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New Orleans: Lucio Campisi.
Post n°991 pubblicato il 25 Aprile 2015 da lascrivana
Mi lasciò a una certa distanza da casa. -Meglio non farci vedere assieme, sarebbe un disastro- disse accarezzandomi una guancia. Io mi ritrassi, infastidita. -Non mi piace questa storia. Non voglio andare in moglie a un pervertito che è sceso a patti con te- Lui mi guardò, sconsolato oltre che rassegnato. -Pensaci amore, è l'unica soluzione praticabile. In caso contrario, sarei costretto a...- Gli posai una mano sulle labbra, fissandolo furibonda. -Saresti costretto a fare cosa...ad uccidere mio padre? Non ti è venuto in mente che ora so tutto, che potrei denunciarti?- Parole pronunciate con rabbia, taglienti e affilate come una lama di rasoio. -E chi ti crederebbe? Sarebbe la mia parola contro la tua. Ma non voglio arrivare a questo. Io ti amo Agnese, e sto cercando di fare il possibile per uscire da questa situazione, perché non riesci a capirlo?- Non volendolo ascoltare oltre, aprii la portiera e scesi. Lui non mi seguì, e la cosa mi spaventò a morte. Stava facendo sul serio.
Trascorsero un paio di settimane da incubo. Sempre più spesso, mi capitava di andare a spiare ogni veicolo che, saltuariamente, si avvicinava alla nostra casa. Mio padre, pur scrutandomi sospettoso, non mi aveva mai chiesto nulla, tutto il contrario di mia madre. Ansiosa di natura, aveva percepito il mio stato d'animo. -Tu mi nascondi qualcosa figlia mia. E non avrò pace, sino a quando non mi dirai cosa ti angustia- Tutti i giorni, a tutte le ore, questo ritornello era ormai diventato un rituale, mi ci abituai molto presto.
Poi, un mattino come tutti gli altri, sentii suonare il campanello. Mi trovavo in cucina in quel momento, ed ero sola. Stavo lavando le stoviglie e, probabilmente, lo scroscio dell'acqua aveva coperto il rumore del motore. Asciugandomi in fretta le mani, mi precipitai all'ingresso. Quando aprii la porta, sentii il cuore balzarmi in gola. Un uomo, mai visto prima in vita mia, mi sorrise dalla soglia. -Buongiorno Agnese...- disse timidamente. -Mi chiamo Lucio Campisi, e so che John le ha parlato di me- Involontariamente, feci un passo indietro. Non avevo parole, ero rimasta di sasso e non feci nulla per nasconderlo. -Io e lui siamo molto amici signorina, dovrei parlarle, posso entrare?- Non riuscivo a crederci. Nonostante le mie rimostranze, quel bastardo aveva avuto il coraggio di mandarmelo a casa. Furiosa, chiusi gli occhi e contai fino a dieci. -Senta signor Campisi. Non ho idea di cosa le abbia raccontato John, ma non ho nessuna intenzione di parlare con lei. Addio!- Gli sbattei la porta in faccia, per poi appoggiarmici contro scossa da violenti tremiti. -Signorina, non le conviene comportarsi in questo maniera...- La voce, pur attutita dal legno, mi giunse chiara e nitida. -John mi aveva avvisato della sua ritrosità, ma vorrei ricordarle che suo padre e sua madre sono fuori, non aggiungo altro- La minaccia, pur pronunciata con calma e metodo, non fece altro che aumentare la mia angoscia. Sempre più tesa, riaprii la porta e squadrai quello squallido individuo con gli occhi fuori dalle orbite. -Se solo osate fare del male a...- Senza darmi il tempo di proseguire, Lucio entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle. -Adesso ascoltami, piccola vipera presuntuosa. Io ho fatto un accordo con John, e ho tutte le intenzioni di rispettarlo. Quindi, se non vuoi guai seri, vedi di comportarti come si deve e non succederà nulla, sono stato chiaro?- In quel istante, l'idea che mi ero fatta di lui svanì rapidamente. Dinanzi a me, mi ritrovavo un uomo deciso e per nulla effeminato. -Bene. Mi sembra che tu abbia capito l'antifona. Adesso vediamo di definire i particolari- Danio e Laura. |
Inviato da: tanmik
il 01/10/2024 alle 07:31
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