Ci sono parole che vanno oltre le parole stesse, sono un'idea, rappresentano una sensazione, raffigurano un dolore.
"Addio" ad esempio, è una parola insopportabile perché lacera l'anima, strappa il cuore dal petto e lo calpesta,
rovescia lo stomaco nel nulla degli occhi fissi della mente stravolta.
Non la sopporto perchè il dolore è insopportabile, non si può far finta che non ci sia e non si può accettare con la
remissiva santità che non ci appartiene ed alla cui categoria mai apparterremo.
"Addio" è una fine imposta, è l'anticipazione della fine, è una fine innaturale, è far morire prima della morte, è la siringa del condannato legato su un lettino.
Non l'ho mai detto e non lo dirò, l'ho sentito, invece, l'ho letto in uno sguardo, l'ho percepito in una lacrima, ma non lo accetto perchè ci son cose che non si possono accettare.
E non si può accettare "Sono tua madre!" Se si è figli.
Non si può accettare e non è giusto subirla.
Come è ingiusta la tirannia, l'imposizione forzata dell'autorità, la violenza fisica e psicologica ed il ricatto morale.
"Me lo devi", solo per il fatto che tu sia figlio, devi subire e passivamente tollerare solo perchè è il tuo ruolo ed il
tuo infausto destino, sei schiavo, perché, per questo, sei stato generato, è nelle cose, nel progetto iniziale.
Lo devi sopportare perché sei così coglione che non sai ribellarti all'egoismo travestito da affetto e da un amore imposto.
Suddito, espropriato della tua dignità personale, della tua vita, quella vita che a parole, ti è stata donata ma che, in pratica, ti è stata affidata solo per essere successivamente gestita.
"Io sono il re!", "Sono tua madre!", "Sono il potere!"
Non cambia nulla, il significato è identico, devi tacere, obbedire, chiudere in un cassetto la tua dignità di persona ed il tuo orgoglio e sottostare alla manomissione cerebrale di cui fosti vittima un giorno.
E' una frase insopportabile, ma si sopporta, si sopporta tutto e si va anche oltre la sopportazione, nel mutismo di
parole che non riescono neppure a controribattere, parole che non escono dalla sottomissione e dal ricatto.
Basterebbe poco, nulla, tramutare una frase in una semplice parola: "Grazie".
Un grazie che non impegna, che non è neppure gratitudine è solo una parola, e non toglie nulla a chi la pronuncia ma può dar molto a chi la ascolta, restituisce la dignità e fa di uno schiavo un uomo libero.
Inviato da: lontano.lontano
il 08/09/2024 alle 21:25
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il 08/09/2024 alle 18:10
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il 17/08/2024 alle 13:52
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il 17/08/2024 alle 11:29
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il 09/03/2024 alle 17:43