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Post n°1281 pubblicato il 23 Ottobre 2016 da contastorie1961
Incredula, Elena rilesse più volte la notizia. -Ecco il caffè. Elena? Si può sapere cosa stai leggendo di così interessante?- Alzando gli occhi, la donna si ritrovò a fissare lo sguardo curioso di Alan, il giovane barista. -Si…grazie…scusami- disse prendendo la tazzina. -Nulla di che...- mentì -...solo che oggi avrei dovuto rimanere a casa, non mi sento molto bene- -In effetti sei pallida da far paura, forse ti stai prendendo l’influenza- rispose Alan allontanandosi. Pagata la consumazione, uscì dal locale e si appoggiò al muro. Possibile che Paolo avesse fatto una cosa simile? Eppure, la fotografia e le parole che l’accompagnavano parlavano chiaro, non c’era alcun dubbio. Vedendo passare una collega, le andò incontro. -Ciao, Cinzia, potresti avvisare la caposala che oggi non ci sono?- La ragazza, una rossa tutta capelli e lentiggini, la guardò in modo strano. -Come non ci sei, ti vedo,sei qui davanti a me!- -Non scherzare, dai. Ho provato a venire ugualmente, ma stamattina mi sono alzata con un forte mal di testa, temo di aver preso l’influenza- rispose portandosi una mano alla fronte. -Ok, nessun problema. Ma le dirò che mi hai telefonato, e dovresti farlo anche tu una volta rientrata, sai com’è fatta quella vecchia arpia- Dopo averla rassicurata, raggiunse rapidamente il parcheggio e salì in macchina. Il mal di testa le era venuto veramente, un martellare continuo alle tempie che andava al passo col ritmo del suo cuore. Afferrato il cellulare dalla borsa, schiacciò il tasto verde e rimase a fissare a lungo il display. “Paolo ore 13,15…” era stata l’ultima chiamata, la sua. Cosa doveva fare? Perché si era rivolto proprio a lei? Aveva rapito un bambino, poco importava che si trattasse di suo figlio, e aveva usato la violenza per farlo. Ricercato a tutti gli effetti, cosa lo rendeva così sicuro che la vecchia Elena l’avrebbe accolto a braccia aperte, che non l’avrebbe denunciato, credeva forse che non leggesse i giornali? L’articolo non riportava l’età del piccolo, ma se si trattava di scuola materna non doveva avere più di tre anni; maledetto bastardo. Facendo uno sforzo di memoria, si chiese se l’ultima volta che si erano incontrati l’avesse già avuto, e poi, che momenti stava passando la madre? Ignorava chi fosse, ma di certo in quell’istante stava sicuramente soffrendo le pene dell’inferno, e non si trattava solo di solidarietà femminile. Lei di figli non ne aveva mai avuti, ma vedersene rapire uno doveva essere un’esperienza allucinante. Fissando nuovamente il display, fece finalmente la chiamata. -Carabinieri…chi parla?- -Ho informazioni sull’uomo che ha rapito il proprio figlio, con chi posso parlare?- **** I rimbrotti di Molinaro l’avevano punto sul vivo, ma si rendeva perfettamente conto che aveva ragione. Dopo aver effettuato diverse telefonate, Capuano aveva messo in moto una vera e propria caccia all’uomo. In collaborazione con la polizia, decine di uomini erano stati sguinzagliati alla ricerca di Paolo Bertesi, e di suo figlio. Seduto alla propria scrivania, dirigeva le operazioni senza sosta, tenendosi costantemente in contatto con ogni unità. Verso le due del pomeriggio, fu interrotto da una chiamata interna. -Maresciallo, mi scusi, ma ho in linea una donna che dice di sapere dove si trova il Bertesi, gliela passo?- Capuano esitò. Aveva accumulato abbastanza esperienza per sapere che, in questi casi, i mitomani saltavano fuori come funghi. Tuttavia, qualche rara volta era vero anche il contrario. -Va bene, Liprandi, passamela- -Buongiorno, sono il maresciallo Capuano, con chi parlo?- Dall’altra parte si udì un sospiro, come se la persona ci avesse ripensato e stesse per riattaccare. -Buongiorno, mi chiamo Elena Ghisoni, e Paolo sta andando a casa mia- Capuano si fece immediatamente attento. C’era qualcosa, in quella semplice frase, che gli fece sospettare non si trattasse di una delle tante chiamate fasulle. Il tono della voce, l’esitazione prima di pronunciarla ma, sopratutto, il modo in cui aveva scandito il nome del ricercato. “Paolo sta andando a casa mia” Rammarico, o forse dispiacere, magari entrambi, e anche delusione. Un mitomane sarebbe stato più freddo e inespressivo, limitandosi a nome e cognome della persona ricercata oppure non nominandolo addirittura. “So’ dov’è il fuggitivo, andate a prenderlo” e avrebbe riattaccato, senza neppure fornire le proprie generalità. -Signora Ghisoni, lei capisce che devo verificare ciò che mi sta dicendo, questo perch…- -Non sono una mitomane, se è quello che stava per dire…- l’interruppe Elena. -Paolo mi ha chiamato circa un’ora fa, stavo per recarmi al lavoro e…- In breve, ma senza alcuna esitazione, gli rivelò tutti i dettagli della telefonata. Dopo aver ascoltato attentamente, Capuano le raccomandò di non muoversi da dove si trovava. -Manderò una pattuglia a prenderla, non si avvicini assolutamente a casa sua- **** Quasi nello stesso istante, nell’appartamento di Michele, Molinaro teneva qualcosa tra le mani. “Davvero sbadato, il nostro amico” disse osservando l’oggetto. |
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