NEVE (racconto)

“Non è vero che il tempo è galantuomo”, sussurrò mio padre.

Nonostante il male lo avesse ridotto a poco meno di una larva umana, costringendolo da tempo a letto, nemmeno ora che, stando ai medici, era prossimo a lasciarci, aveva perso la lucidità mentale.

“A cosa ti riferisci, papà?” chiesi con le lacrime agli occhi, accostando il viso al suo sfiorandogli la guancia.

“Ho sempre sognato di vedere la neve, prima di morire. Non saprò mai come è fatta!” fece abbozzando un amaro sorriso.

Quelle parole mi raggelarono ancor di più il sangue nelle vene.

Seppure mio padre fosse un estroverso, mai aveva palesato il desiderio di vedere la neve.

“Ti prometto che la neve la vedrai” dissi in un filo di voce, stringendogli la mano.

“Magari in un’altra vita…” mormorò prima di spegnersi.

I funerali si svolsero in una fredda giornata di dicembre. Il cielo plumbeo minacciava pioggia.

Terminata l’omelia, benedetta la bara, il prete fece cenno che la si poteva sollevare e portarla fuori.

La sollevammo sulle spalle io, mio cognato Aldo, i miei cugini Luca e Franco, Giovanni e Mario due giovani molto legati a papà per aver loro trasmesso la passione dell’arte che li aveva resi due apprezzati pittori.

Lentamente attraversammo la folla di gente assiepata in chiesa per dare l’estremo saluto alla salma.

Papà era molto conosciuto e ben voluto nel quartiere: per anni, lui che fin da ragazzo amava disegnare e dipingere ma aveva dovuto sospendere il liceo artistico a metà del primo anno per andare a lavorare come commesso in un supermercato per contribuire al mantenimento della famiglia dato che con il solo stipendio del nonno non ce la si faceva, aveva insegnato gratuitamente in un locale della parrocchia pittura e scultura ai ragazzi del rione, strappandoli alla strada e alla malavita che non si faceva scrupoli di assoldare giovani per i propri sporchi traffici.

Mentre gli incaricati della ditta di pompe funebri presero in consegna il feretro per sistemarlo nel carro funebre, una pioggerella sottile iniziò a cadere con insistenza.

In quell’attimo un applauso corale si levò dalla folla che circondava il carro per l’ultimo saluto.

In breve la pioggia si tramutò in neve, ammantando la bara con una spessa coltre bianca.

“Il tempo è davvero galantuomo!” pensai singhiozzando come un bambino.

NEVE (racconto)ultima modifica: 2018-02-22T12:24:07+01:00da kayfakayfa