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Messaggi del 27/07/2015
Post n°1037 pubblicato il 27 Luglio 2015 da lascrivana
Svegliandosi di soprassalto, Cesare avvertì immediatamente la presenza estranea. Nel tempo infatti, aveva imparato a riconoscere quella di Rachele. Assai mattiniera, lo lasciava dormire e usciva dalla stanza silenziosamente. Al ritorno, il suo profumo, i suoi passi lievi, il leggero tocco con cui lo scuoteva. Tutto parlava di lei. Mettendosi a sedere, afferrò il bastone che teneva costantemente appoggiato al comodino. -Chi sei...dov'è Rachele?- esclamò bruscamente. Nello stesso istante la porta si spalancò e Rachele, in due passi, si portò a fianco del letto. -Sono qui amore mio, non preoccuparti- disse accarezzandogli i capelli. -Padre Michele, potrebbe spiegarci la sua presenza nella nostra casa? Di solito, si suona o si bussa prima di entrare nelle proprietà altrui!- il tono era duro, accusatorio. Il monaco non si era mosso di un millimetro. Guardando prima uno e poi l'altra, allargò le braccia. -Non ho alcuna giustificazione per questa intrusione, vi chiedo perdono- disse con un filo di voce. -Ma vi assicuro che ho suonato e, dopo aver atteso qualche istante, visto che nessuno rispondeva sono entrato approfittando del cancello aperto- Cesare guardò Rachele. La domanda era chiaramente implicita sul suo volto. -Therese e suo marito sono andati a fare provviste, ed io avevo intenzione di restare fuori una decina di minuti. Non mi sono preoccupata di chiuderlo- disse abbassando gli occhi. Cesare annuì, quindi si rivolse al monaco. -Questo non la giustifica affatto, padre. Ma ormai è qui, cosa vuole da noi? Dica ciò che ha da dire e poi se ne vada- disse seccamente. Da costernata, l'espressione sul volto di padre Michele divenne altrettanto dura. -Lei non mi è mai piaciuto,Cesare. Così come non mi è piaciuto il modo sgarbato con cui ha cacciato un mio confratello, qualche tempo fa. Fare vita riservata non è un delitto, essere cortesi dovrebbe essere un dovere- Rosso in viso, Cesare sembrò sul punto d'esplodere. Ma Rachele, stringendogli un braccio, fece un passo verso il monaco. -Ciò che facciamo o non facciamo non vi riguarda, padre. Sia io che Cesare siamo atei, e la vostra insistenza per racimolare soldi è ben conosciuta in paese. E' forse questo il motivo per cui siete qui? Padre Michele rise, e a Rachele vennero i brividi.. -Capisco quando è perfettamente inutile insistere con certa gente. No signora, il motivo per cui sono venuto è un altro, ben più grave- Forse fu il tono, o forse l'espressione. Fatto sta che Rachele rimase in silenzio. -Si tratta di Armando Tuarez. Sta arrivando alla villa e potrebbe essere armato. Ecco il motivo per cui sono qui, per mettervi in guardia- terminò padre Michele. Dopo il primo attimo di sconcerto, fu Cesare a prendere la parola. -Chiama immediatamente la polizia, Rachele. Questa storia comincia ad innervosirmi- Ma la donna sembrava non averlo nemmeno udito. -Cos'è successo padre? Per quale motivo, dopo tutti questi anni, Armando ha deciso di lasciare il monastero? E sopratutto, perché lei ha permesso che accadesse?- Il volto scolpito nella pietra, il monaco non rispose. -Lei era l'unico a sapere della colpa di cui si era macchiato. Armando avrebbe meritato la galera ma, grazie a lei, non ha mai varcato la soglia di una cella se non quella del monastero. Come ci si sente, padre?- lo incalzò Rachele. Sempre più in imbarazzo, padre Michele s'incamminò verso la porta. -Non sono tenuto a rispondervi, quello che avevo da dire l'ho detto. Fossi in lei darei retta a Cesare, chiami la polizia- Detto questo, uscì dalla stanza lasciando i due amanti esterrefatti. -Ma cosa potrà mai fare quel vecchio!- esclamò Cesare scendendo dal letto -Quanti anni potrebbe avere, settanta...ottanta?- Ma Rachele aveva già afferrato il cellulare e, con gesti rapidi, digitò il numero della polizia. -Aspetta Rachele, non voglio casini in casa. Probabil...- non riuscì a terminare la frase. Un urlo, disumano e grottesco, li fece voltare entrambi verso la porta. Danio e Laura
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