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Sonno di vita e di morte.

Post n°194 pubblicato il 31 Ottobre 2010 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Divido il sonno in due grandi categorie, il sonno di vita ed il sonno di morte.
Quando una persona è serena, tranquilla, in pace con sé stessa ed il mondo, si addormenta col sorriso sulle labbra, chiudendo gli occhi ed abbandonandosi beatamente in un rilassamento totale, è immerso nel sonno di vita.
La mente non pensa perché non fa in tempo a farlo, la testa diventa una sol cosa col guanciale ed il corpo col materasso mentre la leggerezza rassicurante del piumone caldamente ci avvolge.               
Oppure il sonno arriva stretti in un abbraccio, quando il corpo è perfettamente aderente a quello della persona che ci è vicina, quando il mondo si ferma in quel contatto, quando la stanza stessa diventa il mondo e tutto rimane fuori da lì, mentre tutto è solo lì.
La mente ha un solo pensiero, fermare il tempo, inchiodare la luna alle stelle e le stelle alla notte perché quel sonno così bello di serenità le ruba secondi, minuti, ore avvicinando un mattino sempre troppo frettoloso.
E’ un sonno obbligato, non si vorrebbe dormire ma non ci si può opporre, forse una chimica dolce ma dispettosa ci dona la beatitudine ma anche la consapevolezza di regalarla all’assopimento.   
E’ un sonno di vita perché la vita si sente anche senza la razionalità della veglia, si sente nel calore del corpo appiccicato al nostro, si percepisce dalle lievi carezze che inconsciamente si danno e si ricevono, si riconosce nello star bene di entrambi, che non è più cosa di dentro ma tangibile quale cosa concreta.
Come cosa concreta è la sofferenza che dà luogo al sonno di morte, quando questi a lei si sostituisce per dare una tregua ad un dolore senza speranza e senza via d’uscita.
Quando lo stomaco dà delle scosse che sembrano elettriche, quando si stringe in un nodo di ansia e paure, quando il respiro si fa impossibile così come la stessa esistenza.
La veglia obbligata, senza alcuna pietà, ci costringe a star male così, non si muove a pietà in certi momenti la vita, non da una tregua il giorno, sola la morte ha pietà ma quando pietà si implora non viene concessa.
Così il sonno compassionevole ci viene incontro, ci anestetizza la mente e se la porta nel mondo del nulla dove la realtà sotto l’effetto di una droga, per una volta non letale, scaccia il pericolo di farci del male per non sentire più male.
Il sonno è la morte e la morte è sonno e non spaventa il sonno quando dormire significa non sopportare quel modo di stare svegli, quando non vale più la pena pagare alla vita un prezzo troppo alto per poter essere vissuta.
Il sonno viene appena può, dove può e quando può, ci fa morire per darci ancora un’opportunità di vivere, ci soccorre quando l’anima è sotto le scarpe, quando gli occhi fissi non si rialzano da terra, quando il cervello non riesce a far dir le cose alla bocca.
Quando non si mangia da giorni, quando neppure le lacrime riescono più ad uscire, quando ci si ricorda delle preghierine dette da bambini e che in questo momento si trasformano in struggenti, personali, implorazioni di aiuto.
Si dorme, si muore, non si riposa magari ma non importa il riposo, conta solo il non vivere quando il vivere, vivere non è, conta solo che il sonno sia più lungo possibile, conta solo inchiodare la luna alle stelle e le stelle alla notte perché mai venga mattino, un mattino troppo frettoloso, troppo pesante, troppo feroce per sopportarne la luce.

 
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