Sconfinando

Dallo zero indietro

Ovvero, delle liberalità non richieste.
Avevano iniziato con la cravatta. Il venerdì, in previsione del barbecue del sabato, largo all'informal. Che è qualcosa che va oltre il business casual, nel quale la cravatta si può evitare, ma la giacca no. Il venerdì bastava solo la T-shirt, per i bravi Bristow americani, felici per questo afflato di libertà. Quasi imposta, per di più.
Chissà che balzi di gioia adesso che qualcuno ha anche pensato di dare il via allo Zero Email Friday. Un intero giorno lavorativo senza posta elettronica, sostituita da telefonate o incontri de visu. Sai che meraviglia. Un'intera giornata senza mail. Niente bustine lampeggianti nell'angolo in basso a destra, niente allegati da scaricare, niente risposte automatiche. Vuoi mettere, è venerdì. Mica vorrai arrivare stressato al fine settimana. Poi poco importa se il lunedì il carico di lavoro raddoppia. Quella è un'altra storia.


[sul blog di Intel, che promuove l'iniziativa, si precisa che - naturalmente - le email non sono proibite - troppa grazia - ma che lo Zero Email Friday è un'opportunità per riflettere sul fatto che spesso le persone, anche all'interno della stessa azienda o della stessa struttura, preferiscono scriversi piuttosto che parlare. A me sembra un'osservazione della questione dalla prospettiva sbagliata. Non sono certo le email il problema. Forse varrebbe la pena riflettere sui ritmi di lavoro, sui caricihi, sulle richieste, sulle aspettative. Ma è molto più complesso. Meglio un'operazione di facciata.]

C'è sempre un perchè

Va bene. Ci vado. Ho il mio eurino da parte, la carta di identità, la tessera elettorale e quel minimo di convinzione che serve a uscire di casa in una domenica pigrissima. Darò il mio contributo, perchè Walter non vinca con percentuali bulgare. Ho detto.


Addendum delle 23.52 - E in merito al dibattito pro-contro-Bindi (a giochi chiusi, data l'ora), consiglio la lettura di questo post.

Ri.svegli e ri.torni

Far colazione davanti a questo mare, con il profumo e il sapore di una sfogliatella calda, non ha prezzo.
Poi comunque si torna a casa. E anche il caffè della domenica, con il cicaleccio, i piccoli battibecchi e quell'andare avanti e indietro raccontandosi i tre giorni che son stati diventa impagabile.

Interpret.ando

E dopo ore e ore di business sessions, arrivano le team building activities. Giochi intelligenti per bambini deficienti. O viceversa.  Sperando in cuor tuo che nessuno se ne ricordi.

Doris a Stoccolma

Quando mi trovo fuori sede per lavoro, la cosa che mi spiace di più e' questa full immersion operativa e relazionale, che mi estranea di fatto dal resto del mondo. Poco male, devo dire, se il resto del mondo sono le sguaiataggini o le grillate del giorno. Un bel guaio, invece, quando il resto del mondo sono notizie come il Nobel per la letteratura a Doris Lessing. Se fossi a casa sarei corsa a frugare tra i miei scaffali, per recuperare almeno un paio di testi da riappoggiare sul comodino. E comunque mi sarei dilettata in qualche lettura online in cerca di commenti e reazioni. Per cui me l'appunto tra le cose da fare al mio rientro.
Se non sbaglio, (dovrei andare a rileggere cio' che scrissi non molti giorni fa), la Lessing non faceva parte del toto-candidati, tra i quali figuravano anche gli outsider Dylan e Benigni. Quasi una sorpresa, dai. Piacevole, per di più, anche se, rispetto alle precedenti assegnazioni, mi manca il gusto della scoperta di un autore magari mai letto in precedenza.

Irrispettosa.mente

Avrei voluto scrivere qualcosa sulla nuova pensata del ministro Fioroni, di far decidere a un comitato di tecnici quale dev'essere il peso limite degli zainetti degli studenti italiani. Grande trovata, avrei voluto dire. Ci vuole un comitato tecnico, perchè col buon senso non ci si arriva. La prossima volta, avrei scritto, qualcuno creerà un comitato ad hoc per stabilire quante volte è necessario lavare le orecchie o soffiare il naso ai pupi. Che sia fatto per decreto, mi raccomando. Perchè da soli non ci si arriva.

Si, avrei voluto scriverlo. Poi però sono tornata su una notizia che ieri avevo sentito per radio, nella rassegna stampa di Luca Bottura. "So' ragazzi", avrebbe detto Francesco Storace dei suoi giovani accoliti, pronti a consegnare un bel paio di stampelle alla senatrice a vita Rita Levi Montalcini. Non va giù il sostegno (grande metafora quella delle stampelle, già) dei senatori a vita al Governo e la Montalcini è una sorta di prima della lista. "se son vecchi se ne stessero a casa". Non paghi di tanta civiltà, i giovani della Destra di Storace rincarano la dose: la Montalcini è irritante e di profilo anche più odiosa e arrivano a ipotizzarle un ruolo politico nel ghetto.
Lei, su Repubblica, risponde così.

Chapeau, Madame. Anche se, a certe provocazioni, non vale la pena di rispondere. Non capirebbero comunque.

Nuvolosa.mente

Uff....

Italiana.mente Nobi(e)li

Ovvero, del farsi belli con il valore degli altri.
Ieri, quando le agenzie hanno cominciato a battere le prime notizie, il moto di sorpresa e compiacimento c'è stato lo confesso. E' italiano il Nobel per la medicina, titolava il Corriere. Poi si è passati all'italo-statunitense, all'origine italiana via via scemando fino ad arrivare alla nuda e cruda verità. Renato Capecchi sarà anche nato in Italia e in Italia avrà anche passato qualche anno fortunoso. Ma la sua patria sono e restano gli Stati Uniti, dove ha studiato, dove si è formato, dove ha ricercato. Che poi la ricerca sia universale perchè a beneficio dell'umanità intera è indirizzata, è un altro discorso, che esula da questo contesto. Però, gli italiani si sono sentiti immediatamente pervasi da sacro amor patrio e vai di celebrazioni e peana. Magari un po' stupiti che questo signor Capecchi no, l'italiano non lo sa parlare, a parte forse spaghetti, pizza, mandolino e caffè. E di certo dimentichi che questo stesso signor Capecchi il Nobel se lo è meritato per i suoi studi sulle staminali.
Staminali? Do you remember il referendum sulla legge 40? Ecco.
E comunque Martin J. Evans e Oliver Smithies, cui è andata la stessa onorificenza, da noi non se li è filati nessuno.

p.s. Ne parla anche lui. E qualche parola me l'ha tolta di blog.

Delle piccole gioie che non hanno prezzo

Avendo un parossistico bisogno di buone notizie
e di iniezioni di buon umore,
non posso che riportare questa notizia.
Unendomi a Eva nel plauso.
La mia edizione resta quella vecchissima,
con la copertina verde,
ma chissà che non mi venga in mente
di farne dono a qualcuno!

Fiscal.mente bella

Non ho ancora avuto tempo, questa mattina, di leggere con attenzione le prime pagine dei quotidiani, nè alcun dibattito in giro. Immagino, però, qualche battuta irridente sull'uscita di Tommaso Padoa Schioppa ieri, che durante la trasmissione "In mezz'ora" di Lucia Annunziata ha dichirato: "Pagare le tasse è bellissimo".
A chi è già pronto a inveir al suono di "visioni punitive della vita" mi vien da rammentare il plauso con il quale fu salutato il manifesto "Pour une campagne sans démagogie fiscale", presentato in Francia lo scorso mese di febbraio da Alternatives économiques. Ne scrissi allora (mi sia permessa l'autocitazione) e quel che scrissi otto mesi fa lo ripeterei anche ora.
Così Padoa Schioppa ieri:
[...]Dovremmo avere il coraggio di dire che le tasse sono una cosa bellissima e civilissima, un modo di contribuire tutti insieme a beni indispensabili come la salute, la sicurezza, l'istruzione e l'ambiente.[...]
Così i francesi otto mesi fa:
"Noi sottoscritti, soggetti all'imposta sul reddito e in alcuni casi anche alle imposte sulle proprietà, consideriamo il prelievo fiscale legittimo e siamo fieri di dare il nostro contributo alle spese pubbliche necessarie al progresso, alla coesione sociale e alla sicurezza della nazione".