembrava parecchio risentito e restio a rivolgermi la parola. Poi, guardando il mio pancione, si raddolciva e sorrideva.

-Diventerò zio Agnese? Non vedo l’ora che nasca sai? Anche se non potremo stare insieme spesso, purtroppo-

Le sue parole, avevano il potere di ributtarmi di nuovo nell’angoscia. No, non avrei mai permesso che mio fratello varcasse la soglia della villa dei Campisi. Sarebbe stato come spingerlo direttamente nelle fauci del lupo.

 

Il tempo della gravidanza stava ormai volgendo al termine, tutto era pronto per la sua accoglienza. Don Carmine, completamente pazzo di gioia, aveva fatto arredare la cameretta vicino alla mia stanza e l’aveva riempita di balocchi. Mia suocera, con il suo buon gusto, aveva pensato al corredo. Mio figlio sarebbe stato un bambino fortunato. Era atteso come un messia, per un sacco di buone ragioni da parte di tutti.

Dal mio canto, nei momenti di sconforto, avrei voluto tenerlo nel pancione il più a lungo possibile. L’idea di farlo nascere in un simile ambiente mi terrorizzava. Lo avrebbero fatto diventare un gangster come loro, ne più ne meno. L'unica cosa che potevo fare, e che mi ripromisi con tutta me stessa, era solo di fare il possibile per tenerlo lontano da quella vita.

Più volte avevo sognato di scappare, ma l’idea che la mia famiglia sarebbe rimasta sola e in balia delle grinfie dei Campisi, mi smontava subito.

 

E così arrivò anche il giorno della nascita di Carmine Campisi junior. Sarebbe inutile sottolineare l’orgoglio di mio suocero. Era così contento da riempire di fiori la mia camera privata, nella miglior clinica di New Orleans. Per non parlare dei preziosi doni con cui ci riempì. Anche Jhonn venne a trovarmi. Era emozionato ed eccitato come un bambino. Quando prese suo figlio in braccio per la prima volta, non poté fare a meno di trattenere due lacrime di commozione, di gioia e tristezza. La consapevolezza di non poterlo crescere l'avrebbe angustiato per sempre eppure, io non riuscivo a odiarlo per questo.

-Ti prometto che veglierò su di te piccolo mio, a costo della mia stessa vita-.

Dopo avergli sussurrato queste dolci parole, lo depose nuovamente tra le mie braccia e ci avvolse in un abbraccio.

-Voi siete la mia ragione di vita Agnese. Non permetterò ad anima viva di farvi del male, te lo giuro sul mio onore-.

Una promessa che suggellò deponendomi un lungo bacio sulla bocca.

Laura e Danio

 
 
 

Nati nella famiglia sbagliata: il lusso che conquista

Post n°998 pubblicato il 09 Maggio 2015 da lascrivana

 

Lucio mi strattonò sino al taxi in malo modo. Una volta in macchina mi puntò il dito contro con fare minaccioso.

-Ringrazia il cielo che ora dobbiamo presentarci dai miei genitori, altrimenti ti avrei gonfiato quel bel faccino di schiaffi!-

Ricambiai il suo sguardo, non preoccupandomi affatto di nascondere il disprezzo che provavo per lui. Dalla mia bocca, non uscì una sola parola.

L’averlo fronteggiato così coraggiosamente, sembrava averlo disorientato. Forse, si era aspettato che tremassi dalla paura, che chiedessi umilmente scusa. Povero stupido, non aveva ancora capito nulla di me!

Da parte mia, dovevo solo pazientare. Prima o poi, il momento di ripagarlo sarebbe arrivato, e l'avrei fatto senza pietà.

Arrivammo nei quartieri ricchi di New Orleans molto in fretta.

La proprietà dei Campisi, situata nella prima periferia, sembrava infinita. Per arrivare alla villa attraversammo un parco immenso, completamente ricoperto di alberi e fiori di ogni forgia e colore.

Poco distante dalla tenuta, il Mississipi scorreva placido e silenzioso. Sembrava proprio un piccolo paradiso.

La villa poi, fu un'autentica sorpresa. Un gioiello incastonato nel bel mezzo della natura.

In altre circostanze, avrei sicuramente pensato che la vita fosse stata oltremodo magnanima con me. Invece ero angosciata, tutto quel lusso avrebbe rappresentato l'antitesi dell'inferno.

Una volta scesi dall’automobile, due eleganti camerieri in livrea bianca ci vennero incontro solleciti.

Salutandoci con deferenza, ci scortarono sino all'ingresso principale, un grande portone in legno massiccio.

Nonostante le apparenze, non mi ero di certo lasciata ingannare. Pur mascherati sotto candide divise, non mi era sfuggita la corporatura massiccia e il rigonfiamento sotto le ascelle. Due guardie del corpo col sorriso stampato sul volto.

Ci accolse un maggiordomo in completo gessato scuro, come la sua espressione d'altronde.

-Bentornato signore, vi accompagno subito nel salone- disse solenne.

-Non preoccuparti Eugenio, conosco benissimo la strada- rispose Lucio ancora incupito.

Afferrandomi per il braccio, mi trascinò quasi attraverso l'atrio, una sequela di marmi e carta da parati a righine color oro da stordire il visitatore.

Arrivati dinanzi a una porta elegantemente intarsiata, Lucio si fermò fissandomi intensamente.

-Ora conoscerai i miei genitori. Stai molto attenta a ciò che dirai e tutto andrà per il meglio. In caso contrario...-

Non terminò la frase, il sottinteso era più che evidente.

Io non dissi nulla, limitandomi a fissarlo a mia volta.

Nonostante la mia ritrosia, una volta entrati rimasi nuovamente stupita. Il salone, enorme, era arredato con oggetti squisiti e di sicuro valore.

Le pareti, sui toni dell'azzurro, non facevano altro che risaltare l'ampia vetrata posta proprio al centro.

Il fiume, al di la di essa, rifletteva i raggi del sole donando alla stanza un colore particolare.

 

I genitori di Lucio, l'uno accanto all'altra, ci accolsero con un sorriso raggiante.

Don Carmine, in particolare, sembrava davvero compiaciuto della scelta del figlio.

-Bene...- esclamò con voce roca.

-Non pensavo che Renzo Lucisano tenesse una figlia così carina-

La moglie, senza smettere di sorridere, annuì con la testa.

Dentro di me, quelle parole risultarono false e ipocrite.

Con quel matrimonio, Carmine Campisi pensava di poter placare i fuochi di mio padre. Il tutto, per non inimicarsi mio zio Michele, uomo fidato e devoto.

Dopo le presentazioni, Eugenio ci accompagnò nella parte est della casa, dove si trovava la nostra camera matrimoniale.

Il pensiero di essere costretta a dividere le stesse cose con lui, m’inorridiva. Non l'avrei permesso, anche a costo di fuggire da quella reggia. Ma non fu necessario.

Lucio stesso, una volta davanti alla camera, si scostò per lasciarmi entrare.

-Non preoccuparti...- disse con un sorriso di scherno

-Mi sono inventato che, come tutte le donne in stato interessante, soffri di nausee continue e dormi poco. Rischiando così di non far dormire pure me!-

Tirai un sospiro di sollievo.

-Così ho detto ai miei genitori che dormirò nella mia vecchia stanza, soddisfatta?-

Non mi degnai nemmeno di rispondere. Voltandogli le spalle, entrai nella camera con l'intenzione di riposarmi.

Ma non trascorse molto tempo. Dopo circa un'ora infatti, Lucio si presentò nuovamente.

-Mi devo assentare per qualche giorno, affari...- disse andando subito al sodo.

-Ti raccomando, fai la brava con i miei genitori mentre sarò via, altrimenti…-

La sua assenza, non poté farmi che bene.

Le mie giornate trascorrevano lente e tranquille. Alternavo lunghe passeggiate nel parco, alle sortite in città con mia suocera.

Maria era una donna fine ed elegante, oltre che molto bella. Come avesse potuto sposare quel rozzo di Carmine, restava un mistero per me, almeno all'inizio. Poi, visitando i numerosi negozi, la spiegazione venne da se. Maria adorava il lusso. Amava circondarsi di cose belle e preziose, che solo i soldi potevano dare.

Sempre scortate dai gorilla di Campisi, in breve tempo il mio guardaroba si riempì di abiti costosi e firmati.

Dal parrucchiere poi, elaborava complicate pettinature e i migliori trucchi per me. Ero la sua bambola, il suo giocattolo o, forse, la figlia che non aveva mai avuto.

Poi, dopo qualche giorno, la cadillac nera di Lucio si fermò davanti all'ingresso. Ebbi un tuffo al cuore quando la vidi dalla finestra.

Inaspettatamente però, ne scese solo l'autista, un tipaccio poco raccomandabile.

Presentandosi davanti a don Carmine, gli riferì che Lucio, trattenuto oltre il previsto, sentiva nostalgia di me. Avrebbe dovuto portarmi da lui.

L'idea di rivederlo non mi garbava per nulla, e lo feci chiaramente capire ai Campisi.

Alzando un braccio però, don Carmine interruppe le mie pur timide proteste.

-E' tuo marito Agnese, devi obbedire. Quindi, prepara le tue cose e vai-

Anche se pronunciò la frase con voce pacata, si trattò di un vero e proprio ordine.

Una volta in macchina, cercai di carpire qualche informazione all'autista. Ma l'uomo, ignorando il fatto che mi desse fastidio, continuò a fumare il suo dannato sigaro puzzolente senza fornirmi risposte.

Dopo circa un paio d'ore, arrivammo a una villa isolata nel bel mezzo della campagna. Il posto, seppur idilliaco, aveva qualcosa di tetro. Brividi mi percorsero tutto il corpo mentre, lentamente, l'automobile si fermava davanti all'ingresso.

-Qualcuno la sta aspettando donna Agnese. Vada pure, alla valigia penso io, non si preoccupi- disse finalmente.

La porta d'ingresso era socchiusa, notai.

Spingendola con cautela, mi ritrovai in un atrio non dissimile da quello di villa Campisi.

-Ciao amore...-

Sobbalzai spaventata.

John, comodamente seduto su un divano dall'aspetto prezioso, si alzò e mi venne incontro, le braccia spalancate.

Non ebbi il tempo di dire alcunché.

Serrandomi le spalle con le braccia robuste, mi spinse contro la parete ricoprendomi di baci.

-Quanto mi sei mancata Agnese, non avrei resistito nemmeno un minuto di più lontano da te!-

Si allontanò un poco per rimirarmi.

-Quando ti ho visto scendere dalla macchina, ho faticato a riconoscerti. Così elegante, e con questo bellissimo taglio di capelli, non riuscivo a credere che questa bella donna fosse solo mia. Nonostante la crudeltà del mio baratto, non sono per nulla pentito. Lo rifarei mille volte-.

Bastò questa frase a rigettarmi nel baratro.

-Io penso che tu lo abbia già rifatto- dissi titubante

-Perdonami amore, ho dovuto. E l'ho fatto sopratutto per tuo fratello, sai quanto lo brami Lucio-

Spingendolo in malo modo di lato, mi allontanai da lui come una furia.

-Quanti altri innocenti dovranno ancora pagare per il nostro riscatto?-

Mi resi conto di aver alzato troppo il tono della voce. La felicità di rivederlo, non doveva intromettersi nei miei piani di vendetta.

 

Cercai di calmarmi, spostando la mia attenzione su altro.

-E come hai convinto Lucio a mandarmi a prendere?-

Avvicinandosi nuovamente, mi afferrò per la nuca. Stavolta non mi ritrassi.

-Gli ho detto che magari, il nostro tentativo di avere un figlio poteva essere fallito. E che dovevo riprovarci se non voleva mandare tutto a monte-

Le sue mani, nel frattempo, avevano iniziato a scendere. Con dolcezza, mi spinse sul divano e cominciò a baciarmi sul collo, sui seni. Un fremito mi avvolse. Avvertivo la sua voglia, dura come un macigno, premere contro il mio ventre.

Le mie mani si mossero da sole. Liberandolo dalla prigione, afferrai il suo membro e l'aiutai a cercare la strada.

Quando mi penetrò, chiusi gli occhi e mugolai di piacere. Ero di nuovo la donna più felice del mondo.

Danio e Laura

 

 
 
 

Nati nella famiglia sbagliata: Il rientro

Post n°997 pubblicato il 06 Maggio 2015 da lascrivana

 

Nonostante mi odiassi a morte, fu difficile mantenere rapporti freddi e impersonali con John.

Ogni qualvolta mi si avvicinava tutte le mie paure, i miei dubbi, crollavano. Mi abbandonavo a quella passione con una foga bestiale, tanto da spaventare persino me stessa.

Possibile che con lui fosse così difficile mantenere il controllo?

Non ero mai abbastanza sazia di lui, lo desideravo più di ogni altra cosa al mondo.

Il tutto, era reso più semplice dal fatto che, da qualche tempo, Lucio sembrava essere scomparso. Ma avevo parlato troppo presto.

Ripresentandosi in albergo il giorno della nostra partenza da Las Vegas,mi disse senza mezzi termini che, una volta rientrati, saremmo andati direttamente dai miei genitori. John si limitò a guardarmi inespressivo, mi sentii morire.

Inutile dire che le mie proteste furono inutili.

 

Una volta atterrati infatti, diede al tassista l'indirizzo di casa mia.

Quando arrivammo, in preda a un panico incontrollato, lo vidi suonare il campanello con naturalezza, sorrideva.

Quando la porta si aprì, lo sguardo di mia madre fu come una mazzata allo stomaco.

Pallida da far paura, aprì la bocca per dire qualcosa ma Lucio, facendo un passo in avanti, non glielo permise.

-I miei rispetti donna Rosalia. Potrei parlare con vostro marito?-

In lontananza, la voce di mio padre echeggiò alle loro spalle.

-Non permetterti di far entrare quella svergognata, Rosalia. Ne tanto meno quel individuo che l'accompagna, sono stato chiaro?-

Per nulla intimorito, Lucio avanzò deciso.

-Don Lucisano...- disse alzando la voce.

-Che lo vogliate o meno, io e vostra figlia siamo marito e moglie ormai. Inoltre, desidero informarvi che siamo in attesa di un erede, vostro nipote!-

A quelle parole, mia madre si portò le mani alle labbra.

-E vorreste forse, che il sangue del vostro sangue nasca senza la vostra benedizione?- concluse trionfante Lucio.

Seguirono alcuni istanti di silenzio durante i quali, la tensione, si poteva tagliare con il coltello.

-Non ti riconoscerò mai come genero, Campisi!- tuonò mio padre affacciandosi alla porta.

-Così come non benedirò nessun nipote nato da questo sciagurato matrimonio! E adesso andatevene, ho già perso sin troppo tempo con voi-

Pur tremando vistosamente, esultavo per le parole di mio padre.

Il mio pensiero andò a Carlo, al fatto che, per lo meno, Lucio non gli si sarebbe potuto avvicinare più di tanto.

Ma Lucio, testardo e infido quanto era, sembrava non voler darsi per vinto.

-Papà...Renzo...voi mi permettete di chiamarvi così vero? Vi prometto che mi prenderò cura di Agnese e della vostra famiglia. Manderemo Carlo a studiare nelle migliori scuole e voi non dovrete più penare-

Nel sentir nominare mio fratello, avvertii un tuffo al cuore. Nonostante questo, cercai di mantenere un minimo di controllo.

-Ascolta Lucio, conosco bene mio padre. Per ora andiamo via, vedrai che con il tempo cambierà idea-

Ignorandomi, Lucio proseguì nel proprio discorso.

-Papà, io voglio che veniate a vivere nel nostro ricco quartiere e che abbiate la più bella villa che ci sia a New Orleans. Mamma Rosalia, per voi la vita da sguattera resterà solo un brutto ricordo. Potrete fare la signora restando comodamente a casa a comandare una schiera di servitù-

Quel bastardo, stava toccando i tasti giusti per far colpo, mi sentii perduta.

Dovevo inventarmi qualcosa, e dovevo farlo al più presto.

Scostandolo bruscamente, mi piazzai davanti a mio padre, rosso dalla collera.

-Io invece, ti ritengo colpevole per aver messo in pericolo la mia vita e quella di mio fratello! Per questo, ti odio a tal punto che sono io a non implorare il tuo perdono! Il mio nome, d’ora in avanti, sarà solo Agnese Campisi. Un nome rispettato da tutti. Questa vita da onorati combattenti mi ha stancato! Mio figlio crescerà come un principe. E in quanto a voi, non voglio più vedervi!-

Dire queste cose ai miei genitori, mi feriva oltremodo. Ma era l’unica cosa che potevo fare per evitare che si lasciassero corrompere dal finto perbenismo di Lucio. Assorta com’ero nei miei pensieri, lo schiaffo di Lucio mi colse impreparata, tanto da farmi perdere l’equilibrio e cadere a terra. Da una parte è stato un bene perché, barcollando, evitai l’impatto duro della sua mano sulla mia faccia. In un certo senso l’avevo quasi schivato.

-Non ti permetto di mancare di rispetto ai tuoi genitori!- sbraitò Lucio falsamente indignato.

-Se non sparite entro due minuti, parola mia che vi faccio saltare le budella! E bada bene Campisi, stavolta faccio sul serio! Prendi questa svergognata e andatevene, prima che sia troppo tardi!- tagliò corto mio padre.

  • Danio e Laura

 
 
 

Nati in una famiglia sbagliata: desiderio di vendetta

Post n°996 pubblicato il 03 Maggio 2015 da lascrivana

 

Ansante e sudato, Lucio si rivestì. Il ragazzo, scosso dai singhiozzi, giaceva supino sul letto.

-Smettila di frignare stronzetto, in fin dei conti non sei stato un granché- disse sprezzante. Fece quindi per andarsene ma, quando fu sulla porta, il giovane emise una sorta di gemito.

-Che vuoi ancora- la mano già sulla maniglia.

-Io...ecco. L'altro signore, mi...aveva detto che sarebbe stato lei a...a pagarmi...-

Lucio esplose in una fragorosa risata. Tornando verso il letto, affondò le mani nelle tasche dei pantaloni.

-Hai ragione, scusami- disse tranquillamente.

-Ecco ciò che ti devo-

 

Brandendo un coltello a serramanico, lo fece scattare davanti agli occhi terrorizzati del ragazzo.

-E quanto vorresti per la tua prestazione? Su, non aver paura, dimmi una cifra-

Ammutolito, il giovane scosse la testa con decisione.

-Come no? Mi hai appena detto che vuoi essere pagato. Ebbene, dimmi quello che vuoi allora!-

-Non...non fa nulla signore, mi...mi scusi...io...- farfugliò il ragazzo sempre più nel panico.

Come se non l'avesse udito, Lucio avvicinò la lama ai suoi genitali.

-Non che ti servino a molto, ma azzardati ancora una volta a chiedermi soldi, e giuro che te li stacco in un colpo solo. Sono stato chiaro?-

Il ragazzo annuì freneticamente.

-Ok, ci siamo capiti picciriddo- proseguì Lucio rimettendo il serramanico in tasca.

-Ti aspetto stasera, dopo cena. E vedi di essere puntuale-

Chiudendosi la porta alle spalle, il mafioso sorrise soddisfatto.

In fin dei conti, non era stato del tutto sincero. In realtà, era da tempo che non provava una soddisfazione simile. Pensandoci bene però, si rese conto che, durante il rapporto, non aveva fatto altro che pensare a Carlo, il fratello di quella stupida di Agnese. Avrebbe dovuto rimediare, e l'avrebbe fatto al più presto.

 

Attenta a non svegliarlo, scesi lentamente dal letto e mi recai in bagno. Una volta dentro, riempì la vasca d'acqua calda, quasi bollente, quindi m'immersi.

Mi sentivo tremendamente in colpa. Nonostante le migliori intenzioni, avevo fatto l'amore con John in maniera furiosa, quasi animalesca.

Quell'uomo aveva il potere di soggiogarmi, di stravolgermi. Ma, una volta uscita dalle lenzuola, tutti i dubbi e le incertezze m'assalivano impietose e inesorabili.

Come avevo potuto accettare un simile compromesso? Il pensiero di Carlo, così giovane e indifeso, mi fece fremere di terrore.

In cuor mio, era convinta che prima o poi Lucio gli avrebbe messo le mani addosso. Al solo pensarci, venni colta da un senso di nausea.

No, non potevo permettere una cosa simile.

E la soluzione, pur tremenda e sconvolgente, non poteva essere che una. Dovevo uccidere Lucio, e dovevo farlo da sola.

Quando ritornai in camera, John stava ancora dormendo profondamente.

Lo fissai intensamente.

La decisione appena presa, avrebbe di certo sconvolto le nostre vite, ma ciò non mi fece retrocedere, anzi.

In fondo, era solo colpa di uomini come John e Lucio se stavo per trasformarmi in un'assassina.

Non fui nemmeno sfiorata dal pensiero della prigione. Se avessi fatto le cose con calma, nessuno avrebbe mai sospettato di me.

Presa da quelle riflessioni, non mi era nemmeno accorta che john aveva aperto gli occhi.

- Ciao amore...- disse attirandomi a se.

 
 
 

Nati nella famiglia sbagliata: notte di odio e passione.

Post n°995 pubblicato il 01 Maggio 2015 da lascrivana

 

Guardandomi allo specchio del bagno, faticai  a riconoscermi.

La pelle, da sempre liscia e rosata, appariva tirata e grigiastra. Sotto gli occhi, preoccupanti borse color inchiostro spiccavano nitide nel pallore cadaverico del viso.

Voltandomi, fissai la porta. Al di la di essa, John mi stava aspettando nel grande letto matrimoniale. Un brivido mi percorse per tutto il corpo, chiusi gli occhi.

Da sempre, avevo bramato quel corpo compatto e sodo. Così come avevo adorato quei muscoli scattanti e duri come la pietra. John, sapeva fare l'amore in maniera divina. Paziente e rispettoso, era in grado di portare una donna all'apice, toccando i punti giusti per poi affondare imperioso.

Mio malgrado, quei pensieri mi turbarono ed eccitarono al tempo stesso. Ma, una parte di me, sembrava restia a lasciarsi andare.

E si trattava della parte razionale, quella che mi aveva fatto dubitare del mio amore per lui. Come aveva potuto farlo? Come aveva potuto propormi una cosa simile?

Lucio, era la persona più vomitevole che avessi mai conosciuto, ed era ufficialmente mio marito.

A parte quello, ciò che mi disgustava maggiormente era stato il premio per quella messinscena.

John era stato piuttosto restio a parlarmene, ma alla fine aveva ceduto.

-Lucio è un pedofilo Agnese. Adora i ragazzini, e più volte l'ho messo in guardia sui rischi che sta correndo-

Incredula, l'avevo assalito con ferocia.

-E tu, l'uomo che amo di più nella mia vita, hai permesso una cosa del genere? Ma come fai, che razza di coscienza hai?-

John aveva scosso il capo, incapace di replicare.

-Tu sei suo complice John...- avevo  proseguito sempre più inviperita.

-E sai benissimo che ha messo gli occhi su Carlo, mio fratello. Ma ti giuro che, se osa anche solo avvicinarsi, lo ammazzo come un cane. Così come non esiterei a fare la stessa cosa con te!-

Travolto da così tanta furia, John aveva cercato di minimizzare.

-Non devi neanche pensarla questa cosa Agnese. Sono stato ben chiaro con lui, stai tranquilla-

Tutto questo, era accaduto solo un paio di giorni prima, eppure sembrava essere trascorso un secolo.

Ed ora, nel bagno di quella stanza da favola, mi trovavo a combattere una lotta terribile.

Da una parte, il desiderio di essere toccata da quelle mani sapienti era quasi insopprimibile. Dall'altra, il disgusto per ciò che era stato tramato a mia insaputa, mi tratteneva più del dovuto.

Lentamente, mi avvicinai alla porta e la socchiusi. La stanza, in penombra, mi rimandò l'immagine di John disteso sul letto, completamente nudo.

Un fremito, immediato, mi partì dal basso ventre sino a irradiarmi i seni e al collo, mi sentì avvampare.Mi odiai per aver provato quella sensazione, ma era più forte di me.

Improvvisamente, le nefandezze di Lucio e le bugie dell'uomo che stavo osservando passarono in secondo piano.

Togliendomi la leggera sottoveste, mi distesi accanto a lui baciandolo con passione. Con una mano accarezzai il torace possente, mentre l'altra mano indugiava dolcemente sul basso ventre.

Lui mugugnò di piacere, lasciandomi fare per qualche minuto. Poi, quasi con furia, mi rivoltò sulla schiena e in un secondo mi fu sopra.

Lo fissai spaventata, ma il suo sorriso fu sufficiente a tranquillizzarmi.

-Non sai da quanto tempo aspettavo questo momento amore- disse John con voce roca.

-Ti amo da impazzire...ti voglio da impazzire...-

Afferrandomi la  testa, lo sentì premere contro di me  con forza,

-Anch'io ti amo John...-  risposi sospirando mentre  inarcavo la schiena per poter aderire meglio al suo corpo già pronto a riesplorare i deliziosi meandri del piacere.

Danio e Laura

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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