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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Febbraio 2017

In fondo al tunnel 11

Post n°1357 pubblicato il 27 Febbraio 2017 da contastorie1961

Rientrato in fretta e furia, Daniel si spogliò e gettò gli abiti nel caminetto. Qualche goccia d’acido aveva bruciacchiato felpa e jeans, nonché il palmo della mano, che adesso pulsava dolorosamente. Dopo essersi medicato, si versò un bicchiere di whisky e chiamò Giada.

-Sono appena atterrata, cosa c’è ancora!- rispose chiaramente indispettita.

In breve, le raccontò ciò che era successo.

-Mi stai dicendo che hai sfigurato Giorgio invece di quella puttana?- sembrava incredula.

-Quando mi ha afferrato per la giacca ho reagito d’istinto, e a parte la boccetta con l’acido non avevo armi con me. Non mi aspettavo tornasse così presto, è stata solo sfortuna-

Giada rimase in silenzio per qualche istante. Quando riprese a parlare, il suo tono si era in parte addolcito.

-Sai che non m’importa più di Giorgio, vorrà dire che sarà lei a guardarlo con ribrezzo, forse è stato un bene che sia andata così-

Pur pensandolo, Daniel evitò di sottolineare che era quello che le aveva proposto lui.

-Dovrò restare nascosto, almeno per un po. Non credo che qualcuno abbia assistito alla scena, ma è sempre meglio non rischiare- disse invece.

-D’accordo, appena torno ti darò il resto del compenso, ci sentiamo-

-Solo quello?- aggiunse con un pizzico d'ironia.

-Ci devo pensare, ma non illuderti- e riattaccò.

Sorridendo, Daniel depose il cellulare e si versò dell’altro whisky. Pur rimanendo sulle sue, Giada gli aveva fatto chiaramente capire di essere ancora interessata a lui, ma su questo non aveva mai avuto dubbi.







Rosalia fissò il giovane medico con occhi pieni di speranza.

-Come sta?- chiese in un sussurro.

-Lei è la moglie?-

-No, Giorgio è separato, sono la sua compagna-

Le costò molto pronunciare quelle parole, sopratutto perché la loro convivenza era durata un solo giorno.

Il medico annuì, quindi la invitò a sedere.

-Il dottor Casellari si trova in terapia intensiva. Non le nascondo che le sue condizioni sono gravi, tuttavia non si trova in pericolo di vita- esordì in tono professionale.

Rosalia faticò a trattenere le lacrime, ma le ultime parole l’avevano in parte rincuorata.

-E le...le ferite...sono gravi?-

Il volto del medico s’incupì.

-La quantità d’acido che l’ha colpito è stata rilevante, non posso negarle che sono molto profonde. Quasi certamente, una volta che sarà curato a dovere, avrà bisogno di diversi interventi di chirurgia plastica, mi dispiace-

Rosalia annuì, poi si arrese alle lacrime.

.-Posso...posso vederlo?-

-Vorrei poterle dire di si, ma è tenuto in coma farmacologico e sarebbe perfettamente inutile. Lei è sconvolta, per cui le consiglio di andare a casa e riposare. Se trascorre la notte tranquillo, le prometto che domani potrà vederlo, anche se solo per qualche minuto-

Lasciato lo studio, Rosalia si avviò stancamente verso l’uscita. Era come se stesse vivendo su una nuvola, tutto le appariva sfocato e i rumori le davano fastidio. Come sarebbe cambiata la sua vita, ora?

-Signora Vandati?

Le parve di voltarsi al rallentatore, e le ci volle qualche istante per mettere a fuoco chi l’aveva chiamata per nome.

-Sono l’ispettore Molinaro, dovrei farle qualche domanda se non le spiace-

Quello che si ritrovò davanti, sembrava tutto meno che un poliziotto. A cominciare dai capelli, troppo lunghi secondo gli standard a cui era abituata. I jeans erano strappati in più punti mentre la felpa grigia, con un’icona dei Beatles stampata sopra, bene si abbinava al giubbotto nero.

-Sono a sua disposizione, mi dica- rispose guardandosi attorno.

-Che ne dice di un caffè al bar, staremo più comodi-

Cinque minuti più tardi, a un tavolino appartato, Rosalia posò la tazzina sul piattino.

-Non ho la più pallida idea di chi possa essere stato- disse rispondendo alla domanda dell’ispettore.

-Vivete insieme?-

Rosalia ebbe un attimo d’esitazione, quasi si vergognasse ad ammettere che era stata la prima notte trascorsa con Giorgio.

-No, ma la notte scorsa è rimasto da me- disse infine.

-Capisco, e stamattina presumo sia andato al lavoro-

-Molto presto. Mi ha lasciato un biglietto per avvisarmi, ma non ho la più pallida idea di come, un’ora dopo, fosse ancora davanti a casa mia-

-Conosce la sua ex moglie?-

-No, e lui non me ne ha mai parlato-

-Sembra che sia una delle donne più ricche della città, strano che non ne abbiate mai accennato-

Rosalia cominciò a innervosirsi. Ciò che aveva detto corrispondeva al vero, Giorgio non era mai andato sul discorso, non ne avevano avuto il tempo.

-Che possa crederlo o meno, è così-

Molinaro annuì e si alzò.

-Peril momento va bene così, ma potrei avere ancora bisogno di parlarle. I caffè li pago io, buona giornata signora Vandati-

Rimasta sola, Rosalia lasciò che si allontanasse per poi alzarsi a sua volta. Raggiunta l’uscita, s’incamminò verso il parcheggio dei taxi ma, a metà strada, incrociò lo sguardo del giovane rasato. Era seduto su una panchina e, non appena la vide, le andò incontro.

-Ciao, sei riuscita a vederlo?- passando con naturalezza al tu e sfoggiando un gran sorriso.

Pur avendo il morale sotto i tacchi, contraccambiò e scosse la testa.

-Sei diventato il mio angelo custode ormai. Comunque no, non sono riuscita, i medici mi hanno detto di tornare domani-

-Ok, se vuoi ti riaccompagno a casa, sono sempre libero oggi-

Mentre la macchina s’insinuava nel traffico, Rosalia si accorse di non sapere ancora il suo nome.

-Non so come ringraziarti, senza il tuo aiuto molto probabilmente avrei causato un incidente, potrei sapere il tuo nome?-

Lui voltò la testa.

-Io sono Igor, molto piacere-

-Rosalia, piacere mio-

Il resto del tragitto si svolse in silenzio. Solo quando giunsero a destinazione fu rotto da Rosalia.

-Grazie di tutto, Igor, sei stato troppo gentile- disse aprendo lo sportello.

-Figurati e... a proposito, se ti può interessare sono avvocato. Nel caso tu non ne abbia uno, sarò felice di aiutarti-

Lei rimase con la mano sulla portiera, la bocca spalancata dalla sorpresa. Tutto si sarebbe aspettata, ma chi avrebbe mai immaginato che dietro le sembianze di un cantante rock si celasse un avvocato.

-Non sei la prima, e nemmeno l’ultima- disse lui vedendo la sua espressione. Quindi, dal taschino del giubbotto, prese un biglietto da visita e glielo porse.

-C’è scritto tutto: e-mail, indirizzo e numero di telefono, chiamami quando vuoi, e fammi sapere come sta Giorgio-

Detto questo, inserì la marcia e se ne andò.



 
 
 

In fondo al tunnel10

Post n°1356 pubblicato il 25 Febbraio 2017 da contastorie1961

Prima il suono insistito del campanello, poi quelle urla strazianti, ma cosa stava succedendo la fuori? Saltando su una gamba sola, Rosalia s’infilò l’altra scarpa e corse alla finestra della camera. Da quella posizione però, riusciva a vedere solo parte della strada,per cui tornò in soggiorno e uscì. La prima cosa che vide fu la propria dirimpettaia affacciata al balcone. Il cellulare attaccato all’orecchio, gesticolava animatamente indicando un punto della strada, come se chi la stesse ascoltando potesse vedere qualcosa. Un altro paio di persone stavano risalendo la via a passo di corsa, mentre una macchina frenò bruscamente proprio davanti al suo cancello. La persona alla guida, un giovane completamente rasato,balzò fuori e le sfrecciò davanti senza nemmeno accorgersi della sua presenza.

D’un tratto sentì le gambe farsi pesanti come piombo, e un tremendo quanto assurdo sospetto s’insinuò come una serpe viscida nel suo cervello.

Stupida, sei solo una stupida, cercò di ordinare alla sua mente in subbuglio poi, finalmente, si mosse. Un capannello di persone, le stesse che aveva visto poco prima, attorniavano un uomo steso a terra. Il ragazzo rasato, al suo capezzale, si era tolto il giubbotto e gliel’aveva arrotolato sotto la nuca. Avvicinandosi, Rosalia avvertì un tuffo al cuore e si portò una mano alla bocca.

Quegli abiti, mio dio, quegli abiti.

Si mise a correre, il rumore dei tacchi a confondersi con quello dei suoi battiti, poi li raggiunse.

-Stia lontana, signora, non è un bello spettacolo- le si rivolse un uomo di mezz’età. Rosalia lo ignorò e, dopo averlo aggirato, si chinò accanto all’uomo a terra e al ragazzo. Di colpo, i rumori della strada le arrivarono sfumati, alzò la testa e si guardò attorno con la vista annebbiata, quindi tornò a fissare l’uomo col volto deturpato e deglutì. La guancia destra era letteralmente devastata,e lembi di pelle pendevano inermi mostrando la carne viva. Le labbra apparivano come bollite, e il naso non era da meno . Solo gli occhi e la guancia sinistra sembravano essere passati indenni da quella distruzione, i suoi meravigliosi occhi.

-Per fortuna è svenuto- disse una voce alle sue spalle.

-L’ambulanza dovrebbe arrivare da un momento all’altro- aggiunse un altro.

Rosalia iniziò a tremare violentemente, la nausea le risalì dallo stomaco sino a provocarle un conato.

-Signora, l’avevo avvertita di non guardare!- disse l’uomo di mezz’età afferrandola per le spalle.

-Venga...venga via...su-

Lei si lasciò sollevare, quindi strinse con forza il braccio dello sconosciuto.

-È...è...Giorgio…- farfugliò.

-Lo conosce?-

In quel momento, il suono di una sirena fece voltare tutti verso l’inizio della via. Scortata da una pattuglia della polizia, l’ambulanza affrontò l’ultima curva ad alta velocità per poi fermarsi a qualche metro di distanza. Pratici e svelti, i paramedici circondarono immediatamente Giorgio e iniziarono le prime cure. Dopo averlo sistemato sulla barella, gli infilarono l’ago di una flebo nel braccio e gli misurarono i parametri vitali. Nel frattempo, un poliziotto si avvicinò a Rosalia e all’uomo di mezz’età, mentre l’altro iniziò a parlare col gruppetto poco distante.

-Buongiorno, conoscete per caso la vittima?- chiese in tono professionale.

L’uomo scosse la testa.

-Io no, ma la signora credo proprio di si- rispose indicando Rosalia.

-Signora?- l’incalzò l’agente.

Lei lo guardò ma, quando aprì la bocca per dire qualcosa, ne uscì solo un lamento lungo e prolungato.

-Si sente bene?- insistette il poliziotto.

Poi tutto iniziò a girare e, prima che i due uomini potessero fare qualcosa, si accasciò al suolo.



-Come si sente?-

La voce sembrava provenire da molto lontano. Rosalia sbatté più volte le palpebre, quindi si mise seduta. Si trovava sul divano di casa sua, e l’uomo che aveva parlato era il giovane rasato.

-Dove...dov’è...Giorgio...io…-

-A quest’ora sarà senz’altro in ospedale, è suo marito?-

Cercando di ricacciare indietro le lacrime, Rosalia si alzò e andò alla finestra. La strada era tornata quella di sempre, con poche macchine che transitavano adagio e ancor meno pedoni. Le parve impossibile che, poco prima, qualcuno avesse potuto assalire Giorgio e ridurlo a quel modo. Il ricordo del suo volto devastato le provocò una vertigine, tanto che dovette attaccarsi alle ante per non svenire di nuovo.

Prontamente, il ragazzo si precipitò verso di lei cingendole la vita con un braccio.

-Signora, mi scusi se insisto, ma farebbe bene a mettersi a letto e riposare, vuole che le prepari qualcosa?-

Rosalia scosse la testa con energia.

-No, devo andare subito a vedere come sta, grazie lo stesso-

Indossato velocemente un giacchino di lana, prese la borsetta e vi frugò dentro alla ricerca delle chiavi della macchina. Il giovane inarcò un sopracciglio.

-Lei è sconvolta, signora, non credo sia saggio che si metta alla guida-disse preoccupato.

-Sono benissimo in grado di fare que…-

-No che non lo è- la interruppe.

-Oggi sono di riposo, se vuole l’accompagnerò volentieri-

Lei non rispose e rimase a fissarlo. Chi era costui? E come si permetteva di dirle ciò che doveva fare? Anche se, in fondo, forse non aveva tutti i torti. La testa le sembrava un macigno e le tempie le pulsavano dolorosamente, inoltre le gambe erano diventate molli e instabili.

-Sarebbe davvero gentile- disse alla fine.

 
 
 

Ogni casa ha una storia nelle mie memorie.

Post n°1355 pubblicato il 24 Febbraio 2017 da lascrivana

L'immagine può contenere: spazio all'aperto

Più volte sei stata la mia casa nei sogni di bambina. Un’immagine che ha sempre protetto le mie notti insonni; quando la paura mi faceva battere così forte il cuore da pensare che da un momento all’altro potesse scoppiare.

Mi rifugiavo in quel piccolo mondo, dove gli elfi gironzolavano allegri.

Io, non ero come lo specchio mi confermava. Io ero fatto di sogni e illusioni, di desideri e di ambizioni. C’era sempre un principe al mio fianco. Un uomo che si prendeva cura di me e realizzava tutti i miei sogni e le mie passioni. Qualcuno mi dirà che esistevano infanzie peggiori; ed io non smentirò mai questa verità; anche se questo non smontava la mia immaginazione. Sognare non toglieva nulla a nessuno; mentre arricchiva me di una nuova energia.

Ancora oggi quando mi lamento, qualcuno mi dice di guardare chi sta peggio; anche oggi io rispondo: è vero! Anche se ciò non toglie che io possa cambiare in meglio la mia realtà. Se non sarò capace di risolvere i piccoli affanni quotidiani, come posso pretendere di risolvere quelli grandi?

Ecco perché non sottovaluto mai le problematiche altrui, pur se insignificanti per me, per chi li vive, costituiscono un ostacolo insormontabile.

 E' insito nell'uomo il desiderio di un presente migliore. La continua ricerca, può solo essere positiva per l'individuo che ricerca il meglio. Stare a intristirsi per amari destini senza soluzione, non aiuta nessuno. Tanto meno se stessi.  Con questo non dico che bisogna essere egoisti, solo ribadisco che bisogna essere generosi anche con se stessi.

 

 

 
 
 

In fondo al tunnel 9

Post n°1354 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da contastorie1961

Per la terza volta consecutiva il telefono di Giada risultò irraggiungibile. A quel punto, Daniel rinunciò e decise di mandarle un messaggio informale. Col senno di poi, l’idea di rivelarle ciò che era successo non lo allettava più così tanto. Rientrato a casa sprofondò subito sul divano, accese la play station e scelse uno dei videogiochi più violenti. Sgozzare le vittime, oppure torturarle a morte, riusciva sempre a stemperargli la tensione, una sorta di terapia d’urto. Ed era proprio mentre stava seviziando una giovane fanciulla che, improvviso e petulante, lo squillo del cellulare lo fece sobbalzare. Stizzito, mise il gioco in pausa e guardò il display: Giada.

-Ho visto solo ora il tuo messaggio, mi si era scaricato il telefonoCi siamo visti stamattina, e mi avevi assicurato che avresti agito subito, cosa c’è ancora da dire?disse la donna col solito tono arrogante e sbrigativo.

-Ci sono dei problemi- si limitò a rispondere Daniel.

-Che tipo di problemi?-

-È meglio se ne parliamo a voce, io sono a casa-

Giada faticò a mantenere un tono di voce controllato.

-Sono quasi le undici di sera, e domattina devo partire prestissimo per Londra-

-Vuoi goderti lo spettacolo da lontano?- la schernì Daniel.

-Un viaggio d’affari fissato già da tempo, e comunque sarò di ritorno dopodomani. Allora, di che problemi si tratta?-

-Problemi logistici più che altro, ma nulla che non possa essere risolto-

-Ok, attendo tue notizie, ti saluto-

Lasciandosi andare contro lo schienale, Daniel fissò la scena del videogioco nel momento in cui l’aveva messo in pausa. A quel punto, il serial killer aveva legato la giovane a una sedia e si apprestava ad accendere la motosega. Riprendendo in mano il joystick, premette il tasto play e proseguì nel gioco. In breve tempo, della povera ragazza non rimasero altro che brandelli di carne sanguinolenta.

Livello superato, ottimo.

Soddisfatto, si accese un sigaro e andò alla finestra. Peccato per quella partenza inaspettata e di cui era all’oscuro. Se Giada avesse accettato il suo invito, avrebbe fatto di tutto per farsi perdonare la mezza violenza di cui l’aveva fatta oggetto quella stessa mattina. Pur non essendo affatto geloso, sapeva benissimo che non si sarebbe trattato di un viaggio d’affari. Molto più probabilmente, uno dei suoi danarosi amici inglesi aveva fatto un fischio, tutto li. Poco male, aveva tutto il tempo per organizzare l’agguato nei minimi particolari, e avrebbe iniziato proprio in quel momento.



Al risveglio, Rosalia trovò un biglietto sul comodino.

Scusami, amore, ma stamattina ho un altro intervento, ci sentiamo per pranzo, ti amo. G.


Stirandosi le membra, afferrò il cuscino e inspirò a fondo il suo profumo. Chiudendo gli occhi, le parve ancora di rivivere quella notte fantastica. Se a casa di Giorgio tutto era avvenuto in un turbinio di emozioni troppo a lungo trattenute, quella appena vissuta era stata un’esperienza totalmente diversa. Si erano esplorati a vicenda, sussurrandosi parole dolci e scoprendo parti dei loro corpi che ancora non conoscevano. Questa volta non erano caduti esausti, ma si erano addormentati con la consapevolezza di essere un tutt’uno, un’unica anima. Felice come non lo era ormai da molto tempo, scese dal letto e si fiondò sotto la doccia. Mentre l’acqua le scorreva addosso, ripensò al biglietto di Giorgio e le scappò da ridere. Di sicuro si era scordato che, di li a poco, anche lei si sarebbe recata alla clinica a trovare il padre. Forse l’intervento sarebbe durato meno del previsto, avrebbe così avuto modo di rivederlo prima. Fu con quella speranza che, dopo essersi infilata un accappatoio, andò in camera per vestirsi.


Arrivato in clinica, Giorgio fu accolto da Simona, la procace caposala del reparto.

-Buongiorno, dottore. L’ho cercata al telefono almeno cinque volte, ma squillava a vuoto, volevo avvisarla-

Giorgio la guardò stupito, tuttavia prese il cellulare dalla tasca e lo guardò. Una volta a casa di Rosalia l’aveva messo in modalità silenziosa, un’azione esecrabile per un medico, ma non aveva voluto guastare quella serata.

-Avvisarmi di cosa?-

-Il signor Leonardi ha avuto un piccolo malore, stanotte. Credo si sia preso un virus intestinale o qualcosa di simile, e volevo sapere da lei se dovevamo prepararlo per l’intervento o meno-

-L’avete fatto?-

-No. Oltre a forti dolori, accusa anche qualche linea di febbre, ho ritenuto di non farlo-

-Ha agito nel modo giusto, Simona. Rimandiamo l’operazione di una settimana, non è assolutamente un problema. Altre visite?-

-Le avevo annullate tutte appunto per questo-

Giorgio guardò l’orologio.

-D’accordo, vorrà dire che mi prenderò una giornata di vacanza. Mi chiami in caso di bisogno, ho rimesso la suoneria- disse con un sorriso, quindi lasciò la clinica.

Salì in macchina fischiettando, la prospettiva di passare una giornata intera con Rosalia lo elettrizzava. Prima di partire, prese nuovamente il cellulare con l’intenzione di chiamarla, ma poi vi rinunciò. A quell’ora senz’altro stava ancora dormendo, le avrebbe fatto una sorpresa.



Giunto davanti alla villetta di Rosalia, Daniel non si stupì più di tanto dell’assenza della macchina di Giorgio. Era primario nonché proprietario della clinica, logico che si recasse presto sul posto di lavoro. Così com’era improbabile che lei l’avesse seguito, o almeno, lo sperava.

Dopo aver atteso il momento giusto, scavalcò agilmente il basso cancelletto e, in pochi passi, oltrepassò il giardino. Accostò l’orecchio alla porta, tuttavia non riuscì a sentire alcun rumore, forse si trovava ancora a letto. Con questa convinzione, impugnò un sottile ferro a forma di uncino e armeggiò con la serratura, che sembrava più complicata del dovuto. Innervosito, rimise in tasca il ferro con l’intenzione di prenderne un altro ma, all’improvviso, il rumore di un motore lo bloccò sul posto.

Giorgio parcheggiò esattamente nello stesso posto della sera prima, quindi scese e si avviò verso il cancello. Immobile, Daniel non osò neppure respirare. A parte la bassa tettoia che copriva l’ingresso e che dava un po d’ombra, non c’era alcun posto in cui nascondersi. Pensò di uscire allo scoperto e affrontarlo, probabilmente avrebbe avuto la meglio, ma non conosceva bene Giorgio, e almeno fisicamente lo sovrastava.

Non ce ne fu bisogno.

Fermo sulla soglia del cancello, Giorgio si era accorto della sua presenza e gli stava puntando il dito contro.

-Ehi, chi è lei, cosa sta facendo!- urlò mentre, freneticamente, suonava il campanello. Scattando come una molla, Daniel si lanciò su un lato del giardino e si aggrappò al cancello con l’intenzione di scavalcarlo. Giorgio non fu da meno. Correndo radente il basso muretto, lo raggiunse nel momento stesso che l’altro posò i piedi sull’asfalto.

-Bastardo, dove credi di andare!- disse afferrandolo per la giacca.

Il volto trasformato in una maschera d’odio, Daniel mise una mano nel taschino e vuotò l’intero contenuto della boccetta sul viso di Giorgio.

Mollando la presa, quest’ultimo si portò le mani sulle parti ustionate e cadde in ginocchio. Mentre Daniel si dileguava, le urla strazianti del medico riecheggiarono per tutta la via.

 
 
 

Fanciullesche memorie.

Post n°1353 pubblicato il 22 Febbraio 2017 da lascrivana

L'immagine può contenere: casa e spazio all'aperto

 

Mi abbandonai sulla poltrona, con lo sguardo fisso sulla fiamma che guizzava leggiadra tra gli ardenti ciocchi nel caminetto. A volte lo osservavo per ore, senza fare altro. Era un modo singolare di comunicare a me stessa i propri dilemmi,  immaginando  che gli scoppiettanti messaggi, fossero la risposta del fuoco.

La pelle leggermente arrossata delle ginocchia, mi avvisava che se non mi fossi allontanata in tempo, avrei potuto ustionarmi. E invece di seguire il tacito segnale, lasciai che le gambe assumessero un colore pigmentato di rosa, qualcosa di simile all’aspetto della mortadella.

La leggera brezza invernale dondolava dolcemente le fronde dei giganteschi alberi, disegnando ombre sinuose sulle bianche pareti della sala,

Adoravo quella calda atmosfera Natalizia che m’induceva ad  accoccolarmi, rannicchiandomi in cantuccio sulla poltrona, fino a toccare il mento con le gambe.

Il gradevole tepore della pelle, invitava le mie labbra a depositare una serie di timidi baci sulle ginocchia arrossate.

Non c’era solitudine in quella casa avvolta nel silenzio. persino gli oggetti  sembravano prendere la parola; mentre l’enorme albero di Natale, con la punta che toccava il soffitto, sembrava eseguire la danza del ventre, a causa delle fiamme guizzanti che si specchiavano negli argentei decori.

L’ignaro passante che spiava da dietro le finestre poco illuminate, non avrebbe mai potuto immaginare l’armonia e la pace che regnava in quella casa solitaria, dalle grigie pareti esterne.

Solo chi possedeva una fervida fantasia come la mia, poteva intuire cosa si celava dietro il fermo immagine immortalato da un bravo fotografo.

Memorie che il tempo aveva sapientemente conservato nella mente fanciullesca.

 
 
 

Pianificare il futuro.

Post n°1352 pubblicato il 21 Febbraio 2017 da lascrivana

Pianificare il futuro aiuta a risolvere i problemi di natura psicologica che tendono a ingigantire le difficoltà.

Ecco come affronto i periodi di crisi causati da eventi esterni che non sono in grado di controllare.
1) Penso a una probabile soluzione qualora dovessi fallire su quella attuale.
2) Una volta trovato l'alternativa, cerco il modo di farmi rivalere, sempre nella situazione attuale.
3) Le sconfitte per me, sono sempre un trampolino di lancio.
4) Sto seguendo Brian Tracy. Interessante ... davvero interessante.

 
 
 

In fondo al tunnel 8

Post n°1351 pubblicato il 19 Febbraio 2017 da contastorie1961

Grazie alle informazioni ricevute da Giada, Daniel non ebbe alcuna difficoltà a trovare l’abitazione in cui viveva Rosalia. Si trattava di una villetta a un piano, con un discreto giardino sul davanti e recintata da un basso cancello. In quel momento le persiane erano serrate, e Daniel immaginò che la donna fosse al capezzale del padre, appena operato. Ma non aveva fretta, ormai era quasi sera e sarebbe dovuta tornare da un momento all’altro. Tastandosi in tasca, si assicurò che la boccetta con l’acido fosse ancora al suo posto. Non aveva faticato a procurarsela, ormai si poteva trovare dappertutto, e così era stato. 

Nell’attesa, si accese un sigaro e ripensò al pomeriggio trascorso con Giada. Minacciare le persone era un discorso, aggredirle e sfregiarle con l’acido era tutta un’altra cosa, rischiava veramente molto. Ma la sua offerta era di quelle che non si potevano rifiutare e, inoltre, non poteva assolutamente permettersi di perdere la gallina dalle uova d’oro. Così come era convinto che non avrebbe rinunciato a lui, almeno per quanto riguardava il sesso. Vero che l’aveva trattata male, ma era anche stanco delle sue chiamate a comando, del suo schioccar di dita. Ma, come le aveva detto anche in faccia, era schifosamente ricca oltre che dannatamente sexy. Le scopate con lei non erano mai banali, tranne l’ultima naturalmente. Conosceva bene gli uomini, sapeva fermarsi al punto giusto o accelerare quando era il caso. Ma era anche ben conscio di piacerle. 

Senza falsa modestia, poteva vantarsi di aver avuto tutte le donne che voleva, e nessuna si era mai lamentata, anzi. Erano una coppia dannata, e di questo se ne rendeva perfettamente conto, ma forse era proprio questo il sale del loro rapporto. In realtà non le importava nulla del marito, e il fatto che avesse abbandonato la clinica del padre era solo una misera scusa. La verità era che non sopportava il fatto che le avesse preferito un’altra, tutto li. Poco importava che lei lo tradisse praticamente un giorno si e l’altro anche, non avrebbe dovuto farlo, era molto semplice. E colpirlo personalmente non aveva senso, almeno secondo il suo pensiero. Era l’oggetto del suo desiderio che andava distrutto, Rosalia appunto.

Il rumore di un motore in avvicinamento lo mise in allerta. Svelto, gettò il sigaro e si nascose tra un grosso furgone e un albero. Giunta a fianco dell’abitazione, una vettura rallentò per poi fermarsi davanti al cancello automatico. Un istante dopo, un uomo scese e corse ad aprire lo sportello dalla parte del passeggero. Daniel riconobbe immediatamente Giorgio, e la donna che prese per mano doveva per forza essere Rosalia. Quando i due entrarono in casa, si lasciò andare a un gesto di stizza. Giada non aveva accennato al fatto che vivessero insieme, ora le cose si sarebbero complicate, almeno per quella sera. Allontanandosi velocemente, afferrò il cellulare e la chiamò.




Richiusasi la porta alle spalle, Rosalia guardò Giorgio con un sorriso smagliante.

-Benvenuto nella mia casetta, amore. Non è certo all’altezza della tua, però ci tenevo a mostrartela-

Giorgio le andò incontro e la sollevò di peso.

-È bellissima, e tu sei una stupida, ma lo resterà ancora per poco-

Il sorriso si spense sul volto di Rosalia.

-Ne abbiamo già parlato, Giorgio, c’è mio padre. Anche se l’operazione è andata bene, non me la sento di lasciarlo solo, almeno per il momento. E poi sei stato tu a dirmi che non sarà più come prima, che avrà sempre bisogno di qualcuno che l’aiuti-

Lui la lasciò e si fece serio.

-Appunto perché ne abbiamo già parlato non voglio tornarci sopra. La tua casa è stupenda, ma la mia è grande il doppio, c’è posto per tutti-

-Tu non conosci mio padre. L’ha comprata con grandi sacrifici, qui mi ha visto nascere e qui è tornato dopo il tragico incidente in cui ha perso la vita la mamma-

Giorgio si lasciò andare a un gesto sconsolato.

-Non pensavo fossi così ostinata, e per quel poco che ho avuto modo di conoscerlo assomigli molto a tuo padre-

Rosalia lo abbracciò di nuovo.

-Dammi solo un po di tempo, amore. Ti prometto che appena papà starà meglio gliene parlerò-

Giorgio la strinse forte.

-Va bene, però lasciami restare stanotte, ti prego-

Come risposta, lo afferrò per la nuca baciandolo con passione.

 
 
 

In fondo al tunnel 7

Post n°1350 pubblicato il 17 Febbraio 2017 da contastorie1961

Dopo averla tranquillizzata, Giorgio le pose la tanto attesa domanda.

-Ti va di venire a casa mia? Sono un cuoco discreto, e il frigorifero è ben rifornito-

Rosalia non rispose subito. In preda a un turbinio d’emozioni, pensò a quello che avrebbe potuto significare quell’offerta, poi si decise.

-Anch’io cucino bene, potremmo farlo insieme- rispose con un filo di voce.

Giorgio sorrise e la prese per mano.

Per tutto il tragitto rimasero in silenzio. Ogni tanto, con la coda dell’occhio, Rosalia cercò di studiare il volto dell’uomo che amava. E quello che riuscì a intravedere, era una gioia ben dissimulata dall’attenzione al traffico.

Quando giunsero alla sua abitazione, le aprì lo sportello e fece un grande inchino.

-Benvenuta nella mia modesta dimora, principessa-

Raggiante, Rosalia scese dall’abitacolo e gli saltò al collo.

-Alla clinica ero troppo emozionata, ma te lo dico ora: anch’io ti amo-

Poi tutto si svolse alla velocità della luce. Ignorando cucina e sala da pranzo, si fiondarono direttamente in camera da letto. Si spogliarono a vicenda, gettando gli indumenti a terra senza smettere di baciarsi un secondo.

Un paio d’ore più tardi, esausti e sudati, si addormentarono uno tra le braccia dell’altro.



-Eravamo d’accordo che non mi avresti chiesto più nulla, non ti bastano attico e automobile?- al terzo bicchiere di whisky, l’umore di Giada era decisamente peggiorato.

Sprezzante, Daniel le rise praticamente in faccia.

-Te l’ho appena detto, hai tanto di quel denaro da far schifo, la cifra che ti ho chiesto è una bazzecola per te-

-E cosa ti rende così sicuro che ti dia quei soldi?-

L’uomo iniziò a contare sulle dita.

-L’onorevole, quello che voleva portarti sotto le lenzuola a tutti i costi. L’avvocato, quel fighetto che indagava troppo a fondo sui fondi che ricevevi per la clinica...devo proseguire con quelli che ho minacciato o smetto?-

Furiosa, la donna gettò il bicchiere a terra.

-Sei un maledetto bastardo!-

-Ma ti servo, per cui ora mi darai la metà di quello che abbiamo pattuito, il resto a lavoro eseguito-

Sconfitta, Giada si avvicinò alla cassaforte e compose la combinazione. Quando si voltò, tra le mani stringeva una mazzetta di banconote che lanciò in direzione di Daniel. Senza scomporsi, quest’ultimo le raccolse e le contò senza fretta.

-Bene, che ne dici, festeggiamo l’accordo con un’altra scopata?- disse scoppiando a ridere.

-Con me hai chiuso in questo senso. Se proprio vuoi, dai una ripassata a Rosalia prima di agire, e adesso vattene-

Daniel intascò i soldi e si sistemò gli abiti.

-Non sarebbe una cattiva idea, ci penserò. Stammi bene, signora, entro due giorni leggerai la notizia sul giornale. Ma io non ho fretta, passerò con calma a prendere il resto-



Rimasta sola, Giada si versò un’altra dose di whisky e si lasciò cadere sul divano. Non era per nulla certa di poter rinunciare tanto facilmente alle prestazioni sessuali di Daniel, ma questa volta l’aveva esasperata con la richiesta di denaro. Conosceva bene quel tipo di persona, una volta che gli davi un dito, finivano per prendersi l’intero braccio. Ma era anche soddisfatta, non aveva alcun dubbio che avrebbe portato a termine il compito che gli aveva affidato. Sorseggiando il liquore ambrato, per la prima volta in quella sera sfoderò un sorriso. Giorgio l’avrebbe pagata cara per averla prima rifiutata, e poi umiliata mettendosi con quella puttana. Questo non sarebbe servito a farlo tornare sui suoi passi, ma almeno avrebbe avuto la soddisfazione di vederlo disperato.





La prima a svegliarsi fu Rosalia. Cercando di non disturbare Giorgio, ancora addormentato, scivolò giù dal letto e andò in bagno. Dopo una breve doccia, si avvolse in un accappatoio e andò in cucina.

-Ciao, amore-

Sorridente, Giorgio le andò incontro e la baciò con passione.

-Ho una fame tremenda, tu?- le chiese staccandosi a fatica.

-Stessa cosa, ma desidero essere io a prepararla, ti prego-

-D’accordo, nella dispensa e in frigorifero trovi tutto, faccio una doccia anch’io-

Rimasta sola, si guardò attorno e sorrise. Non riusciva ancora a credere che tutto quello stava capitando proprio a lei. Solo qualche ora prima, il solo pensiero di risvegliarsi accanto a lui l’aveva spaventata in maniera tremenda. Era stata ancora una volta una stupida, ma per fortuna qualcuno le era venuto ancora in aiuto.

-Grazie, papà- disse alla stanza vuota.

 
 
 

Taccio... dunque dovrei pensare?

Post n°1349 pubblicato il 17 Febbraio 2017 da lascrivana

Poche parole in questi giorni; pochi pensieri; troppo da fare. 

 

 
 
 

In fondo al tunnel 6

Post n°1348 pubblicato il 14 Febbraio 2017 da lascrivana

 

Giada aprì la porta e avvertì immediato un tuffo al cuore. Aveva sempre pensato di conoscere bene Daniel ma qualcosa, nel suo sguardo, le disse che forse non era esattamente così. Impassibile e taciturno, l’uomo oltrepassò la soglia senza neppure degnarla di un saluto. Abituata al comando, richiuse la porta con un colpo secco e gli corse praticamente dietro.

-È forse successo qualcosa? Non ti ho mai visto così serio- disse cercando dinascondere l’irritazione.

Avvicinandosi al carrello dei liquori, Daniel rimase ancora in silenzio. Dopo essersi versato un’abbondante dose di cognac, si lasciò cadere sul divano e si tolse le scarpe senza nessuna eleganza. Rossa in viso, e infuriata perquell’atteggiamento ostile, Giada gli si piazzò davanti con le mani sui fianchi.

-Ehi, stronzo, ma chi ti credi di essere! Eri un morto di fame quando mi hai incontrata, e ora ti pres…- non riuscì a terminare la frase.

Fulmineo, Daniel l’afferrò per le braccia e la trascinò sul divano quindi, incurante delle sue urla, le sollevò l’abito e la penetrò con furia selvaggia. Il tutto si svolse così velocemente che Giada, incapace di reagire e sempre più furiosa, non provò assolutamente nulla. Umiliata e annichilita, lo guardò alzarsi e sistemarsi i pantaloni, per poi avvicinarsi alla scrivania e aprire un porta sigari intarsiato. Dopo averne afferrato uno, ne assaporò l’aroma e se lo mise tra le labbra, quindi lo accese.

-Sarò anche stato un morto di fame, ma ti ho risolto molte situazioni incresciose, e non ti ho mai chiesto nulla- disse con voce arrochita.

Giada serrò gli occhi in due fessure.

-Scoparmi come una puttana è nulla secondo te? E l’attico in centro, o la Bmw con cui sei arrivato, tutto questo è nulla secondo te?!-

Sul volto di Daniel apparve un sorriso di scherno.

-Non farla troppo lunga, cosa vuoi da me questa volta?-

Giada attese prima di rispondere. Quell’uomo gli era necessario, e ciò che aveva appena detto rispondeva al vero, non poteva permettersi di compiere dei passi falsi. Sforzandosi di sorridere, lo attirò nuovamente sul divano, gli tolse il sigaro dalla bocca e lo baciò con passione. Nel mentre, gli si mise cavalcioni e iniziò a sbottonargli la camicia con gesti delicati ma decisi. La sua lingua saettò dietro la nuca, sul collo e sul petto, lo sentì fremere.

-Si chiama Rosalia Vandati- gli sussurrò all’orecchio -È molto bella, devi fare in modo che non lo sia più-

-Non capisco, cosa dovrei fare?- disse allontanandola.

Giada si alzò e si sistemò il kimono, per quella sera il sesso sarebbe stato solo un ricordo.

-È l’amante di mio marito. Voglio che Giorgio provi ribrezzo quando la guarderà, voglio che tutte le volte che uscirà di casa si debba coprire il volto, voglio che tu la sfiguri, Daniel- disse tutto d’un fiato.

Sconcertato e stupito, l’uomo distese il volto in un ghigno.

-Pensavo di essere crudele, ma tu mi batti di molte lunghezze. Sei perfida e cattiva, ma possiedi un corpo da favola e tanti, troppi soldi. Accetto, ma questa storia ti costerà molto di più di una scopata-



Rosalia stampò un bacio sulla fronte del padre e uscì dalla stanza. Quasi avesse la consapevolezza di non trovarlo, corse laddove aveva lasciato Giorgio. Trovò lo studio vuoto, e subito fu assalita da un senso di paura e rimorso. Rischiando di cadere, corse verso l’entrata con la speranza di incrociarlo almeno nel parcheggio.

-Rosalia!-

Trasalendo, si voltò e lui era li, a due passi dalla reception. Dopo aver congedato un’infermiera, le si avvicinò e le sorrise.

-Sei solo una stupida, vieni qui- disse abbracciandola.

Fu in quel momento che lei si sciolse. Era stata lontana solo una mezz’ora, eppure le era sembrata un’eternità. Inspirando l’acre profumo del suo dopobarba, appoggiò il viso al suo petto e scoppiò in un pianto disperato.

-Perdonami...ti prego...perdonami…- disse tra i singhiozzi.

Lui le accarezzò i capelli, le baciò la fronte, le guance.

-Stai tranquilla, ti amo…-

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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