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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Marzo 2016

Il vecchio mulino: parte tredicesima

Post n°1142 pubblicato il 07 Marzo 2016 da lascrivana

Se di giorno quel posto metteva ansia, di notte sembrava addirittura terrificante. Stringendosi nel pesante cappotto di lana, Giada avanzò lentamente sul sentiero sterrato che conduceva alla fattoria abbandonata. Pur cosciente della presenza di Louis alle sue spalle, non poté evitare che un brivido le corresse lungo la spina dorsale, era terrorizzata anzi, di più. Unica consolazione, una splendida luna piena illuminava il sentiero, rendendo così inutile la torcia che teneva in tasca. Dopo che le era parso di aver camminato più del dovuto, finalmente la scorse. Era ad un centinaio di metri ormai, e la sagoma scura della costruzione le apparve improvvisa, una macchia nera nel nero della notte.

 

 

Dopo aver consumato lo yogurt, il commissario accese il televisore e lo sintonizzò su un canale dove davano un vecchio film western, quindi si distese sul divano letto. Era stanco, anzi, distrutto, ma la scomparsa della vecchia Filomena gli impedì di prendere sonno, tanto meno di seguire il film. In preda a un'ansia sempre più crescente, si rese conto che era perfettamente inutile star li a tormentarsi. Sarebbe tornato in questura e avrebbe riletto i rapporti dei suoi uomini, magari gli era sfuggito qualcosa, un piccolo particolare che poteva rivelarsi importante. Rialzatosi in fretta, spense il televisore e si diresse verso il bagno per darsi una rinfrescata. Nel farlo, passò davanti alla camera del figlio e li si fermò. La porta era socchiusa, e dalla piccola fessura avvertì chiaramente, anche se attutito, un lieve brusio. Spalancandola del tutto, entrò e si guardò attorno. La stanza sembrava un piccolo campo di battaglia, con abiti appesi un po' dappertutto e scarpe sparse sul pavimento. Il letto era sfatto e il cuscino messo per il traverso, e proprio da quel punto sembrava provenire il rumore. Avvicinandosi, lo spostò ma non trovò nulla, eppure il brusio aveva aumentato d'intensità. Poi capì. Mettendosi in ginocchio, si chinò e scostò un lembo di lenzuolo, ed eccolo li. Il lettore nero, quello che gli aveva regalato alcuni anni prima, spiccava nitido sulle piastrelle bianche del pavimento. Attaccate ad esso, le cuffiette arancioni che Dario aveva acquistato solo pochi giorni prima.

Sorridendo, allungò una mano per recuperarlo ma, nel farlo, si accorse di una cassetta di legno che non aveva mai visto. Incuriosito, la prese e l'appoggiò sul letto, accanto al lettore. Era serrata da un piccolo lucchetto, di quelli che si trovano in qualsiasi supermercato, ma dov'era la chiave? Probabilmente l'aveva con se Dario, oppure l'aveva riposta in qualche cassetto. Cercò per qualche minuto, poi desistette e tornò a fissare la scatola. Che diritto aveva di aprirla? Suo figlio si sarebbe di certo infuriato, e a ragione anche. Nonostante questo, l'istinto del poliziotto ebbe la meglio e, con l'aiuto di un coltello recuperato in cucina, lo fece.

La scatola conteneva una sola cosa, un flacone, e Dragoni rimase a lungo a fissarlo, perplesso.

 

 

Con l'aiuto di un cannocchiale per la visione notturna, l'uomo osservò Giada avvicinarsi, titubante. Era sola, ma sapeva che dietro di lei, a qualche centinaio di metri, quel bestione di Louis la stava seguendo, poveri illusi. Per tutto il pomeriggio aveva stazionato nei pressi dell'abitazione di quel demente, sino a quando non aveva visto uscire la ragazza, ma non si era mosso. Come aveva previsto, dopo una decina di minuti era uscito anche Louis, e solo a quel punto se n'era andato. Evitando di fare lo stesso percorso, li aveva preceduti ed ora eccoli li, nella tana del lupo. Senza far rumore, uscì dal proprio nascondiglio e, attraverso la boscaglia, si diresse nella direzione da cui proveniva Giada. Quando giunse alla sua altezza, una ventina di metri spostato sulla destra, si fece ancora più silenzioso e se la lasciò alle spalle, lasciando che avanzasse verso la fattoria. Giunto a una biforcazione del sentiero, si appostò dietro un grosso albero e rimase in attesa dell'arrivo di Louis.

Danio

 
 
 

Il vecchio mulino: parte dodicessima

Post n°1141 pubblicato il 06 Marzo 2016 da lascrivana

Dopo aver pianificato, scartato e nuovamente approvato diverse soluzioni, si guardarono negli occhi, esausti. Il pomeriggio stava inesorabilmente cedendo il passo alla sera e, nel giro di poche ore, avrebbero dovuto decidere il da farsi.

-Resto sempre dell'avviso che sarebbe meglio informare la polizia, ma visto che non vuoi sentir ragione faremo come dici tu- disse sconsolato Louis.

Giada gli appoggiò una mano sul braccio muscoloso.

-Con te che mi copri le spalle mi sento tranquilla. Se avessimo detto tutto al commissario, quanto credi impiegherebbe a circondare la zona, col rischio che il nostro uomo non si faccia vedere per nulla?-

Louis non rispose. Giada non aveva tutti i torti, ma la polizia aveva i mezzi e gli uomini per neutralizzarlo, mentre loro cos'avevano? Solo rabbia, pochissima esperienza e nessun arma. No, in realtà una c'era.

-Ho un vecchio fucile, giù in cantina, quando ero più giovane lo usavo per andare a sparare agli uccellini-

Lo sguardo severo della ragazza lo costrinse a proseguire in tutta fretta.

-Lo so', è sbagliato, ma non avevo amici e tutti mi evitavano, ero arrabbiato col mondo intero-

L'espressione di Giada si addolcì.

-Non mi interessa il tuo passato, ma solo il nostro futuro-

La parola “nostro” gli scaldò talmente il cuore che, in uno slancio che non seppe controllare, la strinse a se baciandola con fervore sulle labbra.

Quando si staccarono, il volto di Giada aveva assunto un acceso color porpora.

-Ma devi promettermi di non fare gesti azzardati, sai quanto può essere crudele quel mostro- disse quasi senza fiato.

Louis la lasciò e iniziò a camminare per la stanza, le mani affondate nelle tasche.

-Starò attento, ma non ti assicuro nulla. Quello è un maniaco, Giada, e non esiterebbe a fare una strage. Lui ti vuole, e non certo per portarti all'altare vestita di bianco, è questo che mi fa impazzire-

La giovane non seppe cosa rispondere. Ciò che Louis aveva appena detto era la semplice e inoppugnabile verità. Quello che sarebbe potuto accadere alla fattoria abbandonata era inimmaginabile. Gli scenari erano ampi, da quello di riuscire a neutralizzare quel pazzo, a quelli decisamente più terrificanti di venire tutti ammazzati, Filomena compresa. E se avessero avuto la meglio, come avrebbero potuto giustificarsi? Con quale faccia si sarebbero presentati davanti al commissario? L'idea di scappare, di andarsene da quel posto dimenticato da Dio e dagli uomini le attraversò la mente, e l'avrebbe già fatto se Filomena non fosse stata nelle mani di quel pervertito.

-La salveremo, Louis, dopo di che ce ne andremo, lontano da qui- disse con un filo di voce.

Lui si voltò e le prese il volto tra le grandi mani.

-Che Dio ti ascolti, amore mio-

 

 

Il commissario Dragoni lasciò la questura che era già sera. Appena fu in strada, si accese una sigaretta e salutò il piantone, quindi s'incamminò a piedi verso casa. Per tutta la giornata aveva coordinato le indagini sulla scomparsa della vecchia Filomena, ma della donna nessuna traccia. Chi l'aveva rapita? Per quale motivo? Perché non erano arrivate richieste di riscatto?

Tutte domande senza risposta che non facevano altro che aumentare la propria frustrazione. E poi c'era stata Giada. Quella ragazza sapeva qualcosa, ne era certo, ma era riuscita a imbrigliarlo con la sua facile e fluida parlantina. Tutti questi pensieri l'accompagnarono sino alla propria abitazione, una villetta singola a poca distanza dal centro del paese.

E mentre stava per infilare le chiavi nella serratura, la porta si aprì.

-Ehi, dove stai andando in tutta fretta?-

Il giovane lo guardò come se lo vedesse per la prima volta.

-Ciao, pà, esco a cena con amici, ti ho lasciato il pollo nel forno, ci vediamo- rispose senza dargli tempo di una replica.

Dragoni lo guardò salire in auto e scosse la testa. Da quando era mancata sua moglie, Dario era diventato scontroso e distante, ma poteva capirlo, era stato sempre molto affezionato alla madre, e perderla in quel modo l'aveva distrutto.

Arrivato in cucina si tolse il cappotto, aprì il forno e sorrise. Il pollo giaceva inerte sopra un piattino, bianco e poco invitante per uno che avesse fame, ma lui non ne aveva assolutamente. Si accontentò di uno yogurt preso dal frigorifero, quindi si mise sul divano e accese il televisore.

Danio

 
 
 

Il risveglio dell'amore.

Post n°1140 pubblicato il 04 Marzo 2016 da lascrivana

Era da troppo tempo che riposava sotto le coltri delle morbide foglie, che ricoprivano l’angusto sentiero del bosco.

Una leggera foschia avvolgeva gli alberi intorno; mentre la pallida luce del sole, si filtrava tra i rami degli alberi d’alto fusto, che vegliavano il suo sonno come imponenti sentinelle.

Sembrava quasi volessero proteggerlo dalle insidie dell’odio.

Destandosi dal suo lungo sonno, fece capolino sul selciato bagnato dalla fresca rugiada del mattino.

Strizzò gli occhi vivaci e luminosi alla vista del sole;  poi con la punta delle dita raccolse le piccole perle di rugiada posate sui fili d’erba: portandosele alle labbra, per dissetarsi dall’arsura del freddo inverno.

No, non era il risveglio della primavera… era il risveglio dell’amore.

Il risveglio dell’amore

Danzando si posò sulla poesia

Tingendo di rosso la vita mia

Trovò le rime giuste per arrivare dritto al cuore

E cancellare dagli occhi ogni residuo di rancore

Imporporò le mie guance con il calore dei raggi del sole

Intrecciandomi i capelli con delicate viole

Cosparse il mio sentiero con petali di rose profumate

Accese le lucciole tra i rami nidificate

Pennellò di verde ogni grigiore della natura

Aprendo varchi di luce nella fitta radura

Silenzioso sorvegliò ogni angolo nascosto

Affinché l’odio non trovasse più posto

 

Laura

 
 
 

Un incubo.

Post n°1139 pubblicato il 03 Marzo 2016 da lascrivana

A grande richiesta, pubblico qualcosa di mio sul blog.

E’ giusto; poiché molti si aspettano di avere qualche novità anche da parte mia.

E’ vero Danio con le sue narrazioni, ha intrattenuto con il fiato sospeso, gran parte di voi; e contribuito ad alimentare i miei incubi.

Tant’è vero che stanotte, ho sognato una storia mozzafiato; un misto di paranormale e giallo.  Non mancherò di raccontarla a Danio, poiché immagino, ci andrà a nozze. Ciò non toglie che la narrazione del sogno, possa intrigare anche voi.

Ho sognato una grande casa, abitata da una famiglia; composta dai genitori più due figli: una ragazzina all’incirca di undici anni, e un ometto con qualche annetto in più.

Il padre era un ricercatore scientifico; e due stanze della grande villa, erano riservate ai suoi studi.

Da qualche tempo, aveva assunto come aiuto un assistente: un geniale principiante.

Stavano lavorando su una nuova scoperta, quando nella stanza riservata alle ricerche, si udirono i primi segni di una strana e inquietante presenza.

Il giovane assistente, che era un tipo strano e taciturno, sembrava aver capito a chi appartenesse il respiro affannato e assordante, che da qualche giorno aleggiava nelle due stanze. Per paura che si divulgasse per il resto della casa, le stanze erano state accuratamente isolate, insieme all’assistente. Quest’ultimo preso dagli aspetti occulti della ricerca: s’isolò, per diversi giorni e notti; sfogliando un grosso volume esoterico, per cercare di trovare il modo per rimandare indietro lo spirito inquieto.

Oltre all’assistente, ad avere accesso in quelle stanze, era il padrone di casa; ai ragazzi, e alla madre, era stato severamente proibito anche il solo avvicinarsi.

La loro tata (che poi nel sogno ero io) intratteneva i ragazzi in modo che non sentissero, il tetro richiamo, che di tanto in tanto, fuoriusciva dalle stanze.

La tormentata presenza, stava consumando lentamente il giovane assistente; al punto che le pagine del libro esoterico, a furia di essere sfogliate, presero fuoco: riempiendo la stanza di un fumo alacre e soffocante.

Fu così che lo trovò il padrone di casa, morto, con la testa riversa sul grosso tomo; e gli occhiali distorti con le lenti frantumate, gettate sulla scrivania.

Lo shock subito gli fece dimenticare ogni precauzione; tant’è vero che si allontanò per chiamare i soccorsi, dimenticando la porta aperta.

Quando si rese conto del grave errore: era ormai troppo tardi. A quel punto, non gli rimase che urlare alla moglie e alla tata, di prendere i ragazzi e di raggiungere l’uscita di servizio in cucina.

Un tentativo inutile e disperato il suo. Le due colonne di fumo alacre che fuoriuscirono dalle stanze, presero la forma di due loschi individui, vestiti di stracci. Il primo uomo, dai corti capelli ricci e la barba ispida, correva impaurito.  I suoi occhi disperati e iniettati di sangue, si puntarono su di me, alla ricerca di un aiuto. L’inseguitore portava un cappello di lana sgualcito in testa, e una benda sanguinante, gli copriva un occhio. In mano aveva una falce arrugginita. Sordo alle nostre suppliche di non colpire il disgraziato, continuò a fendergli il costato con l’ascia.

Tra l’altro, l’assassino si comportava come se noi non esistessimo neanche; continuava a dire che finalmente giustizia era stata fatta, e che ora poteva anche marcire in galera.

Nonostante, riuscissi assurdamente a percepire il dolore della lama che squartava le viscere,  quasi come se avesse inferto a me i colpi, riuscii a raggiungere l’ingresso con i ragazzi. 

E inutile dirvi che a quel punto del sogno mi sono svegliata in un bagno di sudore, tremante e angosciata.

 

In quel preciso momento, ho pensato che forse è meglio se chiudo con questi generi di racconti Danio. Io stanotte me la sono vista proprio brutta. Il cuore mi batteva all’impazzata, e le lenzuola mi si erano attorcigliate addosso. Tra l’altro, mio marito, ignaro dei miei incubi, imprecava nel sonno perché oltre a scoprirlo, non stavo ferma un minuto!

Laura

 
 
 

Il vecchio mulino: parte undicesima.

Post n°1138 pubblicato il 02 Marzo 2016 da lascrivana

Dopo aver accompagnato Giada alle porte del paese, e averle raccomandato di aspettarlo una volta terminato l'incontro col commissario, Louis s'incamminò in direzione della fattoria abbandonata. Non aveva un piano ben preciso in testa, ma voleva rendersi conto in che condizioni si trovava, da troppo tempo non la visitava. Quando vi arrivò, notò subito che era anche più malmessa del vecchio mulino. A differenza di quest'ultimo, che nonostante tutto aveva ancora muri portanti e stanze integre, la fattoria appariva in completo sfacelo. Erbacce e arbusti erano cresciuti ovunque, ed era praticamente impossibile capire dove finisse la casa padronale e iniziasse la stalla. Dopo una breve ispezione, si rese conto che tendere un agguato sarebbe stato alquanto azzardato, avrebbe dovuto pensare a qualcos'altro. Deluso e di cattivo umore, riprese il sentiero in direzione del paese.

 

Nascosto dietro un'intricata selva di rami e fogliame, l'uomo guardò Louis allontanarsi. Come aveva previsto, quella puttanella gli aveva fatto leggere il messaggio ed ora eccolo li, a perlustrare e pianificare nel tentativo di preparare una trappola nei suoi confronti. Povero illuso, l'avrebbe semplicemente distrutto, annichilito, annientato. E l'avrebbe fatto proprio in presenza di Giada, l'avrebbe scuoiato vivo davanti ai suoi occhi, prima di prendersi cura di lei. Inoltrandosi nella boscaglia, così come era arrivato, si dileguò silenziosamente.

 



-In parole povere, mi stai dicendo che dopo anni non sai nulla di lei, è così?-

Il commissario era chiaramente adirato, e non faceva nulla per nasconderlo. Da parte sua, Giada si rendeva conto che nascondere le cose non era affatto semplice, e la voglia di rivelargli del biglietto ricevuto era tanta. Inoltre, era rosa dalla fastidiosa sensazione che il commissario sospettasse di lei in merito alla scomparsa di Filomena, ma sui suoi affari era stata sincera, e lo ribadì ancora una volta.

-E' così, commissario. L'accompagnavo in banca, questo è vero, ma non ha mai voluto che l'aiutassi in nulla, e nemmeno mi sono mai permessa di chiederglielo. Come ben sa viveva sola, e non ho mai visto nessun parente, tanto meno nessun scheletro nell'armadio- concluse con una leggera punta d'ironia.

Dragoni avrebbe voluto replicare per le rime, ma si trattenne, quella ragazza si stava dimostrando molto più tosta di quello che si sarebbe aspettato.

-Ascoltami bene, Giada- disse in tono molto più colloquiale.

-Sono veramente preoccupato per Filomena, e questa è sempre stata una cittadina tranquilla. So' che non mentiresti mai, ma se ti viene in mente qualcosa, qualsiasi cosa, vorrei che tu me lo dicessi-

Giada annuì, quindi si alzò.

-Potete contarci, commissario, sono terrorizzata al pensiero che le possa essere accaduto qualcosa di brutto. Fate il possibile per trovarla, la scongiuro-

 



Una decina di minuti più tardi, si ritrovò con Louis nei pressi della piazza principale.

-Com'è andata?- le chiese ansioso.

Prendendolo per un braccio, s'incamminò lungo la strada che li avrebbe riportati a casa.

-Credo che il commissario sospetti di me, non ti sembra assurdo?-

Louis si bloccò in mezzo alla via.

-Di te? Ma è impazzito? Dopo quello che ti è successo!-

Giada lo strattonò, ma lui non si mosse.

-Torniamo indietro, dobbiamo dirgli tutto e farci aiutare- disse truce.

-Con il rischio che quel pazzo faccia del male a Filomena? No, Louis, dobbiamo fare come abbiamo concordato, o forse ti vuoi tirare indietro-

Si pentì subito d'aver pronunciato quelle parole, ma Louis sembrava non essersi minimamente offeso.

-Sono stato alla fattoria abbandonata, non c'è alcuna possibilità di sorprenderlo e, in più, lui ci conosce, mentre noi non abbiamo la più pallida idea della sua identità-

Giada sembrò meditare, giungendo alla conclusione che forse non aveva tutti i torti ma, tornare dal commissario, significava anche ammettere d'aver mentito, oltre che mettere a repentaglio la vita di Filomena.

-Forse hai ragione, ma ne abbiamo già parlato, ricordi?-

Avvicinandosi, gli sfiorò la guancia con la mano.

-Troveremo un modo, ma dobbiamo agire da soli, promettimelo-

Louis era combattuto. Sapeva che, in entrambi i casi, il rischio era grande, per tanti motivi.

-Mancano ancora diverse ore, andiamo a casa e studiamo qualcosa, e che Dio ce la mandi buona-

Soddisfatta, Giada lo baciò sulle labbra, quindi lo prese per mano.

-Andiamo-

 

Filomena osservò l'uomo togliersi il pesante giaccone. Seduta su un divano vecchio e logoro, aveva ancora mani e caviglie strette dal nastro adesivo e, in più, non aveva la più pallida idea di dove si trovasse.

-Sembra che la tua amichetta ti voglia un gran bene, meglio per te- disse voltandosi verso di lei.

-Se tutto va bene, da domani potrai continuare a goderti la tua pensione-

Pur rendendosi conto in che situazione si trovava, la donna non poté fare a meno di esibire un sorrisetto ironico.

-Sarò anche vecchia, ma non rimbambita. Appena avrai ottenuto ciò che ti preme ti libererai di me. In caso contrario, avresti usato una maschera o qualcosa di simile, non credi?-

Il volto dell'uomo s'indurì, ma non disse nulla.

-Quello che mi stupisce però...- proseguì Filomena -...è il motivo per cui fai tutto questo, tuo padre...-

Come una belva, l'uomo la raggiunse e la prese per il collo.

-Non nominare mio padre, chiaro!?- ringhiò.

Filomena si sentì mancare mentre le dita, inesorabili, stringevano sempre più forte. Quando ormai pensava che l'avrebbe strozzata, l'uomo mollò la presa e la scaraventò all'indietro. 

Danio

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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