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MATTEO BICCARI, UN ESORDIO DA APPLUASI A SCENA APERTA.

Sabato 25 gennaio sul palcoscenico del Teatro Sala Moliere, all’Art Garage di Pozzuoli, con la prima dello spettacolo CLOWNFERENCE, un monologo tratto da testi di Cechov e Nando Paone, per la regia di Nando Paone, ha fatto il suo esordio in scena da protagonista il giovane Matteo Biccari.

Nonostante la brevità del monologo, quaranta minuti, il copione ha permesso al numeroso pubblico in sala di apprezzare le notevoli doti recitative di Matteo che si è esibito in abiti da clown, salutandone l’intensa e articolata interpretazione con una standing ovation finale a cui si sono aggiunti i complimenti del regista Nando Paone visibilmente soddisfatto per la performance dell’allievo. […]

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zannini copertina

ANTOGRAFIA 2014-2019: LE FOTO DI ENZO ZANNINI

Sabato 18 gennaio a Pozzuoli negli spazi di ArtGarage s’è inaugurata la mostra fotografica di Vincenzo Zannini ANTOGRAFIA 2014-2019. La mostra sarà visitabile gratuitamente fino a venerdì 31 gennaio, tutti i giorni esclusa la domenica: dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 13 e dalle 16 alle 22; sabato dalle 10 alle 13 e dalla 16 alle 20.

Per l’occasione abbiamo posto alcune domande all’artista.

Enzo osservando le foto esposte colpisce il forte contrasto di chiaro scuro che gli attribuisce una nota gotica, e la sovrapposizione tra antico e moderno: come nasce la scelta per tale commistione?

Nasce da un mio pensiero inerente la decadenza della società attuale. Per quanto mi riguarda identifico la decadenza del passato nelle rovine archeologiche; quella della società attuale nella modernità che non è affatto sinonimo di evoluzione ma sempre più spesso racchiude la decadenza dei valori morali. Da qui l’idea di unificare antico e moderno per intendere che, malgrado lo scorrere del tempo, nulla è cambiato. La potremmo definire una visione pessimistica!

Da dove trae origine questa tua visione? […]

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enzo e salvatore

SALVATORE GRECO E LA GROTTA DELLA DRAGONARA DI BACOLI

Dopo aver letto l’intervista che feci molti anni fa a Carlo Santillo l’allora custode della pseudo grotta della Sibilla sul lago d’averno, la scrittrice Annamaria Varriale mi chiese se conoscessi la Grotta della Dragonara a Bacoli e fossi interessato a intervistare Salvatore Greco il custode. Questa è l’intervista effettuata a Salvatore mentre ci accompagnava nella grotta.

Salvatore da quanti anni vi preoccupate della grotta?

Da circa una ventina d’anni. Ma vi vengo da quando ero ragazzino: durante la seconda Guerra Mondiale, la grotta fu utilizzata come rifugio. Vi entravano circa duecento persone. Per quasi un mese vi entrammo e uscimmo per ripararci dai bombardamenti. Per renderla vivibile i nostri genitori dovettero coprire le vasche d’acqua sorgiva con palate di terra.   

A che epoca risale la grotta?

Tra il primo e il secondo secolo dopo Cristo. La grotta originariamente era una cisterna d’acqua al servizio della flotta romana di stanza a Miseno. Diversamente dalla Piscina Mirabile in cui l’acqua veniva riversata per far fronte alle esigenze militari, questa è una sorgente naturale dove veniva raccolta anche l’acqua piovana.

Come avete iniziato questa attività?

Per lavoro e per passione mi trovai a partecipare agli scavi per liberare la grotta dal terreno che la ricopriva. La prima volta fu negli anni settanta, quindi nel 2006 con l’arrivo dei soldi della comunità europea. In questo secondo caso lavorammo di buona lena, impiegando oltre due anni e mezzo per liberare la grotta dal terreno che vi era stato accatastato o gettato dall’alto attraverso le aperture ancora visibili sulla volta. Ogni giorno uscivano dalla grotta trentacinque camion carichi di terreno. Ora potete ammirare le vasche colme d’acqua ma all’epoca era tutto ricoperto da terra e sabbia. E poi, scavando, abbiamo trovato tanti reperti appartenenti alla Villa di Lucullo costruita sul terreno soprastante la grotta. Chi li aveva scaricati non aveva capito di cosa si trattasse e del valore che avessero quei resti. […]

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ANNAMARIA LIBRO

LA SCRITTRICE/POETESSA ANNAMARIA VARRIALE SI RACCONTA

Mercoledì 22 gennaio alle ore 17,30 presso la Biblioteca Comunale di Bacoli, a Villa Cerillo, si presenterà il volume di poesie L’INCERTO VOLO DELL’ANIMA di Annamaria Varriale, edito da HOMO SCRIVENS. Relatori: Nicola Magliulo e Costanzo Ioni. Modererà Aldo Putignano.  Musiche di Elda Salemme.

Interverrà il Sindaco di Bacoli Josi Gerardo Della Ragione.

Per l’occasione abbiamo intervistato l’autrice.

Annamaria Varriale si sente più una poetessa prestata alla narrativa o viceversa?

In verità non saprei rispondere, per me hanno importanza e valenza uguale. Scrivo e, a seconda del momento e del bisogno che ho di comunicare i miei stati d’animo e sentimenti, alterno l’una e l’altra.

Il primo amore è la narrativa o la poesia?

Probabilmente la poesia visto che fin da che ero bambina mi divertivo a scrivere poesiole.

Da dove nasce la voglia di pubblicare una raccolta di poesie dopo un romanzo che ha riscosso e sta riscuotendo tanti consensi sia di pubblico che di critica? (ERAVAMO TANTO RICCHI ha avuto una bella recensione dal regista Pupi Avati) […]

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OMAGGIO A CARLO SANTILLO IL CARONTE DEL LAGO D’AVERNO.

Con piacere e nostalgia ripropongo l’intervista che nel 2004 feci a Carlo Santillo, il Caronte della Grotta della Sibilla sul Lago d’Averno, per conto del BOLLETTINO FLEGREO allora diretto dal professor Antonio Alosco. Purtroppo da diversi anni don Carlo ha sospeso l’attività causa gravi problemi di salute dovuti non solo all’umidità della grotta. Oggi la Grotta è in assoluto stato di abbandono e degrado. Che io sappia non si prevede di riaprirla!

Ancora oggi, a distanza di oltre cent’anni, sul lago d’Averno esiste una figura per tanti aspetti mitica che, nonostante la veneranda età, si prodiga con tutte le sue forze per proseguire una tradizione familiare ufficialmente iniziata verso la fine del XIX secolo. Stiamo parlando di Carlo Santillo, ACCOMPAGNATORE DELLA GROTTA DELLA SIBILLA IN LOCALITA’ AVERNOcome è segnato sul biglietto da visita dietro cui don Carlo ha fatto stampare il tracciato da percorrere in auto per raggiungere la grotta da Napoli via tangenziale.

Conobbi don Carlo un pomeriggio di giugno 2004 mentre passeggiavo intorno al lago godendomi la quiete del posto. Giunto all’altezza del viale che conduce alla grotta, la mia attenzione fu attratta da una comitiva di ragazzi che dal sentiero si riversava sulla via. Incuriosito mi incamminai sul viottolo ombrato da una fitta vegetazione. Percorso pochi metri, giunsi davanti alla spelonca. All’interno scorsi un uomo anziano spazzare con cura l’atrio illuminato dai riverberi di luce. Continuando a ramazzare, l’uomo volse su di me il viso magro adorno di occhialini attraverso cui scintillavano gli occhi sottilmente indagatori. Un berretto da caccia gli copriva il capo. Nonostante il caldo indossava un giubbetto di stoffa per proteggersi dall’umidità che ristagnava nella grotta.

“Buongiorno”, mi salutò accatastando al suolo un mucchio di sporcizia. “Volete visitare la grotta?”

“Sono solo e non voglio disturbarvi”.

“Nessun disturbo. Lasciatemi finire e vi accompagno.”

Zoppicando si avvicinò a una nicchia scavata nella roccia per prendere da una cassa di legno la paletta.

“Da poco è andata via una scolaresca, forse l’avete incrociata venendo” disse raccogliendo con fare certosino la spazzatura. “I turisti non hanno alcun rispetto, disseminano mozziconi e cartacce dappertutto. E a me tocca ogni volta ripulire perché la grotta sia presentabile”.

“La grotta è vostra?”.

“No. Io faccio solo l’accompagnatore. Venite!”

Lo seguii verso la parete interna del cunicolo dove era infissa una mensola con su poggiate delle lampade da campeggio. Ne accese una e me la porse. “Tenete, senza queste non si va da nessuna parte. State attento a non bruciarvi.” Ne accese un’altra per sé, prendendo anche quella spenta, aggiungendo: “Per emergenza, non si può mai sapere!”

Accompagnati da quell’incoraggiante viatico ci avviammo incontro al mistero. Man mano che avanzavamo nel buio alla luce delle torce, don Carlo mi parlò della grotta.

“Scoperta durante gli scavi archeologici promossi dai Borbone nel 1750 e successivamente nel 1792, la grotta è lunga duecentocinquanta metri ed è famosa per la sua discesa agli inferi, un budello scavato a gomito nella roccia che conduce a un corso d’acqua. In passato il fiumiciattolo si guadava trasportati sulle spalle di un moderno Caronte per visitare le stanze della Sibilla sull’altro versante oggi raggiungibile a piedi.”

“Chi era questo moderno Caronte?” chiedo incuriosito.

“Lo stesso accompagnatore! Fino al 1930, epoca in cui mio padre completò l’intero scavo del cunicolo, consentendo l’ingresso alle stanze direttamente a piedi, la grotta era lunga circa la metà, e per giungere lì dove si presume fosse la Sibilla bisognava attraversare il corso d’acqua sul fondo della cavità” dice fermandosi davanti a un cunicolo che si incunea nelle parete.“Vi faccio strada!” […]

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Da Lux In Fabula Clementina Gily parla di Bruno e ipotizza la vera identità di Shakespeare

Pozzuoli

Con la presentazione del volume IL RINASCIMENTO DI GIORDANO BRUNO – IL MIELE E LE ARAGOSTE di Clementina Gily Reda, edito da STAMPERIA DEL VALENTINO, sabato 11 gennaio è ripreso il ciclo di incontri QUATTRO CHIACCHIERE CON L’AUTORE organizzato da Lux In Fabula.

Per l’occasione la sede storica dell’associazione dislocata sulle Rampe Cappuccini è stata affollata da un pubblico attento e interessato che ha ascoltato senza mai interrompere, se non per porre qualche domanda o avere chiarimenti in meriti, l’autrice che per oltre un’ora e mezza ha parlato del suo libro, il primo di una serie dedicati a Giordano Bruno. […]

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E SE CI RISCOPRISSIMO VEGETARIANI?

Nonostante la medicina moderna, per bocca di illustri luminari di fama internazionale incluso il compianto Umberto Veronesi, affermi che se abolissimo dalla nostra dieta la carne, praticando un regime vegetariano, ridurremmo notevolmente il rischio di ammalarci di cancro, accrescendo sensibilmente la qualità della vita, la stragrande maggioranza di noi continua a nutrirsi prevalentemente di cibi animali, per lo più carne, dimostrandosi sordo a questi appelli.

C’è da chiedersi se tale sordità non sia indotta da chi ha tutto l’interesse che l’uomo continui a sbagliare ad alimentarsi, e quindi ad ammalarsi, per trarne profitto dalle cure alle quali dovrà poi sottoporsi per guarire;  martellandoci quotidianamente con programmi televisivi e articoli di giornali dove grandi chef o personaggi dello spettacolo, della cultura, dello sport, della politica improvvisandosi per un giorno cuochi, esaltano la bontà della carne, del latte e dei suoi derivati, facendo venire l’acquolina in bocca agli spettatori e ai lettori proponendo piatti dalle infinite e succulente variabili; vanificando gli ammonimenti di chi, dati scientifici alla mano, dimostra quanto venefico sia per l’uomo nutrirsi di carne.    […]

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MOZART

Il racconto che segue appartiene alla raccolta di racconti L’UOMO CHE REALIZZAVA I SOGNI – 10 racconti dell’anima, da me pubblicata con Amazon.

Faceva freddo quella sera.

Il respiro condensato nell’aria rendeva i passanti personaggi da fumetto.

Insinuandosi attraverso il sottile velo di nebbia che ammantava il borgo, il respiro del mare si diffondeva per le vie, accompagnando a braccetto le ombre infreddolite disegnate sull’asfalto dall’opaca luce dei lampioni.

All’incrocio tra il corso principale e la traversa che conduceva al porto, attraverso i vetri opachi di umidità, i neon rischiaravano il pub pullulante di avventori ai tavoli e al bancone che conversavano tra loro sorseggiando birra.

Ogniqualvolta la porta del locale si apriva, il freddo intenso serpeggiava all’interno costringendo qualcuno a urlare un drastico “La porta!”

“Che ore sono?” chiese l’uomo seduto sull’alto sgabello accostato al bancone, sorseggiando vin brulè.

“Le nove passate” rispose il barista, fissando le lancette dell’orologio sulla porta d’ingresso.

“Questa sera Mozart si fa attendere.”

“Mozart non ha alcuna concezione del tempo, a parte quello musicale. Scommetto che tra poco sarà qui.” All’improvviso l’enorme ombra si stagliò dietro alla porta.

“Eccolo” fece raggiante il barista.

L’ingresso si aprì. Un insolito calore scaldò il locale mentre Mozart avanzava tra i tavolini. La corporatura robusta e il viso rasato di fresco lo facevano apparire a un gigante buono. […]

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ILSEME

IL SEME

Elio abitava al secondo piano di un prefabbricato dalla forma cubica. La palazzina apparteneva a un complesso di case istituzionali, dall’uniforme geometria, edificato sulla collina alla periferia della città per accogliere gli sfollati del terremoto. Da lontano l’agglomerato urbano trasmetteva un’intensa sensazione d’aridità. Sede di rancori, odi, rabbie, disperazioni, delusioni. Un ghetto che, all’approssimarsi delle elezioni, si trasformava in ambita riserva di caccia per i politici locali che vi si recavano in pompa magna col loro seguito di ruffiani analfabeti e camorristi per farsi carico dei malumori della gente. Sfoggiando dentature ingiallite e mal curate, pance prominenti, sigari puzzolenti tra le labbra. Ma soprattutto, falsi sorrisi. Seguiti da un’intensa scia di costosissimo profumo. Reprimendo a stento il disgusto per il degrado alla cui creazione avevano contribuito con i loro maneggi per arricchire i propri conti in banca e quelli dei loro amici, sfacciatamente si recavano casa per casa, barattando impossibili promesse in cambio di un “semplice ” voto, pagando un’utenza, regalando una spesa o lasciando un obolo di 50€ al padrone di casa.

Sebbene gli abitanti del quartiere fossero consapevoli vittime di quell’eterna commedia, ogniqualvolta la farsa si ripeteva, accoglievano calorosamente il teatrante di turno. Esternando le proprie preoccupazioni e speranze, gli offrivano una fumante tazza di caffè o dell’ottimo vino, quello per le occasioni speciali. […]

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QUEL MISTERO CHIAMATO ANIMA

Al di là dei distinti aspetti dogmatici e ritualistici che le caratterizzano, che io sappia, non esiste al mondo nessuna religione che non contempli la credenza dell’immortalità dell’anima. Quella particella individualizzata di Dio che, per un’ignota ragione, avrebbe necessità di incarnarsi in un corpo umano o animale per vivere l’esistenza materiale  allo scopo di acquisire consapevolezza della propria divinità e adoperarsi, attraverso un processo catartico indicato nei vari testi sacri, di ritornare alla Fonte da cui deriva per condividerne in coscienza la beatitudine e la grandezza che da essa sprigionano.

Questa visione universale distingue tra un principio immortale (l’anima) e uno mortale, strumento dell’anima, (corpo), di cui l’anima si disfarebbe con il sopraggiungere della morte, per ritornare da dove deriva. […]

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