Creato da: ossimora il 20/10/2004
Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"
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Tutti parlavano a bassa voce. Gli scafisti avevano dato degli ordini ben precisi in proposito:bisognava stare zitti. Ma nell’eccitazione della partenza ,gli uomini non potevano impedirsi di mormorare. Lingue sconosciute stormivano sommerse fra la folla .C’era di tutto ,iracheni,afgani,iraniani, curdi ,somali .Tutti impazienti. Tutti posseduti da uno strano miscuglio di gioia e d’inquietudine. L’equipaggio era costituito da una decina di uomini ,silenziosi e sbrigativi. Furono loro a dare il segnale d’imbarco .Centinaia di ombre si diressero allora verso la piccola passerella e l’imbarcazione si aprì. Lei fu una delle prime ad imbarcarsi. Si sistemò sul ponte contro il parapetto e osservò la Levarono l’ancora nel cuore della notte. Il mare era calmo e gli uomini ,sentendo la carcassa della nave tremare,ripresero coraggio. Stavano partendo,finalmente. Il conto alla rovescia era iniziato,tra ventiquattro ore o quarantotto alla peggio ,avrebbero calpestato il suolo europeo .La vita stava per cominciare finalmente .A bordo la gente si rilassava scherzando ;alcuni intonarono i canti delle loro terre…. lenta processione di quelli che salivano a bordo dopo di lei. Ben presto si ritrovarono schiacciati gli uni contro gli altri .La barca non sembrava più così grande come dalla banchina. Adesso era uno stretto ponte calpestato da centinaia di uomini e donne. Cercò di conservare un po’ di posto per il suo bambino,ma attorno lei i corpi premevano sempre di più. Era scomoda,ma non disposta a cedere ;infondo si disse ,si trattava solo di far passare una notte o due. In futuro avrebbe ripensato a questa traversata come un’incredibile epopea ,da raccontare sorridendo una volta sistemata dall’altra parte della costa ,a Roma;a Parigi,o a Londra ,quando tutto fosse finito.
Avrebbe resistito a ogni costo ,se avesse potuto restare attaccata all’idea che si stavano avvicinando ,che continuavano ,istante dopo istante ,ad avvicinarsi. Ma l’alba del secondo giorno fu segnata dalle grida ,grida che capovolsero tutto e segnarono l’alba di un secondo viaggio. Di quello ricordava, ogni istante .da due anni lo riviveva senza tregua ogni notte .Da quel viaggio non aveva mai fatto ritorno. L’equipaggio era scomparso. Avevano approfittato della notte per abbandonare la nave ,servendosi dell’unica scialuppa di salvataggio. Presto il panico s’impossessò dell’imbarcazione. Nessuno era in grado di pilotare una nave simile E nessuno sapeva dove si trovavano .A quale distanza ? Da quale costa?Disperati ,si resero conto che non avevano riserve né di acqua né di cibo e che la radio non funzionava. Erano in trappola circondati dall’immensità del mare ,soli alla deriva in una lenta agonia. I volti ,d’un tratto ,si chiusero. Tutti sapevano che se il vagare si fosse prolungato ,la morte sarebbe stata mostruosa ,li avrebbe consumati con la sete ,li avrebbe spenti,li avrebbe resi folli al punto di scagliarsi gli uni contro gli altri. Ogni cosa si era fatta lenta e crudele …più le ore passavano e più le grida dei bambini perdevano di intensità ,si spegnevano,fino a cessare del tutto .Le coscienze sprofondarono in un cupo letargo. Ben presto ci fu solo silenzio. Il primo morto fu un iracheno di una ventina d’anni :all’inizio nessuno seppe come comportarsi .Poi gli uomini decisero che i morti dovevano essere gettati in mare ,per fare un po’ di posto,per evitare il rischio di epidemie. Entro breve i corpi nell’acqua si fecero più numerosi .Scivolavano oltre il bordo,uno dopo l’altro , e ciascuno si chiedeva se sarebbe stato lui il prossimo … Stamattina
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