Aggiornamento in Infettivologia: Infezione ricorrente da Clostridioides difficile

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SER-109, una terapia del microbioma orale per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile

Le attuali terapie per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile non affrontano il microbioma perturbato, che supporta la germinazione delle spore di Clostridioides difficile in batteri produttori di tossine.
SER-109 è un microbioma terapeutico sperimentale composto da spore di Firmicutes purificate per il trattamento dell’infezione ricorrente da Clostridioides difficile.
È stato condotto uno studio di fase 3, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo in cui i pazienti che avevano avuto tre o più episodi di infezione da Clostridioides difficile ( incluso l’episodio acuto qualificante ) hanno ricevuto SER-109 o placebo ( 4 capsule al giorno per 3 giorni ) dopo il trattamento antibiotico standard.
L’obiettivo primario di efficacia era mostrare la superiorità di SER-109 rispetto al placebo nel ridurre il rischio di recidiva dell’infezione da Clostridioides difficile fino a 8 settimane dopo il trattamento.
La diagnosi mediante test delle tossine è stata eseguita all’ingresso dello studio e la randomizzazione è stata stratificata in base all’età e all’agente antibiotico ricevuto.  
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SER-109, una terapia del microbioma orale per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile

Le attuali terapie per l’infezione ricorrente da Clostridioides difficile non affrontano il microbioma perturbato, che supporta la germinazione delle spore di Clostridioides difficile in batteri produttori di tossine.
SER-109 è un microbioma terapeutico sperimentale composto da spore di Firmicutes purificate per il trattamento dell’infezione ricorrente da Clostridioides difficile.
È stato condotto uno studio di fase 3, in doppio cieco, randomizzato, controllato con placebo in cui i pazienti che avevano avuto tre o più episodi di infezione da Clostridioides difficile ( incluso l’episodio acuto qualificante ) hanno ricevuto SER-109 o placebo ( 4 capsule al giorno per 3 giorni ) dopo il trattamento antibiotico standard.
L’obiettivo primario di efficacia era mostrare la superiorità di SER-109 rispetto al placebo nel ridurre il rischio di recidiva dell’infezione da Clostridioides difficile fino a 8 settimane dopo il trattamento.
La diagnosi mediante test delle tossine è stata eseguita all’ingresso dello studio e la randomizzazione è stata stratificata in base all’età e all’agente antibiotico ricevuto.
Clostridioides difficile.
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Aggiornamento in Infettivologia: Infezioni fungine nei pazienti COVID

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Infezioni fungine nei pazienti ventilati meccanicamente con COVID-19 durante la prima ondata: studio MYCOVID

I pazienti con forma grave di COVID-19 sono emersi come una popolazione ad alto rischio di infezioni fungine invasive.
Tuttavia, la prevalenza delle infezioni fungine invasive non è stata ancora valutata in ampie popolazioni di pazienti ventilati meccanicamente.
Sono stati identificati prevalenza, fattori di rischio e mortalità associati alle infezioni fungine invasive nei pazienti ventilati meccanicamente con COVID-19 in terapia intensiva.
È stato condotto uno studio di coorte osservazionale nazionale multicentrico in 18 Unità di terapia intensiva francesi.
Sono stati arruolati retrospettivamente e prospetticamente pazienti adulti di età maggiore o uguale a 18 anni con infezione da SARS-CoV-2 confermata da RT-PCR e che richiedono ventilazione meccanica per sindrome da distress respiratorio acuto, con tutti i dati di follow-up demografici, clinici e biologici anonimizzati e raccolti.
I pazienti sono stati sistematicamente sottoposti a screening per i microrganismi fungini respiratori una o due volte a settimana durante il periodo di ventilazione meccanica fino alla dimissione dalla terapia intensiva.
L’esito primario era la prevalenza di infezioni fungine invasive in tutti i partecipanti idonei con un minimo di tre campioni microbiologici sottoposti a screening durante il ricovero in terapia intensiva, con aspergillosi polmonare associata a COVID-19 ( CAPA ) accertata o probabile ( pr/pb ) classificata secondo le recenti definizioni ECMM/ISHAM.
Gli esiti secondari erano fattori di rischio di aspergillosi CAPA accertata o probabile, mortalità in terapia intensiva tra i gruppi aspergillosi CAPA accertata o probabile e CAPA non-accertata o non-probabile e associazioni di aspergillosi CAPA accertata o probabile e variabili correlate con la mortalità in terapia intensiva, identificate dai modelli di regressione.

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Aspergillosi polmonare invasiva nei pazienti ricoverati presso l’Unità di terapia intensiva con influenza in forma grave

L’aspergillosi polmonare invasiva si verifica in genere in un ospite immunocompromesso. Da quasi un secolo è stato accertato che l’influenza può avviare le superinfezioni batteriche, ma recentemente a …


 

Associazione tra microcefalia, infezione da virus Zika e altri fattori di rischio

Un’epidemia di virus Zika è emersa nel nord-est del Brasile nel 2015 ed è stata seguita da un notevole aumento dei casi di microcefalia congenita, innescando una dichiarazione di emergenza sanitaria p …


 

Resistenza antimicrobica tra i migranti in Europa

I tassi di resistenza antimicrobica ( AMR ) stanno aumentando a livello globale e si teme che l’aumento della migrazione stia contribuendo all’onere della resistenza agli antibiotici in Europa. Tutta …


 

Le statine non aumentano in modo significativo il rischio di influenza

Sebbene coloro che fanno uso di statine ad alta intensità presentano un rischio maggiore di visite mediche correlate all’influenza dopo la vaccinazione, il rischio per gli utilizzatori di statine di b …


 

I farmaci contro il disturbo da deficit di attenzione e iperattività associati a riduzione del rischio di infezioni sessualmente trasmissibili

Adolescenti e giovani adulti con il disturbo da deficit di attenzione e iperattività ( ADHD ) sono a più alto rischio di infezioni sessualmente trasmissibili più tardi nella vita rispetto a quelli sen …

 

Infezioni respiratorie acute: trattamento antibiotico guidato dai livelli sierici di procalcitonina

E’ stata effettuata una meta-analisi su 6.708 pazienti con infezioni respiratorie, arruolati in 26 studi effettuati in 12 Paesi. Da questa analisi è emerso che la procalcitonina, un biomarcatore i …


 

L’infezione da HBV e HCV associata ad aumentato rischio di malattia di Parkinson

E’ stato riscontrato un sensibile aumento dei tassi di malattia di Parkinson nei pazienti con epatite B ed epatite C. Non è noto se l’associazione possa essere spiegata da fattori connessi all’infezi …


 

Manifestazioni cliniche ed esiti di aspergillosi polmonare

L’aspergillosi polmonare ha decorsi variabili di malattia, gravità ed esiti a seconda delle condizioni di base. Ci sono dati limitati sulle manifestazioni cliniche e sull’esito della aspergillosi po …


 

Malattia meningococcica nei pazienti con infezione da virus della immunodeficienza umana

Anche se il virus dell’immunodeficienza umana ( HIV ) è un fattore di rischio per molte infezioni batteriche, l’associazione tra infezione da HIV e malattia meningococcica rimane non ben definita. …


 

La coinfezione HIV con HCV e HBV associata a rischio di linfoma non-Hodgkin

Uno studio ha mostrato che i pazienti con infezione da HIV ( virus dell’immunodeficienza umana ), che ricevono terapia antiretrovirale presentano un più alto rischio di linfoma non-Hodgkin se hanno un …


 

Associazione tra virus Zika e microcefalia nella Polinesia francese

L’emergere del virus Zika nelle Americhe ha coinciso con un aumento dei casi di bambini nati con microcefalia. Nel 2016, la World Health Organization ( WHO ) ha dichiarato che il legame sospetto tra …


 

Il virus Zika, oltre alla microcefalia, causa altri difetti ai feti

Il virus Zika sembra essere associato a ulteriori difetti alla nascita oltre alla microcefalia, tra cui morte fetale, insufficienza placentare, restrizioni alla crescita fetale e lesioni del sistema n …


 

Fattori di rischio per la mortalità a 30 giorni nei pazienti con polmonite che ricevono terapia antibiotica appropriata in fase iniziale

Appropriati antibiotici, somministrati in fase iniziale, sono essenziali per il trattamento delle malattie infettive. Tuttavia, alcuni pazienti con polmonite potrebbero sviluppare esiti negativi, pu …


 

Eccesso di tumori fra le persone con infezione da HIV negli Stati Uniti

Quasi 900.000 persone negli Stati Uniti vivono con diagnosi di infezione da virus dell’immunodeficienza umana ( HIV ) e con conseguente aumento del rischio di cancro. Non è noto il numero totale di …

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Alcuni sintomi del long-COVID associati agli effetti del virus SARS-CoV-2 sul nervo vago

Da una ricerca è emerso che diversi sintomi del long-COVID potrebbero essere collegati agli effetti del coronavirus sul nervo vago.
Il nervo vago parte dal midollo allungato e si porta, attraverso il foro giugulare, verso il basso nel torace e nell’addome. Svolge un ruolo in diverse funzioni dell’organismo che controllano la frequenza cardiaca, la parola, il riflesso del vomito, la sudorazione e la digestione.
Dallo studio è emerso che le persone con long-COVID potrebbero andare incontro a problemi a lungo termine a livello di voce, difficoltà a deglutire, vertigini, battito cardiaco elevato, pressione sanguigna bassa e diarrea.
I ricercatori dell’ospedale universitario Germans Trias i Pujol in Spagna hanno condotto uno studio per esaminare il funzionamento del nervo vago nei pazienti con long-COVID.
Tra 348 pazienti, il 66%, circa, ha presentato almeno un sintomo che suggeriva una disfunzione del nervo vago.
E’ stata effettuata un’ampia valutazione con imaging e test funzionali per 22 pazienti nel periodo marzo-giugno 2021.
Dei 22 pazienti, 20 erano donne e l’età mediana era di 44 anni.
I sintomi più frequenti legati alla disfunzione del nervo vago erano diarrea ( 73% ), battito cardiaco elevato ( 59% ), vertigini ( 45% ), problemi di deglutizione ( 45% ), problemi di voce ( 45% ) e bassa pressione sanguigna ( 14% ).
Quasi tutti ( 19 su 22 pazienti ) presentavano tre o più sintomi correlati alla disfunzione del nervo vago.
La durata media dei sintomi è stata di 14 mesi.
Sei dei 22 pazienti hanno mostrato, all’esame mediante ultrasuoni, un cambiamento nel nervo vago a livello del collo: ispessimento del nervo vago e una maggiore ecogenicità, ad indicare un’infiammazione.
Inoltre, 10 pazienti su 22 avevano curve diaframmatiche appiattite durante un’ecografia toracica, ad indicare uan scarsa mobilità del diaframma durante la respirazione, e respirazione anormale.
In un’altra valutazione, 10 pazienti su 16 avevano più basse pressioni massime di inspirazione, suggerendo una debolezza nei muscoli respiratori.
Anche l’alimentazione e la digestione erano compromesse in alcuni pazienti, con 13 che hanno segnalato problemi di deglutizione.
Durante una valutazione della funzione gastrica e intestinale, otto pazienti non sono stati in grado di trasferire il cibo dall’esofago allo stomaco come avrebbero dovuto, mentre 9 pazienti hanno manifestato reflusso acido.
Tre pazienti hanno sofferto di ernia iatale.
Anche le voci di alcuni pazienti sono cambiate. Otto pazienti hanno avuto un test anomalo al questionario VHI-10 ( Voice Handicap Index-10 ), che permette di misurare la funzione vocale. Tra questi, 7 pazienti hanno manifestato disfonia o problemi vocali persistenti. ( Xagena2022 )
Fonte: European Congress of Clinical Microbiology and Infectious Diseases, 2022

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Effetti del virus SARS-CoV-2 sul nervo vago & sintomi del long-COVID

Da una ricerca è emerso che diversi sintomi del long-COVID potrebbero essere collegati agli effetti del coronavirus sul nervo vago.
Il nervo vago parte dal midollo allungato e si porta, attraverso il foro giugulare, verso il basso nel torace e nell’addome. Svolge un ruolo in diverse funzioni dell’organismo che controllano la frequenza cardiaca, la parola, il riflesso del vomito, la sudorazione e la digestione.
Dallo studio è emerso che le persone con long-COVID potrebbero andare incontro a problemi a lungo termine a livello di voce, difficoltà a deglutire, vertigini, battito cardiaco elevato, pressione sanguigna bassa e diarrea. ( CONTINUA SU INFETTIVOLOGIA.NET )

 

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Aggiornamento in Infettivologia: Long COVID

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Long-COVID ed effetti del virus SARS-CoV-2 sul nervo vago

Da una ricerca è emerso che diversi sintomi del long-COVID potrebbero essere collegati agli effetti del coronavirus sul nervo vago.
Il nervo vago parte dal midollo allungato e si porta, attraverso il foro giugulare, verso il basso nel torace e nell’addome. Svolge un ruolo in diverse funzioni dell’organismo che controllano la frequenza cardiaca, la parola, il riflesso del vomito, la sudorazione e la digestione.
Dallo studio è emerso che le persone con long-COVID potrebbero andare incontro a problemi a lungo termine a livello di voce, difficoltà a deglutire, vertigini, battito cardiaco elevato, pressione sanguigna bassa e diarrea.
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Sicurezza neurologica: fluorochinoloni versus alternative terapeutiche

I fluorochinoloni, una delle classi di antibiotici più comunemente prescritti, sono stati implicati in eventi avversi del sistema nervoso centrale ( SNC ) e del sistema nervoso periferico ( SNP ), evidenziando la necessità di studi epidemiologici sulla sicurezza neurologica dei fluorochinoloni.
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare la sicurezza dei fluorochinoloni per quanto riguarda il rischio di disfunzione neurologica diagnosticata. …..

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Aggiornamento in Infettivologia: Terapia antitrombotica nei pazienti con COVID sintomatico

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Terapia antitrombotica nei pazienti con COVID sintomatico clinicamente stabile: setting ambulatoriale

I pazienti ricoverati gravemente malati con COVID-19 ricevono in genere una terapia antitrombotica, sebbene non siano stati stabiliti i rischi e i benefici di questo intervento tra i pazienti ambulatoriali con COVID-19.
Si è valutato se la terapia anticoagulante o antipiastrinica possa ridurre in modo sicuro i principali esiti cardiopolmonari avversi tra i pazienti ambulatoriali sintomatici ma clinicamente stabili con COVID-19.
Lo ACTIV-4B Outpatient Thrombosis Prevention Trial è stato progettato come studio a contatto minimo, adattivo, randomizzato, in doppio cieco, controllato con placebo per confrontare la terapia anticoagulante e antiaggregante tra 7.000 pazienti ambulatoriali sintomatici ma clinicamente stabili con COVID- 19.
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