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Post n°888 pubblicato il 01 Settembre 2014 da lascrivana
Ora che il lavoro al locale era diminuito; e poteva scorrere tranquillamente anche senza la mia creatività: potei dedicarmi alla mia passione preferita –la scrittura-. Quella mattina, mi alzai alla buon’ora, con in testa mille idee per iniziare a scrivere le mie nuove storie. Dopo essermi fatta una bella doccia; indossai i miei vecchi e amati jeans –reduci di tante battaglie-; in effetti, il tessuto liso, ne testimoniava la sua longevità. La giornata si presentava con un cielo sereno e la temperatura mite: l’ideale per fare un giro in moto. La strada fuori dalla località turistica era ricca di curva; di conseguenza per un certo tratto di strada mantenni la velocità moderata. Una volta imboccata la super strada: mi lanciai in una corsa folle; mi sembrava quasi di volare. Dopo una ventina di chilometri, imboccai la deviazione che portava in un paesino di campagna. Percorsi una serie di viali alberati; per lo più querce secolari e campi di uliveti: viaggiare tra la natura mi rilassa; -- essa riesce a trasmettermi pace e serenità. A qualche chilometro di distanza del paese: sorgeva il cimitero locale. Chissà per quale strano motivo quella mattina decisi di fare un’escursione insolita -visitare le tombe dei defunti-. Dopo aver parcheggiato la moto; m’incamminai verso il cancello d’ingresso del cimitero con il casco sottobraccio. Ad accogliermi c’era la statua di un angelo, che con grazia e dolcezza mi dava il benvenuto; alle sue spalle una serie di lapidi in marmi di diverse fattezze e colori; ravvivati da mazzi di fiori freschi e profumati. Ogni loculo era perfettamente curato; sicuramente in quel paese il culto dei morti era parecchio rispettato. Fosse dipeso da me, i cimiteri non avrebbero avuto di certo quell’aspetto: ripudiavo nella maniera più assoluta l’idea di credere che dopo morti, si potesse soffrire perché nessuno si ricordava di noi. Non facevo visita nemmeno ai miei affetti più cari. Eppure, stranamente, quella mattina, fui richiamata da una serie di anime che mi chiedevano di raccontare la loro storia. Mi divincolai tra una serie di ritratti esposti sulle lapidi, in cerca di quel viso particolare che, solo a guardarlo, mi avrebbe narrato molto di se. Vi sembrerà strano, eppure mi è già capitato in passato, di guardare una foto e captarne il vissuto. Un potere che mi era stato concesso sin da bambina. In un cimitero, poi, questo dono, mi dava la possibilità d’intrecciare più storie tra loro. Molti di questi condividevano vissuti intriganti e misteriosi. Chissà cosa avevano in comune la signora Rosa Gualtieri, deceduta alla veneranda età di 110 anni; e il giovane militare Umberto Cosco che perse la vita nell’ultima guerra mondiale? Forse ne sapeva qualcosa di più il marito della Gualtieri, Cesare Martini: morto almeno 30 anni prima di lei.
Laura
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