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Post n°1573 pubblicato il 03 Ottobre 2009 da ossimora
 
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ossimora
ossimora il 03/10/09 alle 15:22 via WEB
QUESTO è UN CONTRIBUTO....
C’è un capitolo sull’Italia nel monitoraggio di Reporters sans frontieres dedicato allo stato di salute della libertà di stampa nel mondo. Inizia con queste parole: «I giornalisti in Italia affrontano la peggiore condizione lavorativa di tutta l’Unione Europea». Le principali difficoltà, si spiega «sono di carattere giuridoco- legale e di sicurezza personale». Queste cose, però, nessun telegiornale italiano le ha mai riportate. Chiosa il deputato Giuseppe Giulietti esponente di Articolo 21: «Eppure è lo stesso rapporto ampiamente citato in Italia quando è venuto Chavez ». Insomma, gli italiani «sanno tutto dei problemi della libertà di stampa in Cina, a Cuba o in Venezuelama non sanno niente di ciò che un osservatorio indipendente e internazionale dice dell’Italia». Guardiamoci, allora, attraverso lo specchio dell’associazione di cui è attualmente segretario generale Jean-François Julliard e presidente per l’Italia è una grande firma del nostro giornalismo, Mimmo Càndito. Il titolo del rapporto è “i predatori della libertà di stampa” e, in undocumento presentato alla vigilia della manifestazione di piazza del Popolo si dice «Berlusconi si avvicina alla lista dei predatori». «L’Italia è l’unico paese al mondo nel quale il premier controlla direttamente la quasi totalità delle reti televisive nazionali: i canali di Stato in quanto primo ministro e il più grande network privato». Ma il rapporto va oltre la fotografia ormai nota di quell’immenso potere: «La tv è la principale fonte di informazione per l’80 % della popolazione e, in molti casi, addirittura l’UNICA. Attira altissime percentuali degli introiti pubblicitari e la legge Gasparri ha di fatto annullato qualsiasi limite anti- trust». Aggiungono i reporter senza frontiere che, il nostro premier, non contento di ciò che controlla se la prende anche con le testate indipendenti e con quelle estere come El Pais e Nouvel Observateur. Manon è finita, gruppi economici e istituzioni in Italia: «Si rifiutano di fornire informazioni ai giornalisti, facendosi scudo con la privacy». Reporters sans frontier ci critica anche per l’accesso corporativo alla professione che impone l’esame di Stato e l’iscrizione all’ordine. C’è poi grande preoccupazione per la nuova legge sulle intercettazioni che deve essere esaminata al Senato: «Il nuovo disegno di legge vieta di pubblicare qualsiasi atto, fino alla chiusura delle indagini ». Ed è sempre vietata «la pubblicazione di conversazioni o flussi di comunicazione di cui sia stata ordinata la distruzione ». Le pene - denuncia l’organizzazione internazionale - sono molto pesanti: il carcere fino a sei mesi e pesanti sanzioni che colpisconoanche gli editori: multe fino a quasimezzomilione di euro,un’ammenda 18 volte superiore a quanto previsto per i reati finanziari. Con il rischio di un’ulteriore pressione sui giornalisti da parte dell’editore. LA SICUREZZA PERSONALE L’allarme di Reporters sans Frontieres è anche per la sicurezza personale dei giornalisti che si occupano di criminalità organizzata. Cita i casi di Roberto Saviano, Lino Abbate, Rosanna Capacchione. Ma queste persone costrette a vivere sotto scorta non sono le sole ad aver subito minacce. Vi sono decine di casi di minacceo attacchicomel’incendio della porta di casa o danni all’auto, anche verso i giornalisti sportivi da parte di frange ultra delle tifoserie. Preoccupazioni che hanno portato Reporters sans frontieres a scrivere al premier. La lettera è firmata da Jean-François Julliard e Mimmo Candito e chiede un incontro, citando le querele contro l’Unità e la Repubblica e gli interventi «sulla programmazione televisiva». Un’altra lettera è indirizzata ai senatori a proposito del Ddl sulle intercettazioni. Vi si sottolinea che «L’utilizzo di svariate registrazioni ha permesso ai media italiani di portare a galla gravi vicende di corruzione». «Per conoscere i nomi dei responsabili del crack della Parmalat -commenta Roberto Natale della Fnsi - gli italiani avrebbero dovuto aspettare anni».
 
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