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Messaggi del 01/04/2016
Post n°1153 pubblicato il 01 Aprile 2016 da lascrivana
La finestra del secondo piano era aperta, e le voci piuttosto alterate degli inquilini che occupavano quell’appartamento, mi arrivarono chiare e distinte. Stavano discutendo animatamente, per cui non mi fu per niente difficile riconoscere la voce di zio Antonio e di suo figlio Eugenio. A quanto pare, la famiglia della sorella di mia madre, era abbastanza inquieta. Probabilmente da loro non si usava lavare i panni sporchi in famiglia. Da quello che riuscii a capire, lo zio stava rimproverando Eugenio, per la sua vita dissoluta e oziosa. La lite, sembrava stesse per degenerare, e lo zio era sul punto di prenderlo a botte. Quando mia zia, presa dallo spavento, incitò Eugenio a lasciare la casa. Cosa che prontamente fece; poiché lo sentii scendere per le scale continuando a sbraitare. Mi spinse quasi il portone in faccia. Per poi guardarmi con aria sbigottita e contrariata: - Virginia, che ci fai qui?- - Come che ci faccio? Non sapevi che sarei dovuta arrivare oggi?- -Io no; ma, sicuramente quel bifolco di tuo zio e mia madre ti stavano aspettando. Su… dammi le valigie che le porto su; chissà che non si calmino vedendoti -. Avendo ascoltato parte della lite avvenuta poc’anzi, evitai di rispondere. L’accoglienza non era stata di certo delle migliori, avevo beccato la giornata sbagliata; in fondo capita a tutte le brave famiglie di averne una storta. Che Eugenio facesse abuso di droghe, non era una novità; poiché quando era venuto l’ultima volta in vacanza da noi, aveva stretto amicizia con la peggiore specie del paese: ragazzi vagabondi che avevano poca voglia di studiare e lavorare. Qualcuno di loro era stato pure beccato con piante di marijuana, coltivate nel proprio giardino; non mi meravigliava sapere che lo zio fosse a conoscenza dei vizietti del figlio. E poi, le profonde occhiaie di Eugenio, e lo sguardo spento, lasciavano poco spazio all’immaginazione. Sicuramente la permanenza dagli zii non sarebbe stata monotona. Gli zii mi accolsero, imbarazzati e non molto felici di vedermi in quel momento. Capii subito che il problema non era la mia presenza, bensì averli colti nel bel mezzo della lite. Zio Antonio, cercò di ricomporsi, e mi abbracciò calorosamente; sembrava stesse per piangere. Evidentemente la lite lo doveva aver scosso molto. Zia Lidia, invece, non fece nulla per nascondere le lacrime, e asciugandosele con il dorso della mano, mi strinse in un affettuoso abbraccio. -Meno male che sei arrivata tu Virginia; sono certa che le cose andranno meglio tesoro mio-. In che modo avrei potuto aiutarli, non ne avevo la più pallida idea; ma la frase della zia, mi aveva messo subito a mio agio. Dopo essersi informata sulla salute dei miei genitori, mi mostrò subito quella che sarebbe stata la mia stanza; invitandomi a riposare un po’ prima di cena. Prima di stendermi sul lettino, diedi una rapida occhiata alle pareti rivestite con carta da parati: le grossolane stampe floreali erano di dubbio gusto, e tendevano a deprimermi. Mi buttai sul lettino con tutte le scarpe, cercando di realizzare dove fossi capitata. Purtroppo, la fantasia non m’ispirò nulla di confortante. Poiché ero troppo scossa e facevo fatica a rilassarmi, tirai fuori il libro dallo zaino e lessi qualche pagina, prima di disfare le valigie e prepararmi per il pranzo.
-Si, in effetti è molto interessante- rispose meccanicamente Agata. Guardando lungo la via, pregò affinché l'autobus arrivasse al più presto. A parte il proprio avvocato, era il primo uomo con cui aveva occasione di parlare, dopo la reclusione. -Sei una studentessa?- Lo fissò, così come si può guardare una persona dura di comprendonio. Come poteva averla scambiata per una studentessa! Si trovavano all'estrema periferia della città, e le abitazioni più vicine distavano un paio di chilometri, l'unica costruzione nei paraggi era il carcere. Cos'è, ci era o ci faceva? -No, sono appena stata a trovare un amico, ha fatto una stupidata e deve scontare qualche mese- mentì indicando la sagoma grigia del carcere. Lui si raddrizzò e inarcò un sopracciglio. -Ah si? Strano che non ti abbia notata, come si chiama il tuo amico, e in quale sezione si trova?- Improvvisamente, Agata ebbe la certezza d'aver detto qualcosa di sbagliato. -Sai, faccio la guardia carceraria la dentro, e conosco tutti i nostri...ehm...ospiti- Che stupida era stata. Come poteva essersi scordata che esisteva anche una sezione maschile oltre a quella femminile! -Ecco il bus!- esclamò con sollievo. Quindi, ancor prima che l'uomo potesse aggiungere qualcosa, saltò in mezzo alla strada facendo segno all'automezzo di fermarsi. Danio e Laura |
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