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Messaggi del 06/06/2015
Post n°1014 pubblicato il 06 Giugno 2015 da lascrivana
Quella notte, sdraiata sulla mia branda, faticai a prendere sonno. Miriam, Paula, l'atmosfera surreale del cortile. Frammenti di quel pomeriggio, sfocati e confusi, mi danzarono davanti agli occhi come un film al rallentatore. Inesorabile, la fitta alla tempia destra s'intensificò, stava arrivando. Le prime volte, avevo provato un senso di sgomento e angoscia, poi mi ci ero abituata. Al culmine del dolore, le immagini si fecero più nitide e particolareggiate, trattenni il respiro.
Dopo essere rientrata in cella, Paula aveva ripreso in mano il libro. Era già la terza volta che lo rileggeva ma "De Profundis" di Oscar Wilde, l'aveva letteralmente affascinata. In sintesi, si trattava di una lunga e accorata lettera che lo scrittore, rinchiuso per omosessualità nel carcere di Reading, scrisse al suo amato compagno Alfred Douglas, figlio di un marchese molto noto all'epoca. In questa lettera, vergata nel 1897, Wilde espone i propri sentimenti e riflette a lungo sulla loro travagliata storia d'amore.
In quel narrare, Paula aveva in parte rivissuto la propria, di storia. E un nome. Corina. Il loro, era stato un amore puro, fatto di sguardi ma anche di altre mille piccole cose. Corina. Il motivo per cui l'avevano rinchiusa per sempre, ma loro non avrebbero mai potuto capire. Chiuse libro e occhi contemporaneamente mentre le lacrime, senza alcun preavviso, cominciarono a scenderle copiose sul volto mascolino. Clang. Voltando appena la testa, vide la porta della cella dischiudersi lentamente. Sapeva chi era, così come sapeva cosa sarebbe accaduto. Aveva tirato troppo la corda e, nonostante le rassicurazioni fatte alla nuova arrivata, si rese conto che sarebbe stato inevitabile. Per un istante, prima che la porta si aprisse del tutto, pensò a Rachele e a quanto avrebbe dovuto subire da parte di quelle belve. Le dispiacque, ma era stanca di lottare, stanca di trincerarsi dietro il proprio fisico quando invece era l'anima ad essere a pezzi.
-Ehi, cicciona!- Dopo aver varcato la soglia, Miriam si fece avanti decisa, lo sguardo spiritato. Di certo, ebbe modo di pensare Paula, si era fatta di qualche sostanza, oltre ad aver pagato profumatamente i secondini. Tra le mani, stringeva un lungo coltello dalla lama affilata, non come quelli innocui che usavano in mensa. Le due fedelissime che l'accompagnavano si piazzarono di fianco alla porta sorridendo tra loro, già pregustavano l'odore del sangue. -Non avresti dovuto intrometterti cicciona...- continuò Miriam avvicinandosi sempre più. Paula non rispose. Coricandosi di nuovo, aprì il libro e riprese la lettura.
Il mal di testa si fece più intenso, la nausea mi serrò lo stomaco bloccandomi il respiro. Paula! L'avevo solo immaginato, oppure avevo urlato a squarciagola? Senza pensarci, mi lanciai verso la porta. La stanza oscillò, temetti di svenire e barcollai, ma alla fine la raggiunsi. Con le ultime forze rimaste, picchiai selvaggiamente i pugni sul ferro. Ogni colpo, si ripercosse nel mio cervello come un maglio, vomitai bile e succhi gastrici sui miei piedi. -Aprite maledetti, aprite!- Ancora una volta, mi chiesi se stessi urlando oppure no. La mia voce, mi giunse attutita e lontana, avvertii liquido caldo colarmi tra le cosce. -La stanno uccidendo maledetti, aprite!- Poi l'oscurità prevalse e, dopo aver sferrato un ultimo, debole colpo, crollai sul pavimento sudicio. -Paula- Danio e Laura. |
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