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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Giugno 2016

Elaborazione immagine-

Post n°1192 pubblicato il 14 Giugno 2016 da lascrivana

Ci mette un po' di tempo a elaborare l'immagine; però il risultato è sorprendente. 

 

 

 
 
 

Fedora (Secondo Capitolo)

Post n°1191 pubblicato il 12 Giugno 2016 da contastorie1961

Guardandosi allo specchio, Fedora non riuscì a nascondere una smorfia. Dopo secoli che non lo metteva, il vestito blu le andava visibilmente stretto, segno inequivocabile dell'aver preso qualche chilo. Lo aveva acquistato per presenziare a un'udienza in tribunale, qualche anno prima, e giusto solo in quell'occasione l'aveva indossato. Doveva testimoniare a favore di un amico cui volevano sequestrare il bar per dubbia moralità. Se si fosse presentata agghindata com'era solita fare, probabilmente al suo amico avrebbero dato l'ergastolo! Quando finalmente riuscì nell'impresa, tornò a guardarsi allo specchio. A dire il vero, così conciata sembrava più attraente di prima. La gonna di gabardine, in particolare, le stringeva sui fianchi risalendo fin sopra il ginocchio e mostrando così le gambe ben tornite.

Appena uscì di casa, le occhiate ammirate degli uomini e gli sguardi invidiosi delle donne le fecero capire che, nonostante tutto, rimaneva ancora una donna appariscente. Ma il disagio rimaneva e così, di punto in bianco, decise di recarsi da don Sergio. Sapeva bene di esercitare ancora un certo fascino nei suoi confronti, ma non le interessava sedurlo e portarselo a letto nuovamente. Contrariamente a ciò che pensava la maggior parte della gente, Fedora era sempre stata molto religiosa, e non avrebbe mai commesso un peccato simile. No, voleva semplicemente la sua approvazione, ci teneva molto. Camminando a testa alta, percorse a passo deciso la via principale del paese. Giunta a un centinaio di metri dalla chiesa però, nel momento stesso che stava per attraversare la strada, qualcosa attirò la propria attenzione. Non si trattava di una persona, in quel momento il marciapiede era deserto, ma di un particolare che subito non riuscì a cogliere. Le ci volle qualche minuto per mettere a fuoco la cosa ma, alla fine, capì di cosa si trattava.

Portandosi verso la vicina edicola, si sporse in avanti e prese il portafoglio dalla borsetta. -Buongiorno, Maria. La mia solita rivista, grazie- disse in tono civettuolo. L'edicolante, una donna bassa e tarchiata, la guardò con un'espressione che avrebbe incenerito chiunque. -Il nuovo numero arriva il giovedì, e oggi è martedì, cos'è, se l'è forse scordato?- rispose in maniera esageratamente maleducata. Abituata ormai a quelle risposte, Fedora si batté una mano sulla fronte. -Ah, è vero. Mi scusi- disse con un gran sorriso. Poi fece per andarsene ma, fatti pochi passi, tornò indietro. -Mi scusi ancora, ma le vorrei chiedere un'altra cosa- Intenta a sistemare alcuni giornali, Maria tornò a fissarla in maniera ancora più truce. -Il negozio d'antiquariato del Anselmo, ho visto che ha riaperto- La donna rimase qualche istante in silenzio, sembrava combattuta se risponderle o meno, optò per la prima. -L'ha rilevato il nipote, arriva dalla città ed è sposato- L'enfasi con cui pronunciò l'ultima parola era un chiaro messaggio per Fedora: stai alla larga. Naturalmente, quelle parole non poterono che stuzzicarla. -Grazie, Maria, è stata davvero molto gentile. Credo proprio che andrò a dare un'occhiata- Senza darle la possibilità di replicare, girò sui tacchi e riattraversò la strada.

Il negozietto era piccolo ma ben tenuto. L'Anselmo, deceduto qualche mese prima, l'aveva tenuto per una trentina d'anni. Per quanto potesse ricordare, Fedora l'aveva visto sempre deserto, e ancora adesso si chiedeva come potesse essere sopravvissuto per così tanto tempo. Fermandosi davanti alla vetrina, diede una rapida occhiata e sorrise. Il nipote di Anselmo, l'aveva rifatta proprio come la ricordavano tutti in paese. Al centro, una bambola di porcellana troneggiava su tutto. Alta circa mezzo metro, era fasciata da un abito lungo tutto pizzi e merletti. Sulla testa, un bizzarro cappellino messo di sghimbescio le dava un'aria sbarazzina e furbetta: sembrava viva. Alla destra della bambola, faceva bella mostra di se una carrozzina per neonati d'altri tempi. Tutta in legno, era stata costruita a mano e costava una fortuna, almeno così diceva il cartellino affisso a una ruota. Dall'altra parte, appesa a uno speciale rialzo, una splendida collana luccicava ai raggi del sole. Probabilmente si trattava di bigiotteria, ma la pietra finale era di una bellezza infinita. Di un blu accecante, rappresentava un cuore spezzato in due parti. Fedora la desiderò subito.

Senza pensarci due volte, spinse la porta ed entrò. Un campanellino, attaccato alla sommità della stessa, risuonò nel angusto spazio. -Arrivo subito- disse una voce da un punto imprecisato del retro. Nell'attesa, Fedora diede un'occhiata ai numerosi oggetti presenti nel negozio. Erano davvero tanti e di ogni forgia e dimensione, ebbe quasi l'impressione di sentirsi soffocare. -Buongiorno- Colta di sorpresa, si voltò di colpo e rimase a bocca aperta. Dinanzi a se, aveva l'uomo più bello che avesse mai visto in vita sua.

 
 
 

Libera interpretazione.

Post n°1190 pubblicato il 11 Giugno 2016 da lascrivana

Mentre facevo due passi per la via del mio quartiere, passando davanti a una pizzeria, m’incuriosisce la risposta di un bambino.

Il padre, lo aveva ammonito con una frase tipica; in quel caso aiutata dal latrare acuto di più cani:

- Stai fermo e cerca di non allontanarti troppo, lo senti che ci sono i lupi-

-Papà, non mi spaventano questi ululati, per me sono una dolce melodia-.

I bambini sono così; imprevedibilmente creativi con le loro fantastiche interpretazioni.

Lo sono anch’io; sottovaluto troppe situazioni.  Purtroppo, a volte sono come i bambini.

La cosa fantastica è ... che io le chiamo emozioni.

 
 
 

Fedora (Primo Capitolo)

Post n°1189 pubblicato il 08 Giugno 2016 da contastorie1961

All’inserzione risposero sin da subito un discreto numero di pretendenti.Ma, come arrivavano in paese e conoscevano la donna, dopo poco tempo si dileguavano. Purtroppo le malelingue l'avevano preceduta e qualcuno, a volte, non si presentava neppure.

Si sa quanto possono essere cattive le comari, specie con chi sembra non aver dimostrato nessun rispetto per la religione cattolica. E, per la gente del paese, Fedora era indiscutibilmente la figlia del diavolo. Persino gli uomini che avevano goduto delle sue grazie erano arrivati a rinnegarla e questo perché, a sentir loro, rappresentava la debolezza, il peccato, la lussuria.

Questo Fedora lo sapeva bene, e ciò la rammaricava oltre ogni limite. Come potevano quei maledetti, sputare nel piatto in cui avevano mangiato sino a poco tempo prima? Dalle donne se l'era aspettato. Erano invidiose del suo corpo, del suo fascino, poteva anche comprenderle. Ma da loro no, non quando, tra le lenzuola, le sussurravano parole dolci che nemmeno alle loro mogli o compagne avevano mai detto. Amareggiata dal evolversi degli eventi, decise così di rivolgersi a don Sergio, il parroco del paese, per capire il perché di tanta sventura e cercare parole di conforto.

Come mise piede in chiesa, le comari che erano andate per i vespri del mattino la guardarono sussurrando tra loro. Ignorandole, Fedora attraversò la navata principale e si diresse senza indugi verso il confessionale.

Don Sergio, che si trovava già all'interno di esso, sembrava non aver notato il brusio che si era levato tra i banchi. Incurante delle voci maligne e pettegole, Fedora s’inginocchiò e si fece il segno della croce . Il prete la imitò, quindi l'invitò a esporle i suoi peccati, non potendo di certo immaginare, al momento, chi ci fosse al di la della grata. Non appena riconobbe il timbro della voce però, ebbe un sussulto. Per quanto poteva ricordare, non si era mai presentata per una confessione.

Come in un film, il passato tornò a farsi vivo nella sua mente. La bocca carnosa e languida, il corpo allettante e il seno sodo e prosperoso. Quand'era giovane, e la sua vocazione non si era ancora manifestata,anche don Sergio aveva goduto delle grazie di Fedora. Paonazzo in viso, le mani sudaticce e il respiro corto, si trovò all'improvviso senza parole. Fedora sembrò rendersi perfettamente conto del suo turbamento, e fu proprio lei a rompere il ghiaccio.

-Non importa il passato, ciò che è stato è stato- esordì con un filo di voce.

-Mi rivolgo a te come uomo di chiesa, Sergio. Ho bisogno di aiuto, e sono certa che tu saprai darmelo-

Il prete non rispose subito, colpito e affondato dal tono sensuale e dal profumo inebriante.

-Di...dimmi pure- rispose con voce strozzata.

In breve, dopo essersi ripulita la coscienza con una sorta di peccati veniali e di poco conto, venne al punto.

-Come sai, e come sanno tutti in questo dannato paese, ho messo un'inserzione sul giornale- disse tutto d'un fiato.

Don Sergio mormorò un flebile si, quindi l'invitò a proseguire.

-Ebbene, credo di essere stata un po' troppo generica ed esagerata nella discrezione. Ho quarant'anni, Sergio, e vorrei trovare un uomo che mi ami e che possa amare, chiedo troppo?-

Il prete attese un istante prima di rispondere, quindi si schiarì la voce.

-L'ho letto anch'io, e concordo con te. Ma questo non esclude che tu possa trovare la persona giusta-

Fedora sospirò, sembrava frustrata.

-Ma se sono scappati tutti, qualcuno non si è nemmeno presentato, e questo grazie alle pettegole che sono qua dietro a sparlare!- disse a voce un po' troppo alta.

-Fedora...ascoltami, è inutile girarci troppo attorno. Ti sei creata una certa fama, e non tutti ti vedono di buon occhio. Dovresti cambiare il tuo stile di vita, il tuo atteggiamento, persino il tuo modo di vestire-

Fedora si lasciò sfuggire un gemito.

-Sergio, io mi sono sempre vestita a questo modo, perché dovrei cambiare ora?-

Questa volta fu il prete a sospirare.

-Mel'hai appena detto, vuoi trovare marito. E sai perché gli uomini fuggono appena ti conoscono? Perché agli uomini non piace l'idea di avere una moglie bella e troppo appariscente, questo status è riservato solo alle amanti, e tu dovresti saperlo-

Fedora avvicinò ancor di più il volto alla grata.

-Mi chiedi qualcosa di molto difficile, non posso snaturarmi-

-Lo dovrai fare, solo in questo modo potrai ottenere quello che ti stai prefiggendo-


Uscita dalla chiesa, Fedora ripensò a lungo alle parole di don Sergio. Non aveva nessuna voglia di stravolgere il proprio stile di vita, ma il prete aveva ragione. Se voleva trovare qualcuno disposto a sposarla, doveva per forza di cose cambiare. Arrivata a casa, si spogliò completamente e s'infilò rapidamente in doccia. Rimase sotto il getto a lungo, pensando e ripensando al da farsi. Quando uscì, andò direttamente in camera da letto e si mise davanti allo specchio. Lentamente, con gesti sensuali e studiati, si passò le mani sul corpo ancora sodo e voluttuoso. Mentalmente, maledì don Sergio per averle dato quel consiglio. Perché avrebbe dovuto coprire quel ben di Dio? In fondo, anche lui si era nutrito di quei fianchi larghi e quelle cosce tornite. Con un gesto di stizza, si voltò e aprì l'armadio. In un angolo, sepolto da minigonne e top mozzafiato, scovò un vecchio tailleur blu scuro. Dopo averlo afferrato, lo gettò sul letto e lo guardò con disgusto.

Forza...dai...”disse a voce alta.

Se così dev'essere...”

 
 
 

L'antagonismo.

Post n°1188 pubblicato il 07 Giugno 2016 da lascrivana

 

L’antagonismo, solitamente, è quella sana competizione che tende a smussare i caratteri e a forgiarli positivamente. Si presenta in qualsiasi situazione contrastante che stimola, e ispira.

Nel caso dello scrittore, ogni situazione che scaturisce questa sensazione, agisce da stimolo emotivo.

Crea uno stato d’animo battagliero, pronto a qualsiasi sfida pur di avere l’ultima parola.

Difficilmente cede il passo alla rassegnazione e al senso di sconfitta;al contrario, ci si predispone sul piede di guerra, e ci si arma di tutte le possibili strategie o macchinazioni, per puntare verso la vittoria.

Poco importa, se non sempre si arriva vincenti; poiché la vittoria sta nello stato d’animo che si trova sempre pronto alla sfida.

Si perde, quando non si ha più voglia di combattere.

 

 
 
 

E' stato solo un sogno.

Post n°1187 pubblicato il 06 Giugno 2016 da lascrivana

Mi avevano raccomandato di non entrarci; poiché in quella stanza era custodito il male.

Come al solito la mia curiosità, riuscì a spazzare via ogni refolo di buon senso.

Mi avvicinai allo scrigno, detentore dell'arcano, e lo aprii.

Lo spirito avverso prese subito forma.

Cercai la croce, quella che ero certa mi avrebbe protetto dalla sua indole malvagia.

Non riuscì a trovarla; intanto lo spirito si avvicinava, imponendosi con il suo saio grigio.

Nei suoi occhi cupi, la luce densa e vischiosa, rivelava la sua indole magnanima.

Tra le mani stringeva una chiave e un sacchetto di plastica.

Mi diceva di non aver paura; poiché ero stata fortunata, ad aver aperto lo scrigno giusto.

Nonostante mi tranquillizzasse con la sua voce calma e suadente, io continuavo ad avere paura; e quella morbosa curiosità, mai sazia, continuava a tentarmi.

Il mio istinto mi aveva guidato a estrarre lo spirito del bene, colui che mi avrebbe protetto dal destino avverso e infame; perché non avrebbe dovuto farlo ancora?

Alla prima distrazione dello spirito guardiano, le mie dite veloci s’intrufolarono nel sacchetto per scartare l’occulto.

Non avevo ancora finito di scioglierlo completamente, che subito, spinta dalla paura, lo richiusi velocemente.

 

Cercai di sigillarlo in modo che non rimanesse aperto il benché minimo spiraglio.  Tremante di paura, avvicinai il lettino vicino a quello di mia sorella, e le chiesi se potevo dormire al suo fianco come quando eravamo ragazzine.

Laura

 
 
 

Nomade

Post n°1186 pubblicato il 04 Giugno 2016 da lascrivana

Nomade nell’anima

Viaggi  con il pensiero

Senza cura per l’aspetto

la forma

la dignità

Il rispetto è una parola che usi

per stabilire contatto con un mondo straniero

I volti si alternano alle parole

La mimica è un mondo immaginario

guidata dal libero pensiero

Senza limiti e religioni

Nomade nella testa

libri le idee in voli pindarici

Non sempre i suoi slanci sono spettacolari

Ma che importa…

a uno zingaro non è chiesta la coerenza

la correttezza

la perseveranza

Tutto intorno sembra immobile e statico

Eppure dentro, una carovana di parole

ha attraversato menti deserte

Dove mulinelli di polvere d’oro

Si sollevavano dalla fine sabbia

per incrostare narici

E annebbiare sguardi

Miraggi di oasi

che si dissolvono all’avvicinarsi

Nomade nell’anima

Il suo passo è una danza

che attraversa nuovi paesi

in un tintinnio di rame e metalli

Trascinandosi dietro monili e preziosi

bottino rubato a incauti viandanti

 

Laura

 
 
 

Introduzione.

Post n°1185 pubblicato il 04 Giugno 2016 da lascrivana

La storia di Fedora, e una narrazione particolare. Non perché la sua vita fosse diversa dagli altri; semplicemente perché era lei a essere diversa. Ci troviamo nel pieno boom degli anni sessanta. Le donne in quel periodo iniziavano a imporsi con le prime manifestazioni femministe. Fedora, non era nemmeno una femminista incallita; si certo era più trasgressiva dalle solite ragazze case e chiesa, ma non era poi tanto avversa con il genere maschile; al contrario lo adorava, forse anche troppo. Di solito prediligeva i ragazzi single, ma se ci scappava anche qualche sposato, stava molto accorta. Non voleva beghe con le mogli frustrate. Di lavorare, non se ne parlava nemmeno; viveva con il sussidio del padre, e con il generoso compenso che gli lasciavano gli amanti di turno. Qualcuno le aveva regalato persino l’automobile; che cosa poi se ne dovesse fare, rimane un mistero: poiché non aveva preso nemmeno la patente di guida; però, con il tempo, le servì per farsi scarrozzare dai ragazzi squattrinati. Gli anni passavano anche per Fedora, e la sua bellezza iniziava a scemare. Si certo, rimaneva sempre una gran bella donna, ma non conquistava più i maschietti come prima.

Di amiche, nel corso della sua vita, era riuscita a farsene veramente poche; poteva contare di più sulle nemiche.

Già, perché non mancavano mai di ridere soddisfatte ogni qualvolta che faceva fiasco con i nuovi arrivati in paese: un grazioso villaggio che sorgeva ai piedi dell’Etna, dove si conosceva tutto di tutti; e tutti sapevano della vita che aveva condotto la bella Fedora.

Fedora alla veneranda età di quarant’anni, decise di trovare marito, ma, con i suoi precedenti, riuscire a trovare qualcuno che la volesse sposare, era un’impresa più che ardua.

Così decise di mettere un annuncio su un giornale, un trafiletto di tre righe dove elencava tutte le sue belle doti, per la maggior parte fisiche. L’annuncio diceva così;

-Signorina di bella presenza, che porta bene i suoi anni migliori. Occhi verdi, grandi e a mandorla. Carnagione olivastra, e capelli lunghi, ricci e castani. Misure da capogiro, e altezza media. Ha una discreta rendita finanziaria, e possiede una quantità innumerevole di doti nascoste-.

I maschietti del villaggio, che leggevano questo bel quadretto di Fedora, tra una sforbiciata e l’altra del barbiere Camillo, si scambiavano eloquenti occhiate ironiche.

-E li conosciamo anche noi questi tuoi bei talenti nascosti Fedoruccia-.  

Squittì il ragioniere Filippo, sorridendo sotto i folti baffi.

-Ma come ragioniere, anche voi avete pernottato sotto le sottane di Fedora?-

Filippo, che era un uomo integerrimo, arrossì violentemente, e nascondendo  il viso dietro il giornale, ribadì con tono imbarazzato:

-Ma come si permette Cavaliere Antonio! Tutti in paese conoscono la reputazione di Fedora-.

Antonio, che non voleva inimicarsi il ragioniere Filippo, poiché più volte gli aveva tenuto la contabilità gratuitamente, finse di credere a quello che gli aveva detto.

Improvvisamente un silenzio imbarazzato calò nel salone di Camillo. Chi fingeva di spolverarsi la giacca, chi guardava il tempo fuori, chi cercava di trovare un nuovo taglio da farsi tra le riviste; insomma tutti quanti, poiché erano stati amanti di Fedora, donde evitare di tradirsi, preferirono non insistere sull’argomento.

Laura

 
 
 

L'amore in un libro (fine)

Post n°1184 pubblicato il 02 Giugno 2016 da contastorie1961

Il direttore, un sessantenne brizzolato e di bel aspetto, entrò nella stanza accompagnato da un'altra persona.

-Buongiorno,Agata- esordì con un gran sorriso.

-Buongiorno a lei, direttore- rispose la donna.

-Credo tu conosca già il dottor Molardi, non è vero?-

Agata annuì, quindi si alzò dal letto e si fece loro incontro.

-Certo che lo conosco, non ha fatto che torturarmi negli ultimi mesi- disse sorridendo a sua volta.

-Finalmente il gran giorno è arrivato, come ti senti?- disse il medico con la sua voce baritonale.

-Bene,anche se non mi sembra vero di poter uscire-

-Vedi,Agata, il parere del dottor Molardi è stato determinante affinché si sia giunti a questa decisione- proseguì il direttore.

La donna alzò leggermente le spalle.

-Il fatto che tu ti sia laureata, pur con tutte le difficoltà del caso,ti fa onore, sono veramente molto fiero di te-

Il sorriso di Agata si allargò, non era stato per nulla facile. Dopo il primo anno d'isolamento, aveva chiesto e ottenuto di avere dei libri e poter così iniziare a studiare. Si era impegnata, aveva letto molto e dormito poco, ma i propri sforzi erano stati alla fine premiati. Dopo tre anni di intensi studi, senza per altro la possibilità di usufruire delle novità tecnologiche cui potevano accedere gli studenti “normali” aveva ottenuto la laurea breve in giurisprudenza. I membri della commissione che l'aveva esaminata,appena sei mesi prima, erano rimasti senza parole davanti alla sua preparazione.

Certo,non era da tutti prepararsi per bene tra le quattro mura di una stanza, specialmente se quella stanza si trova all'interno di una clinica psichiatrica riservata a chi si è macchiato di delitti atroci.

Ma Agata ce l'aveva fatta, e non aveva intenzione di fermarsi. Trascorso un discreto lasso di tempo, aveva fatto domanda per la libertà vigilata per motivi di studio. La specialistica che avrebbe dovuto affrontare infatti, richiedeva due anni di frequentazione assidua all'università, e a lei ne mancavano ancora cinque da scontare. Era stato difficile, e sovente era stata presa dallo scoramento. I termini per l'iscrizione si andavano riducendo, e la risposta tardava ad arrivare. Poi, un mattino, era arrivata la bella notizia. Un team di medici, presieduto dal dottor Molardi appunto, l'avrebbe sottoposta a una serie di test per valutare l'ipotesi di una sua scarcerazione, pur limitata.

Ed ora eccoli li, il fascinoso direttore e l'esimio medico, a comunicarle ciò che aspettava da mesi.


-La commissione ha dato parere positivo. Tra due giorni, potrai uscire alle otto del mattino per poi rientrare alle diciassette. Inutile ricordarti che ogni violazione sarà considerata come un'evasione,con tutte le conseguenze che ne potranno derivare-

Qualcosa,nel petto di Agata, aveva preso fuoco: aveva vinto!


Quando l'ebbero lasciata sola, da sotto il materasso prese un quaderno e l'aprì all'ultima pagina.

Avrebbe dovuto finirlo, ma a quello ci avrebbe pensato una volta uscita da quel posto.

L'aveva scritto nei ritagli di tempo, sacrificando ore di sonno e volando con la fantasia. Virginia aveva avuto una vita difficile, proprio come la sua, l'amava e la odiava al tempo stesso, ma era la sua creatura, ne era orgogliosa. Concedendosi un lusso che pochi scrittori impiegano,si era ritagliata una piccola parte, una sorta di semplice apparizione che però, via via che il romanzo si dipanava, l'aveva vista sempre più protagonista.

Richiudendolo con attenzione, lo rimise al proprio posto e si lasciò cadere sul letto. Due giorni.


Il sole non era mai stato così splendente. Uscendo dalla clinica, Agata percorse un centinaio di metri senza mai voltarsi.

Ricordati,alle diciassette devi essere di ritorno”

Le parole del direttore le scivolarono via, così come l'angoscia di affrontare di nuovo il mondo. Avvertiva appena il peso dello zaino dove, tra i libri di studio, giaceva il suo piccolo capolavoro.

Giunta a una fermata d'autobus, fece per sedersi sulla panchina ma, il rombo di un motore, non gliene diede il tempo. Il bus, vecchio e malandato,sbucò dalla curva e le si fermò dinanzi.

Prese posto in fondo, negli ultimi posti. Oltre a lei, ci saranno state una decina di persone sparse nell'abitacolo. Una, in particolare, attirò la sua attenzione. Si trovava un paio di posti più avanti, e i lunghi capelli castani le ricadevano come onde sulle spalle. Agata avvertì qualcosa alla bocca dello stomaco, un peso che, sul momento,non riuscì a capire. Poi, la donna si alzò e si diresse verso di lei, e il sangue le si gelò nelle vene.

-Ciao,io sono Virginia, finalmente ci conosciamo-

 
 
 

Excursus

Post n°1182 pubblicato il 01 Giugno 2016 da lascrivana

Ho un sacco di nik amici nella bacheca (badate bene che ho scritto solo nik); una gran bella collezione, tipo quella delle figurine panini che facevo da bambina. Immagino che tutti voi sappiate a cosa mi riferisco: gli album di raccolta dei nostri cartoni o serie tv preferiti. Per i maschietti c’era l’immancabile album dei calciatori di pallone. Ricordo che io chiedevo sempre i doppioni dei giocatori più belli delle squadre; li appiccicavo sul diario, e sopra gli disegnavo un fumetto, con su scritto love; o tanti cuoricini intorno.

A dire il vero, non è che poi me ne fregasse tanto di loro; però faceva tanto trend, e le mie compagne lo facevano tutte. Più che altro a me servivano per colorare le pagine bianche del diario –poiché di segnare i compiti non mi poteva fregar di meno-.

Non avevo molta voglia di studiare a casa, per me la scuola finiva alle 12 e 30.

Tutto quello che apprendevo, lo dovevo alla mia eccellente memoria: ricordavo, parola per parola, tutte le spiegazioni di maestre e professori che si erano succeduti nel corso degli anni scolastici. Non ebbi il tempo di pentirmi per non averli sfruttati; poiché la mia permanenza nelle classi terminò all’età di quattordici anni -da quel momento in poi, iniziai a studiare sui marciapiedi della vita-.

Nonostante la mie giornate fossero relegate in campagna, con la mente viaggiai a più non posso. E la lettura, fu il mio biglietto per ogni tappa.

Come al solito mi sono dilungata nel dettaglio, e allontanata da quello che stavo per scrivere. Quasi, quasi non me lo ricordo nemmeno più.

Era l’ennesima cavolata, ne sono certa. Altrimenti non lo avrei rimosso così facilmente dalla mente. Accidenti a me! Dimentico sempre di prendere le pillole per la memoria.

Si, prendo proprio delle pillole, e sono proprio come i miei viaggi: fatti della stessa materia delle parole.

Le classiche pillole di saggezza, che ci sono propinate continuamente sul virtuale, in tv: o nella vita reale. Le stesse che fornisco io gratuitamente, proprio come una buona casa farmaceutica.

Oddio! L’ho fatto ancora! Mi sono riallontanata dal discorso iniziale.

Allora, se ben ricordo, stavo per dire qualcosa a proposito dei nik amici. No, tranquilli non sono tornata indietro per rileggere, semplicemente ho trovato piacevole fare questa piccola sosta nelle hall dei ricordi.

Insomma, questi pseudo amici virtuali, di tanto in tanto, si fanno vivi ; e tra le notifiche, trovi che hanno aggiornato il loro profilo o blog. Io, da gran curiosona do una sbirciatina, ma non ci trovo nulla di nuovo.

Delusa, rientro nel mio profilo e mi dico: Ma che avranno mai modificato? Avranno sicuramente cambiato l’acqua ai fiori?

E sì, se dopo un po’ di tempo lo spazio sul web non si usa, ti da l’idea di trovarti in un cimitero in mezzo a tante lapidi.

Laura

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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