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Ricatto morale.

Post n°276 pubblicato il 14 Febbraio 2016 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Ci sono parole che vanno oltre le parole stesse, sono un'idea, rappresentano una sensazione, raffigurano un dolore.
"Addio" ad esempio, è una parola insopportabile perché lacera l'anima, strappa il cuore dal petto e lo calpesta,
rovescia lo stomaco nel nulla degli occhi fissi della mente stravolta.
Non la sopporto perchè il dolore è insopportabile, non si può far finta che non ci sia e non si può accettare con la
remissiva santità che non ci appartiene ed alla cui categoria mai apparterremo.
"Addio" è una fine imposta, è l'anticipazione della fine, è una fine innaturale, è far morire prima della morte, è la
siringa del condannato legato su un lettino.
Non l'ho mai detto e non lo dirò, l'ho sentito, invece, l'ho letto in uno sguardo, l'ho percepito in una lacrima, ma non
lo accetto perchè ci son cose che non si possono accettare.
E non si può accettare "Sono tua madre!" Se si è figli.
Non si può accettare e non è giusto subirla.
Come è ingiusta la tirannia, l'imposizione forzata dell'autorità, la violenza fisica e psicologica ed il ricatto morale.
"Me lo devi", solo per il fatto che tu sia figlio, devi subire e passivamente tollerare solo perchè è il tuo ruolo ed il
tuo infausto destino, sei schiavo, perché, per questo, sei stato generato, è nelle cose, nel progetto iniziale.
Lo devi sopportare perché sei così coglione che non sai ribellarti all'egoismo travestito da affetto e da un amore
imposto.
Suddito, espropriato della tua dignità personale, della tua vita, quella vita che a parole, ti è stata donata  ma che, in pratica, ti è stata affidata solo per essere successivamente gestita.
"Io sono il re!", "Sono tua madre!", "Sono il potere!"
Non cambia nulla, il significato è identico, devi tacere, obbedire, chiudere in un cassetto la tua dignità di persona ed
il tuo orgoglio e sottostare alla manomissione cerebrale di cui fosti vittima un giorno.
E' una frase insopportabile, ma si sopporta, si sopporta tutto e si va anche oltre la sopportazione, nel mutismo di
parole che non riescono neppure a controribattere, parole che non escono dalla sottomissione e dal ricatto.
Basterebbe poco, nulla, tramutare una frase in una semplice parola: "Grazie".
Un grazie che non impegna, che non è neppure gratitudine è solo una parola, e non toglie nulla a chi la pronuncia ma può dar molto a chi la ascolta, restituisce la dignità e fa di uno schiavo un uomo libero.

 
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