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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Gennaio 2016

Non solo parabola.

Post n°1113 pubblicato il 15 Gennaio 2016 da lascrivana

Testo della parabola

Luca 16, 1-13

Diceva anche ai discepoli: «Un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi . Lo chiamò e gli disse: Che cosa sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non potrai più amministrare”. L'amministratore disse tra sé:” Che cosa farò, ora che il mio padrone mi toglie l'amministrazione? Zappare, non ne ho la forza; mendicare, mi vergogno. So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall'amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua”. Chiamò uno per uno i debitori del Suo padrone e disse al primo: Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose:” Cento barili d'olio”. Gli disse:” Prendi la tua ricevuta, siediti Subito e scrivi cinquanta”. Poi disse a un altro:” Tu quanto devi?”. Rispose:” Cento misure di grano”. Gli disse:” Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta”. Il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce. Io vi dico: fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne. Chi è fedele nelle cose minime, è fedele anche nelle grandi; e chi è ingiusto nelle cose minime, è ingiusto anche nelle grandi. Se dunque non siete stati fedeli nelle ricchezze ingiuste, chi vi affiderà quelle vere? E, se non siete stati fedeli nei beni altrui, chi vi darà i vostri? Nessun domestico può servire due padroni; perché o odierà l'uno e amerà l'altro, o avrà riguardo per l'uno e disprezzo per l'altro. Voi non potete servire Dio e Mammona».

************* 

Ci sono opportunità che solo all'occhio astuto non sfuggono;  però bisogna avere una mente scaltra oltre a essere assertivi.

Assertività

Il comportamento assertivo è quel comportamento attraverso il quale si affermano i propri punti di vista, senza prevaricare né essere prevaricati. Si esprime attraverso la capacità di utilizzare in ogni contesto relazionale la modalità di comunicazione più adeguata.Potremmo anche definire l'assertività come quel punto d'equilibrio fra uno stile comunicativo passivo ed uno aggressivo. Con essa viene adottato uno stile comunicativo che permette all'individuo di esprimere le proprie opinioni, le proprie emozioni e di impegnarsi a risolvere positivamente le situazioni e i problemi. 

 
 
 

Concerto per tre: 10

Post n°1112 pubblicato il 13 Gennaio 2016 da lascrivana

Sempre più preoccupata, Luciana rifece per l'ennesima volta il numero di Luke. Erano ormai trascorse cinque ore da quando era uscito, e quel silenzio prolungato la stava angosciando. Dopo una decina di squilli però, gettò il telefono sul divano e tornò in cucina. La pentola si trovava ancora sul fornello, e la tavola apparecchiata per due le fece venire voglia di piangere. Perché non rispondeva? Dove diavolo si era cacciato? No, non poteva restarsene li senza far nulla, ma dove sarebbe potuta andare? Gabriel Ponzoni era un personaggio molto conosciuto nell'ambiente musicale, ma personalmente non l'aveva mai incontrato, così come ignorava dove vivesse.

Tornata in salotto, riprese il cellulare e fece alcune chiamate. Per la maggior parte, si trattava di persone con cui, in passato, lei e Luke avevano collaborato. Nessuno di loro però, fu in grado di fornirle informazioni utili. Tutto ciò che riuscì a scoprire, fu che Ponzoni amava viaggiare, e spesso i suoi colloqui si svolgevano in alberghi di lusso o locali alla moda. Frustrata da quell'impossibilità ad agire si vestì in fretta, prese le chiavi della macchina ed uscì. Pur non sapendo dove sbattere la testa, avrebbe setacciato gli alberghi e i locali che di solito avevano frequentato. Luke non poteva essersi volatilizzato, e avrebbe fatto di tutto per ritrovarlo.

 



Il dolore stava prendendo il sopravvento.

Ogni piccolo movimento gli procurava fitte lancinanti, e temeva davvero che qualcosa, all'altezza della schiena, si fosse inesorabilmente spezzato. Accompagnato dal suono freddo delle catene, si portò una mano al volto devastato. Nonostante avesse le dita gelate, percepì chiaramente il sangue ormai secco sotto le narici quindi, passandosi la lingua gonfia all'interno della bocca, staccò quel che doveva essere uno degli ultimi spezzoni di dente. Sputando e imprecando, lanciò un grido roco che risuonò ridicolo persino a se stesso nel silenzio della stanza.

-Maledetti, dove siete!-

Per tutta risposta sentì, più che vedere, una porta aprirsi. Nessuno spiraglio, nessun segno di dove fosse posizionata. Dopo pochi secondi, per la seconda volta, il fascio di luce gli ferì gli occhi come fosse una spada rovente.

-Ciao, tesoro, sei riuscito a riposare?-

La voce, ancora una volta metallica e distorta, parve giungergli da molto lontano. Era come se, chi avesse parlato, portasse qualcosa davanti alle labbra per mascherarla.

-Perché ti camuffi e non ti fai vedere? Hai forse paura di un uomo ferito e incatenato?- disse tutto d'un fiato. Nonostante le condizioni in cui si trovava, non fece nulla per nascondere la pungente ironia di cui era intrisa quella domanda. Dall'altra parte vi fu un istante d'esitazione, e Luke percepì con chiarezza il respiro dapprima trattenuto, e poi rilasciato. Era ben conscio che, in quel modo, non avrebbe fatto altro che irritare maggiormente colui o coloro che gli avevano fatto una cosa simile. Ma non era riuscito a trattenersi anzi, vedendo che non arrivava alcuna risposta, rincarò la dose.

-Scommetto che se fossi libero di muovermi, te la faresti sotto e scapperesti a gambe levate. Solo a tradimento potevi colpirmi, sei un codardo amico mio, un'ameba-

Certo che il colpo sarebbe arrivato, irrigidì i muscoli e girò il volto di lato. Ma non accadde nulla di tutto questo, anzi. Come la volta precedente, l'ago gli forò la pelle più o meno nello stesso punto del braccio e, come allora, fu pervaso da un immediato torpore.

-E' una dose minore...- disse la voce -...perché questa volta, prima di lasciarti riposare, voglio farti un regalo-

Anche se le palpebre si fecero pesanti, Luke capì che la persona aveva detto la verità. Un istante dopo, nel chiarore della torcia, vide le mani di quest'ultima abbassarsi verso il suo inguine. Erano mani bianche e con dita lunghe e affusolate, mani da artista. Un lampo gli attraversò la mente ottenebrata dalla droga, perché gli sembrava di conoscerle? Dove le aveva già viste? Mentre formulava quei pensieri, le dita avevano abbassato la cerniera dei jeans e, avide, si erano intrufolate sotto la stoffa degli slip. Luke ebbe uno spasmo involontario, accompagnato subito dopo da una fitta lancinante alla schiena. Incapace di parlare, osservò l'altra mano avvicinarsi alla torcia.

Click.

Nel buio improvviso, le dita si attorcigliarono ancor di più al suo membro, iniziando un movimento ritmico e per nulla frenetico. Luke rabbrividì. Era una situazione paradossale ma, suo malgrado, l'eccitazione ebbe il sopravvento. E la persona ci sapeva fare, eccome se ci sapeva fare. Il movimento sembrava farsi più veloce, per poi diminuire improvvisamente, quindi aumentava di nuovo. La droga, e il piacere di quel massaggio assurdo e irreale, gli fecero dimenticare momentaneamente il dolore e la situazione in cui si trovava.

Improvviso e potente, l'orgasmo lo lasciò ancor più debole e in collera con se stesso. Nell'oscurità, distolse lo sguardo, quasi a vergognarsi di ciò che era appena avvenuto.

-Ti è piaciuto, vero?- disse la voce.

-Dovrai farci l'abitudine, caro. Ogni ora, verrò a trovarti e ti regalerò momenti indimenticabili, ti farò morire dal piacere-

L'ultima frase, come in precedenza, gli fece venire i brividi. Cosa voleva dire?

Danio e Laura

 
 
 

Il rifiuto della coscienza

Post n°1111 pubblicato il 12 Gennaio 2016 da lascrivana

Esiste un angolo della mia mente

dove la coscienza ragioni più non sente

Si annulla per cercare di dominare

le inquietudini che la fanno dannare

Perfide lingue insinuano cattive parole

per offuscare la luce del sole

Fuoco che divampa e inghiotte costruzioni

di obiettivi raggiunti e di brillanti azioni

Troppe pressioni inibiscono la fantasia

e se non ci si scuote si perde la magia

La natura bizzarra m'impedisce di sguazzare nel male

spingendomi a nutrirmi di sogni che mi fanno sentire speciale

Unica e irripetibile in una storia di ordinaria realtà

che mi preferisce per ostinazione e caparbietà.

Laura

 

 
 
 

Concerto per tre:9

Post n°1110 pubblicato il 09 Gennaio 2016 da lascrivana

Luciana richiuse il libro e guardò l'orologio. Rendendosi conto che Luke era uscito ormai da più di tre ore, fu pervasa da uno strano senso d'inquietudine. D'istinto, prese il cellulare dalla borsa e cercò il suo numero ma, una volta che l'ebbe trovato, esitò a fare la chiamata. E se si fosse arrabbiato? Magari stava discutendo gli ultimi particolari del contratto, oppure stava semplicemente incamminandosi verso casa. Scacciando quella fastidiosa sensazione, si alzò e si diresse in cucina, avrebbe preparato il pranzo, ecco cosa avrebbe fatto.

Nel farlo, passò davanti alla finestra e guardò fuori. Il sole illuminava il giardino, e frotte di ragazzini, appena usciti dalla vicina scuola, si erano tolti i giubbotti assaporando il primo tepore stagionale. Con una punta di sollievo, si accorse che l'automobile si trovava dove l'avevano lasciata la sera prima, ossia dinanzi al garage. Si era recato all'appuntamento a piedi, ecco spiegato il motivo di quel ritardo, e probabilmente si era fermato a bere qualcosa, oppure a comprarle qualcosa di carino. Sollevata da quel pensiero, accese la piccola televisione e iniziò a preparare il pranzo. Da quando era uscita dall'ospedale, aveva infatti riscoperto la bellezza delle piccole cose, e Luke aveva avuto una parte decisiva di tutto questo.


La luce, improvvisa, gli trapassò le pupille come un dardo incandescente. Incapace di tenere gli occhi aperti, Luke girò la testa di lato con un grugnito, mentre la persona avanzò verso di lui lentamente, la grossa torcia puntata direttamente sul suo volto.

-Buongiorno, e ben risvegliato-

La voce, metallica e distorta, gli giunse da una distanza siderale. Nonostante gli sforzi, gli fu praticamente impossibile distinguere chi ne fosse il proprietario.

-Mio Dio, come sei ridotto, non volevo che accadesse, credimi. Ma non preoccuparti, adesso sarai curato a dovere, tra poco starai meglio-

Luke scosse la testa, e quel gesto gli provocò un dolore intenso e quasi insopportabile, mentre il film dell'aggressione gli sfilò davanti agli occhi in sequenze rallentate. Il primo colpo, al viso, doveva averglielo ridotto a brandelli. A conferma di ciò, si passò la lingua sul palato, col solo risultato di ferirsela con alcuni spezzoni di denti, gli unici, forse, ad essersi salvati. Il secondo colpo doveva avergli quasi spezzato la spina dorsale, il dolore era atroce e, ogni tentativo di muoversi appena, gli provocava scosse dalla base della nuca sino ai talloni. La persona, nel frattempo, aveva appoggiato la torcia su una sorta di cavalletto posto al suo fianco.

-Dopo questa ti sentirai subito meglio, ma ci vorrà un po' di tempo affinché tu possa guarire del tutto, e noi ne abbiamo molto, a disposizione-

L'ultima frase fu pronunciata con un tono che gli fece venire ulteriori brividi, iniziò a tremare convulsamente.

-Che stai...fa...facendo...- riuscì a dire.

La persona non rispose mentre, con gesti calmi e professionali, preparava una siringa di notevoli dimensioni. Un istante dopo avvertì, più che vedere, l'ago penetrargli la carne all'altezza dell'avambraccio. Immediatamente, fu pervaso da una sorta di piacevole sonnolenza, i dolori scomparvero quasi del tutto e i muscoli si rilassarono.

-So...sono in...in ospedale?- mormorò, salvo ricordarsi subito dopo che si trovava in catene.

Silenziosa, la persona recuperò la torcia dal cavalletto e si allontanò.

-Tornerò più tardi, dormi ora, dormi e sogna- disse in sussurro, poi fu ancora buio e silenzio.


Sferzato da un vento gelido e pungente, il sagrato della chiesa appariva deserto. Solo una figura, unica nel proprio candido abito da sposa, era ritta dinanzi al grande portone intarsiato. Le braccia protese in avanti, Luciana sembrava chiamarlo a se, le labbra ad aprirsi e chiudersi a ritmo rallentato, come se si trovasse sott'acqua. Ma qualsiasi suono era sopraffatto dall'ululato del vento, impossibile capire cosa stesse dicendo. Abbassando lo sguardo, Luke si accorse di essere completamente nudo. Pudicamente, portò le mani a coprirsi le parti intime, mentre i peli gli si drizzarono in ogni parte del corpo. Ma non si trattava del freddo, no, piuttosto per lo sguardo grottesco della donna che lo stava fissando. Le labbra non smisero mai di schiudersi ma il volto, quello stesso che amava con tutte le proprie forze, stava subendo un'orribile trasformazione. Terrorizzato, si voltò con l'intenzione di fuggire ma le gambe, simili a piombo, rifiutarono d'obbedire.


Clang!

Il rumore delle catene rimbombò per tutta la stanza.

Sudato e ansante, Luke aprì gli occhi reprimendo una smorfia di dolore. L'incubo era stato talmente vivido e reale che gli sembrò ancora di scorgere, alla sua destra, l'abito bianco e immacolato. Cercando di regolare il respiro, si chiese cosa diavolo gli avessero iniettato, probabilmente una droga, o qualcosa di simile. In ogni caso, di qualunque cosa si trattasse, aveva terminato il proprio effetto, e i dolori stavano ricominciando a farsi sentire. Nel buio totale, e sempre più opprimente, pregò che la persona tornasse al più presto con la siringa.

Danio e Laura

 
 
 

Concerto per tre. 8

Post n°1109 pubblicato il 06 Gennaio 2016 da lascrivana

-Non preoccuparti, adesso sto bene, vai pure-

Luke la fissò, dubbioso.

-Ne sei certa? Non mi va di lasciarti sola, non dopo quello che è successo-

Sorridendo, Luciana gli accarezzò una guancia.

-E' passato più di un mese ormai, e non possiamo certo vivere di rendita. Vai da quell'uomo e strappagli un contratto, ne abbiamo bisogno come il pane-

Pur riluttante, Luke lasciò l'appartamento e si recò all'appuntamento con un impresario abbastanza importante nel settore, Gabriel Ponzoni.

Era una bella giornata di sole, e le prime avvisaglie della primavera si facevano di giorno in giorno più evidenti. Preoccupato per Luciana, ma altrettanto euforico per quel incontro che avrebbe potuto sistemarli per un discreto periodo, decise di fare due passi piuttosto che usare l'automobile. Era ancora in anticipo e, durante la passeggiata, avrebbe potuto ripassare mentalmente il discorso che si era preparato. Gabriel era conosciuto come un manager corretto e molto generoso con chi gli andava a genio, ma sapeva anche essere spietato con coloro che cercavano d'ingannarlo. Conscio delle proprie capacità e di quelle di Luciana, Luke non temeva nulla in questo senso. Inoltre Gabriel li conosceva di fama e, in un paio d'occasioni, l'aveva intravisto durante qualcuna delle loro esibizioni, quando ancora lavoravano per Samuel.

Confortato da quei pensieri, svoltò in una viuzza che avrebbe accorciato di molto la distanza che lo separava dall'ufficio di Ponzoni.

Il colpo arrivò improvviso, devastante. Il cervello sembrò rimbombare all'interno della scatola cranica, mentre le gambe gli si piegarono istantaneamente. In ginocchio, annaspò con le braccia alla ricerca di un appiglio, ma fu uno sforzo inutile. Il secondo colpo gli spezzò letteralmente la schiena, facendolo crollare al tappeto con un tonfo sordo. Mentre i denti si frantumavano contro l'asfalto, ebbe solo il tempo di notare un paio di scarpe da uomo, nere e lucide, poi fu solo buio.



Odore di muffa, freddo e un mal di testa atroce. Non osava muoversi, temeva che la schiena avrebbe potuto rompersi da un momento all'altro se l'avesse fatto. Pur con la mente annebbiata, cercò di capire cosa potesse essere accaduto. Un incidente? Che fosse stato investito? No, non dopo due mazzate come quelle che aveva ricevuto, qualcuno l'aveva colpito volontariamente, e l'aveva fatto anche maledettamente bene.

Le immagini di quando aveva svoltato nel vicolo e dell'aggressione gli balenarono dinanzi agli occhi come un film, solo che il volto dell'autore non vi appariva, sole le scarpe, nere e lucide.

O forse era stato rapinato, una maledetta e fottuta rapina, ecco cosa poteva essere successo. In tal caso però, cosa ci faceva in quel posto umido e puzzolente? E perché non riusciva a muovere gambe e braccia, come se fossero legate?

Solo in quel momento si accorse delle pesanti catene che lo tenevano ancorato al muro, o meglio, ne udì il rumore metallico, visto che non le vedeva.

Stupidamente, diede un violento strattone col solo risultato di procurarsi fitte lancinanti alla schiena e alla testa. Ansimante e con la nausea a risalirgli acida dallo stomaco, aprì la bocca per dire qualcosa ma dalla gola, secca e riarsa, non uscì alcun suono.

Esausto, si lasciò andare contro la parete e chiuse gli occhi.

Rapito.

La parola sembrò rimbalzargli nelle orecchie come una palla di gomma.

Chi poteva aver anche solo pensato una cosa simile? O avevano sbagliato persona, visto che non navigava certo nell'oro, oppure, e l'ipotesi gli apparve ancor più terrificante, era finito nelle mani di un pazzo, maniaco e assassino.

E poi quel buio, quel maledetto buio!

Non un filo di luce, ne uno spiraglio, solo tenebra. Lo faceva impazzire quell'oscurità, non potersi vedere nemmeno le mani, il non sapere cosa ci fosse accanto. Il buio gli ottenebrava la mente, lo rendeva furioso e impotente, si ritrovò a pregare per un po' di luce, pianse.

Click.

Danio e laura

 
 
 

La befana

Post n°1108 pubblicato il 05 Gennaio 2016 da lascrivana

Con la punta del naso ghiacciato
dietro al vetro dal fiato appannato
seduta sul freddo davanzale
aspettavo il suo arrivo già da Natale
Ogni minuto che lento passava
la palpebra stanca da sola si abbassava
Avrei voluto spalancare gli occhi con due pinze
pur di vedere il suo viso pieno di grinze
Inevitabilmente il sonno mi tradiva
risvegliandomi al mattino tutta giuliva
Poiché la befana era passata
e la calza piena di doni mi aveva lasciata.
Buona befana a tutti!
( E quando arriva l'epifania tutte le feste si porta via!)
Cara befana, poiché quest'anno sono stata niente male
un bel regalo mi devi portare
non desidero doni costosi e firmati
ma di ottenere buoni risultati
sono quelli a cui ambisco veramente
così mi compro tutto personalmente.
Auguri da 
Laura

 
 
 

Concerto per tre. 7

Post n°1107 pubblicato il 02 Gennaio 2016 da lascrivana

Quando Luke arrivò a casa, trovò Marisol che lo stava aspettando.

-Mi sembrava d'averti detto d'andartene, e poi, come hai fatto a entrare?- le disse sgarbato per poi, esausto, lasciarsi andare su una poltrona. Mostrando un sorriso ironico, la ragazza gli si portò dinanzi e si sedette sopra un bracciolo.

-Tu stesso mi hai dato le chiavi, la prima volta che abbiamo scopato, o te ne sei forse scordato?- rispose sfiorandogli la manica della giacca.

Decisamente stizzito, allontanò il braccio e la guardò con disprezzo.

-Certo che mi ricordo, e non smetterò mai di maledirmi per averlo fatto. Luciana sarà presto dimessa, per cui restituiscimi le chiavi e vattene, il nostro gruppo è sciolto- disse senza mezzi termini.

Alzandosi di colpo, Marisol fece un passo indietro e lo fissò, inviperita. Il sorriso si era trasformato in una maschera d'odio e livore in modo talmente repentino che Luke, per un istante, fu convinto di trovarsi di fronte un'altra persona.

-Ma pensa un po'...- sibilò la ragazza, gli occhi ridotti a due fessure.

-Prima hai fatto di tutto per sfilarmi le mutandine, ed ora che hai ottenuto ciò che volevi mi vorresti gettare nella spazzatura, no, non te lo permetterò, Luke-

Distrutto da quella lunga giornata, il giovane perse del tutto la pazienza. Alzandosi a sua volta, l'afferrò per un braccio trascinandola verso la porta.

-Se non vuoi ridarmi le chiavi poco importa, cambierò le serrature. Ma non ti voglio più rivedere, Marisol, vattene!- quindi, dopo aver spalancato la porta, la spinse con violenza all'esterno.

Investita da folate d'aria gelida, la ragazza si strinse le braccia attorno al corpo.

-Sei un figlio di puttana, Luke, ma te la farò pagare, lo giuro su ciò che ho di più caro al mondo!-

Senza degnarsi di rispondere, Luke afferrò il suo cappotto e glielo lanciò senza troppi complimenti. Quindi, dopo averle rivolto un ultimo sguardo, sbatté la porta serrandola col catenaccio.

Intirizzita e umiliata, Marisol s'infilò il cappotto fissando la porta sprangata.

Non ti rendi conto di ciò che ti sei appena tirato addosso, maledetto stronzo!”sibilò, per poi allontanarsi nella notte.

 

Un mese dopo

 

Luciana aprì gli occhi e sorrise. Voltando la testa di lato, si accorse di essere sola nel letto, mentre un profumo di caffè andava spandendosi per tutto l'appartamento.

Un mese prima, tornando dall'ospedale, aveva trascorso tutto il viaggio in silenzio, ignorando volutamente Luke e le premure che le stava dimostrando. Si era ripromessa che, una volta a casa, gli avrebbe urlato contro il proprio disprezzo e l'avrebbe costretto ad andarsene. Che si godesse pure quella troia di Marisol, era la persona giusta per un tipo come lui.

E invece.

E invece era accaduto esattamente il contrario. Nonostante i propositi battaglieri, si era lasciata cullare e coccolare da quelle attenzioni pressoché continue. Luke sembrava veramente dispiaciuto per ciò che era successo, e aveva fatto di tutto per asservirla e soddisfare ogni suo desiderio. Dapprima infastidita, Luciana aveva col passare dei giorni imparato ad apprezzare quella marcatura così stretta e assidua. Preoccupato dal fatto di lasciarla sola, Luke aveva disdetto infatti tutti gli impegni presi da solista. La disfatta del trio non l'aveva sconvolta più di tanto, anzi. Non sarebbe mai più stata in grado di salire sul palco con Marisol, di questo ne era pienamente convinta. Simon era andato su tutte le furie per questo, minacciando lei e Luke di portarli in tribunale per chiara inadempienza del contratto.

Dovresti portare lui in tribunale, perché è stato per causa sua vero?”

Il riferimento al tentato suicidio era chiaro, ma Luciana aveva sempre evitato di parlarne apertamente, e Luke non aveva mai insistito. In parte era vero, ciò che gli aveva fatto Simon era stato orribile, ma aver trovato Luke a letto con Marisol non era stato meno grave. Per questi motivi aveva sempre glissato sull'argomento cercando, nel contempo, di capire se amava ancora quel ragazzo. Ed ora, a un mese di distanza, le risposte sembravano arrivarle assieme al trascorrere dei giorni e si, sarebbe valsa la pena riprovare. Amava ancora Luke, di questo ne era più che certa, e forse era giunto il momento di farglielo capire del tutto.

-Buongiorno, amore-

Fermo sulla soglia, Luke reggeva un vassoio con due tazze fumanti. Luciana sorrise e gli fece segno d'avvicinarsi.

Cinque minuti più tardi il vassoio giaceva a terra, mentre gli ansimi e sospiri dei due giovani si mischiarono al ticchettio della pioggia sui vetri.

 

 

 

-Sei sicura di ciò che vuoi fare?-

Sorridendo, Marisol gli accarezzò il petto ricoperto da una leggera peluria.

-Hai forse dei dubbi? Ho passato un mese a pensare il tutto, non credi sia sufficiente?-

Simon si mise a sedere sul letto e, dopo aver preso una sigaretta dal comodino, se l'accese con un accendino placcato d'oro.

La metamorfosi di Marisol non l'aveva stupito più di tanto, così come l'improvviso desiderio d'andare a letto con lui. Chiaro e lampante che meditava una vendetta contro Luke e Luciana, e la cosa l'aveva interessato immediatamente. Il loro rifiuto di continuare a lavorare per lui l'aveva imbestialito, e anche la minaccia di portarli in tribunale lasciava il tempo che trovava. Implicato egli stesso in scandali e piccole denunce, non aveva interesse ad affidarsi ad avvocati e giudici. Così, quando Marisol si era presentata con la propria idea, si era subito entusiasmato.

Ma ora, a mente fredda, si rese conto che poteva risultare molto pericolosa metterla in atto.

-O forse hai paura?- proseguì lei scendendo con la mano verso l'inguine.

Lo stava provocando, cercando di mettere in dubbio le sue intenzioni.

Bloccandole il polso in una morsa, la voltò verso di se, gli occhi scintillanti d'ira.

-Io non ho paura di nulla, e domani agiremo-

Sempre sorridente, Marisol si divincolò proseguendo nella sua discesa verso l'inguine.

Danio e Laura.


 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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