Creato da: lontano.lontano il 22/01/2008
la poesia, la musica ed il loro contrario.

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Messaggi di Luglio 2015

 

Incongruenze

Post n°252 pubblicato il 02 Luglio 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Vorrei farvi riflettere su due incongruenze; una appartiene all'approccio psicologico-comportamentale umano, l'altra è semplicemente un fatto grammaticale.
Il primo è quello più affascinante perché, sempre, è affascinante capire il nostro meccanismo mentale e l'origine dello stesso.
Più sotto, analizzerò un modo di dire, un mezzo proverbio, una di quelle frasi che ripetiamo senza pensare cosa voglia dire e se sia giusto dirla.
E, mentre leggerete le mie argomentazioni, vi accorgerete che il vostro cervello sarà automaticamente portato alla negazione di queste, vi troverete immediatamente in disaccordo con me, ogni vostro ragionamento sarà teso a confutare la mia tesi e a trovare in essa il cavillo utile per essere da voi smantellata.
Lo so che non è un fatto personale ma, proprio per questo, ritengo tale comportamento tristemente mortificante.
Lo fate perché il pensiero diverso da quello unico, da quello sul quale vi siete comodamente accoccolati, da quello che, per il solo fatto che sia di tutti, rassicura e mette al riparo dai rischi dell'emarginazione.
Lo fate perché è una condotta che vi hanno insegnata ed alla quale vi siete rassegnati, la stessa che vi viene propinata dalla televisione e da pennivendoli asserviti.
Insomma quella maledetta dittatura cerebrale che mi ossessiona e a causa della quale vi ossessiono, ma non voglio lasciare nulla di intentato prima di arrendermi alla schiavitù, sia mia ma, soprattutto, vostra.
La seconda incongruenza è relativa alla seguente frase: “Meglio tardi che mai”.
Una frase composta da tre avverbi più uno, quindi da addirittura quattro; infatti il “che” ha il significato di “piuttosto”.
Ma, a parte la grammatica, la logica, cosa dice?
Dice che se un qualcosa avviene tardi, quindi fuori tempo massimo, è come se non avvenisse, quindi non è per nulla meglio, è solamente inutile.
Qualche esempio:
Se io arrivo tardi alla stazione e il treno è già partito, perché, ciò dovrebbe accontentarmi ugualmente?
E dovrebbero esser soddisfatti dei naufraghi che ricevono soccorso “tardi” per cui, nel frattempo non son riusciti a rimanere vivi?
Se la mia squadra sta perdendo ma effettua una rimonta “tardi” per cui, anche segnando una rete che modifica, si il punteggio, ma non il risultato, cambia qualcosa?
Se è tardi, è tardi, per ogni cosa, perché questo avverbio è definitivo, non ammette i tempi supplementari, è chiaro ed intransigente proprio nella sua essenza.
Allora diventa inutile anteporre quel meglio, anzi è persino irriverente nei casi peggiori, come quello in cui si verifica una morte, sa di una beffa del destino, di un'ulteriore presa in giro; quella finale.
Mi parrebbe più logico allora dire: “Peggio tardi che mai”, quantomeno certificheremmo la conclusione sfortunata e l'amarezza per una situazione che non ha avuto un buon esito a causa di uno sforzo o di un impegno prodotti in maniera inadeguata.
A questo punto, volendo riformulare il concetto in maniera logicamente corretta, la frase potrebbe essere la seguente:
“Meglio al limite del tempo utile che mai”, solo così potremmo rendere quel “meglio” come una possibilità positiva e quel “mai” come un'eventualità negativa da potersi ancora scongiurare.
Quindi, posso arrivare di corsa alla stazione ma, in tempo per prendere un treno, i naufraghi possono esser ripescati prima che vadano a fondo, e la mia squadra può effettuare una clamorosa rimonta prima che l'arbitro fischi la fine dell'incontro.
E se noi, benchè con molto ritardo, ragioniamo con la nostra testa e prendiamo atto di certe cose, prima che sia troppo tardi, potremmo provare a cambiare un mondo che ha assoluto bisogno di essere cambiato.

 
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Voti e punizioni divine.

Post n°253 pubblicato il 06 Luglio 2015 da lontano.lontano
 
Foto di lontano.lontano

Recentemente, ho avuto modo di riflettere su due problematiche che ritenevo non facessero più parte del vivere moderno:
La punizione divina ed il voto, inteso come promessa religiosa.
La persona che mi ha parlato di questa situazione era profondamente scossa, dire disperata non è certo esagerare, perché era convinta che la morte di un congiunto, fosse la punizione divina per un di lei errato comportamento.
Non si dava pace perché si sentiva in colpa, con l'aggravio di ritenere tale punizione equa ed inevitabile; una specie di sindrome di Stoccolma elevata al divino.
A mio parere, tutto ha origine da una scorretta interpretazione e ad
un'immagine ambivalente che le hanno data di Dio.
Se una divinità a scelta, un santo, la Madonna o lo stesso Dio sono ritenuti l'essenza della bontà, e nella fattispecie, la madre o il padre di noi umani, come possono essere così severi da infliggere punizioni e castighi con tale sadica cattiveria?
E poi la contraddizione più grande; come ci si può affidare e chieder loro un gesto di pietà, di intercessione o della più grande bontà, a fronte di esempi contrari?
Nessuno proverebbe a chiedere una grazia o una qualsiasi cosa a chi manifesta solo in alcuni casi quell'amorevole benevolenza, chi si azzarderebbe a farlo se non confidasse, quantomeno, all'altrui indulgenza e comprensione?
Certo, sarebbe un'ulteriore idiozia paragonare Dio ad una macchinetta che dispensa bottigliette previa introduzione delle monete ma, ritenere accettabile che dispensi sofferenze gratis mi pare peggio ancora.
Tutto ciò si scontra con il pensare di persone di fede, lo contraddice e lo nega, se poi, peggioriamo ancora la sua posizione ammettendo che un dio addirittura può punire in maniera indiretta abbiamo toccato il fondo.
Io mi comporto male e, per rivalsa, viene punita una persona a me cara, colpire un innocente a fronte di una colpevolezza altrui è da vili, possibile che un praticante di fede possa appoggiare tale ipotesi?
Si è possibile, perché la fede va oltre la logica, e se qualcuno possiede tale virtù teologale non può essere critico perché sarebbe una contraddizione in termini; se si crede, si crede e basta, senza discussione.
E si crede anche nelle cose illogiche e palesemente sbagliate, diventando colpevoli solo perché un'interpretazione di una legge inesistente lo certificherebbe.
E, poiché non c'è limite al male, si peggiorano ulteriormente le cose con la speranza di porre rimedio ad un errore di fondo.
Si fa un voto, una promessa, un baratto, si tratta con la divinità la fine delle punizioni indirette a fronte di un sacrificio personale.
La cosa che fa ridere, qualora non ci fosse da piangere, è che il peccato, ritenuto tale dal reo non è affatto tale da meritare qualsivoglia punizione.
Ma questo è un aspetto che ritengo secondario, la cosa su cui mi vorrei soffermare è l'essenza di tale scambio.
Un voto religioso, a mio parere, non è valido a fronte di un momento difficile di colui che lo propone e, poiché un sacrificio è sempre esercitato in momenti di estremo bisogno o sofferenza, ne consegue che un voto non sia mai da ritenersi valido.
Se io, sotto tortura, confesso anche ciò che mai ho commesso, la mia confessione è valida?
Non mi pare proprio.
E' pur vero che una persona, apparentemente, è libera quando promette a Dio qualcosa ma, lo è solo apparentemente, lo sarebbe soltanto se la sua disperazione non si fosse impossessata di lei, e se tale criticità non portasse a fare e promettere qualunque cosa per uscire da quella situazione.
Peggio ancora poi, se tale voto riguardasse una persona terza, una che non c'entra nulla con la promessa di un sacrificio futuro ma che lo impegna in prima persona, nonostante la sua estraneità, a tutti gli effetti diventa debitore per un debito mai contratto.
Sempre a mio parere, tutto ciò mi suona come magia nera, come un rito pagano che mi fa visualizzare un altare insanguinato sul quale venivano effettuati i sacrifici umani.
Posso ammettere, al limite, gli ex voto, quei quadretti che sono esposti in prossimità dei Santi, per grazie ricevute, piccole cose come immaginette o altre regalie di poco conto.
A questo proposito, e per sorridere un attimo, senza arrivare ad essere blasfemo, ma se una persona porta un'ingessatura a fronte di una riuscita saldatura ossea, uno che guarisce da disfunzioni erettili, che mai porterà?
Detto ciò, a me pare che la fede serva per il solo fatto che, credere nella possibilità di riuscita di un problema o dall'uscita da un momento difficile sia sempre positivo, avere la fondata speranza anche in aiuto di qualsiasi natura, sia una possibilità da mettere in gioco, sempre che il gioco sia leale e che non rechi guai peggiori del male originario.

 
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