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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Dicembre 2016

Pinocchio 2.0 (Quinto Capitolo)

Post n°1319 pubblicato il 31 Dicembre 2016 da contastorie1961

Il passaggio era camuffato all’ingresso di una grotta e coperto da alcune sterpaglie. Gatto e Volpe si arrestarono di botto, mentre Pinocchio continuò ad avanzare. Quando se ne accorse, si fermò e si voltò.

-Beh, che fate, non vorrete farmi credere di avere paura!-

I due si guardarono l’un l’altro, poi Volpe scosse la testa.

-Non è questo, ma tu ora sei forte e prestante, fai strada-

Già, forte, prestante e senza pisello, pensò l’ex burattino sfiorandosi i pantaloni.

-Se è una trappola, giuro che vi strozzo con le mie mani!- disse invece, quindi si avvicinò all’ingresso vero e proprio.

Senza preoccuparsi di far rumore, strappò alcuni rami secchi e li gettò lontano, quindi varcò la soglia.

-Fermo!-

La voce, amplificata dalle pareti della grotta, gli gelò il sangue nelle vene. Alle sue spalle, i due compari fecero qualche passo indietro, terrorizzati. Deglutendo, Pinocchio si impose di non fare altrettanto anzi, ne fece un altro in avanti.

-Fermati, se non vuoi morire-

Questa volta, l’avvertimento sembrò arrivare da molto vicino. Aguzzando la vista, a Pinocchio parve di scorgere una sagoma leggermente più chiara nel buio della caverna.

-Chi sei?- chiese con una voce che non riconobbe come sua.

Silenzio. Poi, dalle tenebre, una figura tutt’altro che spaventosa si stagliò in controluce. Gatto mugolò, Volpe emise una sorta di ringhio e Pinocchio scoppiò a ridere.

-Fossi in te non riderei troppo, e lascerei questo posto a gambe levate!-

Alta poco più di due spanne, Lepre Marzolina lo guardò severamente, sembrava offesa.

-Ma tu sei…sei…-

-Una lepre, e allora? Mai vista una?- lo interruppe.

-Gatto, Volpe, dice che dobbiamo andarcene, dobbiamo darle retta?- e giù in un’altra grassa risata.

-Dobbiamo parlare con Cappellaio Matto- disse Gatto.

-E non sarà certo un leprotto nano a impedircelo- aggiunse Volpe.

Lepre Marzolina li ignorò, rivolgendosi invece a Pinocchio.

-Temo abbiate fatto molta strada per nulla, non potete incontrarlo-

-Non ascoltarla…- urlò Gatto.

-È perfida…- gli fece eco Volpe.

-E per quale motivo?- domandò Pinocchio facendo segno ai due di rimanere in silenzio.

-La Regina di Cuori l’ha fatto incarcerare nelle segrete del castello, per sempre-

L’ex burattino si grattò il mento, pensieroso.

-Un’accusa molto grave, ha forse ucciso qualcuno?-

-Si, il Re di Cuori, almeno dice lei, ma io non ci credo- rispose Lepre Marzolina chinando il capo.

Udendo quelle parole, Volpe spiccò un balzo in avanti.

-Sta mentendo, Pinocchio. Il Re è la persona più buona che esista, perché avrebbe dovuto farlo?-

-La Regina ha un amante, un certo Rocco. È arrivato non molto tempo fa, dal mondo degli umani. Sembra abbia dei poteri molto forti, e sospetto sia stato lui, aizzato dalla Regina stessa, ad assassinare il Re. Salvo poi accusare il povero Cappellaio Matto- disse Lepre con foga.

Rocco. Dove aveva già sentito quel nome? Pinocchio non lo ricordava, ma ci avrebbe pensato più tardi.

-Dobbiamo liberarlo, e tu ci aiuterai- disse invece.

-Impossibile. Le segrete sono inespugnabili, e quella in cui è rinchiuso il Cappellaio Matto è guardata a vista dai soldati della Regina, sarebbe un suicidio-

-Ma sono fatti di carta!- intervenne Gatto che, nel frattempo, li aveva raggiunti incespicando più volte.

-La Regina ha obbligato Cappellaio Matto a fare un incantesimo su di loro; adesso sono in carne ed ossa, proprio come quel Rocco- rispose Lepre Marzolina.

-Bando alle ciance! Soldati o meno, noi libereremo Cappellaio Matto e lo porteremo con noi-

 

 

La grotta si dipanava in numerosi cunicoli, tuttavia Lepre Marzolina sembrava conoscere molto bene la via da seguire. Dopo aver camminato per una mezz’ora, si fermò di colpo e fece loro cenno di restare in silenzio. In lontananza, si udì uno sferragliare continuo e qualcuno che dava ordini secchi.

-Da quando è arrivato, Rocco non fa altro che far esercitare i soldati- bisbigliò Lepre.

Improvvisamente, Pinocchio rammentò.

-Ma si tratta forse di quell’attore hard?-

-Hard?- fece Volpe

-E cosa significa?- rincarò Gatto.

Lepre Marzolina annuì.

-Proprio lui. Pare che abbia qualcosa di mostruoso tra le gambe, ma io non l’ho mai visto-

Gatto e Volpe si guardarono, poi esplosero in una fragorosa risata.

-Proprio come te, Pinocchio, almeno una volta- disse Volpe asciugandosi le lacrime.

-Vero, devi sapere cara Lepre, che…- proseguì Gatto.

-State zitti!- lo interruppe Pinocchio.

-Se dite ancora una sola parola, vi scuoio vivi e uso il vostro pelo come straccio per la polvere!- ringhiò.

Intimoriti, i due compari non replicarono.

-Allora, spero esista un passaggio per arrivare al castello senza essere notati-rivolgendosi quindi a Lepre.

-Certo, e sbuca direttamente alle segrete solo che, per aprire l’ultima porta, bisogna risolvere un indovinello-

-E quale sarebbe?-

-Cos’hanno in comune un corvo e uno scrittoio?- disse Lepre.

Pinocchio la fissò, sembrava perplesso.

-Ma che razza di indovinello è, non c’è una risposta!- disse infine.

-Bisogna trovarla, altrimenti Cappellaio Matto resterà prigioniero per sempre- sentenziò Lepre Marzolina.

 
 
 

Pinocchio 2.0 (Quarto Capitolo)

Post n°1318 pubblicato il 29 Dicembre 2016 da contastorie1961

Fata provò paura. Nonostante sapesse quali poco di buono fossero quei due, la minaccia sembrava autentica.

-Voi…voi non farete nulla che…che…-

Un rumore, alle sue spalle, le spezzò le parole in gola.

Ripresi i sensi, Pinocchio si mise a sedere e guardò tutti con uno sguardo stupito.

-Toh, guarda un po chi si rivede, i due fetenti che volevano fregarmi!-

Sentendo la sua voce, Gatto arretrò di colpo rischiando di incespicare in una sedia. Volpe invece, saltò di nuovo sulla credenza e arruffò il poco pelo rimasto.

-Cosa credete di fare, avanzi di galera che non siete altro!-disse avanzando deciso verso Gatto.

-Uauauauauauuuu….-il verso, fece voltare tutti verso la credenza.

Tenendosi la pancia, Volpe stava indicando il basso ventre dell’ex burattino.

-Che ti è successo pezzo di legno, hai forse perso i gioielli di famiglia?-

Paonazzo e incredulo Pinocchio abbassò lo sguardo e, istintivamente, si coprì con le mani.

-Oh mio dio…Fata…cosa…cosa…-le parole faticarono ad uscire dalla sua bocca.

-Non lo so, Pinocchio…io…io…-rispose Fata con le lacrime agli occhi.

Lo squarcio nei pantaloni si era aperto nuovamente, mostrando in maniera inequivocabile il danno subito.

-Fata!-gridò Pinocchio impallidendo.

Balzando giù dalla credenza, Volpe si mise in mezzo ai due.

-C’è che hai perso il pisello amico mio e la responsabile, a quanto pare, è colei a cui ti sei affidato…-disse indicando la donna -…solo noi, ancora una volta, possiamo aiutarti-

Frastornato, Pinocchio guardò Fata con un’epressione indecifrabile.

-Perché, Fata, perché?-chiese con un filo di voce.

-Non ascoltarli, ti stanno tendendo ancora un tranello, ed io sono in grado di rimediare, è una promessa!- ribatté Fata, disperata.

-È la seconda volta, Fata, non ci credo più-

-Solo una persona potrebbe risolvere il tuo problema-intervenne Gatto a questo punto.

-E chi sarebbe?-

-Pinocchio, non farti tentare, ascoltami!-lo implorò Fata.

-Lasciali parlare, Fata, voglio sentire cos’hanno da dirmi-

Acquistando coraggio, Volpe si avvicinò.

-C’è una persona, in un paese non molto lontano, che sembra poter curare queste cose-disse in tono mellifluo.

-Non tirarla troppo per le lunghe e vieni al sodo, Volpe, sai che non mi piacciono questi giochetti-

-Il Cappellaio Matto, mai sentito parlare?-

-Oh mio Dio!-proruppe Fata –Quel pazzo suddito della Regina di Cuori, un fallito dedito solo a gozzovigliare e a proporre indovinelli assurdi!-

-Esatto, cara la mia fatina-disse Volpe con un ghigno.

-Solo che lui, cosa a molti sconosciuta, possiede vere doti magiche, al contrario delle tue!-

Sconcertato da quelle parole, Pinocchio alzò un braccio a interrompere quello scambio.

-Calma… calma. Ma voi state parlando del Cappellaio di Alice, nel vicino paese delle Meraviglie?-

-Risposta esatta!-urlò Gatto tutto entusiasta.

-Nonostante le maldicenze,ha acquisito potere e sembra sul punto di diventare il Re supremo, cosa aspetti ad affidarti a lui?-

-Non credergli, Pinocchio, ti stanno ancora attirando in una trappola!-intervenne ancora Fata.

-Basta! Tu mi hai ridotto in questo stato, perché dovrei ancora crederti?-

-Perché ti voglio bene- disse Fata chinando la testa.

-Anch’io te ne voglio, ma a questo punto non riesco più a fidarmi di te. Sarà il trascorrere del tempo, sarà la tua nuova vita, ma capisco che mi devo rivolgere ad altri. Comunque non devi preoccuparti; se questi due cialtroni hanno mentito, ti giuro che la pagheranno molto cara!-disse prendendole le mani.

-A presto, Fata, abbi cura di te-

-Stai attento, tesoro mio-rispose Fata abbracciandolo con trasporto.

***

Il sentiero era polveroso e stretto. Camminando nel fitto sottobosco, Pinocchio teneva costantemente d’occhio Volpe, che faceva strada. Gatto chiudeva il gruppetto, bestemmiando affinché lo aspettassero.

-Smettila di lamentarti, gattaccio…-lo rimbeccò Volpe-…ormai dovresti conoscerla ad occhi chiusi questa strada!-e giù con una fragorosa risata.

-Bastarda!-ringhiò il felino agitando il bastone nell’aria.

Camminarono per circa un paio d’ore poi, superata una collina fitta di querce e alberi secolari, spuntarono in una vasta radura.

-Ecco la valle-disse Volpe.

-Al di la di quelle rocce che vedi sullo sfondo, c’è il passaggio che porta nel Paese delle Meraviglie, sei pronto?-

Pinocchio scrutò nell’oscurità che stava scendendo rapidamente.

-Ero pronto già da prima, ma vi ripeto una cosa. Se state cercando di fregarmi, vi giuro che vi ammazzo con le mie mani-

-Uomo di poca fede!-sibilò Gatto.

-Siamo sulla stessa barca…-proseguì Volpe-…e se tu non ti sei più fidato di Fata, perché avremmo dovuto farlo noi?-

-Temo quello che vorreste in cambio, voi siete due delinquenti patentati!-rispose Pinocchio.

-Il tempo cambia le persone, e Fata ne è un buon esempio. Non possiedi più i zecchini, e nemmeno ci interessa sotterrarli, come ti facemmo credere un tempo. Vogliamo solo tornare indietro, se è possibile-

L’ex burattino lo squadrò a lungo, poi si incamminò.

-Nutro ancora forti dubbi, ma prima di decidere voglio conoscere questo Cappellaio Matto, andiamo-

 
 
 

Aspettando il 2017... ti scrivo.

Post n°1317 pubblicato il 26 Dicembre 2016 da lascrivana

 

Ti scrivo

perché mi và

Perché se non lo faccio

la distanza non si accorcerà

Ti scrivo perché è quello che mi resta

quando tutti gli invitati avranno lasciato a festa

Non sentirti usato dal mio atteggiamento

non mi servo di te a mio piacimento

Sei  il mio caro blog 

l'amico sincero

che conosce tutto di me

persino ogni mio piccolo pensiero.

E prima che un altro anno ci venga a lasciare

Accogliamo con gioia quello che sta per arrivare

E insieme auguriamo a chi passa di quà

Un buon 2017 ricco di umanità.

 

 

 

 
 
 

Pinocchio 2.0 (Terzo Capitolo)

Post n°1316 pubblicato il 24 Dicembre 2016 da contastorie1961

Dopo aver fatto stendere Pinocchio sul letto, Fata Turchina aprì un armadio e vi rovistò dentro a lungo. Quando si voltò, tra le mani stringeva una vecchia bacchetta magica color argento e un antico testo dalla copertina consunta.

-L’ultima volta che li usai su di te fu un mezzo disastro, vediamo se riesco a rimediare- disse con un mesto sorriso.

Aperto il libro a una certa pagina, iniziò a recitare la formula che, nelle sue intenzioni e speranze, avrebbe dovuto in qualche maniera essergli d’aiuto. Teso e concentrato, per qualche tempo Pinocchio non avvertì nulla in particolare ma, dopo circa una decina di minuti, un leggero formicolio al basso ventre lo fece sussultare.

-Fata, credo che…che…-

Non riuscì a finire la frase.

Un terribile fracasso, fatto di starnazzare d’anatre, urla disumane e scalpiccio di piedi, li fece voltare entrambi verso la porta. Che si aprì con estrema violenza, andando a sbattere contro la parete tra il cigolare dei cardini. E con altrettanta furia si richiuse un istante dopo, lasciando Fata Turchina con la bacchetta a mezz’aria e gli occhi spalancati.

-Gatto…Volpe! Cosa ci fate qui!?- disse con voce strozzata. Anche Pinocchio rimase a bocca aperta, ma il fastidio all’inguine stava aumentando a dismisura tanto da impedirgli di proferire parola.

Togliendosi piume e terriccio dagli abiti, i due compari sospirarono di sollievo.

-Quelle non sono anatre, ma killer professionisti!- disse il Gatto.

-Per fortuna c’ero io, altrimenti saresti diventato il loro pasto, quest’oggi!- aggiunse la Volpe.

Solo in quel momento si accorse di Pinocchio che, stravolto dal dolore, si contorceva sul letto.

-Ehi, Gatto, indovina un po chi è venuto a trovare la fatina?-

-E smettila con i tuoi soliti giochetti, Volpe, chi diavolo c’è?-

-Colui che, insieme alla nostra fatina, ha contribuito a ridurci così, pensi di conoscerlo?-

-Pinocchio!- gridò il Gatto iniziando a menare fendenti col bastone bianco.

Sconcertata, Fata Turchina, riportò la propria attenzione sull’ex burattino, ormai cianotico.

-Credevo fossero in prigione, io…io…non capisco- accorgendosi solo in quel momento delle condizioni dell’ex burattino. In tutta fretta, raccolse il libro cadutole di mano e cercò di proseguire con la formula ma.

 

Pur essendo vecchia, spelacchiata e senza coda, Volpe balzò su di lei strappandole la bacchetta di mano; nello stesso istante, Pinocchio lanciò un urlo straziante e perse i sensi.

-Cosa sta succedendo, dimmelo Volpe!- gridò Gatto.

-C’è che finalmente possiamo vendicarci, Gatto, due piccioni con una fava!- rispose Volpe andando a rifugiarsi sopra la dispensa.

Infuriata, Fata gli puntò un dito contro.

-Restituiscimi subito la bacchetta o ti incenerisco quei quattro peli che ti sono rimasti!- ringhiò.

-Senza di questa non sei nessuno, solo una contadina bassa e grassa- la canzonò.

-Stai attento a Pinocchio, da quando è diventato umano si crede Superman- lo mise in guardia Gatto.

-Tranquillo amico mio, sembra che attualmente abbia dei grossi problemi e dorme della grossa-

-Legalo allora, così staremo più tranquilli-

-Lo farà la nostra amata fatina se non vuole finire male, non è vero?-

Livida di rabbia, ma consapevole di cosa sarebbero stati capaci di fare quei due, Fata Turchina fu costretta ad ubbidire. Recuperata una robusta corda, legò mani e caviglie dell’ex burattino, ancora nel mondo dei sogni. Solo in quel momento si accorse che qualcosa era andato nuovamente storto, e capì anche il motivo delle sue urla.

I pantaloni si erano lacerati, lasciando intravedere la pelle nuda sotto la stoffa. Portandosi una mano alla bocca, riuscì tuttavia a soffocare un gemito di disperazione.

L’orgoglio di Pinocchio, lo strumento di lavoro, oltre che di piacere, non c’era più…sparito!

-Ehi, che stai guardando di così interessante; vai a dare un’occhiata, Gatto- disse Volpe.

-Ma mi stai prendendo per il culo? Vacci tu a vedere, e io ho fame; è da quando siamo fuggiti di prigione che non mettiamo niente sotto i denti-

Approfittando di quello scambio, Fata Turchina aggiustò alla meno peggio lo squarcio nei pantaloni e si alzò di scatto.

-C’è del pane in dispensa, servitevi da soli e poi andatevene-

Barcollando, Gatto fece qualche passo in avanti.

-Forse non hai capito una cosa, ex fatina; non sei più tu a dettare le condizioni, adesso-

-Appunto, visto che l’abbiamo noi la bacchetta dalla parte del manico- aggiunse Volpe per poi scoppiare in una risata sguaiata.

Fremendo, Fata Turchina alzò il mento.

-Cosa volete da me?-

-Diglielo tu, Gatto- rispose Volpe saltando già dalla dispensa e aprendone un anta.

-Io voglio tornare a vedere, e Volpe rivuole la sua bellissima coda e il pelo lucido, semplice no?-

-Se non mi ridate la bacchetta, potrò fare ben poco-

-Forse non hai capito. Dovrai insegnarmi a usarla e a leggere il libro degli incantesimi- aggiunse Volpe.

-Ma voi siete dei poveri pazzi, non sono cose che si insegnano, ci si nasce con questo dono!-

In questo caso, il tuo caro Pinocchio passerà dal sonno alla morte, è inevitabile- concluse Gatto con un ghigno.


 
 
 

Pinocchio 2.0 (Secondo Capitolo)

Post n°1315 pubblicato il 20 Dicembre 2016 da contastorie1961

Come sempre, una silenziosa quanto discreta cameriera filippina, l’introdusse nel salone per poi scomparire dietro una porta. Conoscendo ormai a memoria tutti i particolari di quella parodia, si avvicinò al divano e reprimette a stento una smorfia. Il costume, sempre lo stesso, era stato accuratamente adagiato sulla spalliera e sembrava fissarlo con ironia.

-Su, su, Pinocchio…in fondo la signora paga profumatamente-

Sospirando, si spogliò velocemente e indossò l’orribile perizoma maculato e la maschera nera da Zorro. Fece quindi in tempo a scolarsi almeno tre cocktail prima che, dal fondo della sala, Olga fece la propria apparizione. Per poco, il bicchiere non gli cadde di mano. Incurante dell’effetto suscitato, la donna avanzò nella sua direzione lentamente e con movimenti sinuosi e provocanti.

Ormai avrebbe dovuto essere abituato ai suoi stravaganti travestimenti, ma l’abito che indossava era la prima volta in assoluto che glielo vedeva addosso. Di un azzurro chiaro, completamente trasparente, lasciava intravedere il corpo che ben conosceva; sodo e ancora in perfetta forma. Ciò che stonava però, erano la parrucca di un terribile color viola e la bacchetta magica argentata; si era travestita da Fata Turchina!

Pur non avendo mai avuto problemi ad agire a comando, per la prima volta da quando aveva intrapreso quell’attività la fonte del proprio guadagno parve non voler reagire. Moscio, indifferente, privo di vita. Costernato, alzò lo sguardo incrociando quello interrogativo di Olga.

-Non preoccuparti, sono solo un po’ stanco- disse prendendole la mano e attirandola sul divano. Ma, nonostante l’impegno e i buoni propositi, si rivelò tutto inutile. Il fedele compagno l’aveva abbandonato, e proprio con quella più danarosa! Senza scomporsi, Olga si alzò e lo guardò con sussiego.

-La nostra frequentazione termina in questo stesso momento. Ines ti accompagnerà alla porta per l’ultima volta, addio- e si allontanò.

Ammutolito, Pinocchio le corse dietro e l’afferrò per un braccio.

-Io…io…non accadrà più, ti prego- balbettò.

Liberandosi con uno strattone, la donna lo fissò con disprezzo.

-Ho detto che è finita, mi sembra chiaro e inoltre, visto che insisti, t’informo che farò di tutto per rovinarti la reputazione, sei finito bello mio- quindi, con un fruscio di seta, si richiuse la porta alle spalle.

*******

Poco più tardi, in macchina, Pinocchio sfogò la propria frustrazione percorrendo a tutta velocità i viali a quell’ora deserti. Non riusciva ancora a capacitarsi di aver fallito, ma ciò che lo rendeva furioso era stato l’atteggiamento di Olga; come si era permessa quella vecchia gallina? Sempre più nervoso, decise che l’avrebbe fatta ricredere ma, prima, avrebbe dovuto fare una verifica. Imboccata una strada nota per la frequentazione di prostitute, ne scelse una a caso e, dopo una breve contrattazione, la fece salire in macchina.

Poco più tardi, la giovane lo stava fissando con ironia.

-Ehi, bello, è quasi mezz’ora che cerco di far resuscitare i morti, che facciamo?- disse in tono canzonatorio.

-Ed è un vero peccato sai? Con l’attrezzo che ti ritrovi, potresti guarire molte donne dalla depressione!- e giù in una fragorosa risata.

Dopo averla pagata ugualmente tornò verso casa, questa volta a velocità moderata. Cosa diavolo stava succedendo? Rimuginandoci sopra, giunse alla conclusione che la colpa fosse tutta di Olga; come le era venuto in mente di agghindarsi a quel modo? Il solo pensiero di giacere con la fotocopia, mal riuscita tra l’altro, di colei che l’aveva prima salvato, e poi trasformato in umano, lo fece inorridire.

Il senso di colpa lo assalì senza alcun preavviso, a tradimento. Nonostante la vera Fata Turchina lo chiamasse spesso, erano ormai secoli che non andava a farle visita, ma gli impegni erano tanti, e una scusa per rimandare la trovava sempre. Dopo quella sera però, era necessario che andasse a trovarla, solo lei avrebbe potuto aiutarlo. Con quella certezza, fece una rapida inversione e si diresse verso l’autostrada.

*******

Intenta ad attizzare la legna nel camino, non si accorse della porta che si apriva e richiudeva.

-Ciao-

Sobbalzando, Fata Turchina si girò di scatto e spalancò gli occhi.

-Pinocchio, tesoro!-

Sollevando la gonna, gli corse incontro per poi abbracciarlo con calore.

-Sei sempre più bello, come stai?-

Poco più tardi, davanti all’abbondante colazione che aveva preparato, Pinocchio le raccontò l’esperienza vissuta.

-Sai che non ho mai approvato le tua scelte di vita, ma sono solo io la responsabile di ciò che è accaduto-

Pinocchio le prese la mano.

-No, non dire così, tu mi hai fatto rinascere!-

-Questo è vero, ma se non avessi sbagliato la formula, ora non ti ritroveresti quel coso enorme in mezzo alle gambe. Purtroppo si è trattato di un incantesimo complicato, e rifarlo potrebbe comportare rischi altissimi-

L’ex burattino la fissò a lungo.

-Non so fare altro che quel lavoro, ti prego-

-Potrebbe non funzionare una seconda volta, e i rischi sono altissimi-

-Sono disposto a correrli, procediamo-

 
 
 

Il mediatore.

Post n°1314 pubblicato il 19 Dicembre 2016 da lascrivana

Da qualche giorno ho cambiato il “mi descrivo” del mio profilo, per sostituirlo con una mia filosofia di vita: “Non mostrare il tallone di Achille per insegnare alle persone come colpire; bensì la forza dei capelli di Sansone, per  fargli sapere  come difendersi.” Ha un senso questo mio dire, e ha che fare con il compito svolto del mediatore. 

Il mediatore è una figura retorica che ha l’ardire di interporsi tra due individui o gruppi, contrastanti tra loro.

Le diverse idee, ragioni sociali, politiche o lavorative, spesso danno adito a delle azioni equivoche che portano a una discussione. Il compito del mediatore, è quello di far giungere i due litiganti a un compromesso che smorzi i toni battaglieri. Di solito si sceglie una persona che è in grado di sedare gli spiriti bollenti con argomenti convincenti per entrambi. Esso per raggiungere brillantemente l’obiettivo, deve ragionare senza schierarsi da nessuna parte.

E’ importante che focalizzi le forze di entrambi per poterli portare sullo stesso piano, e rilevarne l’importanza della collaborazione pacifica.

Se il mediatore, invece di rilevare i punti di forza (che sarebbero le azioni positive di entrambi) rivela i punti deboli (in questo caso, gli aspetti negativi) ottiene il risultato contrario. Entrambi si concentreranno solo sulle proprie ragioni, che a modo loro sono valide, e dimenticheranno presto i benefici ottenuti dalla loro unione.

Rilevare i punti di forza, a mio modesto parere, rende le persone vincenti. Entrambi, nonostante le divergenze che li hanno portati alla discussione, saranno costretti alla riflessione.

E’ un espediente che adotto per me stessa in qualsiasi ambito.

Quando le azioni compiute da un altro nei miei confronti le ritengo offensive, prima di troncare una qualsiasi relazione, rifletto su quello che di buono insieme abbiamo costruito; se la bilancia pende più sul bene, trovo il modo di raggiungere un accordo pacifico.

Se il mediatore gioca bene le sue carte, allora non potrà che uscirne un’unione vincente e proficua; altrimenti la sorte si lascia al caso.

La nostra politica manca di buoni mediatori; se ne avesse avuti, l’Italia sarebbe stata una nazione Vincente.

Laura 

 
 
 

Presentazione del Pinocchio rivisto di Danio Mariani.

Post n°1313 pubblicato il 18 Dicembre 2016 da lascrivana

Immagino tutti quanti ricorderete il mitico Pinocchio di Comencini. Un film ben fatto, con delle sigle coinvolgenti, che anche a distanza di anni riesce a farti riprovare le stesse magiche sensazioni. Quando vidi il film per la prima volta ero poco più che una bambina. All’epoca era anche più facile immedesimarti nel povero Geppetto interpretato da un magnifico Nino Manfredi. Ricordo che era il mese di Gennaio, e il freddo pungente di quel periodo ti entrava nelle ossa. Nemmeno quel vecchio camino difettoso che faceva uscire un sacco di fumo, riusciva a riscaldarci. In casa eravamo in tanti, e le coperte non erano più sufficienti; così per stare più caldi nel letto, dovevamo buttarci addosso dei vecchi cappotti –che puntualmente il mattino ritrovavamo per terra- sembrava davvero un accampamento di profughi.

E noi capivamo quel povero Geppetto infreddolito che per coprirsi aveva usato la carta di giornale. Battevamo i denti con lui; nonostante tutto, ricordo quel periodo come uno dei più belli della mia infanzia. Quanto tempo è passato da allora? Tanto, troppo.  E ora chi t’incontro? 

Il mio caro amico scrittore Danio Mariani che mi sconvolge tutta la storia. Mi trasforma uno dei miei miti più grandi, la persona più sincera che abbia conosciuto, il mio caro Pinocchio in un gigolò che fa un baffo a Rocco Siffredi.

 

Danio ricompare sulle scene di questo blog, dopo lunghi mesi di assenze, e riempie il nostro Natale con una storia esilarante.  Poiché lui ha avuto l’ardire di lanciare la sua storia sul mio blog, ogni volta dovrò intervenire per riportare tutti i lettori sulla retta via, ricordando il coraggio di Geppetto e la sincerità di Pinocchio, poiché a parer mio, è stato l’unico bambino che non poteva mentire senza esser scoperto per via del naso che cresceva a dismisura per ogni bugia.

Laura

 
 
 

Pinocchio 2.0 (Primo Capitolo)

Post n°1312 pubblicato il 17 Dicembre 2016 da contastorie1961

Pinocchio si alzò dalla poltrona e raggiunse lo specchio. Del burattino fattosi umano, grazie al provvidenziale intervento della Fata Turchina, non rimaneva nulla. Alto e slanciato, portava con estrema eleganza jeans strappati e una camicia bianca, aperta sul davanti, che ne esaltava i pettorali scolpiti. I capelli, non troppo lunghi e tagliati alla moda, incorniciavano un volto simpatico e bello, anzi, molto più che bello. Sorridendo all’immagine riflessa, ripensò agli  avvenimenti che avevano causato tutto ciò.

Mentre il Gatto e la Volpe meditavano sulle loro malefatte in prigione, la Fata Turchina si era ritirata in una fattoria in compagnia di galline e maialini da accudire. Ormai era diventata una graziosa signora di mezz’età, dal volto roseo e i capelli grigi raccolti in una crocchia. Mangiafuoco, dopo aver esagerato con la benzina, si era procurato gravi lesioni alle corde vocali e si era arruolato nei pompieri. Il Grillo Parlante era sparito dalla circolazione, così come tutti quelli che, in un modo o nell’altro, avevano popolato la sua esistenza, compreso Geppetto, suo padre. Ogni tanto, il ricordo della sua scomparsa riaffiorava subdolo, ma aveva anche imparato a ricacciarlo indietro, non voleva esserne succube.

Seguendo un rito consolidato, aprì un cofanetto e iniziò a indossare i propri gioielli. Il braccialetto d’oro, con incisa l’iniziale del proprio nome, andò ad avvolgergli il polso. Passò quindi alla catenina, anch’essa in oro, che agganciò senza difficoltà e si lasciò scivolare sul petto ricoperto da una rada peluria. Per ultimo, indossò l’orecchino con diamante annesso, uno degli ultimi regali in ordine di tempo. Già, i regali, riconoscimenti costosi come l’appartamento in cui si trovava, un attico in pieno centro. Soddisfatto, indossò una giacca color aragosta, prese le chiavi della macchina e si richiuse la porta alle spalle.

Pinocchio era un gigolò, e ne andava anche fiero. E ricordava anche, con esattezza, chi l’avesse reso cosciente delle proprie possibilità. Sino a quel momento infatti, il sesso era stato un vero e proprio tabù per lui. Fuggito dai luoghi che l’avevano visto infelice, aveva vagato per un tempo imprecisato prima di fermarsi in quella città sconosciuta. E qui, in una sera fredda e piovosa, aveva conosciuto Mira, la donna che avrebbe cambiato in maniera determinante la sua vita.

Proprietaria del locale in cui si era intrufolato per scaldarsi, l’aveva adocchiato sin da subito e gli si era avvicinata con fare sornione. Bionda e formosa, si era quindi seduta sopra lo sgabello accanto al suo e aveva accavallato le lunghe gambe. Nonostante non fosse più di primo pelo, e il trucco svolgesse un lavoro più che dignitoso, a quella vista Pinocchio aveva avvertito un formicolio sconosciuto all’altezza del ventre.

-Ciao, da dove vieni, non mi sembra d’averti mai visto prima d’ora-

Il suono della sua voce era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Il formicolio, si era ben presto tramutato in qualcosa di turgido e potente tanto che aveva temuto per la stoffa dei pantaloni. Spalancando gli occhi, la donna aveva osservato quella trasformazione passandosi la lingua sulle labbra socchiuse. Chiaramente in difficoltà, Pinocchio aveva cercato di coprirsi con le mani, col solo risultato di piombare giù dallo sgabello e finire lungo e disteso sul pavimento. Poche ore più tardi, rimasto solo in una stanza sopra il locale, si era chiesto se ciò che stesse facendo fosse la cosa giusta.

-Non ho mai visto una cosa simile! Tu sei un prodigio della natura, ragazzo!- aveva esclamato estasiata una volta che, non senza difficoltà, l’aveva condotto in quella stessa stanza convincendolo a spogliarsi.

-Hai mai sentito parlare di Rocco?- gli aveva chiesto senza staccare gli occhi dal suo inguine.

Di fronte al suo diniego, era scoppiata in una fragorosa risata e aveva iniziato a saltellare come una bambina.

-Ecco, lui non è nessuno nei tuoi confronti. Ascoltami bene, ragazzo-

Tutto era cominciato così, con una sorta di contratto mai stipulato con Mira. Abile nelle parole, l’aveva convinto che avrebbero potuto ricavare una fortuna dal tesoro che teneva tra le gambe. Lei sarebbe stata la mente e gli avrebbe procurato la merce “tutte sopra i cinquanta e insoddisfatte” gli aveva assicurato, e lui sarebbe stato il braccio, e che braccio! Aveva concluso ridendo ancor più forte. Pinocchio aveva esitato; non era mai stato con una donna, e sinceramente non capiva i discorsi di Mira ma, alla fine, aveva accettato.

Ingranando la marcia, si immise nel traffico e accese la radio. Quella sera, avrebbe dovuto recarsi appena fuori città, in una villa che conosceva molto bene. La proprietaria, una vedova di circa sessant’anni ma ancora avvenente, era anche la titolare di una rinomata catena d’alberghi. Fantasiosa ed esigente, non lesinava sui regali, ma andava letteralmente in bestia se non si sottostava alle sue regole.

Arrivato davanti al cancello, parcheggiò la macchina e scese. Un’altra serata stava per iniziare.


Danio Mariani.

 
 
 

Vento di Natale

Post n°1311 pubblicato il 15 Dicembre 2016 da lascrivana

Guardando fuori le case avvolte da una fitta nebbia, mi sembrò di rivedere le pareti annerite della vecchia cucina di campagna, in una lontana sera della vigilia di Natale. Mentre fuori il tempo imperversava violentemente sulla natura e sulle case, l’odore acre del fumo che fuori usciva dal caminetto mi riempiva le narici, facendomi lacrimare persino gli occhi. Ricordo di essermi avvicinata alla finestra giusto il tempo di vedere il gigantesco albero che sovrastava la casa, piegarsi in due,  per poi finire sradicato dal vento.

Abbandonai subito l’idea di aprire le imposte per cambiare l'aria.

Rattristata, osservai impotente la morte dell’ulivo che più volte ci aveva servito gratuitamente i suoi frutti.  Sapevo che anche dopo la morte avrebbe continuato a fare il suo dovere: il robusto tronco avrebbe fornito legna a sufficienza per riscaldare i nostri freddi inverni; mentre i rami, una volta rinsecchiti e ridotti a fascine, sarebbero  bruciati nel forno di mattoni cotti che serviva alla cottura del pane.

Mi riavvicinai al cammino per rimuovere la legna, con l’assurda speranza di riuscire a incanalare il fumo nella cappa, poiché il vento contrario lo rimandava indietro.

Dopo inutili tentativi, rassegnata mi avvicinai al cestino dei mandarini posato sul tavolo imbandito a festa, ne presi uno e lo sbucciai.

Lanciai la scorza tra le fiamme crepitanti, e mi lasciai deliziare dalla fragranza agrodolce che esalò nell’aria,  e che in parte smorzò lo sgradevole odore del fumo.

Mi sedetti sulla vecchia poltrona di pelle vicino al fuoco, e posai lo sguardo sull’albero di Natale che brillava in un angolo della stanza; spostandolo subito dopo sul presepe. Quel paesaggio fiabesco non aveva risentito per nulla del brutto tempaccio. Così mentre fuori il vento ululava inquieto, accovacciata sul divano, mi abbandonavo alla magia del sogno accompagnata da un antica melodia.

 Laura 

 
 
 

La letterina al nostro papà governo

Post n°1310 pubblicato il 13 Dicembre 2016 da lascrivana
 

Prima di scrivere a Babbo Natale vorrei rivolgere una preghiera al governo.

Governo nostro

Che sei al potere

Sia glorificato il tuo nome

Se accetti di venirci incontro con

Le

nostre richieste

Rimetti a noi tutti i debiti (equitalia)

Come noi li rimettiamo a te (tasse e soprattasse)

Dacci il nostro pane quotidiano

Quello che il nostro salario dovrebbe consentirci di comprare

Con un dignitoso lavoro

Non c’indurre nella tentazione di copiarti

Poiché tu rubi tutti i nostri guadagni

con le continue spese che t’inventi.

Ricordati

che noi ti paghiamo le tasse anche quando andiamo al cesso

(fognatura, acqua, iva della carta igienica e del sapone)

Hai la tua percentuale quando compriamo un nuovo giochino

(cellullari, smartphone, computer, tablet, e via discorrendo)

Hai i nostri generosi avanzi quando decidiamo di andare a mangiare al ristorante

Anche quando ci concediamo un’ora

 di relax in un centro benessere.

Per non parlare di quando carburiamo l’auto

Ti copriamo d’oro.

E ora con una nuvola di fumo di prezioso tabacco

Ci auguriamo che tu ci faccia trascorrere un Buon Natale

E un felice Anno nuovo dividendo con noi i tuoi lauti compensi.

Laura

A proposito, dimenticavo la lettera di Babbo Natale.

Caro Babbo Natale, quest'anno ti chiedo solo due cose:

1)Il vestito magico di Robin Hood per rubare ai ricchi e dare ai poveri;

2) Una bilancia per pareggiare i conti, poiché pende sempre dalla parte dei ricchi.

Ps: condividete e scrivete amen. 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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