Creato da: lontano.lontano il 22/01/2008
la poesia, la musica ed il loro contrario.

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C'era una volta il west- Il mio sogno

 
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Messaggi di Aprile 2015

 

Il tempo.

Post n°244 pubblicato il 01 Aprile 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Il tempo si suicida
uccidendo i ricordi,
mai è esistito,
ciò che è stato scordato.
Come il sonno,
che illude di viver la notte,
perché, il solo respiro,
non garantisce la vita.
Soltanto lo sfregio,
sul corpo e sul viso,
ci dice di qualcosa
realmente accaduto.
Ci dice che il tempo
su di noi è passato
ma, solo un frammento,
è stato quello vissuto.
E' quello che trovi
in una foto lontana,
è quello che, timido,
dentro il cuore ha la tana
E' quello che vive
nel ricordo di un viso,
è quello che rivedi
in un pianto o un sorriso.
Troppo tempo è passato,
morto, dimenticato,
ma è inutile rimpiangerlo
perchè ormai se n'è andato.
E' quel che rimane
che dovremmo meglio usare
affinché anche un minuto,
sempre, sia da ricordare.

 
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Egoista

Post n°245 pubblicato il 04 Aprile 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Come il vento prepotente,
dispone della nube, a piacimento,
ti appropri di un'esistenza
inesistente.

 
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Alba o tramonto?

Post n°246 pubblicato il 12 Aprile 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

La foto che ho inserita, è l'immagine di un'alba o di un tramonto?
Penso sia impossibile dirlo perché non ci sono riferimenti geografici e non sappiamo riconoscere il luogo dove essa sia stata scattata.
Non è come nel mio luogo natio, ad esempio, in cui è normale vedere il sole nascere dal mare e scendere dietro la cima del monte la sera e, poco m'importa se l'arco che forma vada da est ad ovest, o di quanto si sposti l'ago della bussola nei vari periodi dell'anno, è così e basta.
Vedendo una foto non mi potrei sbagliare, al contrario di questa, che mi mostra colori identici, ed il sole, li appeso, non mi aiuta a capire se stia cadendo o se si sia da poco rialzato.
Quindi, senza riferimenti, un'alba può essere un tramonto e viceversa, un inizio e una fine sono la stessa cosa e, ciò che inizia, non è detto che non sia qualcosa che effettivamente stia finendo.
Nel comune pensare, l'alba rappresenta il principio, ed è una similitudine logica perché assegna alla luce del giorno il ruolo di portatrice di novità e speranze ma, è davvero così?
Il giorno è realmente migliore della notte, ed è giusto che nell'immaginario sia vissuto in tal modo?
La notte è il buio, è la vita sospesa, quella delegata al sogno e sottratta alla razionale realtà e, per certi versi, è così ma, non sempre, fortunatamente, è così.
Proviamo a pensare ad una notte non dormita ma ad occhi aperti sognata, proviamo a pensare a quelle ore nere che brillano di stelle e di colori delicati e soffusi, proviamo a pensare ai momenti che la luce che nasce, farà morire.
Proviamo a pensare alla voglia di fermare la terra incatenandola alla luna affinché non si muova da li, proviamo a pensare al desiderio folle, ma non del tutto, di stravolgere le leggi del tempo e dominarlo, proviamo a pensare alla tristezza di non riuscire a realizzare tutto questo.
E l'alba inesorabile arriva, timida li per li, poi, sempre più sfrontatamente, filtra da ogni fessura e s'impadronisce di un mondo che per noi è ormai perduto.
E questo è la fine di qualcosa e l'inizio di qualcos'altro, come prevede la vita e, come sempre nella vita accade, ma rovesciato e stravolto.
Il giorno, che dissolve quell'alba che ha dissolto la notte, non ci porta novità ma solo una risaputa, malinconica certezza: I sogni muoiono all'alba, esattamente come una parte di noi che, a fatica dobbiamo ricomporre e rianimare.
I colori tenui rosa e arancione, celeste e giallo si confondono e ci confondono, sono il principio o sono la fine, sono la gioia o sono il dolore, sono ciò che è o ciò che è stato?
Sono gli stessi colori a dodici ore di distanza, dodici ore che per noi, saranno sempre o troppo lunghe o troppo corte, perché il tempo è sempre soggettivo e mai universale.
Avremo notti interminabili e notti già finite, giorni fatti con la clessidra piena di sabbia di un intero deserto e di altri piena di solo vento, non dipende da noi, o forse si, mi manca il tempo per scoprirlo, o forse, ne ho troppo, per non capirci nulla.

 
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Ovviologia

Post n°247 pubblicato il 14 Aprile 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Ovviologia s. f. (iron. Scherz.)
La scienza dell’ovvietà, di ciò che è ovvio, banale
e scontato.
composto dall’agg. Ovvio con l’aggiunta del confisso -(o)logia.


Quando ho coniato questo neologismo, non immaginavo esistesse già; solo oggi mi accorgo, invece, della sua presenza sui vocabolari.
Le definizione che leggo, e che qui sopra ho riportata, non corrisponde però a quella che io intendevo darle e dalla quale mi dissocio.
Ovviologia è, per me:
La materia che prende in considerazione tutte le tematiche che hanno origine da situazioni ovvie e scontate, per analizzarle ed approfondirle, sotto l'aspetto sociale, politico, psicologico ed esistenziale.  -  Il ragionamento che, partendo dall'ovvietà, tende a trovare soluzioni plausibili e concrete, facendo risaltare, conseguentemente, il percorso di negazione delle stesse. - Esprime la fondatezza di un pensiero che viene negativamente ridimensionato e sminuito proprio perchè da situazioni ovvie prende origine. - Da non confondersi con “banale” che identifica un'azione priva della minima fantasia ed unicità, caratterizzata dall'assenza di un pensiero personale ma comodamente appiattito su considerazioni prefabbricate.

A questo punto, penso sia opportuno fornire qualche esempio a corredo di tali definizioni.
Vorrei rifarmi, pertanto, alla novella conosciuta come: “Il re nudo” che succintamente propongo.
In un reame, viveva un re vanitoso che amava vestirsi con abiti alla moda e costosissimi.
Di questa sua mania vennero a conoscenza due furbacchioni che, spacciandosi per grandi sarti, proposero a sua maestà un abito di altro pregio.
Finsero di cucirlo con fili dorati e pietre preziose e, dopo qualche giorno, si presentarono al castello per farlo indossare al sovrano.
Il vestito non esisteva ma, i due finti sarti, si comportarono come l'abito fosse nelle loro mani; fecero spogliare il re e lo rivestirono di quel nulla che dissero fosse il vestito.
Magnificando la loro opera, esaltarono le qualità fisiche del re che vestiva in maniera tanto perfetta e, quest'ultimo, che sapeva quanto caro avesse pagato un tal abito, per non essere sconfessato, si specchiò, compiacendosi di una tal magnificenza.
La corte intera non osò contraddire il re ma, al contrario, da tutti i componenti la stessa, si levarono commenti di meraviglia e, per sfoggiarlo in pubblico, insieme, scesero per le strade per una regale passeggiata.
Il popolo vedendo passare tale corteo, si comportò esattamente come la nobiltà, solo un bambino sulle spalle del genitore, vedendo il re vestito di nulla, candidamente esclamò: “Ma il re è nudo!”

Era ovvio a tutti che il re fosse nudo ma, tale ovvietà era celata, nascosta nell'ipocrisia che mostra solo ciò che vuol mostrare, solo e se, fa comodo.
Così come è ovvio che il denaro sia la causa della povertà, della discordia, della corruzione e di tutte le altre miserie che albergano nell'animo umano e sarebbe ovvio non usarlo, appurato che è ovvio che il denaro sia un'invenzione dell'uomo.
Ma, “ovviamente”, non verrà presa in considerazione un'”ovvia” reinvenzione della società mondiale, mentre è “ovvio” che chi la propone sia considerato un utopista da,“ovviamente”, non considerare.

 
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