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Messaggi del 02/06/2015
Post n°1011 pubblicato il 02 Giugno 2015 da lascrivana
Attraversammo quindi un lungo corridoio scuro. La stanza dove i detenuti incontravano gli avvocati, si trovava dalla parte opposta. Durante il tragitto, notai che nemmeno un quadro era appeso alle pareti che, una volta, dovevano essere state bianche. Nonostante la situazione, mi ritrovai a pensare che, ogni tanto, una rinfrescata avrebbero potuto anche darla. La stanza in cui entrammo era assolutamente anonima, del tutto simile a alla mia cella. Al centro, imbullonati al terreno, un tavolo e un paio di sedie. Unica fonte di luce, una lampadina al neon fastidiosissima. L'avvocato, un corpulento signore di mezz'età, ne occupava già una. Non si alzò quando feci il mio ingresso, rendendomelo antipatico di primo acchito. -Buongiorno...- disse frugando nella cartella in finta pelle che aveva dinanzi. -Sono l'avvocato Sarzi. Sono stato nominato dal giudice, in quanto sembra che lei non possa permettersene uno- Finalmente, alzò lo sguardo e mi fissò con un sorrisetto che mi apparve falso. -Non credo siano affari che la riguardino- risposi piccata. -In ogni caso, non sapevo nulla di cosa si potesse avere diritto o meno una volta che ti accusino ingiustamente!- Lui sogghignò in un modo che mi diede i brividi. Gli occhi, ravvicinati e porcini, brillarono divertiti. -Come prevedevo. Lei si ritiene innocente vero? Ma non si deve angustiare, quasi tutti i condannati si ritengono tali- Ma non volevo dargliela vinta. Alzando il mento, cercai di darmi un tono. -Vuole sapere la verità o vuole che me ne inventi una d'ufficio- replicai tentando un timido sorriso. Improvvisamente, il sorriso scomparve dal suo volto. Nonostante questo, mantenne una calma che non mi sarei mai aspettata in uno come lui. Touche madame. Ma il fatto che io sia solo un avvocato d'ufficio, ha poca importanza. Sono qua per attuare un piano difensivo degno di questo nome, in maniera che lei possa ottenere giustizia- Quelle parole mi spiazzarono di netto, l'osservai meglio. Un ciuffo, liscio e ribelle, copriva una parte del suo occhio mentre l'altro, scintillante e scuro, mi osservava in attesa di una risposta. Così com'era arrivata, la diffidenza nei suoi confronti diminuì di molto. -Allora avvocato mi dica, vuole sapere la verità vera o quella che potrebbe aiutarmi ad avere la pena minore? Stia attento a come mi risponde perché, se opta per la prima, deve anche essere disposto a credermi senza remore- Alla mia affermazione ne seguì una sonora risata. -Impertinente e saccente, ma alquanto sorprendente!- Sorpresa, inclinai la testa di lato. -Cos'è, mi fa pure la rima? E' un mancato poeta per caso?- Risposi alquanto infastidita.
Le domande che l'avvocato mi rivolse, durarono all'incirca un ora. Non avevo molto da raccontare, e nemmeno un alibi che potesse testimoniare la mia presenza altrove e non nel luogo dove veniva commesso il crimine. Quel mattino presto, ero uscita, con indosso il mio paletot e il bavero alzato fino al mento. Non avevo notato nessuno in particolare, e nessuno aveva notato me. Sarebbe stato molto difficile trovare un testimone che potesse confermare ciò che stavo asserendo.
Terminato il colloquio, il secondino mi accompagnò in cortile per l'ora d'aria. Aprendomi la porta con una grossa chiave, mi indicò l'esterno. -Può anche fumarsi una sigaretta, ora- quindi la richiuse con un sonoro tonfo. Immediatamente, molte teste si voltarono nella mia direzione. In quel istante, mi sentii completamente sola. Laura e Danio |
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