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Post n°1242 pubblicato il 13 Agosto 2016 da contastorie1961
Per arrivare all'abitazione di Maria, il maggiordomo doveva per forza attraversare la piazza del paese. Impossibilitato ad usare la macchina, si era dovuto sorbire il tragitto a piedi, ma ciò non gli aveva impedito di avanzare velocemente. Nonostante a quell'ora non vi fosse in giro praticamente nessuno, procedette radente ai muri e guardandosi spesso attorno. Quando giunse davanti all'edicola, attraversò la strada per portarsi dall'altra parte, proprio dove si trovava il negozio d’antiquariato. Fece appena in tempo. Amplificati dall'eco prodotta dai portici, udì distintamente dei passi che si stavano avvicinando. Fulmineo, si nascose dietro un furgone parcheggiato li accanto e trattenne il fiato. I passi si fecero sempre più vicini, e Bruno si appiattì contro il furgone inattesa che si allontanassero. Poi cessarono di colpo. Il maggiordomo sentì i battiti accelerare, che fosse stato visto? Guardingo, sporse la testa quel tanto che bastava per dare un’occhiata attraverso il finestrino, e il cuore gli mancò di un battito. Incredulo, osservò il nipote del vecchio antiquario attaccare qualcosa alla serranda abbassata dell’edicola. Fu questione di un attimo. Così com'era arrivato infatti, Alan si allontanò in tutta fretta per poi scomparire sotto i portici. Bruno lasciò trascorrere qualche minuto poi, con cautela, attraversò la strada. Dopo aver letto ciò che era scritto sul foglio, prese in considerazione l’idea di seguirlo e farla subito finita, ma la scartò subito. Affrontare Alan, armato del solo coltello che si era procurato una volta uscito dalla casa della baronessa, poteva rivelarsi fatale. No, l’avrebbe seguito a distanza e, una volta giunto a destinazione, avrebbe deciso sul da farsi. La baronessa corse subito al telefono e sollevò la cornetta: nessun segnale. Abbassando lo sguardo, si accorse che Fedora non si era limitata a staccare la spina, ma aveva tagliato i fili isolandola completamente. Assalita da un improvviso senso d’impotenza, si diresse verso la porta d’ingresso e la spalancò. La villa si trovava in periferia, e anche se non si trovava lontanissima dal centro del paese e dal comando dei carabinieri, andare a piedi sarebbe stato impensabile con gli acciacchi che la tormentavano. Unica, seppur blanda soddisfazione, il pensiero che anche quel vigliacco di Bruno aveva dovuto farlo. L’automobile infatti, da un paio di giorni si trovava in officina, inutilizzabile. Alla fine, giunse alla conclusione che l’unica cosa da fare fosse quella di rivolgersi ai Camozzi, gli unici suoi vicini. Sperando che fossero in casa, afferrò il proprio bastone e si avviò lungo il vialetto. Alan si richiuse la porta alle spalle e diede tutte le mandate alla serratura. Sentendolo arrivare, Fedora lo raggiunse in salone. -Tutto bene. Ho attaccato il foglietto senza che nessuno potesse vedermi, la megera come sta?- chiese andandole incontro e abbracciandola. Fedora dapprima lo lasciò fare, ma dopo qualche istante si divincolò. -Non credo sia necessario tenerla legata, soffre d’artrosi e continua a lamentarsi. Ho sprangato la finestra e resterò in stanza con lei, inoltre chiuderò la porta a chiave- Infastidito, Alan scosse la testa. -Non ci pensare nemmeno. Siamo in piedi da questa mattina, e sicuramente prima o poi ti addormenterai, non voglio correre alcun rischio-rispose risoluto. -Ma è anziana e malata, che pericolo vuoi che possa rappresentare!- insistette Fedora. -Basta!Forse non hai ancora capito chi comanda, non costringermi a fare cose che non voglio. La vecchia resterà legata, la chiuderai a chiave e noi dormiremo nella stanza degli ospiti anzi, ho in mente qualcosina-tagliò corto Alan afferrandola nuovamente per un braccio. -Aspetta,vado ad assicurarmi di aver chiuso bene la finestra, tu aspettami di la- disse lei, apparentemente remissiva. Un ghigno perverso si disegnò sul volto di Alan che, facendole l’occhiolino, la lasciò e si avviò verso l’altra stanza. Una volta nella camera di Maria, Fedora le si avvicinò per poi slegarla in fretta. |
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