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Un anno, due anni..

Post n°282 pubblicato il 13 Aprile 2016 da lontano.lontano
 

Ci sono situazioni, circostanze, momenti così dolorosi che ci inducono ad esclamare: “Sta cosa... mi ha tolto un anno di vita...”
Siamo dunque portati a quantificare la nostra sofferenza in un numero di anni in meno da vivere.
A mio parere, questa è una visione troppo ottimistica, sarebbe bello, infatti, avere la possibilità di scalare dalla nostra età massima raggiungibile gli anni cancellati dal dolore.
Per dirla in maniera più semplice: Se io dovessi morire a 85 anni, un dolore mi farebbe vivere, ad esempio, un anno in meno, per cui morirei a 84.
E chissenefrega se perdessi quei dodici mesi perché manco me ne accorgerei, chi mi può garantire, infatti, che la mia “data di scadenza” sarebbe stata quella maggiore e non quella minore delle due?
Morirei a 84 anni, e per me sarebbe la normalità, non potrei esser certo che il dolore patito mi avrebbe tolto, effettivamente, un anno di vita.
Non ci sarebbe alcun problema per quel futuro massimo, mentre il problema c'è eccome, per il presente.
Quella situazione, quella circostanza, quel momento di dolore mi toglie il tempo presente, non il futuro, che non esiste.
Tra l'altro, il tempo presente da vivere potrebbe essere indefinito, potrebbe essere lungo quanto tutta la nostra vita, potrebbe finire solo con la nostra dipartita e non limitarsi all'anno o a tutti quelli che riusciamo a quantificare con la nostra esclamazione.
Non viviamo adesso, è adesso che moriamo dentro, è questo il momento in cui non siamo, ed è questo il tempo effettivamente perduto.
Ecco il danno grave, e sbaglia chi afferma che il dolore fa crescere e la brutta esperienza forgia come un'esperienza non gravata da un così pesante fardello non potrebbe fare.
Il tempo non è “denaro”; il tempo è vita!
Vita vissuta e vita non vissuta, vita grama, che non si può quantificare in giorni, mesi o anni, è vita persa, anzi, peggio ancora, è vita trascorsa nella sofferenza.
Mi rendo perfettamente conto che le parole più usate nel mio blog siamo “dolore” e “sofferenza” ma questo è il prezzo che l'umanità deve pagare per essersi umanizzata.
E non è certo colpa mia se i due concetti si coniugano con il concetto di libertà, la libertà non è mai gratuita, esige sempre un costo ma penso che valga sempre la pena di esser pagato.


 
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