ricomincio da qui

poesie prose e testi di L@ur@

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

Per chi volesse leggere la storia"Un passo indietro per farne uno avanti" sin dalle prime pagine;basta cliccare sui link.

post. 1post. 2post.3post.4post.5post.6post.7

post. 8post.9post.10post.11post.12post.13pag.14

post.15post.16post.17 ...post.18 ...post.19 ...post.20 ...post.21

 

 

UN PASSO INDIETRO PER FARNE UNO AVANTI.

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Novembre 2015 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
            1
2 3 4 5 6 7 8
9 10 11 12 13 14 15
16 17 18 19 20 21 22
23 24 25 26 27 28 29
30            
 
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

FACEBOOK

 
 

FACEBOOK

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 139
 

ULTIME VISITE AL BLOG

woodenshiplascrivanaArechitanoprefazione09tanmikcassetta2c0nsuelocammino_1QuartoProvvisorioje_est_un_autrem12ps12Noir.Desiramistad.siempreNihil.65davidecrow
 

ULTIMI COMMENTI

RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo i membri di questo Blog possono pubblicare messaggi e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
 

Messaggi di Novembre 2015

OMBRE DAL PASSATO 9

Post n°1087 pubblicato il 29 Novembre 2015 da lascrivana

Guido Torri osservò l'abitazione del professor Centi a lungo. Le persiane erano serrate, il cancello sprangato e mucchi di foglie ricoprivano il vialetto d'accesso. Segni evidenti che la casa era disabitata, e da diverso tempo anche. Scese dall'automobile e si guardò attorno, la via era deserta e silenziosa. Senza indugiare si avvicinò al cancello quindi, dopo essersi dato un'ultima occhiata alle spalle, lo scavalcò senza troppa difficoltà.

La porta d'ingresso era in legno massiccio, sfondarla sarebbe stato impensabile. Per forzarla poi, avrebbe avuto bisogno di attrezzi che, vista l'improvvisazione, non aveva pensato di portare con se. L'unica soluzione, sarebbe stata quella di trovare una finestra aperta, o anche solo accostata. Rompere un vetro sarebbe stato un gioco da ragazzi, e l'unico problema poteva essere rappresentato da un eventuale sistema d'allarme. Ma a quello ci avrebbe pensato successivamente, l'importante era riuscire ad entrare. Allontanandosi dall'ingresso principale, iniziò a costeggiare il muro rimanendo leggermente piegato in avanti. Alberi e siepi gli offrivano una discreta copertura ma un casuale passante, fermandosi, avrebbe potuto notarlo.

Infine la trovò proprio sul retro, al riparo da sguardi indiscreti e possibili pericoli. Le persiane erano in parte aperte e, scostandole ancora di qualche centimetro, riuscì a sbirciare all'interno.Si trattava della cucina. La dispensa e il piano di lavoro, alla sua sinistra, erano ben visibili. Al centro, un grande tavolo completamente sgombro attorniato da quattro sedie. Sulla parte destra, che non poteva vedere, si trovavano probabilmente il frigorifero e il lavello. Guardando verso gli infissi, cercò di capire se vi fosse collegato un sistema d'allarme ma, a prima vista, non notò ne telecamere ne strani cavi. I vetri sembravano doppi, ma quello non sarebbe stato un problema. Rinfrancato, raccolse da terra un grosso sasso appuntito quindi, senza esitare oltre, lo scagliò con forza contro il vetro.

********


Martin cercò di destreggiarsi nel traffico caotico.

-La villa di Centi si trova dall'altra parte della città- disse quasi a giustificarsi.

Al suo fianco, Giusy gli mise una mano sul braccio.

-Non preoccuparti, non c'è bisogno di provocare un incidente. Sono certa che non lo troveremo, ma tentar non nuoce, giusto?-

King annuì, quindi sorpassò un paio di automobili che stavano andando a rilento. L'intenzione della giornalista di non avvisare la polizia sul momento non l'aveva convinto ma, ripensandoci, Giusy aveva ragione. Senza prove, e basandosi solo su supposizioni, accusare il professore di una cosa simile poteva essere molto pericoloso.

-E in questo caso cosa vorresti fare, entrare abusivamente forse?-

La giovane donna sembrò pensarci per un istante.

-E perché no? Non sarebbe certo la prima volta- rispose con un sorriso.

Rischiando seriamente di tamponare un furgone che li precedeva, Martin voltò la testa di scatto.

-Tu mi farai finire in galera, lo sai vero?-

Giusy scoppiò in una fragorosa risata.

-Per così poco? Non preoccuparti, ho tutto il necessario per entrare e non lasciare nessuna traccia- nel dirlo, aprì la borsetta e ne fece uscire qualcosa. Sulle prime poteva sembrare un normalissimo portachiavi ma, a una più attenta osservazione, si poteva notare che al posto delle chiavi si trovavano oggetti utili allo scasso. Vedendo l'espressione meravigliata del compagno, si affrettò a rassicurarlo ulteriormente.

-Come ti ho detto, l'ho già fatto altre volte e non è mai accaduto nulla. Basterà che tu mi copra le spalle, al resto penserò io-

Martin alzò gli occhi al cielo, la determinazione di quella donna non finiva mai di stupirlo.

-Saremo sul posto tra una decina di minuti, che Dio ce la mandi buona- si limitò a dire.

*******


Dopo essersi calmato, il professor Centi s'incamminò in cerca di un taxi. La situazione gli aveva preso la mano, gli eventi erano precipitati e la necessità di far perdere le proprie tracce era diventata la sua priorità. Ma aveva bisogno di quei soldi, e per farlo aveva assoluto bisogno di parlare col direttore. Unica consolazione, il fatto che la polizia non l'aveva ancora contattato e quello, senza dubbio, gli dava ancora un certo margine di movimento. Trovato il taxi, salì sul sedile posteriore e diede l'indirizzo all'autista. Tornare alla villa sarebbe stato un rischio, ma doveva assolutamente recuperare alcune cose. Documenti e altre carte si trovavano in cassaforte, non si era fidato a portarle con se quando, alcuni giorni prima, si era trasferito in un piccolo appartamento preso in affitto. Tastandosi il taschino interno della giacca, si assicurò che il biglietto aereo fosse ancora al suo posto, quindi si lasciò andare sullo schienale.

Danio e Laura

 
 
 

Ombre dal passato 8

Post n°1086 pubblicato il 28 Novembre 2015 da lascrivana

 

L'impiegato sembrava dispiaciuto.

-Solo il direttore può svolgere questo genere di operazioni, e al momento si trova fuori-

L'uomo guardò nervosamente l'orologio.

-Non potrebbe rintracciarlo? Avrei una certa fretta-

La banca era affollata quel giorno, e la fila alle sue spalle andava aumentando di minuto in minuto.

-Non sono autorizzato a farlo, mi spiace. Se vuole, può attenderlo davanti al suo ufficio, non dovrebbe tardare molto- disse indicando un paio di poltroncine nell'angolo più lontano.

Senza nemmeno ringraziare, l'uomo lasciò lo sportello e uscì in strada. Dalla tasca, prese il flaconcino e ingoiò un altro paio di pasticche, quindi chiuse gli occhi. Lentamente, i battiti rallentarono così come il leggero tremore. Calmo, doveva restare calmo.

***********

 

Deluso e pensieroso, Guido Torri lasciò l'ospedale.

“Sono giorni che il professore non si fa vedere. Ha giusto telefonato ieri per avvertire di una sua momentanea assenza, per quanto tempo non l'ha specificato” gli aveva riferito un infermiera pochi minuti prima. In attesa di un taxi, ripensò alle ultime parole di Johanna prima che venisse uccisa.

“Credo che l'uomo ritrovato accanto a mamma non sia il mio patrigno, amore”

Lui l'aveva presa tra le braccia e l'aveva guardata negli occhi.

“Ne sei certa? Cosa te lo fa pensare?”

La giovane si era liberata dall'abbraccio ed era andata in camera da letto. Quando era tornata, reggeva tra le mani un cappello, una specie di coppola.

“L'hanno ritrovato i pompieri dopo che avevano spento l'incendio. Insieme ad altre, è una delle poche cose che si è salvata”

Guido l'aveva afferrato osservandolo attentamente. D'istinto l'aveva annusato, inalando immediatamente l'odore acre della fuliggine di cui era ancora impregnato. L'aveva guardata con aria interrogativa.

“Non apparteneva al mio patrigno, ne sono certa. A parte che odiava i cappelli, io quello l'ho visto in testa a una sola persona negli ultimi tempi”

Guido aveva annuito.

“E perché non l'hai riferito alla polizia?”

Johanna aveva scossa la testa.

“L'ho fatto, ma mi hanno risposto che non significava nulla. Potrebbero averglielo regalato o forse il proprietario se l'era dimenticato. Ma io so' che non è così. Colui che l'indossava, negli ultimi tempi era un assiduo frequentatore di casa nostra. Dopo l'incendio non l'ho più rivisto in giro, eppure abitava a poca distanza da noi”

Esitò, mentre le lacrime iniziarono a scorrerle sul viso.

“Chi è, Johanna, dimmelo!” l'aveva incalzata Guido.

“Il cognome non l'ho mai saputo...” disse tirando su col naso “...so' solo che si chiamava Rocco, ed era il braccio destro di un noto boss mafioso”

Guido le si era avvicinato e l'aveva afferrata per le braccia.

“Vorresti forse dire che...che l'uomo carbonizzato fosse lui e non Simone Serafini?” l'aveva fissata a lungo, incredulo.

Johanna era scoppiata in un pianto dirotto quindi, dopo essersi calmata, si era lasciata andare.

“Ne sono sicura, e forse ho anche una traccia da seguire”

Guido aveva insistito affinché lo mettesse al corrente di tutto, ma lei era stata irremovibile.

“No, Guido. Non voglio coinvolgerti e devo prima fare una verifica. Ma ti prometto che, in caso di difficoltà, ti chiamerò immediatamente”

Non l'aveva più rivista, se non in una bara.

*******

 

Martin lesse l'articolo tutto d'un fiato.

-Interessante, molto interessante-

Giusy sbottò.

-Interessante? Io direi che ce n'è abbastanza per aprire un'indagine, altro che interessante!-

Il medico si alzò e la fissò, serio.

-Ascoltami bene. Ti sei chiesta come mai, a parte questo striminzito articolo online, la notizia non sia stata diffusa dai giornali e dalla televisione?-

Giusy sembrò pensarci sopra, quindi scosse la testa.

-Perché probabilmente c'è qualcuno di molto potente, dietro. Aspetterei un attimo prima di fare certi passi- concluse King.

Chinandosi verso il monitor, la giornalista rilesse per l'ennesima volta l'articolo.

 

Il professore Centi, il noto cardiologo,

sembra non essere ciò che afferma.

In merito alle indagini riguardo

la sparizione di lauti fondi destinati

alla ricerca, sembra che il medico,

o presunto tale, non abbia mai conseguito

alcuna laurea. Lo stupore dei colleghi,

unito a quello dei numerosi pazienti

da lui curati è grande.

Indignato, il professore si è chiuso

nel più assoluto silenzio,

promettendo però di querelare

immediatamente coloro che l'accusano

di tale infamia.

 

-Dobbiamo trovarlo, Martin. Sento che siamo sulla strada giusta-

Disse Giusy spegnendo il computer.

Danio e Laura

 

 
 
 

Come si presenterà la testata del mio blog nel 2016.

Post n°1085 pubblicato il 26 Novembre 2015 da lascrivana

Buongiorno!

E anche quest'anno ho pensato a una nuova immagine del blog, per dare il benvenuto al 2016. 

Come al solito non sono figure scelte a caso; in esse sono racchiuse tutte le mie aspettative, le mie ansie, le mie preoccupazioni. Sono di buon auspicio per tutti coloro che hanno la bontà di osservarli. 

Ricorderete sicuramente la margherita del 2012, rappresentava un anno di scelte e di preoccupazioni finanziarie. Eliminare spese superflue e mantenere il necessario per la sopravvivenza.

Poi siamo passati alla spiga di grano per il 2013: la luce della speranza iniziava a farsi strada e ci si augurava di fare un buon raccolto.

Il 2014 l'immagine del pane da sicurezza e calore. Si ringrazia il cielo per quel pezzo di pane che si porta a casa tutti i giorni. Rappresentava l'augurio di averlo sempre presente sulle nostre tavole.

E infine la tavola riccamente imbandita del 2015 che abbraccia tutta la famiglia. L'augurio che gli affetti emergano sempre: poichè in essi è racchiuso  il mistero della creatività e dell'abbondanza.

L'immagine del 2016 è già presente nella mia memoria. Come al solito aspetto sempre dicembre per elaborarla definitivamente. Si tratta solo di pazientare qualche giorno; e poi avrete tutti la possibilità di vederla in anteprima. Non mancherà di certo la mia coccinella di buona fortuna: presente in ogni mascotte precedente.

Laura

 
 
 

Ombre del passato 7

Post n°1084 pubblicato il 22 Novembre 2015 da lascrivana

 

Guido Torri si aggirava per casa come un leone in gabbia. Essere stato scarcerato per l'omicidio di Johanna, non aveva di certo lenito il suo dolore. Nessuno poteva immaginare quanto l'avesse amata, quanti progetti avevano fatto insieme. Doveva fare qualcosa, e quel qualcosa sarebbe stato scovare il suo assassino, glielo doveva. Johanna non gli aveva raccontato tutto, solo ora se ne rendeva conto. La storia dei genitori, il patrigno, l'incendio. C'era qualcosa che non quadrava, e non si sarebbe dato pace finché non l'avesse scoperto. In più di una occasione, la ragazza gli aveva raccontato di essere vicina alla verità. Ma, nonostante le sue pressioni, gli aveva sempre risposto che voleva esserne certa. Si pentì amaramente di non aver insistito. L'avesse fatto, forse Johanna sarebbe stata ancora viva.

 

Sudava freddo, e i battiti erano aumentati a un ritmo pazzesco. Spense il computer e andò in bagno. Aveva spedito la mail in preda alla rabbia e all'impotenza, ma ora aveva qualcos'altro di più importante a cui pensare. Dall'armadietto dei medicinali prese un tubetto quindi, dopo essersi lasciato scivolare un paio di compresse nel palmo, le ingurgitò con un movimento secco. Era stato un idiota a pensare che Ponti potesse aiutarlo. Ma il Brasile era la sua unica speranza e l'editore, laggiù, conosceva un chirurgo plastico senza molti scrupoli. Quando aveva fatto il nome di Giusy Benniti però, il suo atteggiamento era drasticamente cambiato.

 

“Ma che diavolo stai dicendo, cos'hai a che fare tu con Giusy Benniti?” aveva ruggito Ponti alzandosi dalla poltrona.

Aveva atteso un istante prima di rispondere. Sapeva benissimo che tra lui e la giornalista non correva buon sangue, ma quella reazione non se l'era aspettata.

“E' una lunga storia” si era limitato a dire. Ma Ponti ormai era irrefrenabile e voleva sapere.

“Sai che proprio oggi l'ho mandata in terapia? Sai che mi sono inimicato mezza redazione per questo? E, se non ricordo male, fosti proprio tu a suggerirmelo quando te ne parlai!” aveva continuato.

“Ed ora, senza motivo apparente, te ne salti fuori con questa trovata. Ti consiglio di dirmi la verità, una volta per tutte. E cerca d'essere convincente perché sono molto, ma molto incazzato!”

Quelle minacce avevano iniziato a dargli fastidio, ma Ponti aveva ragione. Era stato egli stesso, qualche tempo prima, a convincerlo di quella scelta. Conosceva quella ficcanaso di fama, e sapeva che prima o poi sarebbe arrivata a lui. Ma era diventato un peso troppo grande da sopportare. Alla fine gli aveva raccontato tutto e Ponti, incredulo, era rimasto ad ascoltare le sue parole sbiancando di minuto in minuto.

“Quando scopriranno l'ammanco per me sarà finita, Federico. Ecco perché non ho bisogno di denaro ma solo del tuo aiuto” aveva terminato con voce sempre più flebile.

Ponti si era alzato e, con estrema lentezza, si era portato dietro la scrivania. Aveva quindi aperto un cassetto, ne aveva preso qualcosa e l'aveva puntata contro di lui. L'uomo aveva fissato il piccolo revolver con curiosità, che si era ben presto tramutata in terrore.

“Ero davvero convinto delle fantasie di Giusy. Davvero pensavo che fosse una visionaria assetata di successo e priva di scrupoli. Ed ora arrivi tu, con questa storia assurda a smontare tutto. Devi marcire in galera, è tutto quello che ti meriti” aveva detto tetro Ponti. Con la mano libera, aveva preso il cellulare dalla tasca e aveva iniziato a digitare un numero.

L'uomo aveva agito con una rapidità sorprendente. Buttandosi in avanti, aveva afferrato il tagliacarte posato sulla scrivania e l'aveva lanciato contro l'editore. Colto di sorpresa, quest'ultimo aveva lasciato partire un colpo che era andato però a vuoto. L'uomo ne aveva immediatamente approfittato e l'aveva investito con tutto il proprio peso. Finiti a terra, i due avevano iniziato una lotta dura e silenziosa. Il secondo colpo, era partito quando il revolver si trovava tra i loro volti contorti dallo sforzo. Investito in pieno da sangue e frammenti d'ossa, l'uomo era indietreggiato inorridito. Ansimante, e col cuore che pompava a mille, era rimasto ad osservare il viso devastato di Ponti per alcuni lunghi minuti. Senza preoccuparsi di cancellare eventuali tracce, e in evidente stato di shock, aveva lasciato la villa in fretta e furia.

 

Giusy aveva gli occhi che lacrimavano. Le sue ricerche su internet sembrava non portassero a nulla ma, proprio mentre stava per arrendersi, un articolo di una rivista online catturò la propria attenzione.

Lo lesse velocemente, per poi rileggerlo con più calma ancora un paio di volte. In preda a un'improvvisa agitazione, prese il cellulare e digitò un numero.

-Martin? Vieni subito al giornale, ho scoperto qualcosa d'interessante. E stavolta non voglio lasciarmelo sfuggire!-

Danio e Laura.

 
 
 

Ombre del passato 6

Post n°1083 pubblicato il 20 Novembre 2015 da lascrivana

 

Sbalordito, Ponti gli si piazzò davanti con fare minaccioso.

-Ma che diavolo stai dicendo, cos'hai a che fare tu con Giusy Benniti?-

Riprendendo a sminuzzare il fazzoletto di carta, l'uomo alzò gli occhi verso di lui.

-E' una lunga storia- disse con un filo di voce.

 

 

Giusy varcò la soglia della redazione a passo spedito. L'inattesa quanto gradita complicità di Martin l'aveva rinfrancata, si sentiva più forte. Subito, i colleghi presenti le si fecero incontro. Alcuni volevano sapere come fosse andata la prima seduta, altri le manifestarono ancora una volta la loro solidarietà. Ne fu felice, e con estrema pazienza rispose a tutti.

-Vi ringrazio, davvero. Ma ora vorrei tornare a lavorare, ho molte cose da fare e sono tremendamente indietro coi tempi- disse infine.

Quando finalmente riuscì ad arrivare alla propria scrivania, accese il computer e richiamò subito la posta. Le mail si erano accumulate e le fece scorrere rapidamente, sino all'ultima. L'indirizzo le risultava sconosciuto ma il corpo della mail, breve e conciso, le provocò un brivido.

“Finiscila, o ti uccido”

Era arrivata da qualche minuto, e Giusy si guardò attorno come se l'autore fosse nei paraggi. D'istinto, la cancellò immediatamente e in modo definitivo per poi darsi della stupida altrettanto velocemente. Avrebbe potuto rappresentare un'eventuale prova, nel caso che...

Nel caso in cui chi l'aveva spedita mettesse in atto la minaccia? Scacciando quel pensiero funesto, si concentrò totalmente sul lavoro.

 

 

 

La donna delle pulizie pigiò a lungo sul campanello. Pur essendo in possesso delle chiavi, il suo datore di lavoro era stato esplicito su quel argomento.

-Se sono in casa, preferirei che suonasse. Non mi va di vederla apparire all'improvviso, potrei scambiarla per un ladro-

Essendo abituata alle stramberie di Ponti, la signora Clotilde aveva alzato le spalle e aveva risposto con sottile ironia.

-Allora mi sa che suonerò poche volte, visto che lei in casa non c'è mai!-

Ma questa volta c'era qualcosa che non quadrava. Dal cancelletto, la donna aveva una perfetta visuale del viale d'accesso e dell'ingresso della villa. E l'automobile di Ponti, grande e lussuosa, si trovava proprio li davanti. Strano, pensò Clotilde. Un'altra delle sue manie era quella di metterla in garage, fosse anche si fermasse per qualche minuto.

Al diavolo, c'era qualcosa che non andava e non aveva nessuna intenzione di rimanere li impalata ad aspettare.

Aprì il cancelletto e si avviò con passo deciso sul vialetto pedonale. Come aveva sospettato, non ebbe bisogno di usare le chiavi per la porta principale. Era aperta e, dall'interno, non si sentiva provenire alcun rumore. Improvvisamente ebbe paura. Benché non vedesse anima viva, si sentì osservata, spiata. La voglia di scappare l'assalì con veemenza ma, proprio mentre stava per tornare sui suoi passi, qualcosa in fondo al salone attirò la sua attenzione. Prendendo nuovamente coraggio, aprì del tutto la porta ed entrò. La stanza era in penombra, l'unica luce era quella che filtrava dalle finestre.

Avvicinandosi al divano, notò un bicchiere appoggiato sopra il basso tavolino mentre ai piedi del caminetto, in mille pezzi, ne riconobbe i resti di un secondo.

Poi lo vide.

Dapprima un braccio, quindi la schiena, infine la testa e il sangue.

Il corpo di Federico Ponti era quasi incastrato sotto il divano. Una profonda ferita gli divideva la fronte in due tronconi deformi, gli occhi erano sbarrati.

Clotilde urlò quindi, senza riuscire a trovare un appoggio, crollò a terra priva di sensi.

Danio e Laura

 
 
 

Ombre del passato 5

Post n°1082 pubblicato il 18 Novembre 2015 da lascrivana

 

Federico Ponti uscì dal giornale in tutta fretta. Aveva giusto qualche ora per riposare, poi ci sarebbe stata la cena di gala con le autorità. Non amava molto quel tipo di cerimonie ma, essendo il proprietario del principale quotidiano cittadino, era praticamente costretto a prendervi parte. Vedovo ormai da qualche anno e senza figli, viveva solo nella grande villa che la moglie, di nobili origini, gli aveva lasciato in eredità. Mentre stava azionando il telecomando del cancello, un uomo si avvicinò a passo sostenuto. Sorpreso, scese dall'abitacolo e gli si fece incontro.

-Che ci fai qui? Ti ho detto mille volte che...-

L'altro non gli fece terminare la frase.

-Ho bisogno di parlarti, Federico...subito-

L'editore lo fissò per un istante, quindi l'invitò a salire in auto. Percorsero il lungo viale alberato che portava alla villa vera e propria in assoluto silenzio. Nonostante ciò, Ponti non poté fare a meno di notare il nervosismo crescente dell'uomo che aveva al fianco. Le mani intrecciate in grembo, sembrava voler fare a pezzi il fazzolettino di carta che stringeva tra le dita. Una volta all'interno lo fece accomodare nel salone, quindi preparò due robusti drink.

-Allora, di cosa volevi parlarmi?- disse porgendogli il bicchiere.

Con mano tremante, l'uomo l'afferrò e ne mandò giù una lunga sorsata.

-Ho bisogno del tuo aiuto, Federico. So' che hai ancora contatti con quei tuoi amici in Brasile. Devo andarmene-

Ponti aveva già il bicchiere alle labbra, lo depose sul tavolino.

-Te ne vuoi andare? Ma che cazzo stai dicendo!-

L'uomo trangugiò ciò che rimaneva del liquore, quindi si alzò e cominciò a passeggiare per la stanza.

-Sono fottuto, Federico. La polizia è già venuta due volte a farmi domande. Sospettano di me, ne sono convinto, e la prossima volta che verranno sarà per arrestarmi-

Ponti era letteralmente sbalordito.

-In che diavolo di situazione ti sei ficcato? Se ti serve del denaro...-

L'uomo si voltò di scatto e lanciò il bicchiere contro le pietre del camino.

-Non hai capito un cazzo. Non ho bisogno di soldi, ma di un posto sicuro in cui poter stare. Mi vuoi aiutare o no?-

Nonostante l'improvvisa e inaspettata sfuriata, Ponti non si scompose. Non l'aveva mai visto in quello stato, e non osava immaginare cosa poteva essere successo.

-Siediti- disse con estrema calma.

-Hai di nuovo giocato con quel boss, vero? E hai perso. Però non capisco il discorso della polizia. Sappiamo benissimo come si risolvono certe cose-

L'uomo sembrava essersi calmato. Tornato a sedersi, si passò le mani tra i capelli e sul viso.

-Le carte non c'entrano nulla, Federico, e nemmeno quel mafioso. Il mio problema si chiama Giusy Benniti-

Per poco a Ponti non cadde il bicchiere di mano.

 

 

 

 

Martin depose il cellulare e guardò Giusy.

-E' spento- disse sconsolato.

La giornalista inarcò un sopracciglio.

-Sai per caso dove abita? Non chiedermi il perché, ma sento che parlare col dottor Centi può essere molto importante-

King sorrise.

-Non sono mai stato a casa sua, ma ho l'indirizzo, possiamo esserci in un quarto d'ora-

Giusy guardò l'orologio e gli fece l'occhiolino.

-La nostra seduta dovrebbe durare ancora una mezz'ora, andiamo?-

King sembrò titubante, ma dopo qualche istante annuì.

-Forse sei veramente fuori di testa, ma io lo sono più di te se accetto di seguirti in questa pazzia-

La via dove viveva il dottor Centi, si trovava in un quartiere residenziale piuttosto rinomato. L'abitazione, altri non era che una casa di ringhiera ristrutturata e venduta a prezzi che pochi potevano permettersi. I due scesero dalla macchina e attraversarono la strada. Individuato il campanello, Giusy suonò un paio di volte. Non ricevendo risposta provò ancora, inutilmente.

-Probabilmente si trova in ospedale, magari sta operando e ha spento il cellulare- disse Martin.

Giusy lo guardò con una strana espressione dipinta sul viso.

-No, non chiedermi di andare anche la, te ne prego-

Lei parve dispiaciuta, ma si rese conto che Martin aveva ragione. Avrebbero potuto contattare il dottor Centi più tardi, e lei aveva ancora molto da fare al giornale. Affrontare nuovamente Ponti era una di quelle.

-Ok, come vuoi, accompagnami al giornale per favore- disse fingendosi arrabbiata.

Durante il tragitto, si accordarono sulla versione da dare al direttore.

-Conosco bene Federico. Gli dirò che ho bisogno di vederti ancora un paio di volte prima di esprimere un giudizio- disse Martin parcheggiando davanti alla sede del quotidiano.

Giusy si allungò e gli diede un leggero bacio sulla guancia.

-Non te ne pentirai, te lo giuro. So' di aver ragione, e troverò le prove che mancano, è una promessa-

Detto questo, scese e s'incamminò verso l'entrata.

Danio e Laura

 
 
 

Siamo tutti umani ... è l'unica legge che conosco.

Post n°1081 pubblicato il 17 Novembre 2015 da lascrivana

Oggi voglio vestirmi leggera

Indossare i colori della pace e del perdono

Annullare violenza e acrimonia

E sventolare la bandiera dell'innocente

Candida e bianca come la coscienza dell'infante

Ignaro del colore della pelle e della crudeltà del suo paese

Bambina nell'anima e nel cuore

Desidero solo che vinca la forza dell'amore

E' l'unico regalo a cui aspiro veramente

Per poter vivere con gioia e serenamente

Laura

(PS grazie a tutti colori che mi hanno inviato gli auguri in privato. Stamane la posta di libero fa i capricci e m'impedisce di rispondere)

 
 
 

Ombre dal passato 4

Post n°1080 pubblicato il 14 Novembre 2015 da lascrivana

Martin si sentiva terribilmente confuso. Col suo atteggiamento sfrontato e per nulla timoroso, Giusy aveva avuto il potere di spiazzarlo in modo disarmante. Mostrando un’abilità straordinaria, era riuscita a ribaltare la situazione, al punto da far apparire egli stesso il paziente e non viceversa. Questa constatazione gli dava da pensare, e non poco. Per quale motivo Federico Ponti insisteva tanto con la sua ipotesi? Cosa l'aveva portato ad accanirsi contro quella ragazza all'apparenza mite e assolutamente sana di mente? Di colpo si rese conto che, pur dichiarandosi suo amico, non lo conosceva per nulla.

-Ad esempio potresti aiutarmi a scoprire l'identità del patrigno della Braams-

La voce di Giusy lo distolse da tutti quei pensieri. Era combattuto. Per la prima volta in vita sua si trovava in difficoltà, e non si trattava di una sensazione piacevole. Cercando di guadagnare qualche istante prezioso, si alzò e cominciò a passeggiare per la stanza. Giusy lo seguì con lo sguardo, in attesa di una sua risposta. Quando si fermò davanti al lettino, dovette fare uno sforzo su se stesso per evitare di fissare troppo a lungo quel corpo sinuoso.

-A questo punto, devi raccontarmi tutto quello che hai scoperto a Londra, senza tralasciare il benché minimo dettaglio-

La giovane donna sorrise, quindi si mise a sedere e appoggiò le mani in grembo.

-Kelly Simps, la madre di Johanna, dopo la prematura morte del primo marito si risposò con un giovane artista italiano, un certo Simone Serafini. Il signor Braams le aveva lasciato una cospicua eredità che, secondo indiscrezioni, Serafini dilapidò in brevissimo tempo. Pare che avesse il vizio del gioco, e fosse oberato di debiti-

Appoggiato alla scrivania, Martin annuì.

-Ma cosa ti fa pensare che questo Serafini sia ancora vivo? Tu stessa hai affermato che i genitori di Johanna perirono in un incendio-

Giusy si era aspettata quella domanda, e infatti la risposta fu immediata.

-Per il semplice fatto che, spento l'incendio, i pompieri trovarono il corpo della madre vicino all'uscio di casa. Un disperato tentativo di fuga fallito che, però, in parte la preservò dallo scempio del fuoco. L'esatto opposto di Simone, intrappolato nello studio e ridotto in cenere. Il riconoscimento era pressoché impossibile, salvo per un braccialetto d'oro, regalo della signora Braams al neo marito-

Martin cominciò a intravedere un po' di luce in quella storia. Probabilmente, Giusy era convinta che Serafini fosse ancora in vita e che il corpo ritrovato non fosse il suo. Per uno sconosciuto motivo, Johanna aveva scoperto tutto e aveva minacciato di denunciarlo. Da qui, la decisione di ucciderla. Seviziare e violentare la propria figliastra era stato solo un tentativo di depistare le indagini.

Martin diede voce ai propri pensieri, e Giusy annuì con vigore.

-Dovresti fare il detective invece che lo strizzacervelli- disse accennando un applauso.

Ma King non aveva nessuna voglia di ridere. Se ciò che la ragazza diceva corrispondeva al vero, un pericoloso assassino si trovava ancora in libertà.

-Mi chiedo perché Ponti, invece di incoraggiare un simile scoop, abbia deciso di mandarti in terapia, davvero non riesco a capirlo- disse invece.

-Appunto per questo mi devi aiutare, Martin. Devi far credere al mio capo che esiste davvero un patrigno porco e malvagio che ha abusato di me. Voglio vederci chiaro in tutto questo, e voglio scoprire sino a che punto possa spingersi Ponti-

Scendendo dal lettino, gli si portò davanti e gli mise una mano sul petto.

-Hai detto di conoscerlo da molto tempo, lo farai per me, vero?-

Martin cercò di mostrare indifferenza, ma il contatto gli provocò una scarica elettrica in tutto il corpo.

-Non posso definirlo un vero e proprio amico- disse con voce strozzata.

-In comune, condividiamo la passione per le motociclette, nulla più. Abbiamo fatto alcune gite insieme, ma tutto si limitava appunto a quello. Delle nostra vita privata parlavamo poco o nulla e, a pensarci bene, è la prima volta che mi chiede un favore personale-

Giusy lo guardò dubbiosa. Ma, pur sforzandosi, non riuscì a trovare un valido motivo affinché King potesse mentirle. Ciò nonostante, la frustrazione e la delusione si riversarono nelle parole seguenti.

-Tutto qua quello che sai di lui? Che ama le motociclette e basta?

Aggrottando le sopracciglia, Martin si passò una mano sul mento ispido di barba. Un pensiero, improvviso, gli attraversò la mente come un fulmine. No, non poteva essere, eppure il sospetto e il dubbio iniziarono a rodergli dentro. Giusy parve accorgersi di quella trasformazione e lo incalzò.

-Cosa c'è, Martin. Parla, ti prego. Se vogliamo essere una squadra dobbiamo dirci tutto-

D'istinto, il medico le afferrò il volto e l'attirò a se. Le loro labbra dapprima si sfiorarono, quindi si unirono in un bacio lungo e passionale. Quando si staccarono, entrambi sembravano confusi, quasi dispiaciuti da quel gesto. Martin fu il primo a scuotersi e, allontanandosi di qualche passo, prese la propria agenda e l'aprì.

-Ponti è molto amico del dottor Centi, uno stimato cardiologo di cui avrai sicuramente sentito parlare. Anche lui è appassionato di motociclette ma, a differenza del sottoscritto, condivide con lui un'altra passione, le carte-

Giusy s'irrigidì. Guardandosi negli occhi, si resero conto entrambi di essere giunti alla stessa conclusione.

-Chiamalo- disse la donna con un filo di voce

Danio  e  Laura

 
 
 

Ombre dal passato 3

Post n°1079 pubblicato il 12 Novembre 2015 da lascrivana

 

Federico Ponti non riusciva a smaltire la rabbia. Ciò che Giusy aveva fatto aveva dell'incredibile. Il caso Braams era ancora caldo, e quella maledetta stupida aveva portato il giornale al centro della scena. Non che gli dispiacesse, ma avrebbe preferito che i commenti fossero stati positivi, non solo critiche feroci da tutte le parti. Quel mattino, nella sede del giornale, l'aria appariva decisamente elettrica. I colleghi adoravano Giusy, e l'idea di mandarla in terapia aveva provocato parecchi mugugni. I responsabili sindacali, sul piede di guerra, avevano chiesto un immediato incontro con la proprietà non appena avevano sentito parlare di un probabile licenziamento dell'inviata. Ma Ponti, proprietario e direttore della testata, era riuscito a tenerli alla larga, sino ad ora. Non gli importava cosa pensassero di lui, aveva altre matasse da sbrogliare ora.

La versione di Giusy, a onor del vero molto veritiera nella propria plateale grossolanità, era riuscita a convincere i magistrati a scarcerare il principale indiziato. Ed era per questo motivo che, fugando ogni possibile dubbio, credeva molto in Martin King. Ciò che Giusy aveva scritto sul caso, e di questo ne era convinto, aveva a che fare con qualche trauma della sua infanzia, altro che premonizioni. Ponti non credeva a quelle scemenze sul sesto senso o cose simili, le considerava fandonie pure.

 

 

 

Affascinato, il dottor King non poté fare a meno di fissare le labbra di Giusy. Con aria innocente, gli stava dicendo che no, lei non vedeva le cose, le intuiva, e non solo. Per un giornalista, o uno scrittore, l'intuizione era quasi un dono, altrimenti i propri articoli o racconti sarebbero stati sempre scialbi e ordinari.

-Oh, dottor Martin, per me è normale vedere oltre l’apparenza. Io non credo di essere stata eccessiva nel caso Braams, semplicemente ho seguito il mio istinto. Non so' per quale motivo, ma io non condividevo i sospetti dei poliziotti verso il principale indiziato. Troppo facile pensare che Guido Torri, l’amante di Jhoanna, fosse l'indiscusso colpevole -

Martin continuava a osservarla, ipnotizzato da quell’esile figura cosi ferma e decisa nelle proprie convinzioni. Il suo istinto professionale gli suggeriva che Giusy era semplicemente straordinaria, e non aveva nulla, in apparenza, che facesse pensare a dei disturbi mentali. Ma nella sua carriera ne aveva viste sin troppe, e sapeva benissimo che a volte, alcuni soggetti, sanno fingere alla perfezione. Quindi non era affatto il caso di lasciarsi soggiogare dallo sguardo intelligente e dalla mente sveglia di quella giovane donna. Di una cosa comunque era certo, era una delle persone più interessanti che avesse mai conosciuto. Solo una cosa gli risultava alquanto strana: perché il suo carissimo amico Ponti voleva far credere a tutti che Giusy fosse una visionaria?

Nemmeno gli inquirenti credevano che lo fosse, altrimenti non avrebbero scagionato Guido Torri, mettendosi subito alla ricerca del fantomatico patrigno che avrebbe potuto compiere l’atroce delitto, secondo la teoria di Giusy. Da dove fosse saltato fuori questo fantomatico patrigno restava un mistero. Secondo le prime indagini, Jhonna Braams era una ragazza di Londra che si era trasferita dopo aver conosciuto il suo amante, Guido Torri, impegnato in un viaggio d’affari. Interrogato, lo stesso Torri aveva asserito che la ragazza gli aveva raccontato di essere orfana. I genitori, erano morti anni prima in un incendio che, oltre alle loro vite, si era portato via anche la casa.

 

Giusy lo stava fissando. Sembrava aspettasse la sua prossima mossa, che arrivò quasi subito.

-Giusy, vorrei tanto mi spiegassi come mai sei tanto sicura dell'esistenza di questo patrigno- disse con voce pacata.

Lei sorrise e inclinò la testa di lato, un gesto che provocò nel medico un brivido involontario.

-Perché ho fatto un viaggio lampo a Londra, nemmeno il mio capo ne è a conoscenza. Le fonti ufficiali non le ho nemmeno consultate, ma vagando tra le amicizie della Braams, sono venuta a conoscenza di particolari che nemmeno i magistrati conoscevano. Anche se non sono riuscita a scoprirne l'identità, sono sicura che il patrigno esiste, ed è il responsabile della sua morte-

King rimase in silenzio per qualche minuto, pensieroso.

-E' quello che hai scritto nella tua inchiesta, ed è il motivo per cui Torri è stato scarcerato-

Giusy annuì con forza.

-Però non riesco a capire perché gli inquirenti ti hanno creduto- proseguì il medico.

-Di solito non sono molto teneri con i giornalisti, oltre al fatto che questo patrigno sembra essere ancor uccel di bosco-

Giusy si alzò e, in pochi passi, raggiunse la scrivania. In modo sfrontato, si sedette sul ripiano e lo fissò negli occhi.

-Perché contro Torri non hanno uno straccio di prova, per prima cosa. Nell'ora in cui la poveretta è stata ammazzata ha un alibi di ferro, sono stati costretti a rilasciarlo. La mia inchiesta non è stata altro che la goccia che ha fatto traboccare il vaso, tutto qui-

King dovette ammettere che la spiegazione non faceva una piega.

-Ponti è convinto che io abbia qualcosa da nascondere, che sia preda di visioni riconducibili alla mia infanzia- proseguì la ragazza.

-Ma Ponti è un imbecille. Scusami, lo so' che siete amici, ma questo non cambia le cose-

King fece per dire qualcosa ma Giusy, anticipandolo, scese dalla scrivania e si distese sul lettino.

-Adesso psicanalizzami pure se vuoi, ti dirò ciò che vuoi sentirti dire-

Martin rimase di sasso. Non gli era mai capitato un approccio simile, si sentiva fuori luogo.

-Però, se vuoi, potresti ugualmente aiutarmi- proseguì Giusy sfoderando un sorriso malizioso.

-E come?- rispose il medico con voce roca

Danio e Laura


 
 
 

Ombre del passato 2

Post n°1078 pubblicato il 09 Novembre 2015 da lascrivana


 

Pur in evidente imbarazzo, Giusy sfoderò un sorriso forzato e tirato. Con una vocina tremula e che non riconobbe come propria, si rivolse al medico mostrando una sicurezza che non possedeva.

-Immagino sappia già chi sono visto che mi stava aspettando e comunque, a scanso di equivoci, mi presento. Giusy Benniti, molto piacere- cinguettò allungando la mano.

Da perfetto gentiluomo, il dottor Martin l'afferrò esibendosi in un galante baciamano. Un atteggiamento che non era certo previsto nel proprio lavoro ma la giovane, con quell'aria spaesata e dalla voce tremante, l'avevano affascinato. Squadrandola da capo a piedi, non poté fare a meno d'immaginare l'esile figura celata dal pesante cappotto di lana. Gli occhi, dello stesso colore dei suoi ma leggermente a mandorla, sembravano voler ricambiare quello sguardo intenso. Scostandosi leggermente di lato, l'invitò ad accomodarsi nell'ampio studio.

Ancora scossa da quell'accoglienza inusuale e sin troppo calorosa, Giusy mosse comunque qualche passo in avanti. Senza rendersene conto, la sua fantasia iniziò a galoppare a ritmo sfrenato. In quei pochi metri, ebbe il modo di favoleggiare su una fantomatica storia d'amore con quel medico bello come un dio e troppo vero per essere reale. Fu la stessa voce di Martin, calda e leggermente roca, a riportarla coi piedi per terra.

-Posso sapere a cosa sta pensando, Giusy?-

Cercando d'evitare quello sguardo che sembrava leggerle nel pensiero, la giovane rivolse tutta la propria attenzione verso l'arredamento dello studio. I pochi mobili in legno massiccio, i colorati tappeti persiani, il divano rivestito in un tessuto color ocra intenso. Senza tralasciare la poltrona in cuoio scuro che sembrava troneggiare su tutto, quasi a voler invitare i pazienti ad accomodarcisi sopra. Le luci, soffuse e discrete, completavano un insieme dall'aspetto caldo e rilassante.

Il medico lasciò che la ragazza vagasse con lo sguardo. I suoi pazienti, entrando, dovevano trovarsi immediatamente a proprio agio, era fondamentale. Qualche giorno prima, la telefonata di Ponti l'aveva colto di sorpresa. L'editore gli era parso alquanto agitato e nervoso, ma si conoscevano dai tempi del liceo, non avrebbe mai potuto negarsi.

Martin, ho un problema” aveva esordito senza troppi preamboli.

In breve, gli aveva parlato di Giusy e della sua prerogativa a gonfiare le notizie, travisarle. Con estrema pazienza, era stato ad ascoltarlo senza interromperlo, sapeva bene quanto odiasse che gli altri lo facessero. Alla fine, Ponti l'aveva pregato di mettere la propria maestria a sua disposizione.

-Me lo devi, Martin-

King aveva avvertito un peso allo stomaco, per alcuni istanti era stato incapace di proferir parola.

-Martin, ci sei?- aveva quasi gridato Ponti.

-Sempre con quella maledetta storia, vero? Comunque mandala pure, vedrò cosa posso fare- aveva risposto sbrigativo. Conosceva la giornalista di fama ma, salvo fugaci apparizioni televisive, non l'aveva mai incontrata di persona.

Ed ora eccola li. Tremante, insicura e maledettamente attraente. Per la prima volta in vita sua si trovò in una condizione di stallo, cos'avrebbe dovuto fare?

 

-Accomodati pure in poltrona, posso darti del tu, vero?-

Dalla sua voce, non trapelò nemmeno un accenno delle preoccupazioni che lo stavano angustiando. Giusy sembrò temporeggiare ma, dopo essersi tolta il cappotto, prese posto sulla poltrona e lo fissò diritto negli occhi.

-Prima di cominciare, voglio che sappia che ero e sono contraria a questi incontri. Non li ho voluti io, li ritengo inutili e avvilenti per la mia professione. Per fortuna sono a carico del giornale, almeno quello. E si, puoi darmi del tu- disse tutto d'un fiato.

Martin sorrise. Sarebbe stato più difficile del previsto, ma amava le sfide impossibili. Dopo essersi accomodato dietro la scrivania, il dottor King prese penna e block notes e si sistemò meglio sulla poltroncina.

-Prima d'iniziare la terapia vera e propria, devo rivolgerti alcune domande, sei pronta?-

Giusy sorrise ironica ma, nonostante ce la mettesse tutta, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi magnetici.

-Dimmi pure, sono tutta tua- esclamò a voce un po' troppo alta. Avrebbe dovuto essere una battuta, ma il luccichio nelle iridi di Martin la convinse d'aver scelto le parole sbagliate.

-Bene, Giusy. Da quanto tempo vedi le “cose”?-

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: lascrivana
Data di creazione: 19/09/2010
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963