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Incongruenze

Post n°252 pubblicato il 02 Luglio 2015 da lontano.lontano
 
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Vorrei farvi riflettere su due incongruenze; una appartiene all'approccio psicologico-comportamentale umano, l'altra è semplicemente un fatto grammaticale.
Il primo è quello più affascinante perché, sempre, è affascinante capire il nostro meccanismo mentale e l'origine dello stesso.
Più sotto, analizzerò un modo di dire, un mezzo proverbio, una di quelle frasi che ripetiamo senza pensare cosa voglia dire e se sia giusto dirla.
E, mentre leggerete le mie argomentazioni, vi accorgerete che il vostro cervello sarà automaticamente portato alla negazione di queste, vi troverete immediatamente in disaccordo con me, ogni vostro ragionamento sarà teso a confutare la mia tesi e a trovare in essa il cavillo utile per essere da voi smantellata.
Lo so che non è un fatto personale ma, proprio per questo, ritengo tale comportamento tristemente mortificante.
Lo fate perché il pensiero diverso da quello unico, da quello sul quale vi siete comodamente accoccolati, da quello che, per il solo fatto che sia di tutti, rassicura e mette al riparo dai rischi dell'emarginazione.
Lo fate perché è una condotta che vi hanno insegnata ed alla quale vi siete rassegnati, la stessa che vi viene propinata dalla televisione e da pennivendoli asserviti.
Insomma quella maledetta dittatura cerebrale che mi ossessiona e a causa della quale vi ossessiono, ma non voglio lasciare nulla di intentato prima di arrendermi alla schiavitù, sia mia ma, soprattutto, vostra.
La seconda incongruenza è relativa alla seguente frase: “Meglio tardi che mai”.
Una frase composta da tre avverbi più uno, quindi da addirittura quattro; infatti il “che” ha il significato di “piuttosto”.
Ma, a parte la grammatica, la logica, cosa dice?
Dice che se un qualcosa avviene tardi, quindi fuori tempo massimo, è come se non avvenisse, quindi non è per nulla meglio, è solamente inutile.
Qualche esempio:
Se io arrivo tardi alla stazione e il treno è già partito, perché, ciò dovrebbe accontentarmi ugualmente?
E dovrebbero esser soddisfatti dei naufraghi che ricevono soccorso “tardi” per cui, nel frattempo non son riusciti a rimanere vivi?
Se la mia squadra sta perdendo ma effettua una rimonta “tardi” per cui, anche segnando una rete che modifica, si il punteggio, ma non il risultato, cambia qualcosa?
Se è tardi, è tardi, per ogni cosa, perché questo avverbio è definitivo, non ammette i tempi supplementari, è chiaro ed intransigente proprio nella sua essenza.
Allora diventa inutile anteporre quel meglio, anzi è persino irriverente nei casi peggiori, come quello in cui si verifica una morte, sa di una beffa del destino, di un'ulteriore presa in giro; quella finale.
Mi parrebbe più logico allora dire: “Peggio tardi che mai”, quantomeno certificheremmo la conclusione sfortunata e l'amarezza per una situazione che non ha avuto un buon esito a causa di uno sforzo o di un impegno prodotti in maniera inadeguata.
A questo punto, volendo riformulare il concetto in maniera logicamente corretta, la frase potrebbe essere la seguente:
“Meglio al limite del tempo utile che mai”, solo così potremmo rendere quel “meglio” come una possibilità positiva e quel “mai” come un'eventualità negativa da potersi ancora scongiurare.
Quindi, posso arrivare di corsa alla stazione ma, in tempo per prendere un treno, i naufraghi possono esser ripescati prima che vadano a fondo, e la mia squadra può effettuare una clamorosa rimonta prima che l'arbitro fischi la fine dell'incontro.
E se noi, benchè con molto ritardo, ragioniamo con la nostra testa e prendiamo atto di certe cose, prima che sia troppo tardi, potremmo provare a cambiare un mondo che ha assoluto bisogno di essere cambiato.

 
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