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Messaggi di Marzo 2011

VIAGGI ?

Post n°662 pubblicato il 31 Marzo 2011 da atapo
 

ANDARE

La primavera è un vino effervescente”, dice il poeta e sarà questa effervescenza che, appena si stabilizza una sequenza di belle giornate, mi fa venire una gran voglia di andare, di spostarmi, di partire. Dove? Non importa. L'importante sarebbe chiudersi la porta alle spalle e cambiare aria per un po' di ore, meglio sarebbe qualche giorno, conoscere qualcosa di nuovo e di bello, andare dove non sono mai stata o ritornare dove non mi reco da molto tempo.

Il massimo, quasi un sogno, sarebbe riempire uno zaino, andare in stazione o in aereoporto, seguire l'ispirazione di salire su un treno o sul primo aereo con posti disponibili e partire...

Del resto sono già due mesi che sono tornata da Tenerife, mi si affaccia di nuovo il desiderio di un viaggio.

Mi viene in mente una delle improvvisazioni che ho fatto al corso di teatro dove invitavo il partner a viaggiare con me e sceglievo la meta facendo girare il mappamondo e indicando un luogo a caso, ad occhi chiusi...

Una volta, anni e anni fa, anche mio marito diceva: “Quando saremo in pensione sarà bello partire così, per visitare un posto o quell'altro, dove c'è qualcosa che ci interessa, magari decidendo all'ultimo momento, senza essere legati a nulla...”

UNA VOLTA!

Ora la pensione è arrivata, ma gli è arrivato anche questo pallino dell'università ad oltranza e si sono amplificate con la vecchiaia tutte le fissazioni che man mano ha accumulato negli anni: qui sarà troppo caldo, là sarà troppo freddo, la nave guai perchè viene mal di mare, il pullman lo obbliga a stare troppo fermo, il treno dopo un po' di ore lo annoia, le manifestazioni e le sagre hanno troppo affollamento, le terme non servono a nulla, i viaggi organizzati...per l'amor del cielo! Gli tocca alzarsi e sottostare ad orari decisi da altri, poi chissà che gente c'è, poi si fa tutto di corsa...

A questo punto dite un po' cosa rimane...

...rimane il nostro camper che comunque secondo me si potrebbe sfruttare molto di più e meglio. Ecco perchè ogni tanto abbandono questo marito “orso” e scappo, se mi capita qualche occasione, fosse solo un mercatino di qualche ora o una mostra non troppo distante. Però in fondo mi dispiace rinunciare quasi sempre alla sua compagnia, avrei piacere di vivere insieme qualche bella esperienza in più.

Ora, dopo Tenerife, dopo che sono riuscita in questi mesi a trascinarlo ben DUE (!) volte a teatro, improvvisamente mi ha proposto LUI un viaggetto col camper.

Splendido, dove? A trovare sua madre!

Più che giusto aver voglia di vederla, è dall'autunno scorso che non ci andiamo.

E dopo? Faremo un giro lì attorno?” gli ho chiesto.

Certo! Andremo a Ninfa, ora che è l'inizio della primavera, per vedere com'è in questa stagione”

TERZA VOLTA che ci andiamo! Bellissimo luogo, d'accordo, ma di tre volte che andiamo da quelle parti tutte e tre le volte passare una giornata a Ninfa mi comincia ad annoiare, ci sarebbero molti altri bei posti da visitare, ma mio marito è così: o nulla, o un'esagerazione.

E poi? Cos'altro potremo andare a vedere?”

Fatti un po' di conti...NON AVREMO PIU' TEMPO!

Fra le ore di soggiorno e di chiacchiere doverose con la suocera, gli altrettanto doverosi incontri con gli altri parenti del luogo, il non poter rimanere più giorni ancora...sarà già tanto ritagliarci una giornata per noi...a Ninfa!

Allora comincio a pensare che questo non sarà un viaggio, ma sarà un NON-VIAGGIO, cioè un semplice spostamento ad uso e consumo della parentela: centinaia di chilometri macinati per riempirsi di chiacchiere, sospiri e rievocazioni del truce passato, tra mangiate luculliane perchè l'ospitalità da quelle parti è calorosa, ma anche calorica!

Manterrò la calma, mi attrezzerò con qualche rivista, un buon libro, il copione da imparare...e affronterò “il viaggetto”.

Quando sparirò da qui per qualche giorno, ecco il perchè...

acque e riflessi a Ninfa

 

 
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LA PARTE

Post n°661 pubblicato il 29 Marzo 2011 da atapo
 

 

OUI, je suis.....CORA !


Tamara Lempicka

Il momento non arrivava mai, sono passati alcuni incontri del nostro gruppo teatrale e il regista non si decideva ad assegnare i personaggi.

Dice che aveva un po' di difficoltà, col fatto che sono arrivate diverse persone nuove in questo corso. Poi c'è il solito problema che le “attrici” sono di più degli “attori” (anche se stavolta i maschietti sono aumentati), mentre nel romanzo i personaggi maschili sono in maggioranza, allora a qualcuno occorre...cambiare sesso nella versione teatrale.

Così abbiamo continuato le prove di lettura e gli esercizi di improvvisazione da soli o a coppie, a volte un po' difficili, nei quali esploravamo come esprimere delle situazioni o dei sentimenti che ricordavano alcune parti della storia su cui lavoriamo.

Finalmente...l'ultima volta...

Sembravamo scolari quando il prof riporta i compiti in classe e sta per dire i voti...c'era emozione nell'aria...e prima di svelare ciò che tutti attendevano con ansia il regista si è dilungato a spiegarci che criteri di scelta aveva usato, a rassicurare che anche parti brevi come battute avevano però molta importanza per le azioni da abbinarci..e bla...e bla...

Insomma...IO SARO' CORA ! Il personaggio che mi ha tanto affascinato, su cui fantasticavo e costruivo speranze...

Ma...attenzione! E' uno dei tre personaggi principali e come per gli altri due la sua parte, molto lunga, è stata suddivisa fra diverse persone :

le CORA sono diventate sei! Così c'è da fare per tutte e...ci ha accontentate tutte!

Io nella storia sarò l'ultima Cora, quando è vicina a realizzare i suoi sogni, ma poi capiterà anche qualcosa di brutto e ci sarà un momento molto triste...Difficile da rendere, però mentre ieri leggevo quelle battute mi sono resa conto con una certa emozione che mi ricordavano un brutto giorno in cui mi trovai nella situazione e nello stato d'animo simile al suo...forse mi aiuterà...

Nel lungo monologo di Cora, finale dello spettacolo, ognuna di noi ne avrà un pezzo.

Sono al settimo cielo perchè in questo monologo a me il regista ha assegnato la parte iniziale, che mi piace moltissimo, per intenderci alcune di quelle frasi che avevo riportato anche qui sopra, nel post 644.

Ed ora, gente, si fa davvero sul serio!!!


 

 
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IL MIO GIARDINO

Post n°660 pubblicato il 26 Marzo 2011 da atapo
 

 

Dans le jardin d'mon père

les lilas sont fleuris

tous les oiseaux du monde

y viennent faire leur nid...”

(canzone popolare francese)

 

Il desiderio di raccontare del mio ciliegio ha spalancato una porta dei ricordi...anzi, non una porta, ma un cancello, quel cancello di ferro che si apriva un po' cigolando se qualcuno “dava il tiro”...era l'ingresso nel giardino della mia famiglia, “IL GIARDINO DEI FINTI CONTINI” , come lo chiamavamo, io e il mio fidanzato, nel nostro primo lessico familiare quando ormai l'età e la scolarizzazione ci permettevano di fare simili irriverenti paragoni.

Ma com'era questo giardino? Ne ho tante immagini mentali e nelle foto di famiglia, ancora in bianco e nero, che conservo ed ogni tanto riguardo con affetto, se ne vedono spesso degli angoli dietro alle persone: come un puzzle della mia infanzia tutte queste immagini si dovrebbero combinare tra loro, ma qualcosa manca sempre...e poi ad ogni stagione assumeva aspetti diversi, cambiavano i colori, le macchie di verde...come tanti giardini che si susseguivano e si ripetevano ciclicamente da un anno all'altro.

Appena entrati da quel cancello, prima di arrivare alla casa, c'era uno spiazzo di cemento rettangolare: sul lato sinistro una fontanella col rubinetto e subito dopo, alta circa un metro, una vasca di acqua scura per i muschi che si erano formati sulle pareti interne. Nell'acqua si intravedevano a nuotare i “pesci rossi”, non graziosi pesciolini, ma bestioni enormi e nemmeno tutti rossi, ma anche chiazzati di bianco, oppure neri. Io credo che la loro stazza considerevole fosse dovuta all'abbondanza del cibo, portato dal vento, che gli cadeva nella vasca così all'aperto. Inoltre io e i miei cugini contribuivamo abbondantemente al loro vettovagliamento condividendo con quei mostri guizzanti ogni tipo di merenda, anche se le mamme ci raccomandavano di stare lontani dall'acqua della vasca...

Sul lato destro dello spiazzo una lunga e larga panca di cemento, contornata da vasi di piante verdi. Quali piante? Ho in mente queste macchie di verde. Ricordo fioriture di oleandri, nelle foto ho intravisto dell'edera e delle foglie larghe e grandi, ma non saprei dire di più.

In fondo, la caratteristica di questo giardino è proprio il suo rimescolarsi di tante piante diverse, fra quelle nei grandi vasi, quelle nelle grandi aiuole, che più che aiuole erano veri e propri piccoli campi dove mio nonno (il padrone assoluto di tutto, che “si era fatto” la casa e il giardino) faceva piantare tutto quello che gli passava per la mente.

Dallo spiazzo potevo andare lungo un vialetto cementato verso destra, tra due di queste aiuole: in una troneggiava l'albero dei cachi e in autunno mi offriva un coloratissimo bottino di foglie che a scuola suscitavano l'ammirazione della maestra e le fornivano materiale per le nostre copie dal vero...Attorno cespugli vari, qualche ortaggio e molte piante di roselline rampicanti.

Nell'altra aiuola invece c'era un grande albero di fichi, che arrivava fino al primo piano: allora i fichi non mi piacevano, tutto quello spiaccichio quando cadevano a terra e tutte quelle vespe sempre lì attorno mi innervosivano...Oltre a questo fico antipatico, in quell'aiuola erano stati piantati tanti fiori e in ogni stagione aveva un aspetto diverso: cominciavano i tulipani, le giunchiglie, i giacinti, poi rose di ogni colore , gerani, oleandri, fino ai settembrini e, verso la fine dell'anno, i crisantemi: il nonno ne raccoglieva, li avvolgeva nei giornali vecchi e li portava al cimitero sulle tombe di sua moglie e di uno dei suoi figli, morto giovane. Certo, tra i fichi e tutti quei fiori...oltre alle vespe, era un affollamento di api, calabroni, farfalle, scarabei, lucertole e ogni tipo di animaletto diurno e notturno: già, le lucciole nelle notti d'estate...che meraviglia!

Il vialetto continuava fino ad un' ultima aiuola nascosta di fianco alla casa, tutta destinata alle coltivazioni “utili”: prezzemolo, aglio, insalate...

Tornando allo spiazzo dell'entrata, a fianco della vasca partiva un vialetto che andava verso sinistra, poi arrivava fin dietro la casa ad un altro slargo. Appena all'inizio, leggermente inclinato sulla vasca, il famoso ciliegio.

Nell'aiuola di fronte a quella del ciliegio la pianta regina era un roseto rampicante che era cresciuto a dismisura appoggiandosi al muro davanti della casa: bellissimo anche questo, in maggio, attorno alla data del mio compleanno, produceva una quantità enorme di fiori: erano rose Tea, tutte sfumate dal giallo all'arancio al rosa carico, profumatissime.

Da questa parte del giardino ancora rose, insieme a cespugli di peonie e alle bordure delle aiuole formate dalle “spade”, come le chiamavamo noi bambini, cioè gli iris. Sul lato della casa un altro rampicante: un glicine dal viola tenue che faceva come un porticato ombroso sopra il vialetto. Continuando verso il retro della casa ai fiori si sostituivano un po' di ortaggi e qualche albero da frutto: ricordo raccolte di pere, di susine...

Ma in nessuna aiuola mancavano le viti: sopra a tutti questi fiori e queste piante infatti correvano e si spandevano, appoggiandosi ai tronchi, ai pali e ai fili di ferro, i tralci nodosi e contorti formando un vigneto di un miscuglio di uve diverse: bianche, nere, moscato, chicchi grossi, chicchi piccoli, tutte da mangiare, da regalare, da lasciare agli uccelli e agli insetti. E per merito di questo pergolato che copriva, più o meno fitto, la maggior parte del giardino d'estate era una meraviglia di ombra e di frescura.

Dietro alla casa, in fondo, c'era una costruzione malandata, buia e polverosa: un po' deposito, un po' laboratorio: naturalmente piena di pericoli e proibitissima per noi bambini finchè eravamo piccoli, ma da più grandi diventò un rifugio dove a volte, segretamente, tentammo di allevare e addomesticare i gattini randagi.

Già, perchè un giardino simile attirava tutti i gatti del quartiere, oltre ai due “domestici”, uno mio e uno di mia zia, che lo abitarono per diversi anni. Poi il nonno portò il coniglio Giorgio, che si era ambientato benissimo e si difendeva a morsi dai nostri tentativi di socializzare, cioè trattarlo come un gatto. Poi ci fu la tartaruga: questa era quasi addomesticata, rispondeva ai miei richiami ed arrivava in velocità buttandosi giù dai muretti che delimitavano le aiuole. Così si ruppe il carapace ed io glielo aggiustai col nastro adesivo...

Intimamente unito a tutto questo caos...ehm, giardino, c'era un uomo: Pozzi, si chiamava di cognome, il nome non lo so, lo chiamavamo solo Pozzi. Arrivava quando c'erano lavori da fare, dissodare, potare, legare le viti, dare il verderame, forse era un giardiniere, forse solo un contadino. Era un omino non tanto alto, anziano, rosso e grinzoso come un neonato, con due occhi azzurri che sembravano due pozze limpide, due enormi mani scure e nodose di chi ha passato una vita a trafficare con la terra. Con queste manone aggeggiava tra i rami con attrezzi affilati, appuntiti, a volte si tagliava ma non se ne preoccupava: sputava sopra la ferita, la sfregava un po' e riprendeva il lavoro come niente. Io e mio fratello ci fermavamo a guardarlo lavorare e io inorridivo a queste cure primitive, immaginandomi infezioni che gli avrebbero procurato una triste fine. Lui parlava solo in dialetto bolognese, ci raccontava...ma noi piccoli ne capivamo la metà. Ci era però molto simpatico e quando in famiglia sentivamo la frase “Domani arriva Pozzi” eravamo contenti: sapeva essere amico dei bambini, col suo modo di fare affettuosamente rustico.

Nonostante le cure e le attenzioni di Pozzi, qualche “abusivo” spuntava nel giardino: in primavera nuvole di nontiscordardime e qualche pratolina, in autunno, nelle zone più ombrose, ciuffi di ciclamini: questi non li aveva di certo fatti piantare mio nonno, non erano piante “nobili”: beh, io ero contenta di questa occupazione abusiva, come se non bastasse quello che c'era...

Insomma, non credo ne esistano molti di luoghi simili e questo mi ha dato un imprinting: continuo ad amare i giardini selvaggi...

Non voglio mettere immagini qui...non ce ne sono più di questo giardino...non esiste più...

Non sono brava come Cronin a descrivere (vedi post ), ma spero che siate riusciti un po' ad immaginarlo, questo mio GIARDINO DEI FINTI CONTINI...

 
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SAKURA

Post n°659 pubblicato il 23 Marzo 2011 da atapo
 

 

UN CILIEGIO


I piccoli petali che in questi giorni ventosi si staccano dai rami fioriti e volteggiano come coriandoli formano il sipario di un teatro del tempo e dietro di loro mi compare facilmente alla mente un'altra scena...in un giardino di tanti anni fa...

In questa primavera è arrivato ancora più vivo il ricordo perchè le immagini del Giappone più bello spesso parlano dei ciliegi, di SAKURA, cioè della loro incantevole fioritura.

Nel mio giardino...un ciliegio: era sul davanti, nel terreno a sinistra dell'entrata, l'albero di ciliegio che contendeva, vincendo la sfida, il titolo di “più bello” all'albero di cachi, nel terreno a destra, e al fico accanto alla casa, in un terreno un po' defilato.

Il ciliegio era grande, dal tronco scuro leggermente piegato e dai rami nodosi che si allargavano perfettamente per fare ombra a quelle due larghe panchine di cemento dove tutti amavano sedersi: la mia mamma e le zie per cucire, per sferruzzare, per pulire le verdure, noi bambini per giocare e allora spesso le panchine ospitavano anche schieramenti di bambole, pentolini, macchinine o soldatini. Dai miei primi ricordi l'avevo sempre visto così imponente quell'albero, era arrivato lì alla costruzione della casa, aveva visto la guerra, ora vedeva la pace degli anni che si susseguivano...che dalle bambole passavano agli amici dell'adolescenza, tra gli scherzi e le grida di chi cerca il proprio ruolo e la propria personalità, con la colonna sonora dei Beatles e compagnia...fino alle serate silenziose e innamorate in cui sulle panchine c'erano solo due persone, ma era come se ci fosse un mondo intero, di nuovi sentimenti tutti da esplorare.

E il ciliegio era sempre sentinella fedele. Il suo periodo di gloria, il suo trionfo, era la primavera, quando fioriva: la sua chioma diventava enorme, una delicata nuvola bianca con leggerissime sfumature di rosa...

Si vedeva da lontano, dalla strada, i passanti lo ammiravano e facevano i complimenti, qualcuno forse con un po' di invidia, a noi che eravamo i padroni di quella meraviglia.

Mi rivedo ancora su quella panchina sotto la sua luminosa fioritura profumata...che ad ogni soffio di vento lasciava cadere una leggera pioggia di petali e pian piano la panchina ne era ricoperta...

Ogni fiore sarebbe diventato un frutto, infatti presto veniva il periodo delle scorpacciate, il nonno e il babbo salivano sulla scala, mentre impaziente col naso all'insù vedevo il canestro che si riempiva in fretta...le ciliegie bastavano a noi e a chi ci veniva a trovare, questa volta l' ammirazione non era per la vista ma per il gusto!

Per quante immagini di ciliegi io abbia visto nella mia vita, nella realtà ed anche qui su internet, non ne ho mai trovata una che assomigliasse lontanamente a quell'albero che fu compagno della mia infanzia e della mia adolescenza.


Le vicende familiari condussero alla vendita di quella casa e di quel giardino e fu un giorno triste per me, il trasloco dalle cose e da una vita precedente.

Anche i nuovi proprietari furono colpiti dalla bellezza del ciliegio: decisero di ristrutturare tutto il giardino, farlo più moderno, più ordinato, tagliando e sostituendo quasi tutte le piante. Però il ciliegio no, lo lasciarono: era un vanto, un pregio, una bellezza unica, un valore aggiunto.

Ma l'anno successivo il ciliegio seccò, improvvisamente e senza motivo apparente. Non riuscirono a recuperarlo e venne tagliato. Il suo mondo ormai era stato distrutto e anche lui aveva voluto andarsene...

Quando lo seppi non mi sembrò strano, non mi meravigliai più di tanto.

Il ciliegio era nostro, era della mia famiglia, non doveva né voleva essere di nessun altro: pensai ad una sua sofferenza, forse ad un' estrema vendetta, a un essere vivente che si era lasciato morire...

E rimase solo nei miei ricordi e nei miei sogni: a volte penso che sarebbe bello provare a disegnarlo, a dipingerlo...chissà.

 

 

 
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PRIMAVERA

Post n°658 pubblicato il 20 Marzo 2011 da atapo
 

 

MARZO di Vincenzo Cardarelli

Oggi la primavera
è un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi:
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce:
Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione.
Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
d'umori campestri.
Ebbra la primavera
corre nel sangue.


Ecco, oggi è così: una primavera che arriva domani sul calendario, ma che oggi è luminosissima di sole, di luce, di fiori e di foglie che spuntano dappertutto. E anche i merli gorgheggiano con insistenza le loro melodie di corteggiamento, si fanno sentire canti misteriosi di uccelli rari nascosti tra i rami che irritano ancora di più il pettirosso ticchettante per l'invasione del suo territorio che fino a pochi giorni fa contendeva solo ai passeri.

Ma l'ultima resistenza dell'inverno è questo vento freddo che si vendica spogliando sistematicamente i rami già fioriti e trasformando i petali in vorticosi coriandoli per un carnevale fuori tempo massimo...

Io non esco, il vento così forte e freddo mi dà fastidio.

Forse per causa sua, o forse per la stagione in sé, oppure per i fatti inquietanti che ci martellano da giorni...non sono più tranquilla, ho come un'ansia dentro che ogni tanto mi fa salire il cuore in gola. Per cosa poi?

Insoddisfazione, voglia di qualcosa di nuovo,

ombre di progetti che sembrano definirsi,

desiderio di non accantonare possibili esperienze accampando diecimila scuse,

giorni da non riempire di troppe illusioni e giorni da svuotare di troppi rimpianti...

Forse è l'effervescenza della mia primavera.

 
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IL MIO GIAPPONE

Post n°657 pubblicato il 18 Marzo 2011 da atapo
 

 

SAYONARA

Quando accadono tragedie così enormi, tra l'angoscia delle immagini che ci avvicinano alla disperazione di chi è stato colpito, uno dei primi pensieri spesso va ai conoscenti e a chi è loro caro: qualcuno di loro ha legami con quella parte di mondo così lontana e ferita? E' tutto a posto? O la morte e il dolore ci diventano ancora più drammaticamente vicini?

Io personalmente non ho legami col Giappone e con i Giapponesi...almeno così credevo, finchè in questi giorni dal fondo della memoria non sono riaffiorati alcuni ricordi, alcune sensazioni delicate e gentili come quelle che spesso ci provengono da questo lontano paese ed ora mi chiedo dove saranno, cosa staranno facendo quelle due persone che ho incontrato, abbastanza casualmente, molto tempo fa...


Ero ragazzina, sui 15-16 anni, in una afosa estate bolognese piena di eventi culturali per passare insieme le calde serate. Quella era una “serata giapponese” organizzata da non so quale associazione, si trattava di accogliere una delegazione mi pare di studenti giapponesi in visita, con the, proiezioni, discorsi ufficiali e serata danzante. Ingresso libero per la cittadinanza (tanto la città era svuotata, erano tutti al mare)

Mio padre ed io, accomunati dalla curiosità, eravamo andati. Gli ospiti giapponesi erano invitati a socializzare con i Bolognesi, un ragazzo giapponese si sedette al nostro tavolo e, per tutta la serata, non mi lasciò un istante, servendomi premurosamente the e pasticcini, invitandomi ad ogni danza. Carino...sì era carino, magari un po' bassetto per i miei gusti di allora, ma io ero lusingata di questo corteggiamento...che tanto non avrebbe avuto grandi progressi, vista la presenza di mio padre (che comunque non era troppo preoccupato, data l'estrema improbabilità di un seguito alla storia) e soprattutto viste le difficoltà di comunicazione verbale: io non so il giapponese, non sapevo nemmeno l'inglese con cui lui cercava di avviare un minimo di conversazione, anzi mio padre, anche se pochissimo, mi aiutava a capire, comunque tra scarse parole, gesti e sorrisi dignitosi la serata procedeva...fino ad una richiesta di scambio di indirizzi al momento del sayonara (addio? arrivederci?) Questo incontro e questo corteggiamento entrò subito nel patrimonio delle storie di famiglia, con commenti tipici dell'epoca e della mentalità: “Poteva essere un buon partito, se viene a viaggiare in Italia certo avrà denaro, diventerà una persona importante...”

E qualche tempo dopo mi arrivò una sua cartolina, immagine di non so più quale città, parole gentili che ricordavano con piacere quella serata d'estate. Alla quale io risposi con un' altrettanto gentile cartolina di Bologna.


 

Molti anni dopo, mi trovavo ad Avignone per il mio primo corso e soggiorno in Francia. Con una collega insegnante stavamo in casa da un signore che faceva l'affittacamere. Fra gli studenti di tutte le età e di tutte le parti del mondo che abitavano con noi, con i quali ci ritrovavamo per le colazioni e le cene, un giorno arrivò una ragazza giapponese, che frequentava un corso di francese al nostro stesso istituto. Piccola, graziosa, seria e silenziosissima, fu per una settimana una presenza particolare: non la sentimmo mai pronunciare una parola, rispondeva con un sorriso ai saluti, con cenni del capo, qualche gesto timido e sguardi spauriti ai tentativi di conversazione del nostro loquace e simpatico padrone di casa. Quando si alzava dal tavolo spariva nella sua camera senza alcun rumore e non la si vedeva più. Io e la mia collega, da brave italiane, avremmo anche voluto socializzare, ma era impossibile...ci chiedevamo come si comportava durante il corso di francese, diverso dal nostro, lei era tra i principianti e noi a quelli più difficili. Però, un po' ironizzando, ammiravamo il suo coraggio, per aver attraversato mezzo mondo senza sapere una parola oltre il giapponese e, forse, senza aver nemmeno mai pronunciato una parola...

La mattina della nostra partenza, già con le valigie, mentre salutavamo sulla porta il nostro padrone di casa, improvvisamente lei uscì dalla sua stanza, ci si avvicinò e tra qualche inchino mise in mano a me e alla mia amica qualche cosa di piccolo, poi, prima ancora che ce ne rendessimo conto, muta e silenziosa come sempre, scivolò di nuovo nella sua stanza e richiuse la sua porta.

Nel palmo delle nostre mani c'erano due piccole gru di carta colorata, fatte ad origami.

Ho conosciuto poi il significato di queste gru...

E in questi giorni, quando ciò che è successo mi ha aperto la porta ai ricordi, vorrei far volare anch'io delle piccole gru...e che arrivassero a destinazione...e che trovassero sana e tranquilla la mia silenziosa compagna di studi...ed anche un ragazzo lontano e gentile ...



 

 
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DENTRO LA STORIA

Post n°656 pubblicato il 14 Marzo 2011 da atapo
 

1861 - 2011

Saverio Altamura, la prima bandiera italiana portata a Firenze nel 1859

 

 





La canzone è stata scritta la sera del 20-3-1848 da Carlo Alberto Bosi ,  alla partenza dei volontari. Infatti il titolo del canto è L’addio del vo­lontario . Carlo Albero Bosi era nato a Firenze il 1813. Patriota, avvocato, poi  pre­fetto. Morì a Firenze nel 1886.

Il testo è composto da 11 strofe che provocarono, secondo taluni storici dell’epoca, tanto danno agli austriaci, più di una battaglia perduta  Dopo qualche mese ci fu la famosa battaglia di Curtatone del 29 maggio, battaglia che vide l’eroica resistenza di 5000 volontari toscani, la maggior parte studenti che preferirono farsi massacrare dalla sover­chiante forza austriaca, piuttosto che arrendersi.

Risentire in questi giorni questa canzone, la mia preferita fra le canzoni del risorgimento, mi ha fatto ricordare di aver vissuto un altro anniversario, il centenario nel 1961.

Ero bambina, ma ricordo le lezioni molto "patriottiche" della mia maestra, l'entusiasmo che ci trasmetteva, gli avvenimenti e i personaggi che imparavo a conoscere dalle sue parole e dalle letture, i primi album di figurine...io feci la raccolta della vita di Garibaldi, il mio mito, e riuscii pure a completarla! Credo di averlo ancora quell'album...e possiedo ancora il piccolo libro che lo stato donò ad ogni bambino, con le storie e le immagini sul Risorgimento, ben nascosti in fondo a qualche scaffale di libreria.

Probabilmente è da allora che ho cominciato a capire l'importanza e la bellezza del sentirmi italiana.

 
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HOKUSAI

Post n°655 pubblicato il 12 Marzo 2011 da atapo
 
Tag: cronaca

 

IMMAGINI





 

La rappresentazione artistica

è stata tragicamente superata dalla realtà



 
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AMICHE

Post n°654 pubblicato il 11 Marzo 2011 da atapo
 

AL TELEFONO

Nelle scorse settimane ho ricevuto tre telefonate. Di quelle telefonate dove, quando hai scoperto chi ti ha chiamato, ti illumini di dentro e di fuori, cerchi una poltrona per metterti comoda, magari piedi in alto e sguardo al soffitto e ti predisponi a restare piacevolmente in conversazione per almeno mezz'ora...Telefonate di amiche, insomma.

Tanto più che le suddette sono mie amiche dall'infanzia, quindi non abitano nella stessa mia città e i nostri incontri “reali”, tra gli impegni e le famiglie, sono sempre difficili da organizzare. Recuperiamo e coltiviamo l'amicizia...al telefono (tariffe tutto incluso naturalmente). Stavolta non ero in piena forma, ricordate l'abbassamento di voce, ma mi sono lo stesso difesa con onore.

In due telefonate l'argomento centrale era praticamente lo stesso: anche le mie amiche con i mariti, ogni coppia in un periodo diverso, sono state alle Canarie. Una coppia ci va quasi tutti gli anni, affezionati come noi, per l'altra era la prima volta: finalmente entrambi in pensione si sono concessi questo viaggio (al quale avevo contribuito nel momento organizzativo con diversi consigli) da cui sono tornati entusiasti e pronti a ripetere l'esperienza anche nei prossimi inverni.

L'unico rimprovero che tutte e due mi hanno fatto è che, dopo tanti anni in cui ci dicevamo: “Vediamo di combinare lo stesso periodo alle Canarie” quest'anno che loro erano libere nei periodi più economici noi siamo andati durante le feste di Natale. Ma purtroppo ora in casa mia comandano i ritmi universitari decisi da mio marito, perlomeno nelle scelte da prendere in coppia.

Invece la terza amica non va alle Canarie...


Childe Hassam, Gathering flowers


Siamo praticamente cresciute insieme, abitava di fronte a casa mia e quando ci siamo sposate, a un anno di distanza, abbiamo trovato casa...una di fronte all'altra! Suo figlio maggiore ha un anno meno del mio, poi lei, dopo ben quindici anni, ha avuto inaspettatamente una bambina.

Suo marito, laureato in medicina, dopo i primi tempi di avvio carriera era diventato un ortopedico molto importante, primario di ospedale, si erano trasferiti in un quartiere prestigioso, poi anni dopo si erano costruiti una villetta. Lei aveva lavorato fino alla nascita del figlio, ma poi era molto felice di fare la casalinga, magari organizzava un po' gli appuntamenti del marito e lo seguiva spesso nei viaggi per convegni in giro per il mondo. Ci eravamo ritrovati qualche volta, insieme ai mariti e ai figli, loro ci mostravano splendide diapositive di luoghi a tutti gli angoli della Terra, ammiravo la loro casa, lussuosa e di gusto, tenuta da lei con un ordine e una meticolosità che...faceva scappare ogni minimo granello di polvere...così diversa dal mio caos quotidiano...

Una famiglia da Carosello, o da Mulino Bianco...

Ebbene, quando il figlio maggiore era già all'università (sulle orme del padre), il marito ha chiesto la separazione. Così, senza tradimenti, senza litigi, senza ...gravi ragioni: si era stancato, diceva che non si trovava più bene con lei, che le sarebbe stato sempre amico, che avrebbe provveduto lui senza problemi alla casa e ai figli, ma che non se la sentiva più di vivere insieme...

Da altri conoscenti mi era già arrivata voce di questa brutta storia, quando me lo raccontò lei stessa durante una delle nostre poco frequenti telefonate. Diceva che aveva provato di tutto per capire, per capirsi, andando anche da psicologi e centri di aiuto matrimoniali, ma non c'è più stato niente da fare. Lei ha rispolverato il suo diploma da infermiera, con cui si trova facilmente qualche lavoro...

E altri anni sono passati, si è rassegnata dopo i primi tempi che lascio immaginare quanto le siano stati pesanti...

In quest'ultima telefonata mi ha raccontato che il figlio si è sposato e andranno a vivere nella casa in cui lei abitava da bambina, la sua casa di famiglia insomma.

Mentre parlavamo di questo io rivedevo noi due piccole, con le nostre bambole, a giocare nel suo bellissimo giardino (più bello del mio, erano ricchi loro) e mi tornavano in mente le persone che abitavano da quelle parti. Allora ho chiesto notizie di questo e quest'altro e ci siamo dilungate tanto a parlare di quei tempi, di quella gente: chi ha traslocato, chi è morto e sepolto...

Era un piccolo mondo degli anni cinquanta e sessanta, di case e giardini in cui la vita si svolgeva spesso all'aperto, in cui le chiacchiere in strada arrivavano fino agli ultimi piani, in cui c'erano grandi amicizie e piccole antipatie, gli adulti erano appena usciti dalla guerra a cui ogni tanto accennavano sospirando, noi piccoli ci chiamavamo da un giardino all'altro, a fare e a disfare piani e alleanze, a passare dalla strada ai giardini finchè non veniva buio, e d'estate anche in spedizioni notturne,

mentre ogni anno seguiva l'altro e pian piano dal giocare agli indiani si passava ai primi innamoramenti, spesso di qualche forestiero, che prima di essere accettato nel gruppo doveva passare attraverso le forche caudine degli scherzi di alcuni di noi...

Altri tempi...nostalgia di una bella infanzia tutto sommato serena, che ora pare meravigliosa a ricordarla...




 
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8 MARZO

Post n°653 pubblicato il 07 Marzo 2011 da atapo
 

 

PICCOLE STORIE FEMMINILI

 

PRIMA STORIA

Durante il mio servizio nella biblioteca della scuola, un giorno avevo una classe degli ultimi anni, già con lettori esperti, che per scegliere sfogliano incuriositi anche i libri più grossi e i “classici” per ragazzi in edizioni di qualche anno fa. Confabulano tra loro, si scambiano opinioni. Ogni tanto mi chiedono consiglio. Una bambina ha tra le mani “I ragazzi della via Paal”, sembra molto interessata. Qualche compagno la informa: “E' la storia di due bande di ragazzi, che giocano alla guerra...E' bello sai, te lo consiglio.”

La bambina ha lo sguardo molto perplesso: “Conosco la storia, mi piacerebbe...ma la mia mamma mi ha detto di non prenderlo, perchè è una storia per maschi...”

Mi permetto di suggerirle che, se le interessa, non è proibito prenderlo, cominciare a leggerlo, poi decidere...(Ancora la sua mamma non è venuta a protestare...)


SECONDA STORIA

Un'amica che insegna in una scuola superiore qualche mese fa ha accompagnato una classe a Parigi in viaggio di istruzione. Prima della partenza, durante la preparazione del viaggio, un'alunna le ha chiesto: “Ma suo marito la lascia?”

Lei non capiva, pensava a questioni sentimentali...finchè la ragazza ha spiegato meglio: “Cioè, la lascia viaggiare da sola?”

La mia collega, antica contestatrice e femminista accanita, è rimasta sconvolta, ormai le veniva un colpo, ha improvvisato immantinente una lezione sui diritti delle donne per “chiarire le idee” alle sue alunne. In seguito ha saputo che effettivamente nell' istituto c'è una profe che non sta mai a dormire fuori, per gite o convegni, perchè il marito non glielo permette...


TERZA STORIA

In questi ultimi anni, per i corredini dei bebè di mia figlia, ho ripreso a frequentare, spesso con lei, il settore “abbigliamento bambini”. Non ci si può sbagliare: il reparto femminile è declinato in tutte le varietà e sfumature di rosa, con qualche eccezione verso il rosso e verso il color lavanda. Di azzurro, di blu, quasi nemmeno un bottoncino! Per i maschi, il contrario. E basta vedere le bimbette che circolano in giro, tutte sul rosa, tutto un fru fru di nastrini e decorazioni, anche nei jeans! Perfino gli zaini sono “sessuati”, come colori e come figure dei personaggi stampati sopra. Mia figlia spesso mi corregge: “Ma no, mamma, questa maglietta è da femmina, non è adatta a un maschio!per me andrebbe bene uguale (magari è blu, o verde, o gialla), se devo scegliere qualcosa per i nipoti devo stare attenta a fermarmi nel “reparto giusto”. Insomma, ora anche l'abbigliamento è tornato ben differenziato, così è difficile “passare” qualcosa ai secondogeniti o ai figli degli amici di sesso diverso.

Quando nacquero i miei figli (anni 1976 e 1979) era diverso...questo problema me lo ponevo molto meno, e così anche i nostri amici genitori insieme a noi. Pensare che mentre aspettavo mia figlia leggevo Dalla parte delle bambine”! E lei si vede che ne fu indottrinata, perchè mai nella sua infanzia volle essere diversa o da meno di suo fratello. Invece qualche mese fa mi sono sentita dire da lei: “Sai, guardando le foto di quando eravamo piccoli, mi sono chiesta perchè mi vestivi da maschio”

Un'occasione per raccontarle...come funzionava allora, cosa ci aspettavamo dalle nostre nuove bambine.

Avevamo allora altre idee, altre speranze, non volevamo che le nostre figlie fossero rappresentate e riconosciute solo per un look sfumato di rosa e bamboleggiante...

Ora ci sono ritorni ad anni ancora più lontani?

Radici subdole che non siamo riusciti ad estirpare, che stanno ributtando erbacce...

Cosa abbiamo lasciato alle nostre figlie...cosa lasceremo alle nostre nipoti...cosa trovano intorno a loro le ragazze di oggi...

C'era, quando i miei figli erano piccoli, una bella collana di fiabe moderne per bambini, che parlavano di personaggi femminili i quali trovavano il loro ruolo nella loro società. Il più famoso di questi libri era “Rosa confetto”, qualcuno se lo ricorda? Poi queste storie sparirono per molti anni, ora da poco un'altra casa editrice li sta ripubblicando: credo ce ne sia molto bisogno...

immagine dal libro "Rosa confetto"

Per l'8 marzo 2011 vi offro queste piccole storie per meditare, insieme alla mimosa.

Auguri a tutte!



 
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OK

Post n°652 pubblicato il 06 Marzo 2011 da atapo
 

 

SU UNA BARCA IN MEZZO AL MARE



 

Vedere i due nipotini che giocano insieme a casa mia con i giocattoli del Kit-emergenza-nipoti, mentre i loro genitori chiacchierano e “demoliscono” le due torte che ho preparato per questo festeggiamento cumulativo di due compleanni ravvicinati (marito e figlio)...NON HA PREZZO.

E in questo periodo se ci penso...

... mi accorgo di sentirmi bene dentro di me. Finalmente!

Gli ultimi tre anni non sono stati per niente facili, chi mi conosce sa...

Ora, finalmente, quando mi sveglio la mattina posso immaginare una giornata tranquilla, senza ansie, senza paure, senza sobbalzare allo squillo del telefono, senza affannarmi ed agitarmi per risolvere l'irrisolvibile.

Non è che tutto sia un paradiso, intendiamoci, c'è lo stesso qualcosa che non va, che mi irrita, che vorrei diverso o migliore...sarebbe troppo bello altrimenti, o non sarebbe la vita vera.

Però, fondamentalmente, è OK, sto bene, come su una barca in mezzo al mare, riscaldata dal sole, cullata da piccole onde di bonaccia dopo aver superato la tempesta.

 

Carrà Carlo, L'ultimo capanno


E me la godo, questa situazione. E ne faccio tesoro, per guarire da cicatrici del passato.

E so che è importante averne, di questi periodi, e assaporarli e difenderli fino in fondo.

Finchè durano...

 

 
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POST A DUE PARAGRAFI

Post n°651 pubblicato il 05 Marzo 2011 da atapo
 

 

FINALMENTE VENERDI'

Dopo una settimana con parecchi impegni, giornate e serate di corse qui e là, finalmente è arrivato il venerdì...che non è stato da meno! Per cui ieri sera ero talmente stanca che sono andata a letto prestissimo, mi sono riletta con grande piacere il copione della commedia ricevuto poche ore prima e appena spenta la luce mi sono addormentata...svegliandomi a stento stamattina al suono insistente della sveglia. E domani ci sono festeggiamenti in famiglia, un abbinamento di compleanni, quindi oggi ho avuto da cucinare per avvantaggiarmi...insomma, anche stasera crollerò.

Ieri, dicevo, abbiamo avuto il copione: pare sia piaciuto a tutti, per quel che ho sentito dagli altri compagni teatranti. Magari aggiusteremo qualcosa, man mano che si prova, però ci sembra che il senso del romanzo salti fuori. I personaggi non sono stati ancora assegnati, abbiamo fatto prove di lettura delle varie scene ritrovando con piacere discorsi e situazioni, il regista ci invitava a leggere un po' a caso, più che altro, penso, per sentire gli effetti delle voci e la capacità nella pronuncia del francese soprattutto dei nuovi.

Ci ha congedato dicendo che vorrebbe assegnare i ruoli la settimana prossima e ci ha invitato a fargli sapere in questi giorni se abbiamo osservazioni da fare, preferenze o altro...perchè il nostro corso di teatro ha la caratteristica di...continuare per e-mail nei giorni in cui non ci vediamo: per esempio nella preparazione dello spettacolo precedente ci scambiavamo le immagini o i testi che trovavamo, oppure capita che ci informiamo a vicenda se veniamo a conoscenza di qualche iniziativa culturale interessante. Lo trovo un modo simpatico di fare gruppo. Visto che qualcuno ieri ha già espresso le sue preferenze, io...penso che nei prossimi giorni scriverò al regista...

l' autore del romanzo "Tout sauf un ange"

 

Uscita dal corso, con mio marito via a fare la spesa grossa all'ipermercato!

Col carrello pieno stavamo per uscire, quando mi sono sentita chiamare: era una mia antica scolara, anche lei alla guida del suo carrello da provviste settimanali. L'ho riconosciuta subito, anche se non la vedevo da circa dieci anni: non è cambiata quasi per nulla, pensare che ha la bellezza di 37 anni! E dirò di più: non è cambiata molto nell'aspetto nemmeno da quando era a scuola da me...è cresciuta e basta!

Aveva con sé il suo bambino che ricordavo di aver visto in carrozzina...e ora ha già 11 anni!

Eravamo entrambe molto contente dell'incontro, ci siamo scambiate le informazioni di rito su questo lungo periodo, poi mi ha chiesto del maestro che lavorava con me nella sua classe e da lì sono partiti ricordi e un po' di nostalgie...mentre suo figlio ci ascoltava sorridente e curioso.

La sua fu una delle classi più difficili incontrate nella mia carriera e lei...era tra gli allievi che mi davano più filo da torcere. Credo di non avere mai incontrato una bambina così...maschiaccio, così teppista, sempre in combutta con i peggiori elementi maschili della classe con i quali faceva disinvoltamente a cazzotti ogni volta che capitava. In più, quando arrivai in quella classe erano già in terza e lei come altri, per ragioni che qui non sto a dire, erano ancora praticamente analfabeti. Lei era anche abbastanza dislessica...Insomma, nei tre anni che passammo insieme ci fu molto da lavorare, ma i risultati alla fine arrivarono e lei proseguì alle scuole medie senza intoppi. Ieri ricordavamo sorridendo quei lontani anni di birbonate e di arrabbiature, finchè lei mi ha detto: “Però, mi avete aiutata tanto!”

Ecco, mi sono sciolta dentro, mi sono commossa...

...è una di quelle frasi che dette a noi maestri, anche dopo 27 anni, hanno il potere di renderci felici e di ripagarci per tanti momenti neri di sconforto, più di un aumento di stipendio...tanti di noi maestri siamo fatti così...è questo che ci rovina (o che ci fa resistere...)


commedia "Nemico di classe" di Nigel Williams

 
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PERSONAGGI

Post n°650 pubblicato il 03 Marzo 2011 da atapo
 

 

VENT' ANNI DI MENO

La settimana passata al corso di teatro abbiamo ascoltato con curiosità il regista che ci spiegava come aveva sceneggiato il romanzo che tutti ormai abbiamo letto e riletto in francese e in italiano, quali parti aveva privilegiato, le idee più importanti che vorrebbe far risaltare attraverso le nostre interpretazioni. Ci ha elencato i personaggi che ha messo...e ci ha dato l'appuntamento a domani, quando consegnerà le fotocopie del copione e assegnerà le parti.

Ormai questa attività mi piace e mi coinvolge molto, in questi giorni mi sorprendo, ogni tanto, a pensare a quale personaggio sarò...a quale vorrei essere...e so che anche ad altri colleghi del gruppo capita altrettanto...

A furia di leggere e rileggere la storia, di sentirne impressioni e commenti, di ritrovarne momenti nelle esercitazioni che facciamo, questa storia diventa quasi vera, i personaggi sembrano persone conosciute davvero, si sente di assomigliare all'uno o all'altro, qualcuno diventa più simpatico o antipatico...Io, lo confesso, mi sono pian piano affezionata in modo particolare ad un personaggio: è la donna del brano che ho trascritto nel post 644, che alla fine della storia debutterà in uno spettacolo tutto suo...

Mi assomiglia? All'inizio non mi sembrava, anzi, mi pareva abbastanza spregiudicata e sopra le righe, ma nella stranezza della sua vita irregolare mantiene affetti profondi verso gli amici, cerca di dare il meglio di sé quando è chiamata in causa, passa tra le tempeste della vita cercando di non farsi mai sopraffare... Insomma, in lei ritrovo un po'...il mio lato oscuro: qualcosa di me come sono, come cerco di essere, ma anche come non riuscirei mai a comportarmi nella realtà perchè il mio super-io e la mia formazione all'antica e di sani principi non me lo consentirebbero mai.

Ma qui siamo sul palcoscenico, è tutta una finzione, non è vero?

E allora ardisco confessarlo: mi piacerebbe IMMENSAMENTE avere la sua parte!!!

Naturalmente non l'ho detto al regista...perchè...credo ci sia un problema: quel personaggio non è una ragazzina, ma nemmeno una “quasi anziana” signora come sono io ora. Diciamo che potrebbe avere...circa venticinque anni in meno della mia attuale età...anche fisicamente non credo di essere adeguata...nemmeno truccandomi e digiunando riuscirei a ringiovanire e a dimagrire abbastanza!

Il tempo in certi casi è tiranno davvero: dentro posso sentirmi diversa, giovane, entusiasta, persa tra progetti, energie, sogni e desideri, ma lo specchio, se lo guardo, mi ridimensiona subito...mi dice che molte volte i dadi sono stati gettati e les jeux sont faits!

Ecco, se avessi recitato vent'anni fa, sarebbe stato l'ideale, forse avrei anche trovato il coraggio di proporlo io al regista...ma vent'anni fa le mie “recite” più impegnative erano su palcoscenici di vita reale!

Ora resta un mio piccolo sogno, un mio desiderio segreto. Scorrendo la lista dei personaggi, vedo che ci sono due “signore anziane” : una è ammalata di Alzheimer, l'altra è una vecchia pazza forse una strega che predice future disgrazie al protagonista.

Sarò una di loro? O il regista ha qualche sorpresa in serbo per me?

Greta Garbo a 24, 46 e 60 anni...


...e a 85 anni

 

 
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