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Messaggi di Giugno 2015
Post n°1012 pubblicato il 04 Giugno 2015 da lascrivana
Apparentemente immersa nei miei pensieri, iniziai a passeggiare per il cortile. Nonostante tenessi la testa bassa, avvertii gli sguardi delle altre detenute penetrarmi la schiena come lame. Alcune erano raccolte in gruppi, pochi a dire il vero. La maggioranza di loro camminava solitaria, proprio come me. Con la coda dell'occhio, vidi una di loro staccarsi da quello più numeroso e avvicinarsi con passo svelto. -Benvenuta nel hotel a cinque stelle migliore della zona, cara!- Senza smettere di camminare, abbozzai un timido cenno col capo. Velocissima, mi superò e mi si piazzò davanti costringendomi a fermarmi. -Questa è l'area ricreazione, serve a socializzare. Puoi farlo anche tu sai?- esclamò piantandomi addosso due occhi neri come la pece. Ignorando il tono sarcastico, la fissai a mia volta. Nonostante la sovrastassi di una buona spanna, capii immediatamente che mi trovavo di fronte una persona pericolosa. Probabilmente, si trattava di una delle boss li dentro. -Sono appena arrivata, vorrai scusarmi- quindi ripresi la mia camminata. -Beh, fai l'altezzosa e non dai confidenza? Scommetto che ti ritieni innocente e non vuoi mischiarti a noi, brutte e cattive- Le mani sui fianchi, continuò a masticare la gomma fissandomi provocatoria. Fu un'altra detenuta a tirarmi fuori da quella situazione non certo piacevole. Non l'avevo nemmeno sentita arrivare. Afferrandomi sotto braccio, guardò l'altra dall'alto in basso. -Lasciala perdere Miriam, non essere sempre così aggressiva con tutte!- Se io le davo una spanna, la nuova arrivata sembrava un gigante al nostro fianco. Di altezza molto superiore alla media, portava i capelli raccolti sulla nuca e fermati da un nastro intrecciato. Per nulla impressionata, Miriam si fece in avanti. -Non ti conviene Paula, e lo sai bene- disse digrignando i denti. Il donnone, per tutta risposta, mi trascinò letteralmente via. Arrivate nei pressi di una malridotta panchina, si lasciò cadere sul marmo sgretolato con un sospiro. -Gr...grazie...- mormorai. Alzando l'enorme braccio, mi fece segno di fare altrettanto. -Qua dentro non devi ringraziare nessuno ragazza, tienilo bene a mente- Indicando col mento Miriam, che nel frattempo era tornata al suo gruppo, scosse mestamente il capo. -Non pensare che questo gesto non abbia un prezzo, lo capirai molto presto- In effetti, mi riusciva difficile comprendere come Miriam, così piccola e minuta, potesse anche solo spaventare Paula. Come mi avesse letto nella mente, sorrise amara. -E' stata condannata per un omicidio efferato e violento. Non si è mai pentita e anzi, in più occasioni, ha ripetuto che l'avrebbe rifatto migliaia di volte- Incredula, osservai nuovamente Miriam che, pur a distanza, stava facendo la stessa cosa con noi. -Vuoi...vuoi dire che...che potrebbe...- Paula smise di sorridere, ma la sua voce rimase pacata. -No, con me non arriverà a tanto. Ma in qualche modo vorrà rifarsi, non è abituata a farsi soffiare le nuove arrivate- Istintivamente, mi avvicinai un po di più a lei. -E tu, per quale motivo sei in questo posto?- Alzandosi con un'agilità che non mi sarei mai aspettata, si lisciò la gonna color cenere. -Seconda regola ragazza, non essere troppo curiosa. Se il tuo avvocato non è più che in gamba, avrai tutto il tempo di sapere- Detto questo, si avviò verso la porta. Laura e Danio
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Post n°1011 pubblicato il 02 Giugno 2015 da lascrivana
Attraversammo quindi un lungo corridoio scuro. La stanza dove i detenuti incontravano gli avvocati, si trovava dalla parte opposta. Durante il tragitto, notai che nemmeno un quadro era appeso alle pareti che, una volta, dovevano essere state bianche. Nonostante la situazione, mi ritrovai a pensare che, ogni tanto, una rinfrescata avrebbero potuto anche darla. La stanza in cui entrammo era assolutamente anonima, del tutto simile a alla mia cella. Al centro, imbullonati al terreno, un tavolo e un paio di sedie. Unica fonte di luce, una lampadina al neon fastidiosissima. L'avvocato, un corpulento signore di mezz'età, ne occupava già una. Non si alzò quando feci il mio ingresso, rendendomelo antipatico di primo acchito. -Buongiorno...- disse frugando nella cartella in finta pelle che aveva dinanzi. -Sono l'avvocato Sarzi. Sono stato nominato dal giudice, in quanto sembra che lei non possa permettersene uno- Finalmente, alzò lo sguardo e mi fissò con un sorrisetto che mi apparve falso. -Non credo siano affari che la riguardino- risposi piccata. -In ogni caso, non sapevo nulla di cosa si potesse avere diritto o meno una volta che ti accusino ingiustamente!- Lui sogghignò in un modo che mi diede i brividi. Gli occhi, ravvicinati e porcini, brillarono divertiti. -Come prevedevo. Lei si ritiene innocente vero? Ma non si deve angustiare, quasi tutti i condannati si ritengono tali- Ma non volevo dargliela vinta. Alzando il mento, cercai di darmi un tono. -Vuole sapere la verità o vuole che me ne inventi una d'ufficio- replicai tentando un timido sorriso. Improvvisamente, il sorriso scomparve dal suo volto. Nonostante questo, mantenne una calma che non mi sarei mai aspettata in uno come lui. Touche madame. Ma il fatto che io sia solo un avvocato d'ufficio, ha poca importanza. Sono qua per attuare un piano difensivo degno di questo nome, in maniera che lei possa ottenere giustizia- Quelle parole mi spiazzarono di netto, l'osservai meglio. Un ciuffo, liscio e ribelle, copriva una parte del suo occhio mentre l'altro, scintillante e scuro, mi osservava in attesa di una risposta. Così com'era arrivata, la diffidenza nei suoi confronti diminuì di molto. -Allora avvocato mi dica, vuole sapere la verità vera o quella che potrebbe aiutarmi ad avere la pena minore? Stia attento a come mi risponde perché, se opta per la prima, deve anche essere disposto a credermi senza remore- Alla mia affermazione ne seguì una sonora risata. -Impertinente e saccente, ma alquanto sorprendente!- Sorpresa, inclinai la testa di lato. -Cos'è, mi fa pure la rima? E' un mancato poeta per caso?- Risposi alquanto infastidita.
Le domande che l'avvocato mi rivolse, durarono all'incirca un ora. Non avevo molto da raccontare, e nemmeno un alibi che potesse testimoniare la mia presenza altrove e non nel luogo dove veniva commesso il crimine. Quel mattino presto, ero uscita, con indosso il mio paletot e il bavero alzato fino al mento. Non avevo notato nessuno in particolare, e nessuno aveva notato me. Sarebbe stato molto difficile trovare un testimone che potesse confermare ciò che stavo asserendo.
Terminato il colloquio, il secondino mi accompagnò in cortile per l'ora d'aria. Aprendomi la porta con una grossa chiave, mi indicò l'esterno. -Può anche fumarsi una sigaretta, ora- quindi la richiuse con un sonoro tonfo. Immediatamente, molte teste si voltarono nella mia direzione. In quel istante, mi sentii completamente sola. Laura e Danio |
Inviato da: qmr
il 02/06/2024 alle 19:50
Inviato da: tanmik
il 31/05/2024 alle 07:50
Inviato da: tanmik
il 31/05/2024 alle 07:49
Inviato da: tanmik
il 28/05/2024 alle 07:46
Inviato da: tanmik
il 28/05/2024 alle 07:45