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poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

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UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

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Messaggi di Ottobre 2015

Il signore del tempo. fine

Post n°1074 pubblicato il 31 Ottobre 2015 da lascrivana

 

Non poteva accadere veramente. Non volevo assolutamente finire i miei giorni rinchiusa in una teca di vetro. Era tutto assurdo ma, pur non sapendomelo spiegare, sapevo che l'uomo che avevo di fronte sarebbe stato in grado di farlo.

Pietro mi fissava. Le vene del collo gli pulsavano in maniera impressionante, sembrava dovessero scoppiargli da un momento all'altro. Il volto poi, stava rapidamente assumendo le sembianze che avevano reso orripilanti i miei incubi.

E allora lo feci. Pur provando un ribrezzo insopprimibile, mi avvicinai ancheggiando e sorridendo.

Lui parve stupito ma, notai, la mano che reggeva lo stiletto si abbassò sensibilmente. Finché, con un tintinnio sinistro, la micidiale arma cadde al suolo.

Nel contempo, la pelle del viso sembrò pian piano tornare alla normalità, persino il sottile taglio sul collo parve cicatrizzarsi alla perfezione.

Per un istante, mi balenò nella mente l'idea di chinarmi e raccogliere lo stiletto, ma la scartai subito.

Per uno strano quanto terrificante motivo, quell'uomo aveva vissuto nei secoli precedenti terrorizzando e angustiando le mie antenate. Era un essere immortale e, come tale, una semplice lama non sarebbe stata sufficiente a toglierlo di mezzo. No, avrei dovuto escogitare qualcos'altro per liberarmene definitivamente, ma avevo un disperato bisogno di tempo. L'unico modo, era quello di proseguire con la mia recita, non avevo altra scelta.

Ormai ci trovavamo a stretto contatto, potevo sentire il suo respiro ansante e leggermente roco.

Questa volta fui io a restare stupita. Con mio grande sgomento, mi resi conto che desideravo quel contatto, lo volevo a tutti i costi!

Allungai le braccia e gli afferrai le mani. Tremavano appena ma, al contatto, si serrarono alle mie e le strinsero con foga, mi fece male. Chiudendo gli occhi, recitai mentalmente una preghiera e lasciai che fosse lui a fare la prima mossa.

 

 

 

Pietro era confuso, sconcertato, incapace di credere a quello che stava avvenendo in quella stanza.

Dopo secoli, le sembianze umane stavano avendo la meglio sul suo aspetto naturale. Il contatto con Anna gli aveva fatto provare una sensazione nuova, sconosciuta sino a quel momento. La voglia d'abbracciarla e stringerla si fece pressante, indispensabile. E si trattava di un desiderio assolutamente diverso dai precedenti. Con le altre, si era trattato solamente di una questione carnale, sesso allo stato puro, nessun coinvolgimento sentimentale.

Con Anna era diverso, meravigliosamente diverso.

Il solo pensiero di perderla, di non poter nemmeno più sfiorarla, gli avvolse lo stomaco in una morsa. E la risposta a tutto ciò, improvvisa, lo colpì come un fulmine a ciel sereno. Si era innamorato. Come fosse stato possibile restava un mistero. Ma il mutare del proprio corpo era un segno inequivocabile.

Attirandola a se, la baciò sulla fronte.

-Apri gli occhi, Anna- disse con dolcezza.

 

 

Quando mi parlò, una piacevole sensazione fece vibrare ogni corda del mio corpo. Persino la sua voce era cambiata, passando dai grugniti secchi e decisi a una melodia profonda e soave.

Che mi stava succedendo? Sino a poco tempo prima, avevo accarezzato l'idea di ucciderlo ma ora...ora...

Quando le sue labbra sfiorarono le mie, ogni titubanza e timore svanirono all'istante. Lo desideravo, dio quanto lo desideravo. Quale maleficio stava esercitando su di me?

Scacciando quel pensiero, gli afferrai i capelli e lo trascinai sul letto. La mia lingua, vorace come non era mai stata, s'insinuò nella sua bocca perlustrandone ogni centimetro. Più me ne saziavo, più il mio bacino s'inarcava, aderendo alla perfezione al suo. Quando finalmente i nostri corpi si unirono, fu come se tutto il passato, le teche, il volto deturpato, svanissero d'un colpo. Il tempo si fermò e, quando tutto finì, mi lasciai andare a un sonno ristoratore.

Mi risvegliai con un tremendo presentimento. Al mio fianco, Pietro giaceva su un fianco. Sollevando un braccio, gli toccai la spalla ma subito mi ritrassi spaventata. Il suo corpo, caldo e palpitante nell'amore, era ora freddo come il ghiaccio.

Prendendo coraggio, scesi dal letto e lo aggirai. Il suo volto, di nuovo deturpato, appariva disteso in un eterno sorriso. Mentre le lacrime iniziarono a scendere copiose, con la mano gli sfiorai la guancia.

-Grazie- mormorai appena.

Danio e Laura

 

 
 
 

Il signore del tempo V

Post n°1073 pubblicato il 29 Ottobre 2015 da lascrivana

 

Disperata, mi guardai attorno in cerca di una via di fuga.

-L'unica uscita è la porta dalla quale siamo entrati, mia cara. E dall'interno è impossibile aprirla, solo io posso farlo- disse Pietro avvicinandosi. Non riuscivo a distogliere gli occhi dallo stiletto, ero come ipnotizzata.

-Lo so, non vorrei mai deturpare la tua splendida pelle, ma se mi costringerai lo farò- proseguì imperterrito.

La sua abilità a leggermi nella mente mi annichiliva. Quando mi resi conto di essere in trappola, iniziai a tremare convulsamente.

-Ti ho inseguita per secoli, mia divina. Sei la perla mancante del mio capolavoro, quello stesso che hai potuto osservare ieri sera-

Pur essendo in estrema confusione, cominciai a intuire ciò che quel pazzo voleva dire.

-Ma, affinché ciò accada, è necessario che tu giaccia con me, volente o nolente-

La situazione era surreale, grottesca, non poteva essere tutto vero. Improvvisamente, fu come se la paura mi scivolasse di dosso. Chiusi gli occhi e, respirando a fondo, ordinai al mio corpo di smetterla di tremare.

-Con le mie antenate hai fallito, cosa ti fa credere che con me ci riuscirai?- dissi con estrema calma.

Avevo colpito nel segno.

Bloccandosi sul posto, Pietro cambiò espressione. Dispiacere, rabbia, costernazione. Tutte sensazioni che vidi passare attraverso i suoi occhi, trasparenti come non mai in quel momento.

-Tu...tu...come...come puoi...- farfugliò confuso.

Mi resi conto che dovevo cavalcare l'onda, fintanto che ero in tempo.

-Tu non sei quello che dici di essere. Tu sei il male, e come il male solo sa fare, ti sei impadronito dei miei sogni, della mia vita. Fallirai anche con me, dovrai rassegnarti-

Nonostante il tono duro, non era certa delle mie parole, così come non potevo assolutamente prevedere quale sarebbe stata la sua reazione.

-Per possedermi, dovresti assumere il tuo aspetto reale, quello che ha fatto inorridire coloro che mi hanno preceduto- lo incalzai.

Stavo andando a vanvera, cercando di mischiare verità e parte dei miei incubi.

Pietro rimase immobile, quasi incredulo dinanzi alle mie parole.

-E allora prendimi se proprio lo desideri. Ma dovrai restare come sei, perché è così che ti voglio. Bello, affascinante, intrigante-

Senza aggiungere altro, mi avvicinai al letto e mi ci stesi sopra. Con gesti misurati e sensuali iniziai a spogliarmi con estrema lentezza e, mentre lo facevo, non smisi un istante di fissarlo negli occhi. Sapevo di aver toccato i tasti giusti. Se volevo salvarmi la vita, avrei dovuto proseguire su quella falsa riga, anche se ne ignoravo le conseguenze.

Con un ultimo gesto, mi liberai del reggiseno e mi alzai. Con passi studiati e sinuosi, colmai in breve tempo la distanza che ci separava. Sorrisi nel farlo ma, dentro di me, sentivo le viscere aggrovigliarsi.

-Basta!-

Il tono imperioso mi fermò.

Pietro aveva cambiato espressione. Oltre a sudare copiosamente, alcuni tratti del suo volto sembrarono trasformarsi. Per un istante, temetti che l'uomo dei miei incubi si manifestasse li, davanti a me. Per fortuna non accadde, ma ciò che fece fu anche peggio.

Alzando il braccio, si portò lo stiletto alla gola, quindi mi fissò intensamente.

-Se mi uccido, non uscirai mai più da questa stanza. Veglierai il mio cadavere e forse te ne nutrirai, ma questo non cambierà le cose-

Vedendo il mio sbigottimento, fece qualche altro passo avanti. Provando un brivido, vidi le prime gocce di sangue sgorgare dalla pelle tesa del collo.

-Benché tu non te ne renda conto, noi siamo legati, Anna. Quindi te lo ripeto. O giaci con me...oppure-

Atterrita, osservai la carne del viso raggrinzirsi su se stessa, assumendo un colore rossastro simile a sangue secco.

-E devi farlo ora!- ruggì Pietro.

Danio e Laura

 
 
 

Il signore del tempo IV

Post n°1072 pubblicato il 27 Ottobre 2015 da lascrivana

 

A quella vista, la mia prima reazione fu quella di scappare. Mi sembrava impossibile che, per chissà quale motivo, De Vito avesse potuto intuire le mie intenzioni. Senza smettere di sorridere, mi fece cenno d'avvicinarmi. Nonostante i buoni propositi, le mie gambe si mossero da sole. Attraversai la strada come in trance, lo sguardo fisso in quegli occhi magnetici e invitanti.

Un istante più tardi, mi ritrovai all'interno della libreria.

-Ti stavo aspettando, Anna. Vieni, voglio mostrarti una cosa- mi disse con la sua voce suadente e ben modulata. Pur non volendo ammetterlo neppure a me stessa, ero affascinata più che spaventata.

Pur lavorandoci, in quel momento la libreria mi apparve come un luogo sconosciuto, alieno. Precedendomi tra gli scaffali, Pietro si fermò nell'angolo più lontano. Li, persino la luce faticava a farsi strada. Da un ripiano poco distante, prese una torcia e l'accese. Il cono di luce illuminò un libro dall'aspetto dimesso. Sembrava fossero trascorsi secoli dall'ultima volta che, qualcuno, l'avesse toccato o solo spostato.

Ebbi solo il tempo di leggerne il titolo sul dorso: Te deum per un massacro.

Forse sarà stato per quello, oppure per la strana atmosfera che si era creata. Fatto sta che, rabbrividendo, feci qualche passo indietro.

-Vedi, Anna. Questo libro è speciale, molto speciale- disse Pietro senza voltarsi.

In uno sbuffo di polvere, tolse il libro dal proprio alloggiamento e si voltò. Nonostante il terrore che stavo provando, la curiosità ebbe il sopravvento.

-E...e cosa avrebbe di...di così speciale- trovai la forza di dire.

Pietro non rispose ma, con gesti esageratamente teatrali, lo aprì esattamente a metà, quindi lo voltò nella mia direzione.

Rimasi allibita. Al centro della pagina, completamente bianca, vi era una sorta d'incavo e, all'interno di esso, una chiave in apparenza d'ottone.

-Esatto, mia cara, è finto- disse Pietro estraendo la chiave -Vieni, non è ancora finita-

Ancora una volta, mi ritrovai a seguirlo tra lo sgomento e la curiosità.

D'un tratto, mi resi conto dove stavamo andando, e anche cosa avrebbe aperto quella chiave.

Sin dal momento della mia assunzione, mi era stato proibito anche solo di avvicinarmi a quella porta.

-Nessuno sa cosa c'è dietro, e la chiave è in possesso del proprietario- mi aveva ammonito Sandra, la commessa più anziana.

Si trovava tra due scaffali in disuso, nell'angolo opposto a quello in cui si trovava il libro. Scatoloni e cianfrusaglie varie erano state accatastate alla meno peggio, sembrava impossibile procedere oltre. Ma Pietro, con calma, riuscì a ricavarne un passaggio.

Quando giungemmo alla porta, alzò la chiave davanti agli occhi e mi guardò. Irrazionalmente, mi venne di pensare a un prete che benedice l'ostia. Scacciando quell'immagine, cercai di concentrarmi su quello che Pietro stava dicendo.

-Sei la prima, dopo molti anni, a varcare questa soglia- quindi, senza aggiungere altro, infilò la chiave nella serratura.

 

Quando la porta si richiuse alle nostre spalle, mi ritrovai in una specie di centrale di comando.

Aprii la bocca per dire qualcosa, ma Pietro mi precedette.

-Benvenuta nel mio sancta sanctorum, Anna-

La stanza, più grande del normale, era ingombra di tavoli per lo più occupati da computer e altri aggeggi elettronici. Sulla parete di fronte, alcuni monitor mostravano il fermo immagine di diversi locali. Stupita, mi resi conto che non mi erano sconosciuti, anzi. Il primo, mostrava l'interno della mia stanza mentre il secondo e il terzo inquadravano rispettivamente salone e cucina di casa mia.

-Si, cara. Conosco molte più cose di quanto tu possa pensare. Ma questo è solo l'antipasto, adesso viene il bello-

Prendendomi per mano, mi condusse verso il fondo della stanza, la dove si trovava un'altra porta. Il contatto con la sua pelle mi provocò un altro attacco di panico ma, ancora una volta, le mie gambe si mossero da sole.

Imboccammo un corridoio stretto e dalle mura scrostate. Illuminato da fiaccole d'ottone in stile antico, sembrava proprio l'antro dell'inferno.

Lo percorremmo in silenzio, rotto solo dai nostri passi e dal battito furioso del mio cuore. Arrivati in fondo, avvertii chiaramente un vociare lontano, confuso. Provai un improvviso sollievo e, d'istinto, lasciai la sua mano correndo in avanti. Durò la spazio di un respiro. Afferrandomi per il braccio, Pietro mi strattonò dall'altra parte.

-Non da quella parte, è di qua che dobbiamo andare- disse tetro.

Seguendo il suo sguardo, mi accorsi che un altro corridoio si apriva alla nostra sinistra. Molto più corto del precedente, lo percorremmo in brevissimo tempo.

La stanza in cui sbucammo mi lasciò letteralmente senza fiato.

Contro la parete più lontana, un enorme letto a baldacchino sembrava dominare l'ambiente. Ma ciò che catturò la mia attenzione, aumentando a dismisura l'angoscia già crescente, furono i quadri appesi alle pareti. Tutti, nessuno escluso, ritraevano me stessa nelle più svariate posizioni, e in tutti ero completamente nuda.

Quella visione, sembrò scuotermi dal torpore che sino a quel momento mi aveva attanagliato.

Inferocita, mi voltai verso Pietro con l'intenzione di aggredirlo, e non solo verbalmente.

Mi bloccai subito. Brandendo un lungo stiletto dal manico d'argento, inclinò il capo da un lato e sorrise.

-E' così che ti voglio, Anna. Dimessa e consenziente, vieni-

Danio e Laura

 
 
 

Il signore del tempo III

Post n°1071 pubblicato il 25 Ottobre 2015 da lascrivana

 

La voce di mia madre, proveniente dal fondo delle scale, mi ridestò dal sonno profondo in cui ero caduta. Ci misi qualche istante a realizzare che, ancora una volta, si era trattato di un incubo. Liberandomi da coperte e lenzuola, mi resi conto di essere senza pigiama. La sensazione di caldo atroce non si era dissipata del tutto e il sudore, colandomi sulla pelle, mi provocò brividi di freddo. Ancora scossa, indossai la vestaglia e scesi al piano terreno per fare colazione.

Trovai i miei genitori intenti a sorseggiare una tazza di caffè. Dalle loro parole, intuii che stavano parlando della sera precedente e del ricevimento. Quando si accorsero della mia presenza, smisero di colpo e mia madre mi riempì la tazza sino all'orlo. Mettendo la propria mano sulla mia, mio padre sorrise e mi fissò a lungo.

-Come ti è parsa la festa? Sei rimasta soddisfatta?- mi chiese dopo un istante. Esitai prima di rispondere ma poi, sotto il suo sguardo scrutatore, non potei farne a meno.

-Non ricordo molto. Ho dormito troppo, e la testa mi sta scoppiando- mentii. Mamma e papà si lanciarono uno sguardo, ma nessuno dei due ribatté.

Terminata la colazione, chiesi loro come avevano intenzione di trascorrere il primo giorno dell'anno.

Questa volta, lo stupore che si dipinse sul volto di mio padre era autentico.

-Come, non te ne ricordi? Ma dico ragazza, dove hai la testa? Pietro De Vito, l'amico pittore di zio Andrea, ci ha invitati a casa sua per un aperitivo-

Assumendo un'espressione dispiaciuta, intrecciai le dita e me le stropicciai con furia. Ma, dentro di me, fu come se qualcosa si rivoltasse nelle viscere.

-Scusa papà, ho come un vuoto nella testa. Come ti ripeto, sarà perché ho bevuto, ma ricordo ben poco di quello che è successo al cenone-

Mia madre mi guardò sbigottita.

-Ma se non reggi nemmeno il liquore dei cioccolatini! Che diavolo stai dicendo!-

Ero sempre più in imbarazzo e, inoltre, sentii che le lacrime stavano cercando di farsi spazio nei miei occhi.

-La cosa è veramente strana Anna, sei sicura di star bene? E' da ieri sera che sei parecchio svogliata, e non solo. Mi sembri terribilmente preoccupata, angosciata oserei dire-

Deglutendo visibilmente, evitai di guardarla negli occhi.

-Mamma, non so che impressione ti ho dato ieri ma stai tranquilla, va tutto bene. Quest'ultima settimana di lavoro è stata parecchio stressante. Ho dovuto riordinare tutti gli scaffali dei libri, ormai si legge così poco il cartaceo, e quei volumi prendono solo un mucchio di polvere. E' solo stanchezza, credimi-

Mamma mi lanciò uno sguardo sospettoso.

-Sai che è strano? Sei stata sempre piuttosto restia a leggere, e avrei scommesso che questo lavoro non sarebbe durato a lungo. Mi hai incuriosito, appena ho un attimo di tempo, credo che verrò a farti visita in quella libreria-

Tornai a fissarla, allarmata.

-Mamma, aspetta qualche giorno ti prego. A quanto pare, il proprietario della libreria con l'anno nuovo ha finalmente deciso di farsi vivo. Ha chiesto espressamente di voler conoscere tutti i suoi dipendenti. Vorrebbe capire come mai, in tutti questi anni, abbiamo venduto così pochi libri. Mah, davvero strano questo tipo. Ha forse dimenticato che la gente, oggi, legge tutto solo sul web? Sinceramente, non ho ancora capito perché si ostina a tenerla aperta, se deve lavorare in perdita!-

 

Quelle considerazioni, mi avevano distolta del tutto da ciò che avrei dovuto affrontare di li a poco.

Non avevo nessunissima intenzione di rivedere Pietro, il solo pensiero mi dava la nausea.

-Andate voi, vi prego- dissi implorando mia madre con gli occhi.

-Forse hai ragione tu, mamma. Credo d'avere qualche linea di febbre-

Mia madre non rispose, limitandosi a guardare papà.

-Poco fa dicevi che andava tutto bene, ora asserisci di avere la febbre. Non so' cosa ti stia frullando per il cervello, ma un'aspirina e una doccia bollente faranno il miracolo- disse quest'ultimo alzandosi in piedi.

-Ma papà!- urlai alzandomi a mia volta -...non puoi costringermi a fare ciò che...-

-Basta!- il suo volto ora aveva assunto un colore rossastro.

-Sarebbe uno sgarbo intollerabile nei confronti di tuo zio! E il signor De Vito è uno dei suoi più grandi finanziatori. Non voglio sentire altre fesserie. Vai a prepararti e cerca di essere pronta per le undici e trenta!-

Detto questo, lasciò la cucina sbattendo la porta.

Disperata, guardai mia madre. Scuotendo la testa, si alzò e mi venne di fronte.

-Vai a vestirti, tesoro. Penserò io a preparare qualcosa per il tuo malessere-

 

Distesa sul letto, piansi tutte le lacrime che avevo. Non avrei mai voluto mettermi contro il volere dei miei, ma Pietro De Vito mi faceva paura. Entrava e usciva dai miei sogni in continuazione, bivaccando nella mia mente come un germe infetto.

No, non sarei andata a quell'aperitivo. In tutta fretta, indossai tuta e scarpe da ginnastica. Mi avvicinai alla finestra e guardai di sotto. Da bambina, mi divertivo a sgusciare dalla camera in quel modo. La canalina di scolo aveva sempre retto il mio peso, ma ora?

Senza pensarci oltre, mi sporsi all'esterno e mi aggrappai alla lamiera scrostata. Mentre scendevo, mi venne in mente che avrei potuto usare dei guanti, ma ormai era troppo tardi.

Quando toccai il suolo, le mie mani erano ridotte a un unico taglio. Il sangue mi colò lungo i polsi, ma non mi soffermai a controllare i danni. In un baleno, scavalcai la bassa recinzione e mi misi a correre.

Non avevo nessuna idea di dove andare, l'importante era allontanarsi il più possibile. Quando i polmoni iniziarono a bruciarmi, mi fermai e mi misi sulle ginocchia, ero esausta.

Quando rialzai il volto, fu come se un pugno mi colpisse al centro dello stomaco. La libreria si trovava dinanzi a me, la saracinesca era alzata e le luci tutte accese. Sulla soglia, Pietro De Vito alzò un calice brindando nella mia direzione.

Danio e Laura

 
 
 

Il signore del tempo II

Post n°1070 pubblicato il 22 Ottobre 2015 da lascrivana

 

Mi coricai che era quasi l'alba. Nonostante la stanchezza, non riuscii a prendere subito sonno, anzi. Lo strano quanto inaspettato incontro con Pietro De Vito mi aveva turbata in maniera sconcertante. I suoi modi, la gentilezza con cui mi aveva trattata per tutta la sera, il suo sorriso. Nulla a che fare con il Pietro che avevo conosciuto in sogno.

Eppure, percepivo che un legame doveva per forza esserci. A parte il nome, la visione del quadro mi aveva fatto rivivere in pieno quell'incubo angosciante. Istintivamente, mi afferrai il polso e cominciai a massaggiarlo.

L'orologio.

Nel sogno, mi aveva stretto il polso sino a farmelo sanguinare. Le lancette, trasformatesi in orribili zampe pelose, mi avevano sfiorato la pelle. E quegli occhi poi, penetranti e di un giallo abbagliante.

No, non poteva trattarsi di realtà. Eppure, qualcosa di strano e surreale era accaduto. Ma cosa?

 

Incapace di rimanere sdraiata, mi alzai e mi vestii in fretta e furia. Scesi in cucina e mi preparai un caffè che bevvi in perfetta solitudine. I miei genitori, non abituati alle ore piccole, stavano di certo ancora dormendo.

Richiudendomi la porta alle spalle, m'incamminai per le strade deserte. Un pallido sole rischiarava il primo giorno dell'anno anche se, la temperatura, era ampiamente sotto lo zero.

Stringendomi ancor più addosso il cappotto, mi diressi verso il centro. Non avevo nessuna idea di dove andare poi, improvvisamente, mi fermai.

La notte precedente, parlando del più e del meno, Pietro mi rivelò che la sua abitazione si trovava a poca distanza dalla mia. Porgendomi un biglietto da visita elegantemente rifinito, si era chinato e mi aveva sussurrato.

-Sarei onorato di una sua eventuale visita, venga quando vuole-

Conoscevo bene la zona, un quartiere tranquillo e popolato da persone per lo più benestanti.

Non so' per quale motivo ma, istintivamente, mi avviai in quella direzione. Era davvero strano quello che mi stava capitando. Fu come se le gambe, dotate di vita propria, disobbedissero agli ordini che il cervello gli mandava.

Volevo davvero incontrare di nuovo quell'uomo enigmatico e misterioso?

Ma, mentre mi lambiccavo in quelle elucubrazioni, di colpo mi ritrovai nella via in cui si trovava l'abitazione di Pietro.

Meccanicamente, aprii la borsetta e cercai il biglietto da visita.

Dopo alcuni istanti, mi ritrovai a fissare a bocca aperta la casa che avevo dinanzi. A differenza di quelle che la circondavano, super moderne e dalle linee nette e squadrate, quella di Pietro sembrava sbucata da un'epoca e da un tempo ormai sorpassati.

Il muro di cinta, costruito con pietre a vista, col suo rosso vivo risaltava nel grigiore generale. Dietro il cancello in ferro battuto, un giardino curato nei minimi particolari pullulava di piante e fiori di ogni genere.

Come poteva essere possibile? Eravamo in pieno inverno, e la maggior parte della vegetazione era ricoperta da brina e ghiaccio!

Quasi non me ne rendessi conto, posai la mano su una delle sbarre e spinsi. Con un leggero cigolio il cancello si aprì e, un istante dopo, fui all'interno.

Inaspettatamente, fui assalita da un caldo atroce, quasi insopportabile. Il cappotto, sino a quel momento indispensabile, sembrava volesse attaccarsi alla pelle. Con gesti frenetici, me ne liberai e lo gettai nell'erba accuratamente tosata. Ma non bastò. Anche la gonna e il maglioncino mi davano un fastidio tremendo. Cominciai ad avere paura. Quello che mi stava succedendo non era normale, non aveva nessuna spiegazione plausibile.

Col cuore a mille, mi voltai con l'intenzione di fuggire da quel luogo. Ma mi bloccai subito, inorridita.

Al posto delle sbarre, una miriade di serpenti viscidi e sibilanti mi stavano fissando coi loro occhietti malvagi.

Sconvolta da quell'infernale visione, con la gola serrata e incapace di produrre alcun suono, iniziai a indietreggiare a piccoli passi. Dopo non so quanto tempo, andai a sbattere contro qualcosa di duro, massiccio. Pensando di essere arrivata al perimetro della casa mi voltai.

-Ben arrivata, carissima-

Pietro De Vito, quello del sogno, mi sorrise fissandomi con occhi gialli e abbaglianti. Poi, tutto, divenne tenebra.

Danio e Laura

 
 
 

Il signore del tempo

Post n°1069 pubblicato il 20 Ottobre 2015 da lascrivana

 

Mi svegliai di soprassalto. La maglia della tuta era intrisa di sudore, così come il lenzuolo. Avevo il corpo indolenzito, in particolar modo il polso, come se fossi stata incatenata. Mi guardai attorno spaventata ma, come ebbi modo di constatare, tutto era ancora al proprio posto. Scesi dal letto e mi portai davanti alla specchiera.

 

Che strano. L'immagine che vidi riflessa, mostrava una donna sorridente, il capo leggermente inclinato verso destra. Venni percorsa da un brivido. D'istinto, alzai lo sguardo verso l'orologio appeso alla parete. Le diciannove erano trascorse da un paio di minuti, avevo dormito più di sette ore. Buona parte della mattinata l'avevo trascorsa a correre, questo lo ricordavo bene. Una volta rincasata, avevo consumato un pasto frugale poi, vinta dalla stanchezza, mi ero buttata sul letto senza nemmeno togliermi la tuta. E avevo sognato. I brividi aumentarono mentre, con la mente ancora intorpidita, cercai di mettere a fuoco i dettagli di quel sogno. Pur sforzandomi però, rammentai solamente spezzoni confusi, frasi pronunciate a metà. Come a voler scacciare una mosca fastidiosa, chiusi gli occhi e scossi la testa con vigore. Avevo solo qualche ora per prepararmi per il cenone di fine anno. Tra l’altro, in onore dei miei primi quarant'anni, la mia famiglia aveva organizzato un ballo in maschera. Il terzo millennio stava per arrivare, quale miglior modo per festeggiarlo? Il tema della festa, per tutti gli invitati, era quello d’indossare un costume di personaggi illustri e famosi. Unica regola, era che il personaggio scelto portasse lo stesso nome dell'invitato. Da parte mia, avevo scelto d’indossare il pomposo e regale abito della regina d’Inghilterra “Anna Stuart”.

 

Dopo una doccia bollente e rilassante, mi portai di nuovo davanti alla specchiera e iniziai a vestirmi con cura. Attenta a non trascurare neppure il minimo dettaglio, raccolsi la folta chioma da un lato e vi sistemai sopra un piccolo diadema. Quando tornai ad osservarmi, mi lisciai l'ampia gonna in filigrana d'oro e sorrisi soddisfatta. Lo stretto bustino inoltre, metteva in risalto la pienezza del mio seno, a malapena coperto da una bianca camiciola. Le ampie maniche, erano bordate con lo stesso pizzo della lunga sottana che fuoriusciva dall’orlo della gonna. Dopo aver indossato il pesante mantello di velluto blu, mi avviai al piano di sotto. I miei famigliari, in trepidante attesa, mi lanciarono sguardi ammirati. Poco dopo, eravamo in viaggio verso il luogo della festa, la riproduzione perfetta di un antico castello medievale. Apparteneva a mio zio, Andrea Battisitini, un ricco e noto finanziere. Quando finalmente arrivammo, la festa era già iniziata.

 

L'elegante salone, arredato in stile classico, era illuminato da pesanti lampadari a goccia. Svariate persone, agghindate in costumi colorati e stravaganti, la gremivano del tutto. Facendosi strada tra la folla, lo zio Andrea mi venne incontro e mi abbracciò affettuosamente.

 

-Buon compleanno, tesoro. Ma bando alle ciance, vieni. Voglio farti conoscere i miei nuovi amici, nonché soci in affari-

 

Pur mostrando il mio miglior sorriso, lo seguii di malavoglia. Non avevo nessun desiderio di conoscere gente nuova quella sera. Il sogno fatto nel pomeriggio, seppur nebuloso, mi avvolgeva ancora col suo manto freddo e ostile. Ci fermammo alle spalle di un'imponente figura maschile. L'uomo, sembrava estasiato di fronte a un orribile dipinto che mi fece letteralmente sobbalzare.

 

-Oh mio Dio, non può essere, che orrore!- gemetti.

Lo zio mi tacitò con un gesto della mano.

-Anna! Non urlare, non vorrai offendere l’autore? E' lui!- indicando l'uomo che pareva non essersi accorto di nulla.

Lo zio non poteva sapere che io non urlavo per la mostruosità del quadro, bensì perché esso rappresentava l’orribile ragno dagli occhi gialli del sogno.

 

-Sai, cara, con questo quadro, l'autore voleva solo rappresentare l’infido animale del tempo che aveva divorato i nove secoli- proseguì lo zio in tono colloquiale.

-Se tu osservi bene, il ragno è situato in un quadrante d’orologio, la dove le zampette pelose fungono da lancette. Mentre le deliziose dame, rinchiuse nei cilindri di vetro, rappresentano i secoli. Come potrai ben contare, sono solo nove i cilindri occupati, mentre il decimo è vuoto. All’autore, sembrava di cattivo auspicio riempire il terzo millennio prima che la mezzanotte scoccasse. Quando questo avverrà le lancette si porranno al centro, l’ultimo cilindro si capovolgerà mostrando così la dama che rappresenta il decimo secolo dopo il duemila. Non è stupefacente? E poi guarda, senza nemmeno farlo apposta, la tua maschera richiama la figura che riempirà l'ultimo cilindro “la regina Anna Stuart d’Inghilterra!” Non è una straordinaria coincidenza, tesoro?-

Brividi di terrore mi percorsero da capo a piedi. Avrei voluto avere le ali per scappare lontano, ma una forza sconosciuta m’impediva di muovere un passo.

L’uomo misterioso si girò e sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e perfetti. L'elegante abito che indossava, non faceva altro che metterne in risalto la possente figura. Non aveva nulla a che vedere con l’orripilante uomo del sogno anzi, era di una bellezza straordinaria. Sempre sorridendo, mi prese la mano e se la portò alle labbra, da perfetto cavaliere.

-Il mio nome è Pietro De Vito, madame. Molto lieto di fare la vostra conoscenza-

Danio e Laura

 
 
 

Vite interrotte la notte di capodanno. parte settima,

Post n°1068 pubblicato il 16 Ottobre 2015 da lascrivana

Il cervello sembrò volerle esplodere nella testa. Come colpita da una crisi epilettica, Anna iniziò a sbattere con violenza il polso sul bracciolo della poltrona. Ma, più erano i colpi, più la nenia dell'orologio andava aumentando.

-Il più bel regalo...il più bel regalo...il più bel regalo...-


-Ciao, Anna-


L'orrida cantilena terminò all'istante. Ansante, la donna si accorse che l'orologio era tornato ad essere solo un orologio. Le lancette, di nuovo tali, dicevano che la mezzanotte era appena scoccata. Ancora scossa, ebbe però modo di rendersi conto di trovarsi nel nuovo millennio. Ma chi aveva pronunciato quelle parole?

I suoi occhi, velati dalle lacrime e dalla stanchezza, misero a fuoco una figura. Si trovava quasi di fronte a lei, leggermente spostata sulla sinistra. Pur non distinguendone il volto, dalla voce e dalla postura intuì che dovesse trattarsi di un uomo.

-Chi...chi sei?- disse tremando visibilmente.

L'uomo si mosse impercettibilmente, ma non rispose. Anna cercò di alzarsi ma, con orrore, si accorse d'essere ancorata alla poltrona. Eppure, nessuna corda o catena la stava trattenendo.


-So' cosa si prova. Anch'io ebbi la stessa reazione, la prima volta-


L'uomo si spostò ancora di qualche passo sino a che, col favore dell'unica fonte di luce, si mostrò completamente.

Anna sbiancò. Il volto dell'uomo era la cosa più orripilante che avesse mai visto.

La pelle, un groviglio informe di carne morta, aveva lo stesso color ruggine del sangue secco. La bocca non era più una bocca, quanto un osceno taglio irregolare e frastagliato. Il naso non esisteva più, sostituito da una protuberanza simile a una proboscide di piccole dimensioni tranciata di netto. Solo gli occhi, in quello scenario orribile, avevano mantenuto la loro brillantezza. Leggermente ravvicinati, la stavano fissando con un'intensità tale da farle venire la pelle d'oca. Strano che l'unica parte sana di quel volto le provocasse una simile reazione. Nonostante ciò, non riusciva a staccarne lo sguardo. Come due calamite, avevano il potere di distoglierla dalle orrende ferite che li circondavano.

-Ma non ci riuscirai, a meno che io non lo voglia-

L'uomo si chinò sino a sfiorarle il volto col proprio. Sopraffatta dalla nausea, Anna girò la testa di lato e urlò.

-Puoi gridare fin che vuoi, mia cara. Ma, vedi, questa stanza è l'inferno, e nessuno si avvicina all'inferno. Voltati!-

Non voleva farlo, non voleva vedere di nuovo quel volto devastato che la fissava con occhi assurdamente normali.

-Voltati e guarda la biblioteca- proseguì Pietro con più calma.

Contro voglia, Anna si girò. L'uomo sembrava scomparso e, dinanzi a lei, la grande biblioteca parve prendere vita.

Alle sue spalle, come un prestigiatore, Pietro fece schioccare le dita.


-Ti presento le tue antenate, carissima-


Come per magia, le dieci teche apparvero davanti ai suo occhi in uno sfolgorio accecante. Immersi nel liquido, i corpi delle sventurate fluttuavano lentamente sbattendo in continuazione contro il cristallo. Anna avvertì un dolore lancinante alla testa. Fu come se qualcosa, al suo interno, si fosse spezzato.


-Ora ti libererò dalla tua prigione, mia cara, a te la scelta. Io posso darti ciò che desideri, sono molto ricco e non ti farei mancare nulla. Se rifiuterai, la tua sola altra possibilità è rappresentata dall'ultima teca, quella vuota-

Pietro pronunciò quelle parole con estrema calma, ma dentro di se stava tremando. Se la donna non avesse accettato, il suo rifiuto avrebbe segnato anche la propria fine.

Anna non riusciva a distogliere lo sguardo dalle teche. Ciò che stava vedendo, travalicava qualsiasi pensiero razionale.

Sporgendosi in avanti, si accorse che la misteriosa forza che sino a quel momento l'aveva trattenuta era scomparsa.

Alzandosi a fatica, si girò verso Pietro. L'uomo la stava fissando con un'intensità terribile. Ma, in quello sguardo, vide anche qualcos'altro. Qualcosa di molto simile alla paura.


-Allora, mia cara, cosa decidi?-


Dopo quelli che le erano parsi secoli Anna, finalmente, sorrise.



Danio e Laura



Bene, amici lettori. Siamo dunque giunti alla fine. E siccome siete stati fedeli vorrei condividere, d'accordo con Laura, l'esito del finale. A voi la scelta.

Anna accetterà o preferirà essere sepolta nella teca? Vorrei davvero coinvolgervi, sarebbe un bel regalo per me. Al prossimo racconto e....di nuovo grazie.

 

 
 
 

vite interrotte la notte di capodanno. parte sesta

Post n°1067 pubblicato il 13 Ottobre 2015 da lascrivana

a biblioteca era completamente spoglia, ma Anna non avrebbe mai potuto vedere le teche, l'incantesimo non avrebbe funzionato. Lei era la decima vittima, l'agnello sacrificale mancante se solo avesse fallito. Pietro dischiuse le labbra e, contemporaneamente, Anna si voltò.

Avvertì qualcosa nell'aria, una sorta di soffio gelido che penetrava nelle ossa. Ma c'era anche qualcos'altro che non andava. Un formicolio, fastidioso e continuo, la costrinse ad alzare il braccio sinistro. Sbarrò gli occhi, impaurita, mentre il cuore iniziò a pompare a un ritmo frenetico.

Il vecchio orologio sembrava aver preso vita e...e... la stava fissando!

Al posto delle lancette, erano apparse due protuberanze simili a zampe di ragno. Ma, ciò che la terrorizzò più di tutto, furono i due bulbi oculari al centro del quadrante. Di un colore giallastro la fissarono con un'acquosa intensità. Ricacciando indietro un conato di vomito, cercò disperatamente di slacciare il cinturino, col solo risultato di ottenere l'esatto contrario. Serrandosi ancor di più al polso infatti, l'acciaio si conficcò nella pelle provocandole dolori lancinanti.

-Non riuscirai a toglierlo- bisbigliò Pietro -Come non ci sono riuscite le tue antenate-

Ma tutte, nei secoli precedenti, avevano preferito una sorte terribile piuttosto che mostrarsi al suo fianco, ossia finire in una teca di cristallo, a perenne memoria del loro rifiuto.

Anna sarebbe stata la sua ultima occasione. La profezia, infatti, diceva che se entro l'inizio del nuovo millennio ciò non fosse avvenuto, sarebbe stato lo stesso Pietro ad occupare l'ultima teca, per l'eternità.

 

Mancavano ormai pochi minuti allo scoccare della mezzanotte e Pietro, nervoso ma consapevole del momento, si posizionò al centro della stanza.

Ancora inconsapevole della sua presenza, Anna si era lasciata cadere in poltrona. Il terrore di ciò che stava osservando, aveva di gran lunga superato la sofferenza per il dolore al polso. I bulbi, autentici cuori pulsanti al centro del quadrante, avevano cambiato colore. Ora era di un rosso intenso, con venature grigiastre che andavano diradandosi come piccole crepe. Le zampe-lancette si mossero frenetiche verso l'alto, quasi volessero ghermirla con le loro estremità pelose.

Poi, dopo un istante, accadde ciò che avrebbe davvero potuto compromettere le sue facoltà mentali.

L'orologio parlò.

E lo fece con una voce talmente orripilante, che Anna avvertì le parole conficcarsi nella pelle, nei muscoli, nel cervello. Stringendo i braccioli della poltrona, tentò di chiudere gli occhi ma, con orrore, si accorse che le zampe glielo stavano impedendo.

-Buon compleanno, Anna. Ora, conoscerai ciò che il fato ha deciso per te, il regalo più bello-

Come un ventriloquo, Pietro mosse le labbra e chiuse gli occhi.

Era giunto il momento di farsi vedere.

Danio e Laura.

 
 
 

Vite interrotte la notte di capodanno. Parte quinta

Post n°1066 pubblicato il 11 Ottobre 2015 da lascrivana

 

Bella, seducente, spaventata. A pochi passi di distanza, la vide avvicinarsi alla parete, sorrise.

-Si, Anna. Tra poco scoprirai la verità- disse ad alta voce.

Ma lei non poteva udirlo ne vederlo, non ancora. Settecento anni erano ormai trascorsi, sette secoli in cui aveva anelato quel momento. Ed ora, allo scoccare del terzo millennio, quell'attesa sarebbe stata premiata ed egli, finalmente, avrebbe avuto la sua sposa. Non volle nemmeno pensare a un fallimento, tanto meno a un rifiuto. Se ciò fosse avvenuto, oltre a venir privato dell'immortalità anche l'orologio avrebbe del tutto perso il suo potere, condannandolo alla solitudine sino alla fine dei suoi giorni.

Pietro De Vito, l'uomo che aveva vissuto nell'ombra, colui che tutti avevano ripudiato, stava per avere la propria rivincita. Portandosi le mani al volto deturpato, si passò le dita sulla carne informe quindi, in un sussurro, recitò le parole dell'antica profezia.

-Il fato, maligno e perverso, ha fatto si che nessuna donna ti avesse mai notato. Sconvolte e spaventate, inorridivano fuggendo tutte a gambe levate. Ma, all'alba del terzo millennio, una di loro resterà. Anna, viso dolce e anima pura, sarà la tua sposa e la tua cura-

Quella cantilena aveva sempre avuto il potere di calmarlo. Ed anche ora, osservando la sua promessa sposa, un senso di pace lo pervase completamente.

-Oh Claudio, se solo tu potessi assistere al momento del mio trionfo-

Per un istante, quel pensiero sembrò scalfire la gioia che stava provando. Ma fu giusto un attimo.

Claudio De Vito, l'uomo che sette secoli prima aveva dato inizio a quella torbida storia. L'uomo che, senza alcun indugio, non aveva esitato a rinchiuderlo in un istituto.

Claudio De Vito, suo fratello gemello.

Si era sempre vergognato di lui, trattandolo come una bestia e nascondendolo alla vista delle persone. Dio, quanto lo aveva odiato. In lui, Pietro vedeva quello che non sarebbe mai stato. Bello come il sole, aveva sempre avuto le donne più desiderate e tutte, invariabilmente, cadevano ai sui piedi come pere mature.

 

Rinchiuso nella misera cameretta dell'istituto, Pietro aveva meditato a lungo sulla propria vendetta. Ma come avrebbe fatto a fuggire da quel luogo?

La risposta era giunta in una notte burrascosa. Tuoni e lampi avevano sferzato l'aria sin dalla sera precedente e Pietro, da sempre impaurito da quei fenomeni, si era rintanato sotto le coperte. Erano state ore da incubo, durante le quali sonno e veglia si erano alternati allo scroscio della pioggia incessante. Quando, infreddolito e avvolto nella pesante coperta si era destato, il silenzio l'aveva colpito come una mazzata.

Non si trovava più nella propria cella, ma in una sorta di cantina dove una libreria, di grosse dimensioni, sembrava essere l'unico mobile presente. Intimorito, era sceso dal letto e aveva fatto alcuni passi. All'apparenza, non si notava alcuna via d'uscita ma, stranamente, la cosa non l'aveva turbato più di tanto.

Quel luogo aveva qualcosa di magico. L'atmosfera gli era apparsa più leggera, e il suo spirito, da sempre tribolato, parve aver improvvisamente trovato pace.

Avvicinandosi alla biblioteca, aveva alzato un braccio per prendere un voluminoso tomo. Come e perché avesse scelto proprio quello non se l'era mai domandato, ma era come se lo avesse chiamato. Sul dorso, rosso fiammante, erano incise solo tre lettere dorate: P.D.V.

Pietro De Vito.

Con mani tremanti, l'aveva tolto dal suo alloggio ed era indietreggiato. Subito, un vento gelido si era alzato per la stanza, mentre gli altri libri, come a un segnale, si erano messi a ondeggiare pericolosamente. Quindi, con un rombo assordante, erano precipitati tutti al suolo invadendo la stanza.

Travolto da quella valanga di carta, era stato sospinto sino a una poltrona che, sino a quell'istante, non aveva notato. Quando la furia si era ormai placata, aveva alzato gli occhi verso la biblioteca ed era inorridito.

Al posto dei libri, dieci teche di cristallo sembravano fissarlo come grandi occhi.

In ognuna di esse, un corpo umano perfettamente conservato galleggiava in un liquido denso ma limpido come acqua. Tutte tranne l'ultima, completamente vuota.

Ancora shoccato da ciò che stava osservando, quasi non si accorse che il libro che stava reggendo si era aperto da solo. Abbassando lo sguardo, aveva letto le prime righe.

 

“Nove son le vittime appurate, ma la decima, la preda più ambita, ancora resta in vita. Toccherà a te, impuro e osceno immortale, conservarla tale”

 

Aveva chiuso di scatto il libro e l'aveva gettato a terra ma, quando aveva tentato di alzarsi, qualcosa l'aveva tenuto ancorato alla poltrona.

Danio e Laura

 
 
 

Brindisi all'amore.

Post n°1065 pubblicato il 09 Ottobre 2015 da lascrivana

Brindisi all'amore

Il vero amore sa essere dolce e paziente

riesce a percepirti anche quando sei assente

T’infonde fiducia, tranquillità e sicurezza

pace, serenità e sconfinata tenerezza

Lo senti presente in ogni momento

anche quando sembra che per te non ha più tempo

Ha la capacità di farti sentire importante

quando agli occhi del mondo sei una tra le tante

Possiede il dono di rendere ogni cosa speciale

come i regali che ricevi la notte di Natale

Ogni occasione è buona per brindare

alla grande fortuna che ci ha fatto incontrare.

Laura

 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

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