ricomincio da qui

poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

post. 1post. 2post.3post.4post.5post.6post.7

post. 8post.9post.10post.11post.12post.13pag.14

post.15post.16post.17 ...post.18 ...post.19 ...post.20 ...post.21

 

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Ottobre 2016 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
31            
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 139
 

ULTIME VISITE AL BLOG

lascrivanawoodenshipArechitanoprefazione09tanmikcassetta2c0nsuelocammino_1QuartoProvvisorioje_est_un_autrem12ps12Noir.Desiramistad.siempreNihil.65davidecrow
 

ULTIMI COMMENTI

RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
 

Messaggi di Ottobre 2016

La risposta sta nelle nostre azioni.

Post n°1276 pubblicato il 13 Ottobre 2016 da lascrivana

Con il tempo ho imparato a circondarmi solo dalle persone capaci di farmi star bene e di migliorarmi. A priori ho allontanato tutti coloro che per natura, hanno la tendenza a disintegrare chi non gli fa comodo.

Ci sono individui che per elevare il proprio io, non fanno altro che misurarsi con gente che in apparenza sembra inferiore. E poi ci sono quelle come me, che al contrario cercano sempre il lato migliore di chi incrociano sul proprio cammino; e non solo, ma si avvicina sempre di più verso chi, oltre ai pregi nascosti agli occhi del superficiale, emana energia positiva.

Non amo perdere la calma o dire cose che non mi appartengono, eppure alcuni atteggiamenti ambigui hanno il potere di farmi andare contro i miei principi. Nonostante la mia buona volontà, riesco a eluderli solo se innalzo un muro invisibile tra me e loro.

Ho notato che quando questo accade, cerco con maggiore intensità gli approcci positivi passati e attuali. Agli occhi di qualcuno potrebbe sembrare che io mi approfitti di taluni individui; in realtà per me sono come l’acqua –di solito si beve quando si ha sete- ; ed io amo dissetarmi e bagnarmi nelle sorgenti cristalline degli animi generosi.

Se chiudo gli occhi, mi sembra di percepirne tutti gli effetti benefici che loro sono in grado di farmi pervenire anche a distanza; il solo pensarli, mi rallegra. 

Da questo punto di vista mi ritengo fortunata, poiché grazie al mio istinto infallibile, ne ho conosciuti davvero tanti.

 
 
 

Una nuova storia da scrivere insieme. Fine.

Post n°1275 pubblicato il 12 Ottobre 2016 da lascrivana

Arrivati in giardino, Molinaro chiese a Capuano di accomodarsi sulla panchina soltanto quando lui sarebbe stato in prossimità della grande finestra che dava sul salone. Non appena l’ebbe raggiunta, fece cenno a Capuano di sedersi; ancora una volta, come poggiò il sedere, un sottile sipario bianco calò sulla finestra. L’operazione era così veloce da sfuggire anche all’occhio più attento; ma non a quello scaltro di Molinaro.

Nella stessa immediatezza in cui calava il sipario, una cinepresa nascosta, proiettava un video tridimensionale della tragica discussione. La pellicola era registrata e montata così bene, da far sembrare reali i personaggi.

-Eccellente lavoro! Davvero sorprendente. Un’idea geniale e uno scherzo ben riuscito-.

Capuano raggiunse Molinaro, e ignaro della scoperta, posò su di lui uno sguardo circospetto, domandosi cos’aveva scoperto di così clamoroso da lasciargli quell’espressione soddisfatta, tipica del gatto che aveva mangiato il topo.

La curiosità di sapere cos’aveva scoperto Molinaro, non era solo di Capuano, bensì anche di tutti i presenti che li avevano seguiti in giardino, compresi i padroni di casa con il figlio.  L’ex maresciallo alzando il telo dalla finestra, svelò a tutti il mistero della discussione. Ora che un problema era stato risolto, bisognava trovare i colpevoli dell’atroce scherzo.

Luisa, che aveva seguito i gemelli Sangus e Angus, aveva già scoperto gli autori della geniale trovata;  in effetti, si presentò al cospetto di Molinaro, tenendoli per mano come due bambini.

L’espressione buffa dei gemelli, sollevò l’ilarità degli astanti; e nonostante la gravità dello scherzo, non poterono fare a meno di unirsi alla risata le stesse vittime, i coniugi Marco e Mara.

 

Visto la divertente svolta che aveva preso l’accaduto, Sangus e Angus furono perdonati, a un patto però: dovevano svelare il trucco di come avevano potuto abilmente montare la scena, rendendola così reale da ingannare chiunque.

Laura

Ps: poiché era una storia da scrivere insieme, lascio alla vostra scaltra immaginazione, di come Sangus e Angus hanno montato la scena. Per il resto, ci ritroveremo presto a leggere un altro degli esilaranti casi di Molinaro e Capuano. 

 
 
 

Una nuova storia da scrivere insieme. 6

Post n°1274 pubblicato il 11 Ottobre 2016 da lascrivana

Dopo che suo fratello Karl e la moglie erano andati a letto, Luisa si recò nuovamente alla villa “Fiore di Maggio”. Entrò di soppiatto senza farsi annunciare: poteva permetterselo poiché aveva tutte le chiavi d’ingresso, compresa quella dell’entrata secondaria che dava direttamente nella dispensa.  Nascosta tra i cespugli, aveva potuto osservare nuovamente la scena, compresa l’esilarante caduta di Molinaro. Ma, a quanto pare, qualcun altro aveva spiato l’accaduto. Luisa aspettò che i due furfanti, che si allontanavano sghignazzando, fossero illuminati dalla fioca luce delle torce da giardino disseminate lungo il viale. Non appena le loro sagome assunsero una vaga identità, poté riconoscerli come i figli dei coniugi giardinieri Darit e Parisia.

-Sono certa che sotto, sotto c’è lo zampino di Sangus e Angus-.

Aveva cresciuto i gemelli insieme a Durt, e sapeva bene quanto quei due con la loro mente arguta erano capaci di combinarne, essendo stata lei vittima più volte dei loro esperimenti.

 

 

Nel frattempo, nel salone gli invitati incominciarono a spargere la voce che Capuano avesse detto che la panchina fosse stregata. Chiaramente, il maresciallo non l’aveva affermato con certezza, bensì con ironia; ma si sa, che le parole che corrono veloci di bocca in bocca, sono deformate dagli interlocutori in base alla loro indole caratteriale: in questo caso era bastato che finisse in bocca di Berta la superstiziosa e ci montò subito una scena degna di Halloween.

-Non credo alla sciocchezza della panchina stregata!-

Esclamò infastidito Molinaro; proseguendo con tono fermo: -Sono anni che ho a che fare con menti subdole e sagaci, che possono farti apparire il bianco in nero. Sono certo che la risposta sta in giardino-.

Con un cenno del capo Molinaro chiese a Capuano di seguirlo; e quando questo si avvicinò con l’intento di spingere nuovamente la sedia a rotelle, fu fulminato dallo sguardo duro dell’ex maresciallo. Imbarazzato e balbettante Capuano, sussurrò a malapena un “Sissignore”.

Nonostante non fosse più un suo superiore, aveva la capacità d’intimidirlo. In fondo, se Molinaro nella sua carriera era stata un grande, lo doveva alla sua caparbietà e imponenza. Più volte i malviventi si erano piegati innanzi a quello sguardo duro e temerario, ritenendosi sconfitti prim’ancora di essere braccati definitivamente.

 Laura

 
 
 

Una Nuova Vita (Sesto Capitolo)

Post n°1273 pubblicato il 08 Ottobre 2016 da contastorie1961

Dopo aver guidato senza meta per diverso tempo, Michele imboccò la strada che l'avrebbe portato dai carabinieri. Giunto nei pressi però, accostò nuova mente al marciapiede e spense il motore. Ancora una volta, il  dubbio e l'incertezza riaffiorarono in maniera subdola. Stava davvero per fare la cosa giusta?

Amava Paolo. L'aveva amato sin da quando, giovane matricola, l'aveva visto per la prima volta, all'università.

Timido e riservato com'era però, si era sempre accontentato di spiarlo da lontano, fremendo e inveendo contro quelle quattro stronze in perenne adorazione. Non avrebbe avuto speranza, di questo ne era sempre stato certo. Paolo era alto, atletico, affascinante, e attirava le femmine come zanzare a un party a base di sangue.

Poi era semplicemente accaduto, così, senza preavviso.

Durante una festa, l'aveva seguito sino al separé in cui si era appartato con l'ultima delle sue conquiste. Per quale motivo l'avesse fatto non se l'era mai chiesto, sta di fatto che, dopo pochi minuti, la ragazza era uscita decisamente infuriata. Vincendo i propri timori, era entrato e si era seduto sul divanetto, al suo fianco. E fu così che, in uno squallido separé di una qualunque discoteca, aveva scoperto che Paolo non amava solo le femmine, anzi.

piaccio, non so cosa farci, ma preferisco gli uomini” gli aveva sussurrato mordicchiandogli un lobo.

Poco importa che la tipa di prima, tornando sui propri passi, li avesse trovati abbracciati in un atteggiamento che non lasciava spazio ai dubbi.


Notando un paio di carabinieri uscire dal comando, immaginò Paolo prima ammanettato, in un'aula di tribunale poi, per finire quindi dietro le sbarre di una cella.

No, non poteva fargli una cosa simile.

Rimettendo in moto, fece una rapida inversione e si diresse verso casa. Chiamarlo sarebbe stato inutile, visto che non gli aveva mai dato il numero di quel vecchio catorcio che insisteva a chiamare cellulare, e di sicuro si era già accorto della sua assenza. Doveva arrivare il più in fretta possibile.

****


Simone si era calmato, e Paolo ne approfittò per riempire un borsone con le cose strettamente necessarie. Dopo averci pensato a lungo, aveva chiamato una sua vecchia amica, Elena, da sempre innamorata di lui. Erano trascorsi secoli dall'ultima volta che si erano visti, ma sapeva che non si era mai sposata. Infermiera da lungo tempo, abitava in una villetta in periferia e, cosa più importante, viveva sola.

Senza addentrarsi troppo nei particolari, le aveva chiesto se avesse potuto ospitarlo per qualche giorno, giusto il tempo necessario affinché terminasse la ristrutturazione della propria abitazione. Era sempre stato abile a raccontare menzogne con estrema disinvoltura, e anche questa volta non era stato da meno.

Senza sospettare nulla, Elena aveva accettato di buon grado.

-Ho il turno di pomeriggio e sto uscendo, ma ti lascio la chiave al solito posto, te lo ricordi, vero?-

Certo che se lo ricordava, ma il problema più grosso, in quel momento, era non farsi beccare mentre si recava da lei. Avrebbe preferito farlo più tardi, quando il buio l'avrebbe aiutato a muoversi più facilmente. Ma cos'aveva in testa, Michele? Era semplicemente scappato, o era andato a denunciarlo? Non poteva rischiare, doveva andarsene, e alla svelta anche.

Messosi il borsone a tracolla, prese in braccio il bambino e lasciò l'appartamento. Giunto sul portone, diede un'occhiata alla strada e tirò un sospiro di sollievo. Nessuna macchina dei carabinieri,solamente il solito traffico e il via vai consueto di pedoni. Se non ricordava male, a qualche centinaio di metri si trovava una piazzola riservata ai taxi, ma scartò subito l'idea, così come quella di prendere un mezzo pubblico. In fondo, la cittadina era piccola, e l'abitazione di Elena non era poi così lontana. Per raggiungerla, avrebbe dovuto percorrere vie poco frequentate, allungando di fattola strada, ma rischiando di meno. Senza perdere altro tempo,s'incamminò di buon passo lungo il marciapiede. Svoltando in una via secondaria, notò un cestino dei rifiuti e si fermò.

Afferrato il cellulare dalla tasca, lo gettò all'interno e riprese a camminare.

****


-E che ci vuole a tirar giù una carrozzina!-

Spazientito,l'ex maresciallo Molinaro attese che Capuano l'aprisse e l'accostasse alla portiera.

-Alla buon ora!-

-Signore...e prenderne una un po' più maneggevole?-

-Figurati se non avevi da ridire, non sei affatto cambiato!-

Il giovane maresciallo sorrise sotto i baffi, salvo ridiventare subito serio ricordando il motivo per cui erano li.

-Con tutto il rispetto, signore. Non mi sembra saggio che saliate anche voi, potrebbe essere pericoloso-

Proprio in quel istante, un'altra vettura dei militi si fermò dietro la loro.

-Ti avevo espressamente chiesto di venire soli- disse Molinaro accigliandosi.

-Mi dispiace, ma non potevo fare altrimenti. Non sappiamo cosa o chi troveremo, la dentro-

A qualche centinaio di metri di distanza, Michele arrestò l'auto e guardò i militari varcare l'ingresso di casa propria.

 
 
 

Una nuova storia da scrivere insieme. 6

Post n°1272 pubblicato il 05 Ottobre 2016 da lascrivana

Dopo che Luisa ebbe lasciato la casa, Durt incuriosito da quello che poteva averla sconvolta, volle andare in giardino per ispezionare il luogo imputato nella vicenda. Diede un’occhiata circospetta, e si sedette sulla panchina;  e da li come Luisa, guardò all’interno della grande finestra del salone, poiché quella postazione offriva un’ottima visualizzazione. All’improvviso la scena davanti ai suoi occhi cambiò, e vide anche lui la madre Mara che discuteva violentemente con il padre, fino al punto da colpirlo in testa con una bottiglia di champagne. Trafelato e stravolto, dall’accaduto, corse in casa. Il padre nel vederlo ceruleo e tremante gli si avvicinò preoccupato.

-Oh mio Dio! Sembra che tu abbia visto un fantasma la fuori!-

Durt guardò il padre come se lo stesse vedendo per la prima volta, lisciandogli le spalle e le braccia, quasi a volersi convincere che il fantasma non fosse lui.

Dopo essersi calmato prese Marco in disparte, e senz dir nulla, s’incamminò verso il giardino.

Arrivati al punto fatale, invitò il padre a guardare verso la finestra.

Stettero li fermi per venti minuti, ma non accadde nulla. Spazientito Marco si ritirò nel salone, guardando dubbioso il figlio: –Quel ragazzo con i suoi racconti, non solo ha soggiogato Luisa, ma ne è rimasto vittima lui stesso!- Imprecò a bassa voce pensando che nessuno potesse sentirlo;e invece si sbagliava: il maresciallo Molinaro che si trovava a distanza ravvicinata, non poté fare a meno di cogliere l’allusione.

-Marco, conosco bene tuo figlio. Non è un uomo che tanto facilmente si lascia incantare dai suoi racconti. Lo sai che se sono qui e proprio perché Durt ha insistito.  Sai quante volte mi ha aiutato a sbrogliare casi complicati? No, qualcosa di misterioso in quel giardino deve essere successo, altrimenti lui non ne sarebbe rimasto così sconvolto -.

Ribadì dubbioso il mareasciallo; poi, rivolgendosi a Capuano che si era offerto volentieri di accompagnarlo alla festa, gli disse se poteva andare con lui in giardino.

Capuano acconsentì; felice di potersi allontanare da quell’ambiente noioso: infastidito, tra l’altro, dal cicaleccio di Mara e delle sue degne amiche. Le uniche donne che offrivano un diversivo come argomento, erano andate via con Luisa.

L’ex maresciallo Molinaro, trascinò faticosamente la carrozzella in giardino per via del pavimento acciottolato; nonostante Capuano si fosse prodigato più volte ad aiutarlo, orgoglioso si era rifiutato categoricamente:

-Non ho bisogno di una baby sitter che mi passeggi- Sbraitava infastidito dalla premura di Capuano: odiava essere compatito.

Arrivati alla panchina trovarono Durt appoggiato al tronco di un albero dalle folte fronde, che ombreggiava il luogo nelle ore più calde del giorno.

-Marescià, mi credi tu vero?-

Domandò Durt cercando di studiare l’espressione di Molinaro.

Senza rispondergli, guardò verso la finestra.  Pazientarono un bel po', prima che Capuano, stanco di stare in piedi per il mal di schiena, si sedette sulla panchina.  Non appena ebbe poggiato il sedere sul freddo ferro battuto, qualcosa si mosse e all’interno della casa e davanti ai loro occhi increduli, si ripeté la stessa scena che avevano visto Durt e Luisa. Ancora una volta, tutti e tre spaventati, si avviarono velocemente verso casa; e questa volta l’ex maresciallo, non fece difficoltà alle offerte d’aiuto, e lasciò che Capuano spingesse la sedia a rotelle.  Nella foga di arrivare velocemente in casa, Capuano, dimentico del gradino d’ingresso, incespicò rovinosamente con le ruote, catapultando Molinaro a pancia in giù sul tappeto del salone.

 

Visibilmente imbarazzato e infastidito, Molinaro sbraitò rivolgendosi a Capuano: -Ora capisci perché mi voglio trainare da solo? Per evitare queste figure di merda!-

Laura

 
 
 

Una nuova storia da scrivere insieme. 5

Post n°1271 pubblicato il 04 Ottobre 2016 da lascrivana

Quando il signor Marco, compì cinquant’anni, fu data una grande festa nella villa  “Fiore di Maggio” Così chiamata per il giardino sempre curato e fiorito da Darit e Parisia –i coniugi che occupavano la casa dei dipendenti, che si trovava in prossimità dell’ingresso principale-.  All’evento non poterono di certo mancare i suoi cari amici Kurt e Karl, con le rispettive consorti; e per Luisa, Marco scelse un abito fiabesco, che non solo la ringiovaniva, ma la faceva sembrare anche più bella; in quanto alla moglie Mara, non aveva bisogno di suggerimenti per come acconciarsi.

La villa era piena di ospiti quella sera, e Luisa che mal sopportava la confusione, si ritirò in un angolo del giardino. Si sedette su una panchina, proprio difronte alla grande finestra del salone; così da quella postazione aveva modo di osservare tutto ciò che succedeva nel salone. E fu proprio da lì che vide come Mara uccise Marco. Stavano discutendo animatamente per via della distrazione del marito, che senza volerlo aveva rovesciato una costosissima crema arrivata da chissà dove, sul pavimento. Nulla era servito a calmare la moglie, nemmeno la promessa che l’indomani avrebbe attraversato mari e monti per ricomprargliela.

Mara non cedeva di un millimetro, e incurante degli ospiti che la osservavano allibiti, continuava istericamente a inveire contro Marco. Ormai era diventata incontrollabile, e per sfogarsi aveva iniziato a lanciare le bottiglie di champagne in direzione del povero marito. Una di queste lo colpì violentemente in testa, provocandone la morte.  A quel punto Luisa, come in trance entrò nel salone urlando disperatamente. 

A soccorrerla e a calmarla, fu Durt.

-Marco, oh Marco…. Quella strega di Mara lo ha ucciso!-

A quest’acclamazione così poco lusinghiera, Mara arrossì violentemente.

-Come ti permetti a usare questo tono con me! E poi io non ho ucciso nessuno. Tu stai delirando-.

-Cosa succede?-

Come per miracolo Marco si fece spazio tra gli astanti che osservano la scena, muti e incuriositi da questa piacevole svolta che stava prendendo la festa. Luisa, dal canto suo, nel vederlo vivo e senza alcun graffio, lo abbracciò con foga. Dapprima colto alla sprovvista, ricambiò l’abbraccio tanto anelato, ma poi si riprese e la allontanò da se imbarazzato.

-Luisa cosa ti accade, stai bene?-

Le domandò Karl avvicinandosi alla sorella. Luisa a quel punto si guardò attorno mortificata, rendendosi conto che la sala era in ordine e non mostrava nessun segno di collisione tra Marco e Mara. A quel punto le scuse furono necessarie, e disse che molto probabilmente, si era appisolata in giardino e aveva fatto un brutto sogno. Durt che era amante delle storie di questo genere, la prese in disparte e si fece raccontare tutto.

-Ti giuro Durt che non stavo dormendo! E assurdo quello che mi è accaduto!-

Durt la osservava pensieroso sfregandosi il mento con una mano.

-Uhm! Non è che hai fatto uso di stupefacenti o hai bevuto eh Luisa?-

- Ma Durt! Lo sai che non bevo, e che non fumo! Figurati poi se faccio uso di droghe-.

Mentre affermava questo, si guardò intorno con circospezione, puntando infine gli occhi sul buffet.

-E se qualcuno avesse messo la droga nei pasticcini? O nelle caramelle? Oppure nella Coca-Cola? Sai Vasco Rossi, nelle sue canzoni ha sempre dato un tacito avvertimento. “Bevi la coca cola che ti fa bene, oppure toffee e quell’altra canzone ancora dove dice che “Basta poco” facendo riferimento a tutti quei biscotti con il teschio”-

In preda alle sue farneticazioni, Luisa prese il secchio della spazzatura dalla cucina, e si avvicino al buffet per svuotarci dentro tutti i vassoi.

Laura

 

Kurt e Karl, che fino a quel momento erano rimasti in disparte vergognandosi del comportamento della sorella, a quel punto non poterono fare a meno d’intervenire per cercare di calmarla e portarla a casa prima che danneggiasse irrimediabilmente la loro reputazione.

 
 
 

Una nuova storia da scrivere insieme. 4

Post n°1270 pubblicato il 03 Ottobre 2016 da lascrivana

 

E come ogni coppia che si rispetti, anche Marco e Mara vollero contribuire all’umanità, regalando al mondo un bel maschietto.

Come di certo potrete immaginare il figlio, fu cresciuto dalla dolcissima Luisa; la mamma era troppo impegnata tra sarti, parrucchieri, estetisti e palestre.

Durt, così chiamato per fare felice l’amico e padrino karl, era un bambino davvero prodigioso: con una fervida fantasia, e una forte propensione per la scrittura. Sin da quando era piccolo, quando Luisa gli raccontava qualche favola,la dove i protagonisti erano in difficoltà, lui prendeva la parola per descrivere in maniera cruenta, eventi e sensazioni. A volte, s’inventava storie d’orrore così raccapriccianti da accapponare la pelle, tanto da costringere la povera Luisa tremante di paura, a nascondersi sotto il letto con l’assurdo timore che lo squartatore narrato da Durt, potesse presentarsi all’improvviso davanti alla porta.

Durt avrebbe voluto tanto una sorellina o un fratellino; ma la mamma, non aveva ancora superato il trauma delle piccole smagliature che si erano formate sull’addome dopo la gravidanza. Un’esperienza davvero terribile per lei, che richiese l’intervento immediato di un bravo psicologo.

Durt, nonostante adorasse la mamma, trovava maniacale la sua fissazione per l’estetica, più degli stessi personaggi psicopatici che s’inventava. In effetti, preferiva molto la compagnia di Luisa; anche perché considerava più lei come madre, che non quella biologica; tant’è vero che, quando si fidanzò con Erica, fu lei la prima persona cui la fece conoscere; anche perché un po’ si vergognava dell’egoismo di Mara. Erica e Luisa, andarono subito d’accordo, condividevano la stessa passione per la poesia e per la lettura, e poi entrambe, anche se in maniera diversa, volevano un gran bene a Durt.

 Laura

 
 
 

Una Nuova Vita (Quinto Capitolo)

Post n°1269 pubblicato il 01 Ottobre 2016 da contastorie1961

-E questo è quello che ricordo, non è molto, lo so- concluse Laura. 

 Molinaro annuì. 

-Invece potrebbe essere molto importante, se solo ti fosse venuto in mente prima…- 

-Avete ragione, ma ero talmente sconvolta che non riuscivo a pensare razionalmente-  

-Tutti lo siamo, ma lo troveremo, è una promessa- 

Dopo due giorni di lacrime ininterrotte, sul volto di Laura apparve un fioco sorriso.  

-Mi fido, maresciallo, ma quest’attesa mi sta uccidendo- 

-Vai a farti un giro, distraiti, io devo fare alcune telefonate- 

Rimasto solo, Molinaro digitò un numero. 

-Ciao, Sandro, sono Molinaro, dovrei chiederti un paio di cose- 

 Terminata la telefonata, fece il numero di Capuano. 

-Guagliò, muovi il culo e vieni a prendermi, dobbiamo andare in un posto-  

Dall’altra parte, il giovane maresciallo esitò. 

-Con tutto il rispetto, signore, ma ora dirigo una caserma, e sapete cosa significa- 

 Molinaro andò al sodo. 

-Ho una pista, ma non voglio che ci mandi il primo sbarbatello che hai a disposizione, dobbiamo andarci noi. Tra dieci minuti sotto casa mia- e chiuse la chiamata. 

Con il cellulare ancora attaccato all’orecchio, Capuano sbuffò. Se era pur vero che era stato egli stesso a incoraggiare l’ex maresciallo, il modo che aveva a volte di porsi continuava a infastidirlo. “Carabinieri per sempre!” disse alla stanza vuota, quindi afferrò il berretto e uscì. 


Disteso sul letto, Simone piangeva disperato invocando la madre. Cercando di calmarlo, Michele si maledisse per aver dato corda a quel pazzo di Paolo. Lo amava, di questo ne era certo, ma coinvolgerlo in un rapimento era stato davvero troppo. Anche se, doveva ammetterlo, era stato molto abile a fargli credere che non lo fosse. 

“è un mio diritto…se non vuole farmelo vedere, andrò io a prenderlo” 

gli aveva detto qualche giorno prima, omettendo però il fatto che si sarebbero poi nascosti nella sua, di casa. Era letteralmente terrorizzato al solo pensiero di finire in galera, doveva fare qualcosa fintanto che era ancora in tempo. 

Nel medesimo istante, in salotto, Paolo aveva appena mandato un messaggio a Laura. Per non correre rischi, aveva usato un cellulare da pochi soldi acquistato mesi prima in un’altra città, non sarebbero mai risaliti a lui. 

“Domani mattina, alle sei, nel parcheggio del centro commerciale che si trova uscendo dalla città. Una volta arrivata, riceverai altre istruzioni. Naturalmente dovrai essere sola, pensa a Simone” inviò e sorrise, soddisfatto. 

Dopo averci pensato a lungo, aveva scelto quel luogo perché si trattava di uno spazio aperto e deserto, a quell’ora. Se si fosse presentata con i carabinieri, o con qualsiasi altra persona, se ne sarebbe subito accorto. La notte precedente infatti, e con le dovute cautele, aveva fatto un sopralluogo. Adiacenti il parcheggio, vi erano alcune abitazioni popolari, un vero labirinto di portici fatiscenti e colonne scrostate, il luogo ideale per osservare senza essere notati. Solo in quel momento, talmente preso da quei pensieri, si rese conto che il bambino aveva ricominciato a piangere. Spazientito, si alzò e si diresse a grandi passi verso la camera da letto.  

-Mi sono stancato di…- disse dopo aver spalancato la porta, ma si bloccò subito. 

Solo, al centro del letto, Simone lo stava osservando con gli occhi gonfi e lucidi. 

 -Michele!- sbraitò. 

Poi capì. Girandosi verso la propria destra, notò la porta di comunicazione con il corridoio semi aperta. Fuggito. Quel bastardo se n’era andato mentre lui si trovava in salotto! Come una furia, l’aprì del tutto e corse verso l’ingresso. Le chiavi della macchina, appoggiate sino a poco prima sul mobiletto li accanto, erano sparite. E dove poteva essere andato se non a denunciarlo? L’avrebbe pagata cara ma, ora, doveva prendere il bambino e andarsene al più presto. Dove, non ne aveva idea, ma ci avrebbe pensato strada facendo.  

-E così sarebbe uno che va sia con le donne, che con gli uomini-  

Fermandosi a un semaforo, Capuano rivolse una breve occhiata a Molinaro, seduto al suo fianco. 

-Laura non ne è sicura ma, una volta, mi ha raccontato di averlo sorpreso in atteggiamento intimo con un ragazzo, anch’egli studente universitario, un certo Michele- 

-Ed è da lui che stiamo andando?-  

-Certamente, Capuà, e dove altrimenti?- 

-Scusate la domanda, ma come avete fatto, nel giro di poco tempo, a sapere chi fosse questo tizio e dove abita?- Molinaro sogghignò.  

-Se tu avessi i miei anni, e avessi incontrato le persone che ho incrociato sul mio cammino, ti saresti già risposto da solo- rispose sardonico.  

Ripartendo, Capuano scosse la testa. 

-Il caso vuole, che il rettore di quell’università sia un mio carissimo amico, e che l’abbia chiamato- proseguì l’ex maresciallo.  

-Si ricorda benissimo, sia di Paolo che di Michele. Erano tra i più turbolenti a suo dire, oltre che consumatori abituali di droga e alcool. Il primo sparì improvvisamente, e di questo ne siamo al corrente, mentre il secondo deve sostenere ancora alcuni esami- 

-E voi pensate che questo Michele sia il complice di Paolo?- -Lo penso, e lo scopriremo molto presto-

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963