Elkann, lanzichenecco suo malgrado

il giornale' maramaldeggia su alain elkann e il suo 'reportage' da un treno per foggia - Cronache

Ma sì, buttiamola in caciara, sollazziamoci con la pacchianeria dei meme. Del resto, non è forse vero che le nostre simpatie più abituali sono per i nani e i freak da circo, e guai se qualcuno li ribattezza lanzichenecchi? Che nessuna penna, men che meno stilografica, osi scuotere le nostre sicurezze, spostare la prospettiva, renderci perplessi. Non tollerando l’inganno, siamo pronti alla vendetta.

Ora, se è vero che monsieur Elkann legge Proust (cosa di cui dubito perché guarda caso di un’opera monstre come la Recherche cita proprio le pagine di Sodoma e Gomorra, come a strizzare l’occhio a un ipotetico lettore cui non difetta l’inclinazione a una pur blanda pruderie), forse il nostro avrebbe fatto meglio a leggere Virginia Woolf: “Veniamo imbrogliati così spesso dalle parole; ci hanno mostrato così spesso di non voler essere utili; che non è nella loro natura esprimere un semplice messaggio, ma mille possibilità diverse“. Ecco, se l’avesse fatto, se avesse letto la Woolf critica, non si sarebbe ritrovato nell’occhio del ciclone del nonsense.

Lanzichenecchi, brutti e pestilenziali ieri come oggi

Il Sacco dei Lanzichenecchi - Rome Guides Blog

Lanzichenecchi è, linguisticamente parlando, una trovata geniale. Magari non avrà lo stesso successo di “stai sereno” di Matteo Renzi, il quale ha fatto mostra d’essere per certi versi un funambolo della parola – quella parola che arriva persino alle menti più ottenebrate da decenni di sotto cultura e consuetudini acritiche. Ma Lanzichenecchi potrebbe riservare qualche sorpresa. Forse, sotto cieli meno iemali, il sostantivo ormai desueto di manzoniana memoria sarà ripreso, anche a polemiche sopite, da una ristretta cerchia di persone in grado di apprezzare un uomo di mezza età che, al netto della schiatta ingombrante che si porta dietro, in treno legge giornali e libri invece di perdersi nei video demenziali di TikTok. Chissà. È troppo presto per fare pronostici. Ma se pure l’incidente etico-morale in cui è incorso Alain Elkann non dovesse avere strascichi di alcun tipo, beh, a me è bastato per dire ancora una volta: quanto è bello fare parte di una minoranza.

Alain Elkann e i “lanzichenecchi” senza nome

Giornalisti di Repubblica contro l'articolo di Alain Elkann sui " lanzichenecchi" in treno: accuse di classismo

“Non pensavo che si potesse ancora adoperare la parola “lanzichenecchi” eppure mi sbagliavo. Qualche giorno fa, dovendo andare da Roma a Foggia, sono salito su una carrozza di prima classe di un treno Italo. Il mio posto assegnato era accanto al finestrino e vicino a me sedeva un ragazzo che avrà avuto 16 o 17 anni.

T-shirt bianca con una scritta colorata, pantaloncini corti neri, scarpe da ginnastica di marca Nike, capelli biondi tagliati corti, uno zainetto verde. E l’iPhone con cuffia per ascoltare musica. Intorno a noi, nelle file dietro e in quelle davanti, sedevano altri ragazzi della stessa età, vestiti più o meno allo stesso modo: tutti con un iPhone in mano. Alcuni avevano in testa il classico cappello di tela con visiera da giocatore di baseball di colori diversi, prevalentemente neri, e avevano tutti o le braccia o le gambe o il collo con tatuaggi piuttosto grandi. Nessuno portava l’orologio.

Io indossavo, malgrado il caldo, un vestito molto stazzonato di lino blu e una camicia leggera. Avevo una cartella di cuoio marrone dalla quale ho estratto i giornali: il Financial Times del weekend, New York Times e Robinson, il supplemento culturale di Repubblica. Stavo anche finendo di leggere il secondo volume della Recherche du temps perdu di Proust e in particolare il capitolo “Sodoma e Gomorra”. Ho estratto anche un quaderno su cui scrivo il diario con la mia penna stilografica.

Mentre facevo quello, i ragazzi parlavano ad alta voce come fossero i padroni del vagone, assolutamente incuranti di chi stava attorno. Parlavano di calcio, di giocatori, di partite, di squadre, usando parolacce e un linguaggio privo di inibizioni.

Intanto il treno, era arrivato a Caserta. Non sapevo che per andare da Roma a Foggia si dovesse passare da Caserta e poi da Benevento. Pensavo di aver sbagliato treno, ma invece è così. Non ho mai rivolto la parola al mio vicino che o taceva ascoltando musica o si intrometteva con il medesimo linguaggio nella conversazione degli altri ragazzi.

A un certo punto, poco dopo Benevento, mentre erano sempre seduti o quasi sdraiati ai loro posti, ammassando nei vari cestini per la carta straccia lattine di Coca Cola o tè freddo, uno di loro ha detto: «Non è che dobbiamo stare soli di sera: andiamo a cercare ragazze nei night».

Un altro ragazzo più piccolo di statura e con il viso leggermente coperto di acne giovanile ha detto: «Macché night! Credetemi, ho esperienza. Bisogna beccare le ragazze in spiaggia e poi la sera portarle fuori e provarci. La spiaggia è il posto più figo e sicuro per beccare».

Quella conversazione sulle donne da trovare era andata avanti mentre io avevo finito di scrivere sul mio quaderno ed ero immerso nella lettura di Proust. Loro erano totalmente indifferenti a me, alla mia persona, come se fossi un’entità trasparente, un altro mondo.

Io mi sono domandato se era il caso di iniziare a parlare col mio vicino, ma non l’ho fatto. Lui era la maggioranza, uno nessuno centomila, io ero inesistente: qualcuno che usava carta e penna, che leggeva giornali in inglese e poi un libro in francese con la giacca e i pantaloni lunghi.

Per loro chi era costui?

Un signore con i capelli bianchi, una sorta di marziano che veniva da un altro mondo e che non li interessava. Pensavano ai fatti loro, parlavano forte, dicevano parolacce, si muovevano in continuazione, ma nessuno degli altri passeggeri diceva nulla.

Avevano paura di quei ragazzi tatuati che venivano dal nord, lo si capiva dall’accento, o erano abituati a quel genere di comportamento?

Arrivando a Foggia, mi sono alzato, ho preso la mia cartella. Nessuno mi ha salutato, forse perché non mi vedevano e io non li ho salutati perché mi avevano dato fastidio quei giovani “lanzichenecchi” senza nome.” Alain Elkann

Alain Elkann c’est moi. E alle solite anime belle che lo hanno criticato, che la furia dei lanzichenecchi possa tracimare presto nelle loro vite.