Creato da: ossimora il 20/10/2004
Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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L’afa ,nella vasta spianata inopinatamente densa di culture intensive e di squadrati capannoni industriali ,difficile definirli opifici, era a tratti insopportabile. I campi di girasole avvampavano, esautorati dalla loro splendida essenza vegetale dalla mortifera,silente overdose di chimiche. Decise di prendere l’auto e andarsene più in su . Tornante dopo tornante il panorama si sfogliava ed evolveva fino ai grandi pascoli ed ai boschetti di faggio ,generatori di un ombreggiare tendente al buio . L’aria ,fattasi frizzantina , la portò ad incamminarsi lungo un tortuoso sentiero prospiciente un ruscelletto ridotto ad un filo d’acqua , celato peraltro quasi totalmente dalle possenti foglie di bardana che le ricordavano qualche ricetta di tisana ma soprattutto l’inquietante fiaba di “Pollicina”,che pur minuscola era rimasta sola ed abbandonata. Camminava a passo veloce ,respirando profondamente la riconquistata freschezza dell’aria e la varietà dei profumi boschivi. Qualche ragnatela sembrava spropositata rispetto alla stazza dei ragnetti che vi circolavano e se colpita da raggi di sole in tralice dava il meglio di sé. Sulla vetta si apriva una radura luminosa . Si fermò a riposare assopendosi un po’ . Al risveglio tutto attorno vide la teoria di alte mura ingrigite della possente acciaieria sbuffante ed oppressiva. Fra il fumo una sfilata di biciclette inclinate con ordine sull’apposita griglia metallica un po’ arrugginita. Stridii in lontananza ,mescolati a tonfi sordi. Turbata ,si rimise in cammino ,percorse altri chilometri,scoprendo altri luoghi ameni e riposanti ma ogni volta che si fermava a riposarsi un po’ ,nell’impalpabilità dell’oblio da dormiveglia le alte mura ingrigite fitte di scritte sgrammaticate dell’acciaieria ,le si ripresentavano e le si ripresentavano. Senza tregua.
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