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C'era una volta il west- Il mio sogno

 
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Tragicamente bello. - 4^ parte

Post n°243 pubblicato il 11 Gennaio 2015 da lontano.lontano
 

Cerchiamo allora, di dire le cose come sono, al di la delle convenzioni e del semplicistico pensare, tralasciando i luoghi comuni e l'ingenua visione di un mondo di fiaba.
Il lavoro non è affatto la libertà ma la sua negazione, il lavoro è schiavitù ed oppressione, è fatica e sudore, sono ore, giorni, anni, negati a noi stessi in cambio di un compenso.
Il lavoro è attinente alle macchine, non all'uomo, il lavoro occupa il cervello distogliendolo dalle prerogative per il quale siamo stati dotati, dal pensiero, dalla riflessione, dalla possibilità di vivere una vita nell'esatta dimensione per la quale siamo venuti al mondo, per godere di una possibilità che unica ed irripetibile.
Alla nascita, ad ogni essere è stato fatto un dono, e il dono, per definizione, è una cosa gradita, un qualcosa di bello e che dà gioia, e la vita regalataci è un'opportunità che abbiamo il diritto ed il dovere di sfruttare.
Non ha senso sprecarla, non esiste ragione per annientarla nella fatica e negli stenti, è un dono non è un supplizio, è una cosa da amare e non da maledire.
Sarà capitato anche a voi di udire le parole che un genitore ha esclamate, agli astanti, più che al bimbetto di pochi mesi: “Ne faremo un valente ingegnere” oppure: “ Diventerà un grande avvocato!”.
Ebbene quelle frasi che, ascoltate allora, nulla più hanno causato di un mio asettico sorriso, oggi mi fanno rabbrividire.
Oggi che ho capito che l'essenza della vita è tutt'altro, oggi che ho capito che una persona non nasce con il destino di un utensile da lavoro, oggi che ho capito che le uniche parole da dire ad un bambino sarebbero:
“Ti aiuteremo ad essere felice”.
Ciò che affermo sembra un paradosso alla luce della disperante disoccupazione che attanaglia il mondo intero, sembrano parole di follia, sembrano riflessioni di chi può permettersi una vita agiata,
senza la necessità di portare a casa uno stipendio, di chi vive nella parte alta della piramide sociale ma, non è affatto così.
Se si può vivere senza tasse e senza il denaro, si potrebbe certamente vivere meglio anche senza il lavoro.
O per essere più precisi, una società, anche se molto avanzata non può fare a meno del lavoro, può però cambiare l'essenza dello stesso, il suo impianto, le sue metodiche ed anche il suo valore.
Non è affatto vero che manchi il lavoro, di lavoro ce n'è quanto vogliamo e per tutto il tempo che vogliamo, è forse l'unica cosa che non manca e mai mancherà.
Ciò che manca invece, sono i soldi per pagare i lavoratori.
Ed è questo il punto focale di ogni ragionamento; lavorare senza barattare il proprio lavoro col denaro, visto che, in un ipotetico nuovo mondo in una società più giusta e vivibile sarebbe possibile, anzi sarebbe doveroso farne a meno.
Non crediate sia impossibile, perché, nulla è impossibile se si riesce ad immaginare.
Per essere fattibile si dovrebbe far diventare il lavoro una parte serena della vita, non un motivo di afflizione ma un momento di soddisfazione ed appagamento.
A parte pochi fortunati, tutti noi siamo infelici perché avvertiamo che metà della nostra vita ci sfugge inesorabilmente dalle mani, mezza esistenza trascorsa svolgendo un'occupazione a noi non consona.
Ci dobbiamo però rassegnare a questo destino perché abbiamo l'esigenza di sopravvivere e pagare le tasse, provando a ricercare un motivo di consolazione nel fatto che, almeno, noi un'occupazione ce l'abbiamo.
Però l'umanità è variegata, ognuno di noi è diverso da un altro, ognuno di noi è un universo di capacità, potenzialità, di attitudini, di predisposizione e di genialità uniche, ed è questo bagaglio personale
che deve essere tenuto in considerazione al momento della scelta occupazionale.
Per fare un esempio concreto, se io volo con la mente e mi perdo nella calma di un ragionamento, non potrei svolgere al meglio un lavoro frenetico ma, soprattutto, sarei infelice come infelici sono tutti i lavoratori che vengono impegnati in mansioni non adatte a loro.
E' sufficiente allora far svolgere ad ognuno attività confacenti alla propria indole ed alle proprie inclinazioni.
A questo punto il lavoro non graverà più come un macigno insopportabile sull'anima e sulla psiche del lavoratore ma sarà fonte di appagamento e soddisfazione; un po' come se il lavoro diventasse il divertimento con il quale trascorriamo il tempo libero.
A queste condizioni sarebbe possibile la piena occupazione a costo zero.
A dire il vero, al lavoro non retribuito, nell'attuale mondo ci stiamo arrivando.
Ormai l'uomo è diventato lo schiavo che volevano ridiventasse e la disoccupazione artatamente creata ha accelerato il processo.
Oggi i lavoratori son messi in competizione tra di loro, il poco lavoro disponibile se lo stanno giocando al ribasso, con la benedizione di chi ha sempre auspicata la diminuzione del costo della manodopera, qualificata e non.
E' una guerra tra poveri che, fatalmente, sfocerà in una carneficina, una catastrofe peggiore di una guerra tradizionale, perché prima o poi le guerre terminano e si ricomincia, mentre il conflitto in atto non avrà mai fine.
Di fronte ad un panorama siffatto, come non prendere in considerazione la possibilità di lavorare a costo zero?
Costo zero, tanto per capirci, non significa gratis, non significa schiavitù, significa soltanto eliminare il passaggio di denaro, significa poter accedere a tutto ciò che necessità contraccambiandolo con la propria opera e le proprie competenze.
Facciamo un esempio concreto:
Oggi un lavoratore, a fine mese, riceve un compenso per aver ceduto le sue prestazioni lavorative.
Una parte di tale somma, la usa per effettuare le spese necessarie per il sostentamento della propria famiglia e per far fronte agli impegni presi.
La spesa per l'affitto o per la rata mensile del mutuo per la casa, ad esempio, sarebbero voci di spesa facilmente eliminabili perché ogni persona avrebbe una casa garantita dalla comunità.
Un sogno? No, cosa fattibilissima perché, disponendo di manodopera a costo zero, si potrebbe rimettere in uno stato di agibilità tutto il patrimonio immobiliare fatiscente che oggi non è, per questo motivo, disponibile.
Oggi esiste l'emergenza abitativa a causa di una quantità enorme di case sfitte, appartamenti che non vengono affittati perché i proprietari temono di non poter disporre liberamente del proprio alloggio se occupato da altri.
Non riescono neppure a venderli perché la crisi economica ha ridotto la capacità economica di ognuno, per cui la situazione è bloccata, causando una situazione inaccettabile per ogni soggetto in causa.
Se viceversa si desse la possibilità ai proprietari di ristrutturare i propri immobili a costo zero, con la possibilità di ottenere due appartamenti più piccoli, qualora quello principale fosse troppo grande, si riuscirebbe ad aumentare sensibilmente la possibilità abitativa.
Dico a costo zero perché, non usufruendo più del denaro, non esisterebbe più, di fatto, la proprietà privata.
Vediamo meglio questo concetto.
Gli attuali proprietari, nella società futuribile, abiterebbero il proprio alloggio e, dopo di loro, le future generazioni, fino a che, in assenza di queste, l'immobile entrerebbe a far parte del patrimonio abitativo pubblico.
I proprietari non subirebbero così nessuna perdita economica, non esistendo più alcuna tassazione e nessuna spesa manutentiva, potrebbero invece godere, per sempre, di un alloggio in perfette condizioni.
Ogni cittadino, assieme al suo nucleo familiare, ha diritto ad una casa, e son convinto che, restaurando quelle attualmente non agibili e quelle sfitte, le case da costruire ex novo non sarebbero un numero esagerato.
Le nuove costruzioni, a differenza di come avviene oggi, sarebbero costruite sotterranee.
Non pensate alle tane degli animali o a gallerie oscure e tetre, pensate invece alle costruzioni sotterranee già esistenti; stazioni ferroviarie e della metropolitana, ipermercati con gli annessi parcheggi o modernissimi bunker.
Strutture avveniristiche, godibilissime di luce e comodità, abitazioni che, così concepite, non vanno ad aggravare una problematica ambientale ormai al collasso.
Una casa per tutti in una natura di tutti, città a misura d'uomo che non si sviluppano verso il cielo per insufficienza di terra.
Ricordo ancora che parlo di un mondo che non è più basato sul denaro, né su nessun altro mezzo analogo, è opportuno fare spesso questa precisazione perché è un concetto che difficilmente riesce ad entrare in menti, quali le nostre, da sempre abituate a viverlo come fondamento della nostra società.
Non crediate poi che ci siano lavori che qualcuno non farebbe mai, perché l'errore che commettereste sarebbe concettuale.
Proprio perché non esiste nulla senza il proprio contrario, così come voi pensate che nessuno lo farebbe, esiste un altro che pensa esattamente nella maniera opposta.
Posso far riferimento ad un caso personale che mi pare esplicativo.
Ho mia madre anziana che deve essere assistita 24 ore al giorno, faccio le notti semi sveglio perché son rari i momenti in cui riposa ed io posso abbandonarmi ad un sonno breve e leggero.
E' una situazione pesante ma se gestita in maniera ottimale potrebbe dare sollievo a me e a tante persone che devono far fronte alla mia stessa situazione.
Basterebbe avere una struttura adeguata con camerette da quattro posti letto per altrettante persone anziane, mentre io faccio la notte per assistere mia madre potrei badare anche alle tre ospiti della stanza e questa, dovrebbe essere la prassi seguita per ogni stanza della struttura.
Sarebbero così disponibili tre parenti per notte a sostegno di dodici persone assistite e ciò permetterebbe ad altre nove persone di poter riposare tranquillamente nel proprio letto onde esser disponibili per effettuare il proprio turno.
A sostegno dei parenti un medico che potrebbe intervenire sollecitamente in caso di necessità e personale diurno che si occupa della cucina e delle attività proprie dell'assistenza.
In una società che non fa uso del denaro tutti sono sullo stesso piano, nessuno ha troppo e nessuno ha troppo poco, non ci sarebbero più persone che sprecano ed altre che sperano di trovare nei cassonetti della spazzatura tra quello spreco il sostentamento giornaliero.
Il progetto della nuova società capovolge il principio dell'ineluttabilità della moneta.
Se dobbiamo guadagnare il denaro per poter avere accesso a dei beni, è altrettanto possibile poter usufruire degli stessi fornendo in cambio un servizio alla collettività direttamente, saltando quell'odioso passaggio.
In pratica, è uno scambio alla pari, il principio fondamentale ed inderogabile è l'abolizione della proprietà privata.
L'idea che abbiamo del possesso è completamente falsa e contraddittoria.
Secondo il comune pensare, possedere qualcosa significa avere la possibilità di accedere a tutto, invece, il possessore di denaro, potrà acquisire soltanto una piccola parte dei beni perché, a fronte di un acquisto dovrà sempre effettuare una rinuncia.
Io invece sostengo che, solo non possedendo nulla, un essere umano potrà, disporre di tutto.
Un esempio pratico:
Un lavoratore fornisce alla collettività un servizio per mezzo di un lavoro che lo gratifichi e che sia confacente alle sue attitudini, altri come lui, ognuno di noi, farà una scelta analoga; ciò significa che ogni giorno tutte le esigenze collettive verranno soddisfatte.
Il soggetto, pertanto, non sarà più costretto a scegliere tra un prodotto ed un altro ma, con saggezza e spirito di condivisione, avendo cura di evitare ogni spreco, potrà soddisfare ogni suo bisogno; dai prodotti alimentari ai mobili, dall'abbigliamento al computer.
Tutto ciò comporterebbe un cambiamento radicale del modo di pensare, delle strategie e della visione economico-industriale.
Le industrie.
Le aziende di condivisione (uso questo termine per evitarne altri ingombranti quali statale o pubblico) non mireranno più al profitto ma solo alla qualità ed al risparmio dei materiali.
Un ulteriore esempio:
Oggi un'industria che produce lavatrici le costruisce usando materiali e componenti elettronici atti ad essere efficienti soltanto per un periodo di tempo limitato.
Di solito, esso coincide con la scadenza della garanzia, per cui da quel momento in poi si assisterà ad un decadimento strategicamente studiato, che darà luogo ad un guasto ritenuto irreparabile o la cui riparazione richiederebbe un esborso maggiore di quello dell'acquisto di un modello nuovo.
Il pensiero economico-industriale vigente, pertanto, impone l'acquisto di bene ogni cinque anni.
Questa demenziale scelta in ossequio al consumismo dimostra come l'uomo sia affetto dalla delirante sete di possesso e del facile profitto.
Chi produce non si rende conto però che il maggior impiego di materie, per forza di cose, ne causa l'aumento di prezzo, non capisce, o finge di non capire, che produrre in maniera sconsiderata, a lungo termine, provoca un danno economico all'azienda stessa che, per stare sul mercato, è costretta ad abbassare i costi, e le voci sulle quali operare tagli son sempre gli stesse; la qualità del prodotto e il costo del lavoro.
Beni sempre più scadenti che, è vero, costano poco ma, che si dimostrano molto più cari a fronte di molteplici acquisti.
Manodopera sfruttata che non riuscirà ad acquistare i beni prodotti, meccanismo che innesca la crisi economica e da qui l'impoverimento della società, perché, se vengono tagliati gli stipendi, obbligatoriamente i lavoratori taglieranno i loro acquisti.
Quando si perdono dei posti di lavoro o le persone non trovano un'occupazione, si assisterà sempre un calo dei consumi per cui, a fronte dell'aumento della disoccupazione, c'è sempre un decremento dell'economia.
La soluzione consiste nel rendere pubblico ogni aspetto della società, non avendo nulla di privatistico per cui nessun profitto personale ogni bene prodotto non sarà più soggetto alla triste logica consumistica.
L'industria pubblica sarebbe iper meccanizzata, sarebbero le macchine robotiche a fare ogni tipo di lavoro loro possibile e l'uomo dovrebbe solo sovrintendere e controllare.
Pochissima manodopera umana, perché non avrebbe importanza alcuna la garanzia del posto di lavoro, non occorrerebbe più fornire un salario che garantisca la sopravvivenza ai lavoratori.
Il lavoro non mancherebbe mai a nessuno, ma sarebbero le macchine prevalentemente a svolgerlo, qualunque esso sia, non ci sarebbero lotte sindacali per preservarlo, non assisteremmo più alla fuga delle industrie verso i paradisi patronali che coincidono con l'inferno dei lavoratori.
Non ci sarebbero più le chiusure fallimentari delle industrie perché, queste produrrebbero solo ciò che abbisogna e, cosa ancora più importante e rivoluzionaria sarebbe la produzione seriale di ogni componente.
Mi spiego meglio, anche a fronte di modelli nuovi, i loro componenti dovrebbero essere sempre singolarmente sostituibili, lo stesso cestello per ogni lavatrice, le stesse pompe, gli stessi oblò, le stesse schede, onde evitare di dismettere l'intero prodotto per mancanza di pezzi di ricambio.
Questa politica ridurrebbe ad una percentuale risibile lo spreco di materie prime, e ridurrebbe la produzione di prodotti non necessari.
L'ordinamento statale.
Le decisioni e le scelte su investimenti e spese avverrebbero in ambito
strettamente locale, coordinate e ottimizzate per mezzo di un sistema informatico con un ente nazionale.
Un esempio.
La comunità locale deve provvedere al proprio sostentamento ricorrendo alle risorse del territorio, ciò che non fosse materialmente disponibile verrebbe scambiato con prodotti di altre realtà che ne producono in surplus.
I prodotti alimentari primari sarebbero garantiti localmente, andando ad occupare zone occupazionali abbandonate, oggi l'agricoltura e l'allevamento sono stati azzerati da politiche economiche demenziali.
Produrre in perdita non è possibile per cui è diventato più conveniente non produrre, domani invece, non avendo fini di lucro si potrà mettere a disposizione di tutti i prodotti locali per far fronte ai bisogni locali.
La giornata tipo di un lavoratore. 
Io faccio con passione un lavoro o più lavori, posso dare una mano ai fornai, o a chi produce formaggi o chi fornisce supporto psicologico a categorie in difficoltà, ebbene in ragione di queste mie prestazioni,
vado mangiare in una mensa o lì posso ritirare il pasto per consumarlo a casa.
A prepararlo sarebbero lavoratori che amano il lavoro di cucina, oggi, tra l'altro, sembra che la passione per l'arte culinaria abbia contaminata la penisola, quindi sarebbe anche garantita anche un'elevata valenza qualitativa.
Essi a loro volta, e come ogni altro lavoratore, sia medico o farmacista, fabbro o infermiere, vigile del fuoco o agricoltore avrebbero e avremmo accesso ad ogni bene per soddisfare nostra necessità.
Lavoro che piace e non crea stress, lavoro che da la dignità di esser parte vitale di una comunità, lavoro che non è mortificato in un triste salario da rubacchiare, lavoro che permette molto tempo libero per dedicare al vero lavoro a noi destinato .......... vivere!
Il sistema sarebbe coordinato centralmente onde sopperire alle mancanze e gestire le eccedenze, e lo stesso avverrebbe a livello internazionale.
Tutto sarebbe ripensato in maniera ritenuta avveniristica, anche se le tecnologie son già disponibili da anni, basta per sempre con fonti di approvvigionamento energetiche costose per la collettività e per la salute del pianeta.
Un mondo riprogettato in maniera vivibile che non voglio continuare a descrivere perché continuando a farlo darei l'impressione che il mio fosse l'unico mondo progettabile ed allora ci troveremmo nella penosa situazione attuale.
Le visioni che ho descritte sono solo un assaggio, solo alcune delle situazioni fattibili tra le molteplici inventabili, visioni che dovremmo prendere in considerazione perché tutto diventa possibile se non lo riteniamo aprioristicamente impossibile.

 
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