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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Marzo 2015

Barnaby e Flavia.

Post n°973 pubblicato il 31 Marzo 2015 da lascrivana

Cinzia, appena scesa dall'auto, fu affiancata da un tizio che non avevo mai visto prima. Giubbotto scuro e occhiali da sole, non riuscii a distinguerne i tratti. La cosa mi apparve subito strana. Elaborai un piano sul momento, avrei dovuto fare in fretta. Approfittando del fatto che Melissa fosse intenta a chiacchierare con i colleghi, mi avvicinai al bancone e chiesi al barista due caffè d'asporto.

Non appena furono pronti, mi calcai per bene il cappello in testa e misi gli occhiali da sole.

Una volta all'aperto, mi avvicinai a loro. Lo strano tipo, non appena mi vide, mi si rivolse in maniera sgarbata.

-Ma chi è questo scemo? Chi ti ha detto di portarci il caffè?-

-Come? Lei non richiesto ragazzo bar?- risposi sgranando gli occhi.

-Ma vai a quel paese deficiente, io non ho chiesto nulla!-

Cinzia rimase in silenzio, allibita.

Fu l'intervento di Melissa a togliermi da quella situazione. 

-Ma che cavolo stai combinando Donny? Possibile che tu sia così imbranato?-

Strattonandomi per un braccio, farfugliò delle scuse affrettate, quindi mi trascinò via. Nel farlo, riuscii ad attivare l'opzione telecamera del cellulare, filmando così per qualche istante Cinzia e il misterioso personaggio.

 

Quella sera, dopo cena, guardai e riguardai più volte quei pochi secondi di filmato.

Ma, nonostante mi sforzassi, non riuscii a capire chi si nascondesse dietro quegli occhiali scuri.

Di certo, non si trattava di nessuno dell'azienda. Conoscevo ogni singolo dipendente, dagli stretti collaboratori all'ultimo dei magazzinieri. No, quell'uomo veniva da fuori, e conosceva Cinzia.

 

Dopo una doccia rilassante, dissi a Flavia che volevo farmi un giro a piedi. Due giorni di travestimento mi avevano già sfiancato, avevo bisogno di respirare e pensare.

Lei non fu molto d'accordo, ma dinanzi alla mia determinazione dovette soccombere.

-Non starò fuori molto, stai tranquilla. Tu piuttosto, stai vicina a Sandro, è anche più stressato di me-

Mezz'ora più tardi, costeggiavo il parco al centro della città. A quell'ora, solamente alcuni solitari avevano avuto la mia stessa idea. Chi portava il cane, chi si fumava una sigaretta, una coppia che discuteva animatamente, tutto molto normale.

-Barnaby-

La voce mi fece trasalire, mi immobilizzai.

Appoggiato a un lampione, l'uomo che avevo visto in compagnia di Cinzia, mi stava fissando intensamente.

-Credi davvero che non ti abbia riconosciuto, nonostante il tuo patetico travestimento?-

Paralizzato dalla paura, non riuscii a ribattere. Di contro, lui si staccò dal lampione e mi venne incontro. Nella mano destra, come per magia, era comparsa una rivoltella. Nera e lucida, sembrava un giocattolo.

Improvvisamente mi scossi. Non avevo mai amato la violenza, ma l'istinto di conservazione ebbe la meglio.

Lanciandomi in avanti, lo caricai a testa bassa. Colto di sorpresa, alzò il braccio puntandomi contro l'arma.

Lo colpii all'altezza dello sterno. Avvertii chiaramente una costola spezzarsi, mentre la mia testa, nell'impatto, sembrò dovesse scoppiare come un melone maturo.

Avvinghiati come due amanti, rotolammo sull'asfalto sino a una bassa siepe.

Seguirono alcuni di secondi di stallo in cui, entrambi, rimanemmo immobili.

Quando arrischiai a muovermi, mi accorsi che la rivoltella si trovava nella mie mani.

-Bastardo- ringhiò l'uomo con la voce incrinata dal dolore.

Il colpo partì subito dopo.

Laura e Danio.

 
 
 

Barnaby e Flavia

Post n°972 pubblicato il 28 Marzo 2015 da lascrivana

A quanto pare, l'idea di inviare Sandro come sostituto si era rivelata geniale. Come, altrettanto prevedibile, era stata la reazione di Cinzia, la mia segretaria. Stremato, e sull'orlo di una crisi di nervi, il marito di Flavia mi aveva raccontato, in ogni particolare, ciò che era accaduto nel mio ufficio.

Fu con quei pensieri che, contrariamente al solito, quella sera andai a coricarmi molto presto. Arrivando persino a rifiutare l'invito di Luca a giocare con la play station. Il suo sguardo, decisamente preoccupato, era più che eloquente. Ma era solo un ragazzino di sedici anni, che ne poteva sapere del lavoro? Oltre alla frustrazione di dover reggere quel ruolo infatti, dovevo pure fare i conti con un terribile mal di schiena.

In mattinata, troppo su di giri, avevo sbagliato un paio di consegne. E i fornitori, molto contrariati, si erano lamentati con l'azienda per le mie disattenzioni. Qualcuno, addirittura, era arrivato persino alle minacce. Se si sarebbero verificati ancora delle mancanze, avrebbero fatto di tutto per farmi licenziare. Maledetti bastardi! La voglia di rivelare la mia identità era stata messa a dura prova, ciononostante avevo resistito.

Comunque sia, non appena appoggiai la testa sul cuscino, mi addormentai immediatamente.

 

 

La mattina seguente mi alzai molto presto. Volevo presentarmi puntuale al lavoro, se non altro per dimostrare la mia buona volontà. Come misi piede nell'azienda però, mi resi conto che le lamentele del giorno prima da parte dei fornitori, erano già arrivate alle orecchie dei miei colleghi. Senza nessun tatto, mi aggredirono dicendomene di tutti i colori. Trattenendo a stento la rabbia, chinai il capo e incassai il tutto. Sarebbe venuto il giorno della resa dei conti.

- Ciao. Sai che ieri non mi hai nemmeno detto il tuo nome?-

L'arrivo di Melissa, mi distolse da quei pensieri funesti.

-Ciao Melissa-

- Allora, posso sapere come ti chiami?-

-Io mi chiama Donny, Donny Blanc-

-Ok Donny, vedi che quando vuoi capisci? Dai, andiamo a bere un caffè- gesticolò goffamente.

Vista la situazione, avrei voluto mettermi ridere di brutto. Mi limitai invece a un sorriso di circostanza.

Seguendola sino al bar dell'azienda, a quell'ora del mattino semi deserto, mi presentò ai pochi colleghi che stavano consumando la prima colazione.

-Non è solo il nostro amico Donny la novità dell'azienda cara Melissa. Hai saputo chi ha nominato Barnaby come suo sostituto?- disse uno di loro.

-A dire il vero non so nulla, Franco. Ma immagino che sia quella spilungona acida della Cinzia-

 

Fingendomi disinteressato, addentai la brioche restando però sempre attento.

- E invece no!- proseguì Franco con entusiasmo.

-Il nostro vice capo, cara Melissa, non è altri che Sandro, il marito di Flavia!-

La giovane donna rise di gusto.

-Però! L'amichetta di Barnaby ha fatto il colpo grosso stavolta. Ci mancherebbe solo che, dulcis in fundo, fosse suo figlio Luca a prendere le redini dell'azienda!-

Luca come mio erede. Mica male come idea. Se nell'azienda, avesse messo la stessa passione e la stessa bravura che dimostrava nei videogame, sarebbe stato un sostituto eccezionale. Ma io non avevo nessuna intenzione di farmi far fuori così facilmente.

 

Fissai Melissa. Guardandola meglio, mi resi conto che sembrava non nutrire un particolare interesse nei miei confronti. O, per dirla giusta, nei confronti di Barnaby. La notizia di Sandro non l'aveva sconvolta più di tanto. Tra l'altro, non era neanche il mio tipo. Vero che aveva un viso simpatico, impreziosito da due vivaci occhi castani e qualche lentiggine sparsa.

E i chili di troppo, ben distribuiti, davano un tocco genuino alla sua figura. Non per nulla, i colleghi storpiavano spesso il suo cognome. Al punto che, in azienda, era conosciuta come “miss Bona”

All'inizio, la cosa sembrava averla infastidita. Ma, col passare del tempo, si era abituata. In fondo, era una brava ragazza, difficilmente si adirava per certe sciocchezze.

Meglio così. Col suo aiuto, avrei potuto osservare tranquillamente il tutto, senza essere costretto a prestare attenzione ai loro discorsi.

E fu proprio mentre girovagavo con lo sguardo fuori dalla finestra del bar, che mi accorsi di uno strano incontro.

Danio e Laura.

 
 
 

Barnaby e Flavia

Post n°971 pubblicato il 27 Marzo 2015 da lascrivana

Mentre Barnaby, abilmente camuffato, stava discutendo con Melissa, Sandro varcò l'ingresso principale dell'azienda.

Giacomo, l'anziano custode, alzò gli occhi e rimase a bocca aperta nel vederlo avanzare.

Fresco di parrucchiere, indossava un completo grigio di ottima fattura. Nella mano destra, stringeva una borsa di pelle dall'aria costosa.

Avvicinandosi al basso bancone, esibì un sorriso a trentadue denti.

-Buongiorno Giacomo. Vorrebbe essere così cortese d'avvisare la signora Panzeri del mio arrivo? Credo mi stia aspettando. E chiuda la bocca per favore, qualche mosca potrebbe trovare rifugio nel suo corpo, in caso contrario-

D'istinto, il custode serrò le labbra, non senza indirizzare uno sguardo di fuoco al suo interlocutore.

-Ma la signora Panzeri è...è la segretaria del...del...- balbettò incerto.

-E vuole che non lo sappia?- lo interruppe Sandro mostrandosi seccato.

-Lei l'informi del mio arrivo e basta, il resto non è certo di sua competenza-

Il vecchio custode corrugò la fronte, quindi si sporse in avanti.

-Senta Sandro. Se è uno scherzo, lo trovo di pessimo gusto. Il signor Stone, dopo quello che ha passato, non gradirà di certo-

Sandro esitò. Nonostante la sicurezza dimostrata, sentì che il panico stava per prendere il sopravvento. In che diavolo di situazione si era cacciato?

-Che sta succedendo qui?-

La voce, squillante e perentoria, li fece voltare entrambi.

La donna avanzò nella loro direzione con passo spedito.

Il tailleur, color carta da zucchero, fasciava perfettamente un fisico longilineo e atletico.

-Ah, è lei...- proseguì senza dar loro il tempo di replicare.

-E' tutto a posto, Giacomo. Non si preoccupi, il signor Stone mi ha avvisato di...certi cambiamenti-

Il custode scosse la testa, in realtà non aveva capito nulla. Ma la Panzeri, all'interno dell'azienda, era un'istituzione. Guai a contraddirla.

-Mi segua, Sandro- proseguì la donna avviandosi verso gli ascensori.


Una volta giunti nell'ufficio di Barnaby, la Panzeri richiuse la porta con uno colpo secco.

-Dove si trova Barnaby!- esclamò rabbiosa.

Sandro non rispose subito. Cercò altresì di ricordare ciò che gli aveva detto lo stesso Barnaby in merito a quel incontro.

“Stai molto attento a Cinzia Panzeri, la mia segretaria. E' meschina e assetata di potere, ucciderebbe la madre pur di comandare”

-Non ne ho la più pallida idea- rispose infine Sandro.

-Mi ha solo chiamato, dicendomi di prendere momentaneamente il suo posto. Credo si trovi all'estero per la riabilitazione, altro non so-

La donna lo fissò a lungo, la mascella serrata e tremante.

Anche lei era stata avvisata, ma con un misero sms stringato e succinto.

“Sandro prenderà il mio posto per qualche tempo: agevolalo”

Ma che cosa ne sapeva Sandro dell'azienda! Era un semplice impiegato in fondo!

-Bene. Allora si accomodi pure- disse indicandogli la scrivania.

-Ha diverse pratiche da esaminare, le auguro buon lavoro-

Detto questo, uscì rapidamente sbattendosi la porta alle spalle.

Lasciandosi cadere sulla comoda poltrona, Sandro si prese la testa tra le mani.

“E ora, che faccio?”

Raggiunto il proprio ufficio, Cinzia prese il cellulare dalla borsa e compose un numero.

-Dobbiamo cambiare i piani- disse dopo qualche istante.

Danio Mariani

 

 
 
 

Barnaby e Flavia.

Post n°970 pubblicato il 25 Marzo 2015 da lascrivana

 

Se qualcuno, in passato, mi avesse detto che un giorno avrei fatto il fattorino nella mia stessa azienda, gli avrei riso in faccia.

E invece eccomi qua. Agghindato in maniera ridicola, persino riluttante a guardarmi allo specchio.

E tutto questo, per il solo fatto di aver lasciato fare a Luca.

-E’ un’ottima idea mamma, a zio Barny ci penso io- aveva detto con entusiasmo. 

E così, stamani, mi ha infilato in testa una parrucca scura, un maglione di tre taglie più grandi, e un paio di pantaloni a vita bassa. Insomma, sembravo inguardabile. Dulcis in fundo, sorridendo compiaciuto, mi ha calcato in testa un cappello con la visiera.

-Ora si può dire che sei davvero irriconoscibile-.

Su questo non si sbagliava, anch’io stentavo a riconoscermi.

 

Mi recai al posto di lavoro con un furgoncino della mia stessa ditta la, “GenialBarny” per la dicitura avevo scelto il nomignolo che mi aveva appioppiato Luca.

Adoravo quel ragazzino, quasi fosse mio figlio. Avrei voluto dargli di tutto e di più, ma Flavia non aveva mai voluto che lo viziassi. Se solo avesse saputo, che erano anni gli davo sempre qualche centone di nascosto, mi avrebbe buttato fuori di casa seduta stante. Ma loro erano la mia famiglia, e Flavia la mia migliore amica.

A volte, pur vergognandomene, avevo fatto qualche pensiero strano nei suoi confronti. In particolar modo quando, durante la pubertà, il suo corpo si sviluppò in maniera conturbante. Ma, col senno di poi, soltanto la vera amicizia aveva avuto il sopravvento. Noi due non avremmo mai potuto essere una coppia, troppo diversi, alla fine avremmo finito con lo scannarci a vicenda.

 

 

-Ciao, sei nuovo?-

La voce di una ragazza, vestita con la tuta blu della Genial Barny, mi distolse da quei pensieri..

Non aprii bocca, limitandomi a guardarla costernato. Dopo un istante, scossi la testa, come a darle intendere di non aver capito.

-E allora a chi mi starei rivolgendo? Vedi forse qualcun altro nei paraggi?- rispose seccata.

-Ah! Io non capisce tua lingua- continuai nella pantomima.

La ragazza alzò gli occhi al cielo.

-Ci mancava che assumesse pure gli stranieri quello stronzo di Barnaby Stone. Già si fa fatica a comunicare con gli italiani, figuriamoci con gli extracomunitari-

Come si permetteva quella sfacciata a darmi dello stronzo?

Cercando di non far trapelare la mia irritazione, finsi di guardare il nome impresso sul cartellino appeso al petto.

-Tuo nome?- chiesi indicandolo.

-Si, il mio nome è Melissa Bonova, ti cambia qualcosa?-

 

“Ebbene mia cara Melissa, vedrai che fine farai quando riprenderò il mio posto. Per ora mi servi qui” pensai mentre annuivo deciso. 

-Senti un po’. Tu cosa fare qui?- proseguì Melissa accompagnando i gesti alle parole.

-Ah! Lavoro… io lavora- risposi.

-Abbiamo scoperto l’acqua calda! Senti, lo so che sei qui per lavoro, ma cosa fai preciso?-

-Ah! Io guida furgone-

-In ogni caso sai cosa devi fare? Dove devi andare?- sempre più spazientita.

-Si… creda di si-.

Le spiegai, non senza fatica, che avrei dovuto portare le ultime creazioni in sede. Lo stesso titolare le aspettava con impazienza. La Genial Barny infatti, si occupava di perfezionare nuovi aggeggi elettronici e lanciarli sul mercato.

A queste parole, Melissa alzò un sopracciglio.

-Ma il signor Stone non è ancora arrivato- disse dubbiosa.

Mostrando il mio sorriso migliore, le feci l'occhiolino.

-Arriverà miss, prima o poi arriverà-

Laura e Danio.

 

 
 
 

Barnaby e Flavia.

Post n°969 pubblicato il 24 Marzo 2015 da lascrivana

 

Erano già passate un paio di settimane da quando Barnaby si era trasferito a casa mia.

Dal momento dell'agguato, avevamo tutti vissuto un periodo alquanto difficile, fatto di interrogatori a non finire e giornate interminabili. Nonostante il prodigarsi degli inquirenti però, nessun sospetto era stato fermato, nessuna pista era stata seguita con particolare attenzione. Sembrava che Barnaby, pur avendo avuto diversi diverbi in passato, non avesse nessun nemico degno di questa parola.

 

-Senti un po’ Flavia, ma per quanto tempo pensi che il tuo amico orsacchiotto di peluche si trattenga a casa nostra?-

La domanda di Sandro, infarcita d'ironia, m’infastidì parecchio. Innanzitutto perché Barnaby non era un orsacchiotto, bensì un bell'uomo. Capelli scuri e sguardo intelligente, aveva un fascino innato e coinvolgente, qualsiasi donna avrebbe potuto cadere ai suoi piedi. Inoltre, si trattava anche del mio migliore amico, ed era anche il suo capo.

 

-Porta pazienza Sandro, non vedi com'è spaventato?- replicai contrariata.

-Con tutti i soldi che ha, potrebbe stare in un posto migliore di questo- ribatté lui altrettanto alterato.

-Lo sai che da quando ha perso i suoi genitori in un incidente stradale, io sono rimasta la sua unica famiglia. Dopo quello che gli è capitato, è normale che non voglia rimanere solo-

-Tu hai idea di chi possa volerlo morto?- proseguì Sandro dopo avermi squadrato a lungo.

-Non saprei proprio, potrebbe essere stato un ladro-

Lui scosse il capo con veemenza.

-Non penso. Se avesse voluto rapinarlo, lo avrebbe fatto senza alcuna esitazione. E invece no, portafoglio e cose di valore non sono stati nemmeno toccati. No Flavia, quel tipo ha cercato di ucciderlo, ed era convinto di non aver sbagliato mira prima di scappare, altrimenti ci avrebbe riprovato-

-Ora però sbrighiamoci a tornare nel salone, altrimenti si domanderà che cosa stiamo farfugliando qui in cucina, e ci metterà poco a capire che stiamo parlando di lui. Senti Sandro, lo so che questa situazione è incresciosa, ma io non me la sento di abbandonarlo in questo momento-

Lui si strinse nelle spalle.

-Ok… lo farò per te amore mio-.

Con aria rassegnata mi baciò sulla fronte e andò a prendere una bottiglia di vodka dal freezer.

-Un goccio di questo non ci farà male. Prendi i bicchieri Flavia-

Dopo avermi fatto l’occhiolino, si avviò nel salone ancheggiando simpaticamente. Sandro, nonostante i suoi quarant'anni, aveva mantenuto un portamento giovanile. I capelli, castani e scomposti, gli arrivavano fin sotto la nuca incorniciandogli deliziosamente il viso paffutello. Stava bene in carne, portando con classe una deliziosa pancetta e vestiva sempre in maniera sportiva, jeans stinti e felpe di cotone colorate.

Barnaby se ne stava seduto in poltrona, le gambe divaricate e la testa china, una mano poggiata sulla fronte.

-Vi pagherò bene il disturbo che vi sto recando, non dovete preoccuparvi- disse senza nemmeno alzare lo sguardo.

Posai i bicchieri sul basso tavolino in cristallo e m’inginocchiai di fronte a lui. Gli presi le mani e le strinsi tra le mie, rimproverandolo dolcemente.

-Non farlo più! Non dire una cosa del genere altrimenti mi offendi!-

-Ok zio Barny, se proprio vuoi, io non mi offendo se regali qualche centone a me- intervenne sornione quel birbante di mio figlio Luca, sopraggiunto nel frattempo.

-Luca non provarci, altrimenti ti faccio lavare la macchina ogni sabato per sei mesi di fila-

-Ah ah ah mamma! Mi metti davvero paura con le tue minacce. E poi, zio Barny lo sa che a me piace scherzare, però...-

-Che però e però- rispose stizzito mio marito.

-Sul serio Flavia, io lo so che tu sei orgogliosa e non prenderesti mai un centesimo da me. Però, io ora ho bisogno del tuo aiuto, comprese molte cose che tu non puoi permetterti di comprarmi- proseguì Barnaby.

Mi alzai da terra e mi sedetti sul bracciolo della poltrona, circondandogli con un braccio le spalle mentre con l’altra mano gli arruffai i capelli.

-Cos'è che sta tramando questa testa matta?- Lui attese un istante prima di rispondere.

-Ho bisogno di sapere chi è che mi vuole morto. E l’intervento degli investigatori privati e del commissario non è sufficiente. Ho deciso che assumerò una nuova identità per potermi muovere liberamente nella mia azienda. Avrò bisogno di qualcuno di fiducia, che entra ed esca dal mio ufficio liberamente informandomi di tutto. E qui entri in ballo tu Sandro. Ti promuoverò come consulente personale, così avrai accesso a tutto quello che mi riguarda-

-Ma se non ho nemmeno il titolo necessario per questa promozione!- rispose mio marito con foga.

-Che ti frega? Il capo sono io! –

-Non ti è passato per la testa che io non potrei essere all'altezza?- continuò Sandro.

-Non dovrai fare assolutamente nulla! Solo controllare chi entra e chi esce, e portarmi tutto il materiale che ti chiederò a casa. Comunicheremo telefonicamente durante il giorno, e solo in caso di estrema necessità. Io mi fingerò un lontano parente di Flavia, e verrò assunto come fattorino. Dovrò scegliere vestiti e parrucche che mi renderanno irriconoscibile. Così come la mia nazionalità, che dovrà essere straniera, cercando di parlare il meno possibile.

Sandro, anche se per nulla convinto, annuì lentamente.

Laura e Danio.

 

 

 
 
 

Barnaby e Flavia,

Post n°968 pubblicato il 22 Marzo 2015 da lascrivana

Barnaby ed io. Due persone completamente differenti, eppure amici da una vita. Lui, giovane imprenditore di successo, vive in un lussuosa residenza in città mentre io, semplice operaia impiegata in una delle sue aziende, in una piccola casetta di periferia. Ci conosciamo da sempre. Mia madre infatti, è stata la sua tata durante la fanciullezza e parte dell'adolescenza. Passavamo molto tempo a giocare insieme, specialmente d'estate, quando le vacanze erano più lunghe. Crescendo, Barnaby non ebbe più bisogno di lei, ma noi due continuammo a frequentarci regolarmente. Non è facile spiegare un rapporto così insolito. Eravamo e siamo due poli all'opposto, eppure quasi sempre in sintonia, nonostante le frequenti discussioni.

 

Profondamente ottimista io, con una propensione a pensare che, presto o tardi, tutto si sarebbe risolto per il meglio. Barnaby, di contro, è sempre stato un inguaribile pessimista. La miseria e il fallimento, come peste bubbonica, rappresentavano un autentico incubo per lui.

Eppure, a parte tutto questo, è ricco sfondato e sembra che tutto debba girargli per il verso giusto.

Io ho sposato Sandro, un uomo modesto ma molto orgoglioso. Non ha mai voluto l'aiuto di nessuno e stavamo bene così, accontentandoci di vivere alla giornata.

-Flavia, il tuo guaio è proprio questo! Potresti avere di più, e invece hai scelto di vivere nella mediocrità- mi ripeteva spesso Barnaby.

-E tu non saresti nessuno se non esistessero le persone mediocri come me- ribattevo ogni volta. Una cosa che lo irritava parecchio.

-Che palle con i tuoi discorsi filosofici! Puoi pure scegliere di stare dalla parte dei numeri uno, se solo lo volessi veramente!-

Io sorridevo a quelle parole, sempre le stesse.

-Non si sceglie come vivere la propria vita, la si vive e basta. E poi io sono fatta così, se bene o male, resta tutto da verificare- facendolo infuriare ancor di più.

Barnaby era questo. Un uomo risoluto e che mirava esclusivamente al successo.

Ho sempre pensato che, la sua mania di veder tutto nero, fosse solo un ossimoro. Della serie: vedo scuro perché poi risulti tutto chiaro e brillante. Il mio esatto contrario. Per fortuna, era proprio il mio ottimismo a tenermi a galla. “La speranza è l'ultima a morire” mi ripetevo spesso.

Poi avvenne il fatto. E questo bastò per cambiare radicalmente le nostre vite, arrivando addirittura a sconvolgerle.

Tutto accadde un'afosa sera di Giugno.

Com'era solito fare, Barnaby aveva lasciato l'ufficio molto tardi. Tutto si poteva dire di lui infatti, tranne che non prendesse sul serio il proprio lavoro.

Sceso nel garage dell'azienda, si avvicinò all'automobile parcheggiata al solito posto.

-Barnaby-

Voltandosi di scatto, ebbe solo il tempo di vedere una sagoma scura. Subito dopo, lo sparo e la fiammata lo investirono in pieno.

Laura e Danio

 

 

 
 
 

La curiosità di Rosalinda.

Post n°967 pubblicato il 20 Marzo 2015 da lascrivana

Una volta rimasta sola, con la calma e la precisione professionale che mi avevano sempre contraddistinto, analizzai tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni.

Le assurde e farneticanti accuse di Lidia verso Igor, facevano acqua da tutte le parti. Se solo fosse stato vero quello che aveva detto nei suoi confronti, riguardo ai tempi del liceo e dell'aggressione a Livio, di certo la scuola avrebbe aperto un inchiesta. Invece, il silenzio assoluto aveva regnato sovrano, facendo si che le credenziali di Igor non venissero nemmeno scalfite.

E poi, basta pensare alla fine della povera moglie di Livio. Anche in quell'occasione, la buona fede di Igor non era mai stata messa in discussione. A lui premeva solo la mia incolumità, punto e basta. No, Igor non era il bastardo che voleva farmi credere Lidia. Come psicologa, non era la prima volta che mi trovavo di fronte un soggetto oppresso da un'assurda e inspiegabile gelosia.

Il più delle volte, ero consultata dallo psichiatra quando ormai era troppo tardi, e il dramma era già avvenuto. In alcuni casi infatti, dopo aver ucciso il compagno o la compagna, decidevano di suicidarsi.

In un attimo, mille supposizioni mi balenarono per la mente. Non era il caso di perdere altro tempo, dovevo raggiungere Igor prima che fosse troppo tardi. Sicuramente, conoscendo le azioni di soggetti folli come Lidia, pensai che si fosse già procurata un arma, o qualsiasi oggetto che potesse usare come tale. In ogni caso era meglio munirsi di una dose massiccia di calmante istantaneo. Scartai la siringa monouso, e con l'ago aspirai tutto il contenuto di una fiala. Riposi l'ago nell'apposito astuccio e la conservai accuratamente nella borsa. Presi le chiavi della macchina, e partii alla ricerca di Igor, volevo raggiungerlo prima che arrivasse a casa.

Fortunatamente, riuscì a intravederlo prima che s’inoltrasse in uno stretto vicolo.

Poiché in quella strettoia era impossibile passare con un’automobile, la parcheggiai nelle vicinanze. Dovevo convincerlo a tutti costi a ritornare da me. Ragion per cui, scesi immediatamente dalla macchina, non dimenticando di portarmi dietro la borsetta. Iniziai a correre il più velocemente possibile, tanto che dovetti appoggiarmi a un muretto per riposare. E fu proprio da quella distanza che riuscii, a malapena, a scorgere l'ombra di due figure che discutevano animatamente.

Mi avvicinai di soppiatto per poter vedere meglio.

Eccoli.

Come volevasi dimostrare, Lidia l'aveva seguito fino a casa mia. Era molto più astuta di quanto pensassi, e questo la rendeva ancora più pericolosa. Improvvisamente la discussione sembrò degenerare, vidi Igor arretrare, gli occhi fissi sulla borsetta della donna. Lei sembrava non volesse starlo a sentire. Di colpo, mi resi conto che, se non avessi agito subito, gli avrebbe sicuramente fatto del male.

Facendo attenzione a non fare il benché minimo rumore, presi la siringa, mi tolsi le scarpe e raggiunsi Lidia alle spalle. Alla mia vista, Igor spalancò gli occhi ma, afferrando al volo la situazione, cercò di distrarre Lidia dicendole qualcosa. Agii velocemente. Infilandole l'ago in un braccio, con l'altra mano afferrai la pistola che, nel frattempo, aveva estratto dalla borsetta. 

Lo sparo partì improvviso, ma il proiettile andò a conficcarsi nel muro. Fu abbastanza però, per attirare l'attenzione dei pochi passanti sulla strada principale.

Lidia, stordita dall'effetto del calmante, si accasciò lentamente a terra. Avrebbe dormito per almeno tre ore.

Cosi, ormai al riparo da quella minaccia, mi avvicinai a Igor. Tremanti e angosciati, ci abbracciammo piangendo.

-E' finita – mi sussurrò dolcemente Igor.

Non riuscivo ancora a credere che, ancora una volta, ero riuscita a neutralizzare un folle. La prima volta l'aveva fatto Igor difendendomi da Livio. A distanza di anni gli avevo reso il favore, salvandolo dalla pazzia della moglie.

Col senno di poi, pensai che se avessimo dato retta ai nostri cuori, avremmo potuto evitare tutto questo dolore.

Ma il perché di come vadano le cose in un modo, anziché in un altro, rimarrà per sempre un mistero, almeno per me. Da piccola, pensavo che gli adulti avessero sempre una risposta pronta ad ogni domanda, da grande mi sono resa conto che non è affatto così. Come si può dire di amare una persona e rendergli la vita un inferno? E addirittura arrivare anche solo a pensare di ucciderlo?

Prima che provassi a darmi una risposta, arrivò la polizia. Avevamo già sentito le sirene avvicinarsi e parcheggiare le macchine davanti all'ingresso del vicolo. Gli agenti ci raggiunsero trafelati. Avevano corso all'impazzata per arrivare in tempo. Io e Igor ci prendemmo per mano e guardammo uno di loro chinarsi e tastare il polso di Lidia. Gli altri, all'oscuro della situazione, ci puntarono contro le armi.

- E' viva- disse il poliziotto chino su Lidia. Indicandogli la siringa ancora era infilata nel braccio, gli dissi che le avevo somministrato una dose massiccia di calmante. Diedi loro le mie credenziali, specificando che Lidia era una mia paziente.

Quello che sembrava il capo, ci disse che dovevamo seguirli al commissariato. Avremmo dovuto rilasciare la nostra deposizione e consultare i nostri avvocati.

Intanto Lidia, con un'ambulanza, si allontanò dalle nostre vite...forse.

 

Laura

 

 
 
 

La curiosità di Rosalinda.

Post n°966 pubblicato il 18 Marzo 2015 da lascrivana

-Non posso credere a ciò che mi stai dicendo, mi sembra assurdo- mi disse Igor guardandomi diritto negli occhi.

Io non potei provare che compassione per lui. Lo amavo. Lo amavo alla follia, ma spiegargli le mie paure e le mie sensazioni in quel momento mi risultò difficile.

Accarezzandogli la guancia lo attirai verso di me, cercando di dargli conforto col mio corpo,visto che non riuscivo a farlo con le parole.

-Pensaci Igor...- riuscii infine a dire -Lidia è accecata dalla gelosia. Mi ha spiaccicato tutto in faccia oggi pomeriggio. E ho visto una luce cattiva nei suoi occhi. Non vorrei essere tragica ma...-

Lui mi mise una mano sulle labbra, quindi mi baciò con trasporto.

-L'altra sera abbiamo avuto una discussione molto animata...- disse dopo un istante.

-Anch'io ho notato un qualcosa di diverso nei suoi occhi. Ma mai avrei immaginato che...-

Le parole gli si smorzarono in gola.

-Devi lasciarla immediatamente Igor. Io ti amo, non sarà facile, ma ce la faremo-

Finalmente, ero riuscita a pronunciarle quelle parole così importanti per me. Improvvisamente, tutto mi apparve più semplice, più limpido.

Lui mi guardò, dapprima perplesso, quindi sempre più convinto.

-Hai ragione Rosalinda. Ed è per questo che non devo più nascondermi. Torno subito da lei, devo parlarle chiaro-

Mi irrigidii.

-Ne sei certo? Io...io ho paura-

Abbracciandomi con trasporto, mi baciò di nuovo.

-Stai tranquilla, andrà tutto bene-

 

Lidia si diresse decisa verso l'abitazione di Rosalinda. La doccia ancora umida, la macchina in garage. Tutte cose che, col senno di poi, la indussero a pensare che il marito, per qualche ignota ragione, fosse stato messo sull'avviso.

E chi, se non la psicologa, poteva averlo fatto?

Meglio, avrebbe preso due piccioni con una fava.

Ferma a un semaforo, aprì la borsetta assicurandosi che la rivoltella fosse ancora al proprio posto.

 

-Ne sei certo Igor?- lo fissai intensamente, troppo impaurita per il timore di poterlo perdere nuovamente.

-Se ci pensi bene Rosalinda, è l'unica cosa da fare. Anch'io ti amo, mi sei entrata nel sangue e non potrei più fare a meno di te-

Io lo fissai a lungo. Le parole di Lidia continuavano a martellarmi il cervello a ritmo incessante.

“Tutte le liceali che si sono infilate nel letto di mio marito. Pensa davvero di essere stata la sola? Ha la più pallida idea di quanti amanti mi sono sorbita in tutti questi anni?”

Io sorrisi. Fu più una smorfia in verità, ma lui mi accarezzò la guancia.

-Stai tranquilla tesoro, so quel che faccio. Tu aspettami qua, andrà tutto bene-

 

Sceso in strada, Igor si avviò a piedi verso casa. Nonostante la sicurezza mostrata con Rosalinda, non aveva la più pallida idea di come avrebbe potuto affrontare Lidia.

-Ciao Igor-

La voce lo fece voltare di scatto.

Alzando gli occhi, si accorse di trovarsi in un vicolo che, solitamente, gli avrebbe accorciato la strada verso la propria abitazione.

-Lidia...che ci fai...io...noi...dobbiamo parlare...-

La donna, senza dire una parola, avanzò verso di lui, la mano destra all'interno della borsetta.

-Hai ragione caro...dobbiamo parlare- rispose con un sorriso enigmatico dipinto sul volto.

 

Danio.

 

 
 
 

La curiosità di Rosalinda.

Post n°965 pubblicato il 17 Marzo 2015 da lascrivana

Uscito dalla doccia, Igor, si recò nella stanza da letto. L’idea era di mettersi il pigiama e rilassarsi un po’ fino all’arrivo di Lidia. Il bip continuo del cellulare, segnalava che c’era un messaggio in arrivo. Si avvicinò al basso comodino in vetro resina trasparante, dal design moderno, e gli diede un’occhiata. Oltre al messaggio rilevò una serie di chiamate perse da parte di Rosalinda.

 

 

 

Il trillo del cellulare, mi fece sobbalzare; finalmente Igor aveva visto le chiamate.

Emisi un momentaneo sospiro di sollievo, e schiacciai il tasto verde con l’icona della cornetta.

-Pronto Igor-

-Ciao Rosalinda; ho visto le tue chiamate. E’ successo qualcosa-

-Igor, non c’è tempo da perdere; tua moglie sta ritornando a casa. Nel tardo pomeriggio si è recata da me facendo dei discorsi insensati; dandomi così motivo di pensare che la sua scelta come psicologa non sia stata casuale. Io penso che abbia premeditato il tutto per avere delle risposte certe e procedere secondo un disegno perverso della sua mente malata-

- Di preciso che cosa ti ha detto?-

-Non posso raccontarti tutto poiché non abbiamo molto tempo,e dobbiamo agire in fretta. Che sei in pericolo è certo! Vestiti e trova il modo di uscire da casa prima del suo arrivo. Vieni al mio studio che insieme troviamo una soluzione-.

 

 

 

Chiuso il cellulare, Igor aprì il cassetto del comò, e tirò fuori la tuta da Jogging e si vestì velocemente. Si mise un paio di scarpette e si avviò verso il portone d’ingresso. Il rumore dell’auto di Lidia che entrava nel cortile, lo costrinse a indietreggiare.

Doveva prendere tempo trovando il modo di distrarre la sua attenzione.

Velocemente salì le scale che conducevano al piano superiore; si diresse verso il bagno adiacente alla stanza da letto e aprì la doccia. Poi si recò nuovamente al piano di sotto e si chiuse nel bagno vicino lo studio.

Attese che sua moglie varcasse la soglia, e saltò fuori dalla finestra del bagno che si affacciava sul cortile dietro casa.

Una volta fuori, si avviò velocemente e di soppiatto verso il cancello d’uscita.

Sapeva che era impossibile raggiungere a piedi lo studio di Rosalinda; così pensò bene di rifugiarsi in un vecchio portone del centro e chiedere a Rosalinda di raggiungerlo. Prima di nascondersi, ebbe l’astuzia di prendere il numero civico e il nome della via, almeno sarebbe stato più facile per lei rintracciarlo.

 

 

 

Mi misi in macchina e mi recai nel luogo che Igor mi aveva indicato. Aveva fatto bene a non prendere l’auto; in questo modo la moglie avrebbe avuto meno possibilità di rendersi conto che era scappato.

Per evitare di girare invano, parcheggiai la macchina in seconda fila e chiamai Igor.

Mi raggiunse velocemente, guardandosi intorno come un animale braccato.

Era pallido come un cencio; e tremava visibilmente: un po’ per il freddo, trovandosi solo con una tuta leggera; e un po’ per paura di quello che sarebbe potuto accadere se io non l’avesse avvisato.

 

 

 

-Igor, tesoro, dove sei?-

Chiamò Lidia a gran voce recandosi al piano superiore.

Sentendo l’acqua del bagno scorrere, pensò che il marito fosse sotto la doccia.

- Ah, amore mio, così mi rendi tutto più facile-

Pensò ad alta voce Lidia; in effetti, ucciderlo sotto la doccia, le avrebbe dato modo di lasciare meno segni di combutta e meno tracce di presunto omicidio. 

Lo avrebbe colto alla sprovvise e gli avrebbe dato una mazzata in testa con il pesante vaso di cristallo, che si trovava sul comò bianco laccato, in perfetta sintonia con il resto del mobilio in stile moderno. Prese il vaso con una mano e se lo portò dietro la schiena; con l’altra aprì silenziosamente la porta. Si avvicinò alla doccia e aprì il portello in vetro opaco. 

Rimase di stucco quando si rese conto che la doccia era vuota.

-Dannato figlio di puttana che fine hai fatto?-

Rimise il vaso a posto e si recò al piano inferiore cercandolo invano dappertutto; persino in cantina.

Andò in garage, e vide che la macchina era ancora al suo posto. E poi calcolò che non aveva sentito nessun’auto allontanarsi e di conseguenza doveva per forza essersi spostato a piedi. In quel caso raggiungerlo sarebbe stato un gioco da ragazzi. Rientrò in casa e prese la borsa con le chiavi della macchina.

-Ti scoverò ovunque tu sia maledetto! E finalmente potrò liberarmi della mia ossessione-.

Lidia era consapevole che Igor era il suo male; e che se voleva prendere pace, doveva disintegrarlo. 

Lui l’aveva fatta troppo soffrire con il suo amore per Rosalinda. Rintracciarla era stato facile: Rosalinda Boromei è una donna di successo e molto conosciuta. Aveva finto di aver bisogno del suo aiuto per riconciliarsi con il marito, e in questo modo aveva ottenuto la risposta che aspettava da anni.

In effetti, Igor, si era rivelato di essere il bastardo che aveva sempre immaginato fosse. Non ci pensò un attimo a recarsi da solo nello studio di Rosalinda e tradirla.

L’odio e la rabbia si erano tramutati in pura follia. Lo sguardo brillante di Lidia si rivestì di una luce cattiva. I suoi occhi fissi e dementi puntavano dritti sulla strada.

Laura

 
 
 

La curiosità di Rosalinda,

Post n°964 pubblicato il 16 Marzo 2015 da lascrivana

Lidia, improvvisamente, tacque. Ma non smise un secondo di fissarmi coi suoi bellissimi occhi.

Il mio cervello, nel frattempo, lavorava a un ritmo frenetico. Disperatamente, cercai di elaborare una risposta sensata a ciò che avevo appena ascoltato. Ma, nonostante gli sforzi, non mi venne in mente nulla.

-Allora. Lo pensava davvero?- m'incalzò Lidia sporgendosi in avanti, un'espressione ironica dipinta sul volto.

Forse, fu proprio quel gesto a scatenare la mia reazione. Rabbia e impotenza mi investirono come una furia, mi alzai di scatto.

-Adesso basta Lidia!- urlai.

-Ho accettato di vederla, perché convinta che si trattasse di qualcosa di serio. Invece non ha fatto altro che sputare veleno su suo marito e su di me! Non so nulla di amanti o presunte tali, per cui la invito a lasciare subito il mio studio, ho già perso sin troppo tempo con lei-

Lei non parve affatto sorpresa dalla mia reazione. Con calma, si alzò squadrandomi da capo a piedi.

-Come psicologa, lei sa benissimo che spesso i pazienti mentono. Per paura, per vergogna o per qualsiasi altro motivo. Ebbene, devo dire che qualcosa da loro ha imparato. Solo che mentire è un'arte, e lei non è affatto portata per questo- disse con estrema calma.

Voltandosi, si avviò con passo deciso verso la porta, per poi girarsi nuovamente una volta che l'ebbe aperta.

-Non credo ci rivedremo, ne da sole ne tanto meno con Igor. Con lui, la risolvo io la situazione-

Un attimo dopo, richiuse la porta lasciandomi sola.

Tornando a sedermi, presi un respiro profondo, quindi venni scossa da violenti singhiozzi.

Non feci nulla per fermare le lacrime che, copiose, mi rigarono il volto andando a bagnare i fogli sparsi sulla scrivania.

In particolare, l'ultima frase pronunciata da Lidia, mi aveva provocato una sensazione strana, di pericolo. Pur non comprendendone appieno il motivo, mi convinsi che avrei dovuto chiamare immediatamente Igor.

Afferrato il cellulare, composi il suo numero con dita tremanti. La linea era libera. Uno, cinque, dieci squilli. Ma perché non rispondeva? Con un motto di stizza, riprovai per un paio di volte quindi, frustrata, gettai il telefono sul ripiano. Decisi così di andare a casa, l'avrei richiamato più tardi.

 

Sotto la doccia, Igor ripensò all'incontro con Rosalinda e all'imbarazzo che aveva provato. Tra poco, Lidia sarebbe tornata dall'incontro con le amiche, come avrebbe potuto affrontare la situazione?

La calma apparente di quella mattina, dopo la sfuriata della sera precedente, non l'aveva per nulla convinto. Conosceva troppo bene sua moglie. Stava escogitando qualcosa, ne era certo, e ciò non gli piacque per nulla.

 

Prima di tornare a casa, Lidia fece una deviazione verso la periferia. Raggiunta una strada poco illuminata, parcheggiò e scese dalla macchina.

Fatti pochi passi, entrò in un vecchio portone retto a malapena dai cardini arrugginiti.

Ne uscì pochi istanti più tardi. Sul volto, un'espressione indecifrabile.

Danio.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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