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Post n°1112 pubblicato il 13 Gennaio 2016 da lascrivana
Sempre più preoccupata, Luciana rifece per l'ennesima volta il numero di Luke. Erano ormai trascorse cinque ore da quando era uscito, e quel silenzio prolungato la stava angosciando. Dopo una decina di squilli però, gettò il telefono sul divano e tornò in cucina. La pentola si trovava ancora sul fornello, e la tavola apparecchiata per due le fece venire voglia di piangere. Perché non rispondeva? Dove diavolo si era cacciato? No, non poteva restarsene li senza far nulla, ma dove sarebbe potuta andare? Gabriel Ponzoni era un personaggio molto conosciuto nell'ambiente musicale, ma personalmente non l'aveva mai incontrato, così come ignorava dove vivesse. Tornata in salotto, riprese il cellulare e fece alcune chiamate. Per la maggior parte, si trattava di persone con cui, in passato, lei e Luke avevano collaborato. Nessuno di loro però, fu in grado di fornirle informazioni utili. Tutto ciò che riuscì a scoprire, fu che Ponzoni amava viaggiare, e spesso i suoi colloqui si svolgevano in alberghi di lusso o locali alla moda. Frustrata da quell'impossibilità ad agire si vestì in fretta, prese le chiavi della macchina ed uscì. Pur non sapendo dove sbattere la testa, avrebbe setacciato gli alberghi e i locali che di solito avevano frequentato. Luke non poteva essersi volatilizzato, e avrebbe fatto di tutto per ritrovarlo.
Il dolore stava prendendo il sopravvento. Ogni piccolo movimento gli procurava fitte lancinanti, e temeva davvero che qualcosa, all'altezza della schiena, si fosse inesorabilmente spezzato. Accompagnato dal suono freddo delle catene, si portò una mano al volto devastato. Nonostante avesse le dita gelate, percepì chiaramente il sangue ormai secco sotto le narici quindi, passandosi la lingua gonfia all'interno della bocca, staccò quel che doveva essere uno degli ultimi spezzoni di dente. Sputando e imprecando, lanciò un grido roco che risuonò ridicolo persino a se stesso nel silenzio della stanza. -Maledetti, dove siete!- Per tutta risposta sentì, più che vedere, una porta aprirsi. Nessuno spiraglio, nessun segno di dove fosse posizionata. Dopo pochi secondi, per la seconda volta, il fascio di luce gli ferì gli occhi come fosse una spada rovente. -Ciao, tesoro, sei riuscito a riposare?- La voce, ancora una volta metallica e distorta, parve giungergli da molto lontano. Era come se, chi avesse parlato, portasse qualcosa davanti alle labbra per mascherarla. -Perché ti camuffi e non ti fai vedere? Hai forse paura di un uomo ferito e incatenato?- disse tutto d'un fiato. Nonostante le condizioni in cui si trovava, non fece nulla per nascondere la pungente ironia di cui era intrisa quella domanda. Dall'altra parte vi fu un istante d'esitazione, e Luke percepì con chiarezza il respiro dapprima trattenuto, e poi rilasciato. Era ben conscio che, in quel modo, non avrebbe fatto altro che irritare maggiormente colui o coloro che gli avevano fatto una cosa simile. Ma non era riuscito a trattenersi anzi, vedendo che non arrivava alcuna risposta, rincarò la dose. -Scommetto che se fossi libero di muovermi, te la faresti sotto e scapperesti a gambe levate. Solo a tradimento potevi colpirmi, sei un codardo amico mio, un'ameba- Certo che il colpo sarebbe arrivato, irrigidì i muscoli e girò il volto di lato. Ma non accadde nulla di tutto questo, anzi. Come la volta precedente, l'ago gli forò la pelle più o meno nello stesso punto del braccio e, come allora, fu pervaso da un immediato torpore. -E' una dose minore...- disse la voce -...perché questa volta, prima di lasciarti riposare, voglio farti un regalo- Anche se le palpebre si fecero pesanti, Luke capì che la persona aveva detto la verità. Un istante dopo, nel chiarore della torcia, vide le mani di quest'ultima abbassarsi verso il suo inguine. Erano mani bianche e con dita lunghe e affusolate, mani da artista. Un lampo gli attraversò la mente ottenebrata dalla droga, perché gli sembrava di conoscerle? Dove le aveva già viste? Mentre formulava quei pensieri, le dita avevano abbassato la cerniera dei jeans e, avide, si erano intrufolate sotto la stoffa degli slip. Luke ebbe uno spasmo involontario, accompagnato subito dopo da una fitta lancinante alla schiena. Incapace di parlare, osservò l'altra mano avvicinarsi alla torcia. Click. Nel buio improvviso, le dita si attorcigliarono ancor di più al suo membro, iniziando un movimento ritmico e per nulla frenetico. Luke rabbrividì. Era una situazione paradossale ma, suo malgrado, l'eccitazione ebbe il sopravvento. E la persona ci sapeva fare, eccome se ci sapeva fare. Il movimento sembrava farsi più veloce, per poi diminuire improvvisamente, quindi aumentava di nuovo. La droga, e il piacere di quel massaggio assurdo e irreale, gli fecero dimenticare momentaneamente il dolore e la situazione in cui si trovava. Improvviso e potente, l'orgasmo lo lasciò ancor più debole e in collera con se stesso. Nell'oscurità, distolse lo sguardo, quasi a vergognarsi di ciò che era appena avvenuto. -Ti è piaciuto, vero?- disse la voce. -Dovrai farci l'abitudine, caro. Ogni ora, verrò a trovarti e ti regalerò momenti indimenticabili, ti farò morire dal piacere- L'ultima frase, come in precedenza, gli fece venire i brividi. Cosa voleva dire? Danio e Laura |
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