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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Il vecchio monastero: tredicesima parte.

Post n°1039 pubblicato il 30 Luglio 2015 da lascrivana

 

Pur terrorizzata, Rachele si precipitò fuori dalla stanza. Cercando inutilmente di fermarla, Cesare scese dal letto e la chiamò a gran voce. Non ricevendo risposta, afferrò il bastone e si diresse verso la porta.

Quando arrivò in cima alle scale, avvertì immediatamente il suo respiro accelerato.

-Cosa...cosa è successo, Rachele. Parla per l'amor del cielo!- esclamò allungando un braccio. Quando le dita sfiorarono le sue spalle, avvertì chiaramente un tremito convulso.

-Rachele...sono qua, non aver paura. Ti prego, chi ha urlato, cos'è successo-

Lei si voltò e gli gettò le braccia al collo. Cercando di ricacciare indietro i singhiozzi, indicò la sagoma raggomitolata in fondo alle scale.

-Padre...padre Michele...è...è la...sembra morto...non si muove-

Era talmente sconvolta da essersi scordata della menomazione di Cesare.

-La dove? Cristo, Rachele! Calmati e spiegati!-

Il tono, duro, sembrò scuoterla. Chiuse gli occhi e, dopo aver preso un gran respiro, si sciolse dall'abbraccio.

-Padre Michele. Si trova ai piedi delle scale in una posizione innaturale, e vedo del sangue attorno alla sua testa. Ho paura a scendere, ma devo farlo- disse tutto d'un fiato.

-No!- proruppe Cesare -Chiudiamoci in camera e chiamiamo la polizia, non abbiamo altra scelta-

Rachele avrebbe seguito volentieri quel consiglio. Ma, in quel modo, i fantasmi del passato sarebbero per forza di cose riemersi. Una possibilità che non aveva previsto e che la terrorizzava. A tal punto che, senza nemmeno rendersene conto, i suoi trascorsi in carcere ebbero la meglio.

-Non voglio la polizia tra i piedi- disse convinta. Ogni traccia di tremore era sparita. Della donna che, qualche anno addietro aveva visto la morte in faccia, non c'era più traccia.

-Potrebbe essere semplicemente caduto, e ciò che ci ha raccontato essere solo il frutto della sua fantasia-

Cesare fece per dire qualcosa, ma Rachele non gliene diede il tempo.

-Non chiedermene il motivo, non saprei dirtelo. Ma non credo che Armando Tuarez possa essere entrato e averlo ucciso. E il solo modo per scoprirlo è scendere a vedere-

Cesare restò in silenzio. Sapeva bene che, quando s'impuntava su una cosa, era ben difficile smuoverla.

-Prendi almeno la rivoltella, si trova nel mio cassetto- disse rassegnato.

Rachele non se lo fece dire due volte. Dopo alcuni istanti, tornò con l'arma ben stretta nella mano destra.

-Non mi servirà, ma è sempre meglio essere prudenti. Tu ritorna in camera, vedrai che si è trattato solo di un incidente-

Cesare si tolse gli occhiali. Nonostante fosse abituata a fissare il nulla che aveva al posto degli occhi, Rachele si sentì osservata nell'anima.

-Anche in questo caso dovremmo chiamare la polizia, non credi?- disse con estrema calma.

-Non credo sarà necessario, ma devi fidarti di me- detto questo, iniziò a scendere le scale, la rivoltella spianata davanti a se.

Ad ogni gradino, la chiazza di sangue sotto la nuca del prete sembrava farsi più grande. Quando giunse in fondo, cercò inutilmente di non guardare il volto bianco e spettrale. Gli occhi, spalancati e vitrei, sembravano fissarla accusatori.

Scavalcando il corpo, perlustrò il salone palmo a palmo, quindi si voltò verso le scale.

-Vado a dare un'occhiata in cucina, tu non muoverti, arrivo subito-

Tornò un paio di minuti più tardi.

-Niente, nessuno nemmeno di la. Ho guardato anche nella camera degli ospiti, nulla. Te l'avevo detto che si è trattato di un incidente- esclamò sollevata.

Parzialmente rassicurato, Cesare scese le scale lentamente.

-Dobbiamo in ogni modo chiamare la polizia- disse cupo -Non abbiamo alternative, e lo sappiamo entrambi-

Andandogli incontro, Rachele gli afferrò le mani e se le portò al viso.

-Non possiamo, non voglio Cesare. Io...io...-

Un tonfo sordo, proveniente dalla porta d'ingresso, li fece sussultare.

Con cautela, Rachele vi si avvicinò, la rivoltella nuovamente spianata.

Chiuse gli occhi e, dopo aver preso un gran respiro, la spalancò improvvisamente.

Il braccio di Juanito, lasciò una scia di sangue sul legno della porta. Alzando appena la testa, riuscì a formulare un'unica parola: Therese.

Quindi si accasciò immobile.

Danio e Laura.

 
 
 

La carezza del vento

Post n°1038 pubblicato il 29 Luglio 2015 da lascrivana

 

 

 

 

La carezza del vento

 

Soffiava leggero il vento d'estate

scavalcando 

la morbida sinuosità 

delle verdeggianti colline

spazzava via

le grigie nubi dal ciel

e insinuandosi tra gli alberi

mormorava una dolce nenia

Poi scivolava via tra il fruscio delle foglie

avventandosi sulle case dormienti

Si apriva un varco tra le tende rigonfie

e adagiandosi 

sul corpo disteso tra le calde lenzuola

rinfrescava

con la sua leggera carezza 

la lucida pelle madida di sudor

 

 

Laura

 
 
 

il vecchio monastero: dodicesima parte

Post n°1037 pubblicato il 27 Luglio 2015 da lascrivana

 

Svegliandosi di soprassalto, Cesare avvertì immediatamente la presenza estranea. Nel tempo infatti, aveva imparato a riconoscere quella di Rachele. Assai mattiniera, lo lasciava dormire e usciva dalla stanza silenziosamente. Al ritorno, il suo profumo, i suoi passi lievi, il leggero tocco con cui lo scuoteva. Tutto parlava di lei.

Mettendosi a sedere, afferrò il bastone che teneva costantemente appoggiato al comodino.

-Chi sei...dov'è Rachele?- esclamò bruscamente.

Nello stesso istante la porta si spalancò e Rachele, in due passi, si portò a fianco del letto.

-Sono qui amore mio, non preoccuparti- disse accarezzandogli i capelli.

-Padre Michele, potrebbe spiegarci la sua presenza nella nostra casa? Di solito, si suona o si bussa prima di entrare nelle proprietà altrui!- il tono era duro, accusatorio.

Il monaco non si era mosso di un millimetro. Guardando prima uno e poi l'altra, allargò le braccia.

-Non ho alcuna giustificazione per questa intrusione, vi chiedo perdono- disse con un filo di voce.

-Ma vi assicuro che ho suonato e, dopo aver atteso qualche istante, visto che nessuno rispondeva sono entrato approfittando del cancello aperto-

Cesare guardò Rachele. La domanda era chiaramente implicita sul suo volto.

-Therese e suo marito sono andati a fare provviste, ed io avevo intenzione di restare fuori una decina di minuti. Non mi sono preoccupata di chiuderlo- disse abbassando gli occhi.

Cesare annuì, quindi si rivolse al monaco.

-Questo non la giustifica affatto, padre. Ma ormai è qui, cosa vuole da noi? Dica ciò che ha da dire e poi se ne vada- disse seccamente.

Da costernata, l'espressione sul volto di padre Michele divenne altrettanto dura.

-Lei non mi è mai piaciuto,Cesare. Così come non mi è piaciuto il modo sgarbato con cui ha cacciato un mio confratello, qualche tempo fa. Fare vita riservata non è un delitto, essere cortesi dovrebbe essere un dovere-

Rosso in viso, Cesare sembrò sul punto d'esplodere. Ma Rachele, stringendogli un braccio, fece un passo verso il monaco.

-Ciò che facciamo o non facciamo non vi riguarda, padre. Sia io che Cesare siamo atei, e la vostra insistenza per racimolare soldi è ben conosciuta in paese. E' forse questo il motivo per cui siete qui?

Padre Michele rise, e a Rachele vennero i brividi..

-Capisco quando è perfettamente inutile insistere con certa gente. No signora, il motivo per cui sono venuto è un altro, ben più grave-

Forse fu il tono, o forse l'espressione. Fatto sta che Rachele rimase in silenzio.

-Si tratta di Armando Tuarez. Sta arrivando alla villa e potrebbe essere armato. Ecco il motivo per cui sono qui, per mettervi in guardia- terminò padre Michele.

Dopo il primo attimo di sconcerto, fu Cesare a prendere la parola.

-Chiama immediatamente la polizia, Rachele. Questa storia comincia ad innervosirmi-

Ma la donna sembrava non averlo nemmeno udito.

-Cos'è successo padre? Per quale motivo, dopo tutti questi anni, Armando ha deciso di lasciare il monastero? E sopratutto, perché lei ha permesso che accadesse?-

Il volto scolpito nella pietra, il monaco non rispose.

-Lei era l'unico a sapere della colpa di cui si era macchiato. Armando avrebbe meritato la galera ma, grazie a lei, non ha mai varcato la soglia di una cella se non quella del monastero. Come ci si sente, padre?- lo incalzò Rachele.

Sempre più in imbarazzo, padre Michele s'incamminò verso la porta.

-Non sono tenuto a rispondervi, quello che avevo da dire l'ho detto. Fossi in lei darei retta a Cesare, chiami la polizia-

Detto questo, uscì dalla stanza lasciando i due amanti esterrefatti.

-Ma cosa potrà mai fare quel vecchio!- esclamò Cesare scendendo dal letto -Quanti anni potrebbe avere, settanta...ottanta?-

Ma Rachele aveva già afferrato il cellulare e, con gesti rapidi, digitò il numero della polizia.

-Aspetta Rachele, non voglio casini in casa. Probabil...- non riuscì a terminare la frase. Un urlo, disumano e grottesco, li fece voltare entrambi verso la porta.

Danio e Laura

 

 
 
 

I poeti

Post n°1036 pubblicato il 25 Luglio 2015 da lascrivana

I poeti scrivono di notte ... quando tutto tace

e lo spirito inquieto fatica a trovar pace

Mille voci insidiano la mente

e le parole si ripetono continuamente

Sono sempre le stesse come una litania

come una preghiera dell'anima pia

Eppure a volte si aprono un sentiero

riuscendo discernere il falso dal vero

Rispondono ai dubbi e alle incertezze

sciogliendo i nodi delle amarezze

E i pensieri rivelano inconsciamente

 il proprio credo verso l'onnipotente

E ciò che si scrive lo si può anche interpretare

Come un nuovo salmo da predicare

Laura

********

Perchè

La fede

Tra il sacro e il profano

Il vile e l'ardito

Avanza inesorabile

Ignorando persino chi gli punta il dito

 

Non la puoi toccare

Non la puoi vedere

la puoi solo inalare

E da essa lasciarti gratificare

Poichè tutto dall'aria ha ereditato

Necessaria e vitale

oggi

come nel passato




 

 
 
 

Il vecchio monastero. Parte undicesima

Post n°1035 pubblicato il 23 Luglio 2015 da lascrivana

 

 

Fu una notte lunga e agitata per Rachele, popolata dai fantasmi del passato e dalle preoccupazioni per il futuro. Nel sonno ebbe modo di conoscere Manuela, la madre di Cesare. Con sguardo supplichevole, la donna l'implorava di proteggere suo figlio:

 

“Il male del passato tornerà di nuovo, e questa volta sarà più devastante che mai”

 

L’incubo sembrava non avere mai fine, nemmeno quando le prime luci dell’alba rischiararono la stanza. Quando finalmente decise di alzarsi, si ritrovò stanca e di malumore. Dopo aver indossato un paio di jeans e una felpa pesante, si avviò per la strada che portava al fiume.

 

Quella mattina, tra gli alberi, una densa foschia rendeva il luogo quasi spettrale. In quel momento, quell'angolo di paradiso le apparve sinistro e terrificante, rabbrividì. Invece di dissolversi, la sensazione di disagio e di angoscia che l’aveva accompagnata tutta la notte aumentò sensibilmente.

 

Arrivata lungo la riva del fiume, il suo sguardo fu attratto da una figura in lontananza. Scura e offuscata dalla nebbia, camminava spedita in direzione della villa. Da quella distanza faticò a distinguerne i tratti ma di una cosa era certa, l’uomo indossava una veste monacale. Preoccupata da quella presenza ambigua e inaspettata, decise di ritornare indietro sui suoi passi. Durante il tragitto verso casa, la sua mente fu pervasa da mille presagi di sciagura. Una voce misteriosa, all'interno della sua mente, la invitava ad affrettare il passo prima che fosse troppo tardi.

 

Arrivò trafelata davanti al cancello della villa, e non si meravigliò di trovarlo socchiuso, era stata lei stessa a lasciarlo in quel modo. Nonostante tutto, s’intrufolò in casa sua guardinga e silenziosa come un ladro. La casa era avvolta nel più assoluto silenzio, probabilmente stavano dormendo ancora tutti. Tirando un sospiro di sollievo, si accasciò distrutta su una sedia della cucina. Ma non riuscì a godersi quel momento di pace. Un rumore improvviso, proveniente dalla camera di Cesare, la fece scattare in piedi come una molla.

 

Dandosi della stupida, si chiese se fosse il caso di andare a vedere. Furono le sue gambe a decidere per lei. Silenziosamente, salì le scale e si avvicinò alla stanza. La porta era socchiusa quindi, facendo attenzione a non fare il minimo rumore, sbirciò all'interno. Ciò che vide, la lasciò più di stucco che terrorizzarla. La figura con il saio, la stessa che aveva visto poc'anzi nel bosco, fissava con aria truce Cesare, ancora addormentato.

Danio e Laura

 

 

 
 
 

L'angelo della giustizia

Post n°1034 pubblicato il 21 Luglio 2015 da lascrivana

Poche parole, dolci e suadenti

scaldano i cuori e liberano le menti

Piccoli gesti compiuti con amore

ridestano lo spirito sopraffatto dal dolore

L’animo frustrato che sul misero imperversa

rivela la miseria della sua dignità persa

Dai cattivi pensieri bisogna allontanarsi

cercando luoghi pacifici per rifugiarsi

Bisogna sempre tenere presente

che il male esiste solo se glielo si consente

Per combattere l’aurea di negatività

si deve cercare con assiduità

il pensiero migliore che soggiorna nella memoria

per cambiare l’esito della triste storia

e trasformare il male sofferto e conosciuto

nel bene più prezioso che si abbia mai ottenuto

La giustizia trionfa nello spirito di crede

Che c’è sempre un angelo che per noi intercede.

Laura

 
 
 

Il vecchio monastero: decimo capitolo

Post n°1033 pubblicato il 18 Luglio 2015 da lascrivana

 

Nonostante le rassicurazioni di padre Michele, Armando sentì l'ansia aumentare di minuto in minuto.

Cosa poteva aver significato quella visione? Suo figlio era in pericolo?

Rinchiuso nella propria cella, s'inginocchiò davanti al crocifisso e congiunse le mani.

-Dio onnipotente, so di non essere stato un padre come si deve, tutt'altro. Ho abbandonato mio figlio e sua madre senza pensarci due volte, completamente soggiogato dal fascino di quella donna. Come non bastasse, ho compiuto un atto ignobile contro un bambino indifeso. Non basterebbero mille vite per espiare tutto questo. Ma ti scongiuro, fai che al mio ragazzo non accada nulla, sarei disposto a morire per questo-

Senza alcun preavviso la parete ondeggiò. La mente svuotata, sentì le palpebre farsi di colpo pesanti, un istante dopo si ritrovò riverso al suolo. Al posto del muro, si era aperto una sorta di varco, esattamente come la notte precedente.

Solo che non si trattava più del giardino questa volta. Ora, i protagonisti si trovavano riuniti nella grande sala da pranzo, ed erano aumentati di numero.

Fernando, seduto a capotavola, continuava a fissare i due innamorati con uno sguardo allucinato. Ma ciò che lo lasciò allibito fu la presenza di Maria, sua moglie.

Pur non distinguendo le parole, sembrava stesse rivolgendosi al figlio in tono supplichevole.

Poi, come un fulmine a ciel sereno, l'uomo dagli occhiali neri si alzò puntando una rivoltella verso Fernando.

-Scappa, figlio mio...scappa!- mugugnò Armando verso la parete.

Parole inutili. In quella sorta di torpore, osservò inorridito la pallottola infilarsi nell'occhio destro del figlio.

 

-Armando...Armando!-

Girando la testa di scatto, vide una figura incombere su di lui.

-L'ha ucciso...l'ha ucciso!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola, quindi svenne.

Quando riprese i sensi, si ritrovò disteso sulla propria branda. Al suo fianco, su una seggiola, padre Michele lo stava fissando preoccupato.

-Probabilmente si è trattato di un abbassamento di pressione, come ti senti?-

Il vecchio non rispose, voltandosi invece verso la parete.

-Erano...erano la- disse indicandola con un dito.

Il monaco smise di sorridere.

-Sarebbe meglio far venire un medico, questi improvvisi svenimenti non mi piacciono per niente-

Come fosse stato morso da un serpente, Armando si rimise prontamente in piedi.

-Accadrà qualcosa di terribile in quella casa, devo andare la il più presto possibile!-

Costernato, padre Michele si alzò a sua volta.

-Non dire sciocchezze, non sei nelle condizioni di andare in nessun posto. Adesso mando a chiamare il dottor...-

Ma, ancor prima che potesse finire la frase, Armando si era già diretto verso la porta.

-Aspetta, Armando. Sei ancora debole e non andresti molto lontano. Lascia almeno che ti accompagni-

Puntandogli contro il bastone, il vecchio sembrò aver riacquistato l'energia di una volta.

-Non ci provare nemmeno, prete! E' una cosa a cui solo io posso rimediare-

Con inimmaginabile velocità, con un tonfo richiuse la porta serrandola quindi con due mandate.

Prima di lasciare il monastero si recò in cucina e, da un cassetto, prese un lungo coltello dal manico d'avorio.

Aveva abbandonato il figlio una volta, non ci sarebbe stata una seconda.

***

 

Padre Michele attese che i passi strascicati si allontanassero quindi, dalla tasca della tonaca, sfilò una chiave del tutto simile a quella con cui Armando l'aveva rinchiuso nella cella. In tutto il monastero, solo lui possedeva un passepartout che apriva qualsiasi serratura.

Girandola con cautela nella toppa, si assicurò che il vecchio non fosse ancora nei paraggi.

La situazione si era fatta complicata, e non sapeva proprio come agire. Pur anziano e malandato, Armando restava sempre un uomo pericoloso. Ed era impazzito, su questo non c'erano dubbi.

Le visioni, i rimorsi verso il figlio, gli svenimenti, qualcosa si era guastato nel suo cervello.

Dopo averci pensato ancora per qualche minuto, giunse all'unica soluzione sensata. Doveva arrivare alla villa prima di lui.

Danio e Laura

 
 
 

Il vecchio monastero: parte nona

Post n°1032 pubblicato il 16 Luglio 2015 da lascrivana

 

Fu una lunga chiacchierata quella che Rachele, il giorno dopo, fece con Fernando e sua madre Maria. Venire a conoscenza del vero motivo della cecità di Cesare, l'aveva sconvolta oltre ogni limite.

Così come ciò che Maria le stava raccontando in quel momento.

-Sino a quando non ha conosciuto Manuela, Armando è sempre stato un buon marito e un ottimo padre. Quella donna gli ha fatto perdere completamente la testa- concluse tra le lacrime.

 

In disparte, Fernando ascoltava silenzioso. Seduto in poltrona a gambe divaricate, teneva i gomiti appoggiati alle ginocchia, le mani a reggersi la testa dolorante.

Ora, tutto gli appariva chiaro e nitido nel suo squallore.

La disperazione del padre, l'attaccamento morboso alla casa dei Domingo, la scelta d'isolarsi in convento nascondendosi da tutto e da tutti. Pensava forse, in quel modo, di redimersi agli occhi di Dio e degli uomini.

Nonostante tutto questo, non riusciva a provare odio per lui, solo una grande pena.

-Perché Cesare mi ha aggredito? Che colpe posso avere se non quella di avere un padre sciagurato?- disse alzandosi improvvisamente.

La domanda non colse Rachele impreparata, sapeva bene che sarebbe giunta.

-Cesare non ti avrebbe mai fatto del male, Fernando. Ma, quando ha sentito il tuo nome, una coltre di nebbia gli ha offuscato la mente. D'altronde, come avrebbe potuto colpirti? Voleva solo spaventarti, credimi-

Fernando annuì, anche se nei suoi occhi era ancora ben visibile lo spavento provato.

-Per lui, è stato terribile apprendere che, la causa della sua cecità, non era stato affatto un incidente. Tuo padre era geloso di lui, Fernando. Lo considerava responsabile dei mancati incontri con sua madre-

Affranto, Fernando scosse la testa.

-Talmente geloso da arrivare a macchiarsi di un gesto così terribile?-

Rachele annuì mestamente.

-Purtroppo si, Fernando. Mi dispiace molto-

 

Avvicinandosi alla madre, le prese le mani e la guardò diritto negli occhi.

-Tu lo sapevi mamma, come hai potuto sopportare tutto questo?-

Distogliendo lo sguardo, l'anziana donna annuì appena con la testa.

-Ho pensato a te prima di tutto, così come ho sempre sperato che tuo padre potesse rinsavire-

Fernando la baciò sulla fronte.

-Ma perché Manuela non l'ha denunciato? Per quale arcano motivo ha preferito coprire l'amante?-

Maria sospirò.

-Manuela Domingo era una donna bellissima, e suo marito l'adorava. Ma Paolo Mainardi era anche un uomo molto violento. Non credo che li avrebbe lasciati vivere se avesse saputo la verità. Una madre defunta, avrebbe potuto fare ben poco per un figlio cieco. Manuela ha taciuto per proteggere suo figlio. Solo in quel modo avrebbe potuto curarlo e permettergli di vivere una vita quasi normale. Ed è stata talmente brava che tutti, in paese, hanno creduto alla sua versione. Cesare era rimasto vittima di un incidente domestico-

Dopo aver a lungo riflettuto, i tre decisero che si sarebbero recati nuovamente da Cesare.

E fu proprio Fernando il primo a proporlo.

-Non gli porto rancore, e voglio conoscere meglio mio fratello-

Rachele e Maria si scambiarono un sorriso.

Danio e Laura

 
 
 

Il vecchio monastero. parte ottava

Post n°1031 pubblicato il 13 Luglio 2015 da lascrivana

 

Seduti sul divano dello studio, Rachele e Cesare rimasero in silenzio per un tempo lunghissimo.

Furiosa oltre ogni limite, la donna fissò il compagno con gli occhi socchiusi. Il livido, appena sotto l'occhio destro, stava passando dal nero a un blu tendente al giallastro. Il contrasto col pallore del volto le diede fastidio, si voltò.

-Io...io non capisco cosa mia sia preso, Rachele. So che è difficile, ma ti prego di perdonarmi- disse Cesare premendosi la borsa del ghiaccio sul viso.

Rachele respirò a fondo prima di rispondere. Ma, quando lo fece, tutta l'ira repressa sino a quel momento esplose come una furia.

-Perdonarti? Hai anche il coraggio di chiedermi di perdonarti!?

Ma ti rendi conto di ciò che hai tentato di fare a quel povero ragazzo?-

Cesare scosse la testa con decisione.

-No...no...tu non puoi capire, non puoi sapere-

Allibita, Rachele si alzò e andò verso la scrivania. Afferrata la rivoltella dalla parte della canna, la lanciò in grembo all'uomo.

-E questa? Cosa mi dici di questa?- urlò.

-Non ho mai saputo che ne possedessi una, per essere cieco nascondi molto bene le tue cose!- per poi pentirsi immediatamente di quelle parole.

-Scusa, non volevo...ma per l'amor di Dio, cosa pensavi di fare?- proseguì in un tono più calmo.

Raggiungendo a sua volta la scrivania, Cesare si lasciò cadere sulla poltrona. Dopo aver appoggiato la rivoltella sul ripiano, aprì un cassetto e vi frugò dentro. Quando lo richiuse, nelle mani stringeva una busta.

-Leggila- disse porgendogliela.

Stupita, Rachele la prese e ne tolse il foglio che conteneva.

Trascorsero un paio di minuti prima che, sconvolta, rialzasse gli occhi.

-Prima di dire qualcosa devi sapere che tu, così come la nostra storia, non hanno nulla a che vedere con quella lettera. E nemmeno la mia decisione di tornare qua vi ha nulla a che fare, visto che ne sono venuto a conoscenza dopo-

Rachele non rispose, limitandosi altresì a rileggere quelle poche righe.

-Fu un notaio, venuto apposta da Madrid, a consegnarmela e leggermela. Mi assicurò che, da vero professionista, non ne avrebbe mai rivelato il contenuto. Non l'ho più rivisto-

Sospirando, Rachele depose la lettera sulla scrivania.

-Ma come faceva a sapere del tuo trasferimento?- domandò.

Cesare si strinse nelle spalle.-

-Non ne ho la minima idea. L'unica cosa che mi è venuta in mente è che le voci, in paese, abbiano cominciato a girare e qualcuno l'abbia avvertito. Non trovo altre spiegazioni-

Rachele ebbe la sensazione che la testa stesse per scoppiarle.

-Fernando è quindi tuo fratello, non riesco ancora a crederci- disse afferrandosi il volto con le mani.

-Così afferma mia madre nella lettera. Anche per me è stato un colpo, credimi. Mio padre, o quello che ho sempre creduto tale, si chiamava Paolo Mainardi. Evidentemente non era così, Rachele. Il mio vero padre, e colui che mi ha reso cieco per tutta la vita, è anche il padre di Fernando. Si chiama Armando Tuarez, ed è ancora vivo da quel poco che ho potuto sapere-

Rachele sentì montarle dentro un sentimento di compassione verso Cesare. Aggirando la scrivania, gli cinse le spalle e lo baciò con tenerezza sulla nuca.

-Sono stata troppo dura con te, sono io che ti chiedo perdono ora-

Afferrandole le mani, le baciò con altrettanta dolcezza.

-Volevo solo spaventarlo e cacciarlo dalla mia casa. D'altronde, come avrei potuto pensare di colpirlo, ho una pessima mira, come ben sai-

Entrambi scoppiarono a ridere a quella battuta.

-Ma è stato solo per merito tuo se Fernando, scosso e forse impietosito dalla mia situazione, ha deciso di non sporgere denuncia- proseguì Cesare.

-Lui non ha colpe. Anch'egli è vittima di un padre indegno e che dovrebbe marcire in galera già da un pezzo- lo interruppe Rachele.

Il volto di Cesare si rabbuiò di nuovo.

-Già, chissà dove si nasconde quel maledetto-

Rachele rimase in silenzio, ma un piano stava già prendendo forma nella sua mente.

Danio e Laura

 
 
 

Il vecchio monastero: parte settima

Post n°1030 pubblicato il 11 Luglio 2015 da lascrivana

 

Fu un pomeriggio strano e carico di tensione. Cesare, rimase tutto il tempo chiuso nello studio, evitando persino il rito del caffè pomeridiano.

Di contro, Rachele si concesse un'altra lunga passeggiata, cercando in quel modo di smaltire la rabbia e la delusione.

Prima di uscire, aveva altresì informato Therese dell'ospite che avrebbero avuto a cena.

-Perdonami, Irene. Ma non credo sia una cosa saggia-

Aveva risposto la ragazza alzando un sopracciglio. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso.

-Ti prego Therese, non mettertici anche tu!- aveva risposto con stizza.

-Stasera avremo un ospite, punto e basta!- quindi era uscita sbattendo la porta.

Quando tornò, l'ira si era placata, non certo l'ansia di dover ancora affrontare Cesare.

Erano le cinque e la casa era silenziosa. Arrivando, aveva notato che la macchina di Juanito non si trovava al solito posto.

Dopo aver controllato in cucina, si rese conto che marito e moglie, probabilmente, erano andati in paese a fare provviste.

Tornando nel salone, si versò da bere e si lasciò andare in una poltrona. Si sentiva spossata.

Posando il bicchiere, decise che sarebbe salita in camera per una doccia e un po di riposo. Passando davanti allo studio, dopo un attimo d'esitazione poggiò l'orecchio contro il legno sottile. Silenzio assoluto. Che fosse salito anche Cesare?

Ma, quando arrivò in camera, la trovò deserta.

 

 

Quando giunse dinanzi alla villa, Fernando aveva i battiti del cuore a mille.

Mai, neppure da bambino, si era avvicinato così tanto. Ed ora vi sarebbe addirittura entrato. L'invito di Irene l'aveva colto impreparato e, di primo acchito, l'istinto era stato quello di rifiutare. Troppi ricordi, troppe cose lo legavano a quella casa, a partire da suo padre Armando.

Era stato il sorriso di Irene a convincerlo, quella donna gli piaceva.

Il suo modo di fare, il vezzo d'inclinare leggermente la testa di lato, il sorriso luminoso. Ma aveva un compagno.

Scacciando il pensiero se stesse per fare la cosa giusta o meno, suonò il campanello.

Dopo qualche istante, dall'interno avvertì dei passi frettolosi, quindi la porta si socchiuse leggermente.

Fernando riconobbe immediatamente Therese, in paese era molto conosciuta.

-Ciao Therese, non ti ricordi di me?- rispose impacciato.

La ragazza lo fissò a lungo, sul volto un'espressione non di certo benevola.

-Certo che mi ricordo, Fernando Tuarez. E devo dirti che non mi fa certo piacere rivederti-

Facendo un passo indietro, il giovane allargò le braccia.

-Io...io sono stato invitato a cena...- balbettò confuso.

-Lo so bene, ed è questo che non capisco. Comunque è Irene la padrona, accomodati pure- disse frettolosamente.

Dopo averlo fatto accomodare nel salone, Therese gli disse che Irene sarebbe giunta di li a poco. Rimasto solo, Fernando passò in rassegna la stanza con occhi colmi d'ammirazione.

I quadri, le sculture, i mobili, tutto denotava buon gusto e ricchezza.

Quando la porta si aprì nuovamente, si alzò esibendo il suo miglior sorriso. Che si spense immediatamente.

Cesare, in maglietta e pantaloncini corti, avanzò verso di lui appoggiandosi al bastone.

Paralizzato dalla sorpresa, Fernando avrebbe voluto dire qualcosa ma, dalla sua bocca, non uscì alcun suono.

 

Dopo la doccia, Rachele indossò un elegante abito di lino color pesca. Il tessuto, le avvolgeva il corpo in un abbraccio sensuale, era incantevole. Davanti allo specchio, sorrise e diede alcuni piccoli ritocchi al trucco, quindi guardò l'orologio, Fernando avrebbe dovuto essere già arrivato. Uscì dalla stanza e scese le scale ma, con sua grande sorpresa, il salone era vuoto.

Stava per andare in cucina ma, passando davanti allo studio, avvertì dei rumori. Incuriosita, si avvicinò alla porta bussando discretamente. Nessuna risposta. Colta da un terribile presentimento, abbassò la maniglia e la spalancò.

Ciò che vide, la riempì d'angoscia e temette di svenire.

Spettinato, e con gli occhi fuori dalle orbite, Fernando si trovava a cavalcioni sopra Cesare. Gli occhiali scuri, rotti, si trovavano a poca distanza, insieme a una rivoltella.

-Ho...ho dovuto farlo...voleva spararmi...io...io...

Danio  e  Laura

 
 
 
 
 

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Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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