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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"

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Gomorra

Post n°1216 pubblicato il 18 Maggio 2008 da ossimora
 
Tag: cinema

Ero soprattutto curiosa di comprendere come Garrone avesse effettuato la trasposizione cinematografica di “Gomorra”che essendo un libro di denuncia,di dati, poco si prestava (pensavo) alla sceneggiatura ed al racconto filmico.

 Mi  sono dovuta ricredere ;è un bel film che pur lungo rapisce l’attenzione.

Cinque storie estrapolate dal libro ,interpretate  da non professionisti (eslcuso il fascinoso  Servillo)  molto bravi  credibili ; girate nel degrado di Scampia ,Secondigliano ,Casal  di Principe.

Non c’è nulla di patinato ,non c’è nessun tipo di etica ,né di aspettativa,nessuna catarsi,solo un personaggio se ne va e cambia la sua vita o ci prova  ;”I so(l)rdi”,le armi ,la violenza ed una vita possibile che assomiglia all’inferno ,in una trincea quotidiana di un degrado che è soprattutto atavica mancanza di qualsiasi possibilità di cambiamento : senza speranza.

Sono curiosa di vedere se sarà un film visto da tante persone;soprattutto dai tanti giovani che affollano solitamente  le sale lucchettose,scamarce e glitterate.

 

 
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Commenti al Post:
72rosalux72
72rosalux72 il 18/05/08 alle 17:48 via WEB
appena posso lo vedo anche io. poi sai, pure saviano è stato bollato come man show, perchè il suo libro si è venduto come il pane. e meno male!
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 18/05/08 alle 18:16 via WEB
Beh...comunque è un uomo che ha gli occhi con la morte dentro e vive blindato sotto scorta e cambiando continuamente domicilio.Più gente lo legge è meglio è se si arricchisce vuol dire che lo ha fatto per una buona causa.Ciao!
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 18/05/08 alle 19:07 via WEB
Matteo Garrone CANNES - Sala strapiena, quella del Grand Theatre Lumiéere, e applausi. Così è stato accolto a Cannes - dove corre per la Palma d'Oro insieme a Il Divo di Paolo Sorrentino - il film di Matteo Garrone Gomorra, tratto dal best seller di Roberto Saviano, uscito anche nelle sale in tutta Italia e anticipato da minacce nei confronti dell'autore del libro. Minacce che non hanno intimidito né l'autore né, tanto meno, il regista, né adesso nè durante la lavorazione. "C'è stato solo un po' di timore a inizio riprese - spiega Garrone - e anche con qualche minaccia di morte, ma poi ha prevalso il cinema con il suo enorme fascino". Intanto Saviano, per ragioni di sicurezza, ha rinunciato alla Montées des Marches, la passerella alla quale invece si è prestato il cast del film. "Rinuncio volentieri, non è questa la cosa importante. Io sono un caso solo perché scrivo, ma ci sono molti come me sotto scorta nel mio Paese e il mio pensiero adesso va anche a loro". Respinge, il regista, le polemiche sull'immagine distorta che il film darebbe del nostro Paese in un contesto internazionale come questa 61ma edizione del Festival di Cannes. "Se c'è qualcuno che vuol fare polemica la faccia pure - dice Garrone - questo film è stato accolto anche troppo bene, se c'è una voce contro, ben venga". Toni Servillo, efficace nel ruolo di un imprenditore di rifiuti tossici, gli dà man forte:"Fa parte della tradizione italiana fare questo genere di cose. Penso a Il caso Mattei di Francesco Rosi. Ma la singolarità di questo lavoro di Garrone è di essere riuscito a mescolare informazione e emozione". Gomorra intanto, in Italia, come ha detto il produttore Domenico Procacci della Fandango, va forte. Uscito venerdì "già sfiora il milione di Euro ed è stato acquistato, per ora, da dieci paesi". Comunque, se tra le sue cinque storie c'è n'è anche una sull'iniziazione dei giovani alle pratiche violente della camorra, il film non darà il cattivo esempio ai giovani campani: "In Gomorra si raccontano solo le conseguenze di queste scelte, c'è un rapporto diretto tra essere alla stesso tempo carnefici e vittime di questo sistema", sottolinea Garrone. Su tutti, a conquistare con la sua spontaneità i giornalisti a Cannes è stato Ciro Petrone, classe 1987, che nel film interpreta proprio uno di questi due ragazzi che hanno voglia di fare strada a colpi di mitra. "Mi sembra 'nu vero miracolo stare qui a Cannes", dice in dialetto napoletano. E da lui arriva anche la morale di questo lavoro:"Vorrei che ai ragazzi servisse come segnale, vedendo Gomorra si possono capire tante cose". A questo proposito, va detto che il film di Garrone è stato fatto anche con, e grazie al popolo delle Vele di Scampia, i palazzoni del quartiere di Napoli dove è stato in parte girato. "Sono stati il nostro primo pubblico - ha detto Garrone - ce n'erano sempre una cinquantina intorno a noi mentre giravamo e, proprio da loro, molto spesso, venivano suggerimenti che hanno portato a delle verifiche della sceneggiatura". Quanto a Saviano, per lui misure eccezionali di sicurezza sulla Croisette e anche durante la conferenza stampa. Ai fotografi è stato impedito di stazionare per gli scatti di rito. Lo scrittore tradotto in oltre 23 paesi e che ha venduto con il suo Gomorra solo in Italia oltre un milione di copie è parso soddisfatto. "Non ho mai pensato davvero di raccontare solo di camorra, ma attraverso la camorra quello che accade non solo in Italia". Saviano, che ama i numeri e gli aneddoti, ne sciorina qualcuno davanti a una strapiena conferenza stampa applaudita con entusiasmo. "Ci sono stati in trenta anni oltre 10 mila morti ammazzati dalla crimininalità. Molti di più di quelli della Striscia di Gaza. La camorra fattura 150 milioni di euro l'anno, siamo di fronte a dei veri imprenditori. Insomma, la volontà di Saviano ribadita più volte è quella di raccontare: "Questo film può dare ancora più strumenti, fa parte del mio progetto di far sapere, di raccontare, perché le cose cambino".
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 19/05/08 alle 23:58 via WEB
lausi convinti nella sala del Grand Theatre Lumiere e un polemico accenno di Toni Servillo, incalzato da un giornalista in conferenza stampa sul problema rifiuti, che sa tanto di costernazione e vergogna per il senso civico calpestato da malavita e malapolitica, ha accompagnato la proiezione per la stampa di Gomorra, il primo film italiano a passare in Concorso a Cannes 2008 a firma di Matteo Garrone. Accanto ad uno dei registi di punta del nostro cinema, il cast e Roberto Saviano, l’autore del bestseller da 1,2 milioni di copie a cui è ispirato il film, che da tempo vive sotto scorta. Sabato il giornalista aveva incontrato un Nanni Moretti scatenato, a testa bassa contro il Caimano Berlusconi, Maroni e il nuovo governo che, è convinto, non combinerà nulla di buono. Dalle immagini in sala – e in attesa del Divo di Sorrentino – si ricava una foto fosca, compromessa del nostro paese. Però è anche il modo e lo strumento che la grande tradizione del cinema politico italiano dei settanta (Petri, Rosi, Bellocchio tra gli altri) e, perché no, anche tanti episodi del neorealismo, ci hanno consegnato per ragionare e guardarci allo specchio. In curiosa coincidenza temporale, in queste ore dall’Italia non arrivano cartoline edificanti. Rimbalzano sui media internazionali di nuovo le notizie dei roghi di rifiuti che riprendono per le strade del napoletano mentre i Carabinieri hanno scovato in una clinica casertana, ricoverato sotto falso nome, Guido Abbinante, 51 anni, capo clan tra i responsabili della guerra di camorra nel quartiere di Scampia. Sarebbe collegato a 50 omicidi, lui dalla parte degli scissionisti che hanno tentato di mettere in discussione l’egemonia della cosca Di Lauro. Aspetti che si legano a doppio filo al film, prodotto dalla Fandango di Procacci e dalla Rai e venduto in oltre dieci paesi. In Italia, dove è uscito venerdì, ha già incassato un milione di euro. Matteo Garrone, che alla Croisette qualche anno con L’imbalsamatore aveva affascinato con le atmosfere malate in una provincia napoletana segreta e nuvolosa, si conferma autore notevole, con uno spiccato senso dell’immagine (è anche un pittore) e una capacità di racconto che sa svelare e suggerire senza didascalismi. Per tirare fuori solo 5 storie dal documentato magma letterario di infiniti rivoli disegnato dal giornalista campano, Garrone ha collaborato con lo stesso autore, Maurizio Bracci, Ugo Chiti, Gianni Di Gregorio e Massimo Gaudioso. Quella che il regista ha spesso definito una guerra civile a 150 km da Roma è così cupamente realistica da sembrare catturata in “presa diretta”. Il ritratto di un’area a sovranità nazionale limitata, una parte della regione incredibilmente vitale e desolata, solidale e spietata lasciata al controllo totalizzante dei clan. C’è Totò (Salvatore Abruzzese), tredicenne che porta a domicilio sporte della spesa ma è precoce, come molti a Scampia, nella piazza di spaccio più grande del mondo, e deciso a diventare manovalanza dei boss, a guadagnarsi il pane allo stesso modo di quei ragazzi con Mini luccicanti e moto potenti (e appartamenti diroccati) che conosce. La prima prova? Avere una pistola puntata addosso a pochi centimetri ed essere sparati sopra un giubbotto antiproiettile. Altre, più dure, lo attendono. Si mettono invece di traverso, pensano addirittura di poter fare da soli e “prendere la città” come il Tony Montana/Al Pacino di Scarface, che imitano armi vere in pugno, Marco e Ciro (Marco Macor e Ciro Petrone), impermeabili agli avvertimenti di chi comanda in zona e quindi segnati, nonostante la giovane età. La Camorra è anche una trama fittissima di passaggi di denaro: un clan con la droga guadagna 500mila euro al giorno, nel suo complesso è uno dei potentati economici d’Europa, con un giro d’affari di 150 milioni all’anno. La Fiat ne fattura 58. Il sistema è organizzato per sostenere anche le famiglie ancora fedeli al clan nonostante gli arresti. Don Ciro (Gianfelice Imparato) per questo è un tesoriere che fa il suo giro, discreto e preciso finchè la costruzione vacilla, il potere del suo mandatario viene intaccato da boss in ascesa e lui non sa a chi dare retta. Ne esce fuori appena in tempo Pasquale (Salvatore Cantalupo), abile sarto che realizza con i suoi laboratori clandestini copie perfette di abiti d’alta moda, commissionati direttamente con asta al ribasso dalle maison e indossati magari sulla passerella di Cannes. I problemi iniziano quando si presta ad insegnare la sua arte alla concorrenza cinese della zona. Getta la spugna anche Roberto (Carmine Paternoster), sveglio e volenteroso neolaureato assistente di Franco (Toni Servillo), quando realizza a quanti compromessi deve piegarsi per l’attività di smaltimento di rifiuti tossici che arrivano dal centro-nord. Certificazione-stoccaggio-trasporto per 25 centesimi al chilo, mentre camion con sostanze tossiche sversano in cave abbandonate o nelle campagne di Napoli e Caserta, magari pagando un obolo a contadini che hanno smesso di coltivarle. Si chiede: “Che senso ha salvare un operaio a Mestre e uccidere una famiglia a Mondragone?”. Un affresco assolutamente, tragicamente cinematografico e spettacolare, pessimista in quasi tutta la costruzione, sgradevole, con suoni sordi e stranianti (e chiusura con il trip elettronico di Robert Del Naja e Neil Davidge dei Massive Attack), quinte che si aprono ma più spesso celano ambienti in penombra, sotterranei e nascosti, come se fosse impossibile spiegare tutto. Del resto lo confermavano i ragazzini della scuola media Luigi Caterino ad un attonito cronista de La Repubblica, dopo aver visto il film al cinema Faro di Casal di Principe: la realtà spesso era peggiore di quella sullo schermo. Gomorra è stato girato “in lingua” con molti attori non professionisti, reclutati tra tante braccia alzate proprio nei quartieri descritti nel libro. La sirena del cinema ammalia a tutte le latitudini e Roberto Saviano ha spiegato che il lascia passare dei clan è arrivato proprio perchè troppo forte era la voglia di apparire, di mostrare di cosa erano capaci. Giovani attori che si litigavano le scene di omicidio, in una confusione etica-estetica difficile da sbrogliare. Un po’ come le dimore fastose e faraoniche, testimonianze di potere anche farneticanti. Se ne intravedono alcune, ville abbandonate e vasche da bagno costruite in scantinati, lasciate in mezzo al nulla con le ampie scalinate e i marmi scuri.
(Rispondi)
 
atapo
atapo il 20/05/08 alle 11:59 via WEB
Spero anch'io di riuscire presto a vederlo, però...che vergogna di fronte al mondo che la nostra Italia si debba presentare così, per avere successo negli spettacoli!
(Rispondi)
 
lupopezzato
lupopezzato il 20/05/08 alle 12:25 via WEB
Ho letto il libro e penso che Saviano non abbia un futuro letterario ma sicuramente ne ha uno giornalistico. Gomorra è da leggere proprio per il taglio giornalistico. Fatti soprattutto fatti e poco spazio alle opinioni. Un modo nuovo di leggere la camorra. Leggerla dal di dentro. Scoprire che il camorrista in fondo si sente solo un grande imprenditore. Un datore di lavoro e la cosa mi fa pensare che allora i loro morti ammazzati non sono altri che morti sul lavoro. Ci vorrebbe maggiore attenzione e sicurezza sui posti di lavoro. Qualche affinità fra Saviano e Travaglio. Entrambi giornalisti. Entrambi non sono romanzieri. Entrambi riportano soltanto “fatti”. In termini di rispetto, due trattamenti diversi però. Forse perché nell’immaginario collettivo la “camorra” è cattiva mentre la “politica” è buona.
Quale sarà il nemico più comodo?
(Rispondi)
 
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