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Messaggi del 06/02/2016
Post n°1126 pubblicato il 06 Febbraio 2016 da lascrivana
Louis amava passeggiare dopo cena, sopratutto dopo che si era scolato un buon litro di vino. Il volto rubizzo, tipico di chi è abituato ad alzare il gomito, e i capelli biondo cenere arruffati, gli davano un aspetto trasandato e un po' ebete. Di contro, possedeva un fisico possente e muscoloso, anche grazie al lavoro di boscaiolo che svolgeva con passione. In paese lo conoscevano tutti, così come conoscevano i motivi per cui beveva smodatamente. Louis infatti, era il frutto di una violenza sessuale che la madre, circa trent'anni prima, aveva subito proprio nei paraggi del vecchio mulino. Chi fosse il suo vero padre non venne mai alla luce, per il semplice fatto che, a causa dello shock, la madre perse l'uso della parola. I medici, dichiararono che potesse trattarsi di una cosa provvisoria, ma così non fu. Quando concluse la sua misera esistenza, pochi anni addietro, sul letto di morte afferrò il giovane per i capelli cercando di sussurrargli qualcosa. Louis non riuscì mai a capire lo stato della madre, e i compaesani si erano sempre guardati dal rivelarglielo. Pur non avendo mai abbandonato la propria casa, aveva cominciato a frequentare il vecchio mulino sempre più assiduamente. Cosa potesse trovare in quei ruderi, rimaneva un mistero anche per i più curiosi. Fischiettando, e un po' malconcio sulle gambe, arrivò davanti al mulino e li si fermò. C'era qualcosa che non quadrava e, pur avvolto dai fumi dell'alcool, avvertì un pericolo imminente. Senza pensarci due volte, raccolse un bastone nodoso e accese la torcia che portava sempre con se. L'ingresso, se così si poteva definire, era rappresentato da due rami intrecciati e ricoperti di spine. Le pietre originarie ormai, erano sepolte sotto la fitta vegetazione, ma Luois sapeva benissimo dove mettere i piedi. Aiutandosi col bastone, raggiunse rapidamente quella che, una volta, era stata stata la cucina. Frammenti di mobili ormai marci, sudiciume e piccoli animaletti sembravano esserne i padroni incontrastati. In quel silenzio irreale, si udiva solamente lo scorrere dell'acqua sul retro della costruzione, laddove un fiumiciattolo aveva contribuito a far girare la grande pala del mulino. Luois non scorse nessuno, eppure intuiva che qualcosa di grave era successo. Avanzando verso la finestrella che dava sul fiume, gli parve di scorgere qualcosa, ma era ancora troppo lontano per capire di cosa si trattasse. D'un tratto, un rumore assordante lo paralizzò sul posto. Louis non aveva mai avuto paura di nessuno, ma quel suono sinistro gli fece venire i brividi per tutto il corpo. D'istinto, lasciò cadere il bastone e la torcia, cadde in ginocchio e si tappò le orecchie con le mani. Il rumore sembrava crescere d'intensità, una sorta di stridio di ferro arrugginito che faceva vacillare la mente. La sbronza gli passò di colpo, e gli occhi gli si riempirono di lacrime tanto da offuscargli la vista. Dopo quello che gli parve un tempo infinito, il rumore iniziò a scemare, per poi terminare del tutto. Stordito e tremante, si rialzò e raccolse la torcia, quindi raggiunse la finestra. Ciò che vide lo riportò indietro nel tempo quando, ancora ragazzino, aveva visto un vecchio film horror. Si era spaventato moltissimo, quella volta, ma in fin dei conti si trattava di finzione. Nulla a confronto di quello che stava vedendo ora, terribilmente reale e vivido. La grande pala, in disuso da decenni, si stava lentamente fermando. Semi distrutta, arrugginita e mancante di numerosi pezzi, si chiese come avesse fatto a funzionare nuovamente. Ma ciò che lo sconvolse e inorridì, tanto da paralizzarlo sul posto, fu il corpo completamente nudo che vi era legato con delle robuste corde di canapa. La giovane donna, pallida da far paura, grondava sangue e acqua allo stesso modo che, fondendosi, ricadevano in grosse gocce color rosa nel fiume. Braccia, gambe e torso erano solcati da ferite inferte con inaudita violenza, nessuna parte sembrava essere stata risparmiata. Stupendosi che fosse ancora viva, vide le sue labbra schiudersi a fatica. “A...i..uto” Danio e Laura |
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