ATAC: RENZI ATTACCA IL M5S E INGUAIA LA BOSCHI?

boschi_vs_raggi1217

Chissà come avrà reagito Maria Elena Boschi alla notizia che Virginia Raggi ha intenzione di querelare Matteo Renzi per aver affermato durante la presentazione del suo libro Avanti, ad Agerola, in riferimento alla vicenda ATAC, “I grillini fanno come gli altri, anzi peggio: raccomandano gli amici degli amici”.

Già, perché se la Raggi in veste di sindaco di Roma, o chi per essa, nel qual caso il M5S, dovesse davvero querelare Renzi, portandolo in tribunale affinché dimostri, prove alla mano, la veridicità delle proprie accuse, c’è da supporre che, nel momento in cui verrà depositata la querela per diffamazione contro il segretario del Pd, il M5S non perderà l’occasione di far notare che loro, diversamente da alcuni illustri esponenti del Pd – leggi Maria Elena Boschi attuale Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ex Ministro delle Riforme nel passato governo Renzi – le querele non si limitano a annunciarle pubblicamente per fare scalpore, ma poi non le presentano per timore d’essere smentiti dalla controparte in tribunale.

Abbiamo citato la Boschi perché in tanti siamo ancora in attesa di sapere se ci sarà la tanto minacciata querela della stessa a Ferruccio De Bortoli per aver scritto nel suo ultimo libro Poteri Forti che la Boschi, all’epoca in cui era Ministro, contattò l’allora ad di Unicredit Ghizzoni perché valutasse l’acquisto di Banca Etruria a un passo dalla bancarotta.

Poiché all’epoca dei fatti  il papà dell’ex ministro era vice presidente di Banca Etruria, se la Boschi avesse fatto davvero una cosa del genere, avrebbe non solo commesso un abnorme conflitto di interesse ma avrebbe anche umiliato il Parlamento visto che, rispondendo in aula a un’ interpellanza presentata dal M5S affinché chiarisse il proprio ruolo nella vicenda Banca Etruria, lei ha sempre  smentito un proprio interessamento in tal senso

Due azioni illegali, le presunti pressioni su Ghizzoni e la falsa smentita in aula, per cui, se davvero De Bortoli non mente, la Boschi si dovrebbe dimettere su due piedi da ogni incarico istituzionale e politico.

Dal canto suo  De Bortoli conferma quanto ha scritto, dicendosi pronto, nel caso la querela arrivasse, a presentare  in tribunale le prove di quanto afferma.

Mentre l’ex ad di Unicredit, Ghizzoni, non ha mai smentito il giornalista, limitandosi a un laconico ma eloquente, “non si può mettere in mano a un privato cittadino le sorti del governo”.  Dicendosi pronto a parlare in commissione d’inchiesta!

Come si evince gli ingredienti ci sarebbero tutti perché l’ennesima inveterata anti grillini di Renzi – il Segretario Pd è già in campagna elettorale -rischi di trasformarsi in un clamoroso boomerang. Non solo per  lo stesso Renzi, il quale se, come traspare dalle sue stesse parole,  fosse a conoscenza che “altri” sono usi a raccomandare aziende e uomini in ambito pubblico, sarebbe il caso facesse i nomi. O forse il Segretario del Pd si riferiva in maniera implicita, lapsus freudiano?, alla vicenda CONSIP in cui sono indagati tra gli altri il Ministro Lotti e suo padre Tiziano,e a Mafia Capitale?

Ma addirittura contro l’incolpevole Maria Elena Boschi la quale, lo ribadiamo, se la Raggi querelasse Renzi, si deve aspettare un fuoco incrociato su di sé da parte delle opposizioni, M5S in testa, che le chiederanno conto del perché la tanto annunciata querela a De Bortoli su un suo presunto interessamento nella vicenda Banca Etruria ancora non arrivi!?

Verrebbe da dire, chi di querela annunciata ferisce di querela presentata perisce.

Stiamo facendo solo mera dietrologia? Staremo a vedere!

 

IL SILENZIO, LA PEGGIOR STRONCATURA

copertina_definitiva_26407

Se davvero fosse che “il maggior disprezzo è la non curanza”, credo che l’attenzione – in alcuni casi quasi rasentante la morbosità – che alcuni giornali antirenziani da settimane, ossia da prima che uscisse in libreria, “regalandoci” delle anticipazioni, stanno riservando a Avanti, l’ultima fatica letteraria di Matteo Renzi, è un regalo insperato allo statista di Rignano sull’Arno e alla Feltrinelli che lo ha pubblicato.

È vero che in alcuni casi, Il Fatto in particolare, tutti gli articoli e le recensioni attinenti sono un mero sfottò all’autore. Ma è altresì vero che, comunque, parlandone, seppure in termini assolutamente ironici, si dà visibilità al libro inoculando curiosità nei lettori.

E dunque non si può escludere che molti lettori de Il Fatto o di Libero, anche se solo per interesse indotto dalle recensioni, non si siano recati in libreria ad acquistarne una copia. Magari conservando lo scontrino per poi farsi rimborsare i 16 euro spesi perché lo hanno trovato un prodotto insignificante, come raccontato da Selvaggia Lucarelli su Il Fatto alcuni giorni fa.

Altrettanto comprensibile è l’indignazione dei giornali di opposizione per la diretta televisiva di mezz’ora organizzata giovedì 20 luglio da Rai News in occasione della presentazione, una delle tante, del libro del segretario del Pd presso un centro commerciale di Roma.

Non ricoprendo Renzi alcun ruolo istituzionale, non si riesce a capire né il motivo della diretta Rai, con annesso investimento di soldi pubblici, né la presenza di Antonio Di Bella direttore di Rai News come presentatore/intervistatore.

Tuttavia, considerando che Rai News è un canale di informazione full time, e che la sua programmazione non è annunciata né sui giornali né su riviste specializzate, a meno che uno non se la vada a cercare certosinamente in rete, si può ipotizzare che lo share sarà stato bassissimo tanto da non giustificare il costo per il dispiegamento di mezzi e di uomini necessario per la diretta.

Di cui, per inciso, molti hanno appreso leggendo i giornali il giorno dopo.

È chiaro che i quotidiani antirenziani tentino con ogni mezzo di sminuire l’operato letterario del Segretario del Pd, mettendo in risalto quelli che loro considerano gli aspetti ridicoli e contraddittori del suo lavoro.

Ma poiché tutti i loro articoli tendono quanto meno a stroncare il libro, a questo punto se non ne parlassero proprio, o si limitassero a dedicargli giusto qualche “finestra” all’interno per informare i lettori della sua uscita e del suo non eclatante volume di vendite, sarebbe molto meglio.

Dedicargli, seppure col proposito di ridicolizzare l’autore, editoriali in prima pagina, a mio avviso, significa comunque fargli indirettamente una notevole pubblicità.

E dunque un involontario piacere sia a lui che all’editore.

Se si volesse davvero stroncare il libro, meglio sarebbe non parlarne proprio!

M5S, LE GAFFE FAVORISCONO IL SISTEMA

di battista di maio

Le ambizioni di governo del M5S vengono puntualmente sminuite dai suoi stessi leader e rappresentanti che, nella foga di condannare i vecchi partiti – rei ai loro cocchi, e non solo ai loro, di avere l’assurda pretesa di proporsi come unici possessori delle ricette per salvarlo, dopo averlo portato allo sfascio – si perdono in misere gaffe che, se da un un lato ne evidenziano la genuina innocenza, dall’altro ne testimoniano la prematura aspirazione governativa.

Note sono le gaffe di Di Maio, candidato in pectore alla Presidenza del Consiglio del M5S – ammise di non aver capito la email invitagli dall’allora Assessore all’ambiente di Roma Paola Muraro in cui la stessa gli comunicava di aver ricevuto un avviso di garanzia; localizzò in Venezuela anziché in Cile la dittatura di Pinochet; si attribuì il merito di aver sollecitato la Francia, attraverso l’ambasciata, l’invio di canadair per spegnere gli incendi sul Vesuvio durante l’emergenza piromani di questi giorni, smentito clamorosamente dalla stessa ambasciata.

Per quanto concerne la email della Muraro, come era plausibile, non appena si diffuse la notizia che Di Maio non aveva capito il messaggio, su di lui e sul movimento si abbattè una ridda di critiche ironiche e non.

Addirittura vi fu chi, giustamente e si chiese come poteva essere candidato a Premier Di Maio s enon era in grado di interpretare una email?

Evidentemente chi si pose questa domanda dimenticò che in passato abbiamo avuto come Premier chi, Berlusconi, era certo che una sbandata minorenne marocchina di nome Ruby, frequentatrice delle sua cene eleganti, era la nipote di Mubarak. E ospitava nelle proprie residenze private, assurte a luoghi istituzionali, escort e “olgettine” con cui spassarsela!

Alle gaffe di Di Maio ieri s’è aggiunta quella non meno eclatante di Di Battista che, paragonando Macron a Napoleone, ha confuso Austerlitz, dove l’imperatore francese fu clamorosamente sconfitto, con Auschwitz tristemente nota per i campi di concentramento nazisti.

Per carità, i vecchi partiti non sono certamente scevri da gaffeur. A cominciare da Forza Italia con il suo leader Berlusconi che, durante i suoi premierati e non, ne ha collezionate alcune davvero eccezionali: indimenticabile il rimbrotto della regina Elisabetta all’ex cavaliere il quale, durante il G20 a Londra del 2009, dopo la foto di rito con tutti i leader presenti, scendendo dalla pedana urlò “mister Obama” per attirare su di sé l’attenzione del Presidente americano, suscitando il fastidio della sovrana che lo rimproverò chiedendogli perché urlasse così!?

Sempre Berlusconi, commentando l’elezione di Obama, lo definì, giovane, bello e abbronzato. Se poi vogliamo entrare in meriti “culturali”, ancora l’ex cavaliere da Bruno Vespa, parlando dei fratelli Cervi fucilati dai fascisti, disse che avrebbe voluto conoscere il padre. Purtroppo per lui defunto!

A gaffe non sta certo messo meglio Renzi. Ultima in ordine di tempo quella la scorsa settimana a Bersaglio Mobile da Mentana: volendosi dare un tono classico, lo statista di Rignano sull’Arno se ne uscì con la citazione latina “Amore omnia vincit”. Mentana lo corresse con “amor omnia vincit”. Entrambi sbagliarono in quanto la frase, tratta dalle Bucoliche di Virgilio, è omnia amor vincit!

E che dire dell’Italicum , la legge elettorale varata dal suo governo e bocciata dalla Consulta per incostituzionalità che, stando a Renzi, ce l’avrebbe copiato mezza Europa?…

Di gaffe dell’ex premier, alias ex rottamatore, ce ne sono tante, alcune riferite da Il Fatto Quotidiano in quest’articolo.

Dunque, come si evince dai fatti incontestabili, Di Maio e Di Battista non sono gli unici politici nostrani a commettere gaffe, alcune clamorose perché vere e proprie millanterie. Eppure solo le loro fanno rumore mentre quelle degli altri sembrano avere la sordina o al massimo suscitano l’ilarità come se fossero una barzzelletta.

Il punto è che da un partito, o movimento, che dichiara d’essere diverso da tutti gli altri partiti sia per atteggiamento etico sia per coerenza tra il dire e il fare, uno si aspetterebbe che i propri rappresentanti siano diversi in meglio, anche in termini di conoscenze culturali, rispetto a quelli di vecchio stampo.

Se Renzi dice una boutade o fa una gaffe, in tanti si fanno una risata, sorvolando, perché si tratta del leader del Pd, uno dei tanti vecchi partiti che nel corso degli anni si sono rifatti il maquillage per sembrare diversi da quello che sono ma, gattopardescamente, alla fine hanno cambiato tutto per non cambiare nulla.

A un leader del M5S tutto ciò non è concesso, trattandosi dell’unico partito in evidente conflitto con il vecchio sistema partitico italiano. Quel sistema che negli ultimi 25 anni ha portato allo sfascio il paese e non vuole saperne di mollare la presa!

Se davvero il M5S ambisce a governare, sarebbe il caso che i suoi leader la smettessero di fare gaffe, seppure in buona fede, e iniziassero a illustrare pubblicamente una sorta di programma di governo affinché la gente inizia a farsi un’idea su come sarebbe l’Italia se fosse governata dal M5S.

Offrirsi alla pubblica gogna con le proprie mani coma hanno fatto Di Maio e Di Battista vuol dire fare il gioco di chi non vede l’ora di screditare il M5S e i suoi rappresentanti con l’ausilio dei media filorenziani e filogovernativi.

Chi auspica il potere deve mostrarsi prima di tutto scaltro!

PIU’ DEI PIROMANI, L’ITALIA E’ OSTAGGIO DEGLI SCIACALLI

animali

Probabilmente ha ragione il Presidente della Campania Vincenzo De Luca quando, parlando degli incendi che da giorni stanno distruggendo il patrimonio boschivo regionale, ipotizza che dietro vi sia una strategia eversiva attuata da chi per anni ha vissuto sulle emergenze e sull’abusivismo edilizio e oggi, trovandosi alle strette per la pressante presenza dello Stato, non riesce più a speculare come un tempo e dunque, sia per ripercussione sia per lungimiranza criminale, abbia appiccato le fiamme sul Vesuvio e in altre zone protette e non del territorio.

Però, poiché a bruciare non è solo la Campania ma quasi l’intera penisola – dalla Toscana alla Sicilia passando per la Sardegna -, se davvero esistesse un disegno eversivo di tale portata, esso contemplerebbe la distruzione dell’intero patrimonio boschivo nazionale anziché quello di una singola regione.

Chi ci sarebbe dietro questo progetto criminale a ampio raggio?

Certamente le mafie, è fuori discussione. Ma siamo sicuri siano esclusivamente quelle nostrane e non anche quelle straniere?

Per appurarlo dovremmo aspettare non solo gli sviluppi delle indagini in corso, bensì quello che accadrà nel momento in cui si dovranno bonificare e rimboscare le zone distrutte.

A quel punto, quando verranno indette le gare di appalto, o affidati gli incarichi direttamente a chi di dovere , bisognerà indagare sulle singole aziende che vi parteciperanno  o riceveranno il beneplacito istituzionale a agire, cercando di capire se potrebbero aver dato stesso loro mandato ai piromani di alimentare gli incendi per poi trarne successivamente profitti economici.

Chi appicca il fuoco, il piromane, è “solo” lo strumento di cui si servirebbe chi avrebbe tutto l’interesse affinché una pineta vada a fuoco. Magari comparendo in televisione, subito dopo l’incendio, con aria affranta, garantendo che si farà di tutto perché i colpevoli vengano assicurati alla giustizia con pene esemplari. Mentre in cuor suo già gongola, pregustando gli affari che ne trarrà da quel disastro.

In maniera simile a quegli imprenditori edili che subito dopo il terremoto de l’Aquila del 2009, parlando tra di loro al telefono, ridevano pensando al business che ne avrebbero ricavato con la ricostruzione.

Ogni malattia è l’ultimo stadio di un processo di degenerazione organica che parte da lontano. Per curarlo non bisogna limitarsi a estirparne l’effetto, magari chirurgicamente. Bisogna scoprirne la causa e agire alla fonte affinché scompaia per sempre.

Solo così si sarà certi che il male non si ripresenterà più.

Più che essere ostaggio dei piromani, il paese è ostaggio degli sciacalli!

RENZI VA A FONDO CON I MIGRANTI

1499442118220

Alcune settimane fa, intervistata dalla direttrice de Il Giornale di Brescia Nunzia Vallini, parlando degli infiniti sbarchi di migranti sulle nostre coste, Emma Bonino, senza mezzi termini, ha dichiarato: “Siamo stati noi a chiedere che gli sbarchi avvenissero  tutti in Italia, anche violando Dublino”.

Precisamente a chiederlo sarebbe stato l’allora governo Renzi il cui Ministro degli Esteri all’epoca era  l’attuale Premier Paolo Gentiloni.

A una simile affermazione ci si aspettava l’immediata smentita dei diretti interessati, ovvero Renzi, Gentiloni  e renziani vari. Invece silenzio di tomba.

Viceversa le opposizioni, in questo caso i Cinque Stelle, preso atto delle dichiarazioni della Bonino, hanno voluto vederci chiaro: alcuni giorni fa una loro delegazioni ha incontrato i rappresentanti di Frontex, l’Agenzia europea della guardia costiera e di frontiera, che avrebbero confermato quanto già anticipato dalla Bonino.

In una conferenza stampa datata 12 luglio 2017 – di cui però in televisione non v’è traccia, malgrado, come si evince dal video pubblicato sulla pagina facebook del M5S, tanti erano i giornalisti e le televisioni presenti – il vicepresidente della Camera Luigi Di Maio, candidato in pectore del M5S alla Presidenza del consiglio, comunica ai giornalisti che una delegazione del M5S ha incontrato Frontex la quale ha confermato “che l’Italia ha accettato e autorizzato gli sbarchi esclusiva menti nei propri porti”. Aggiungendo: “Renzi ci ha venduti come nazione per 80 euro. Ha autorizzato l’utilizzo dei porti italiani per gli sbarchi dei migranti in cambio di flessibilità europea per dare i suoi bonus.”

Ovviamente l’affermazione di Di Maio è riferita agli 80 euro che il governo Renzi distribuì in busta paga a milioni di italiani poco prima delle elezioni europee che, guarda caso, il Pd poi vinse con oltre il 40% di preferenze, doppiando il M5s che si fermo a poco più del 20”. In pratica gli 80 euro sarebbero stati una sorta di voto di scambio con cui Renzi si sarebbe ingraziato gli elettori per riceverne in cambio voti. Ma che, alla lunga s’è rivelato un boomerang sia per lui che per quanti li ricevettero visto che molti, proprio a seguito degli 80 euro in più in busta paga, hanno superato la soglia di guadagno annua prevista per riceverli e quindi hanno dovuto successivamente renderli in una colpo solo, ripromettendosi di non votare mai più Pd.

Poiché da sempre forte è la tensione tra Pd e M5S, c’è da scommettere che se le affermazioni di Di Maio fossero opinabili molti renziani e membri del governo non avrebbero perso tempo a  screditarlo, magari ironizzando sulla sua incapacità di interpretare le e-mail – quando scoppiò il caso Muraro, Di Maio dichiarò di non aver letto bene la mail in cui gli si comunicava che l’allora Assessore all’ambiente Paola Muraro della giunta Raggi era indagata – e sulla sua ignoranza storica – in un post su face book, parlando del prossimo referendum costituzionale e del tira e molla di Renzi nello stabilirne la data, paragonando l’allora Pemier con il dittatore cileno Pinochet, Di Maio collocò quest’ultimo in Venzuela.

Ma in questo caso contestare Di Maio significherebbe dare del bugiardo sia alla Bonino che a Frontex che, sentendosi accusati di mentire, certamente non rimarrebbero in silenzio, adducendo prove incontrovertibili delle responsabilità di Renzi Premier nella questioni sbarchi. Per cui meglio evitare di smuovere ulteriormente acque già agitate. Magari utilizzando come strategia il silenzio. Quello stesso silenzio della Boschi alle affermazioni di De Bortoli che nel suo ultimo libro scrive che l’allora Ministro delle Riforme incontrò l’ad di Unicredit Federico Ghizzoni affinché valutasse di rilevare Banca Etruria, il cui papà del Ministro era vicepresidente, in gravi difficoltà.

La Boschi ha sempre negato quanto riferito da De Bortoli, annunciando di querelarlo. Ma finora, della querela, non v’è traccia. E in tanti sono pronti a scommettere che mai arriverà perché, se arrivasse, per difendersi, il giornalista dovrà presentare ai giudici i documenti che confermano quanto ha scritto, screditando la Boschi che in un audizione parlamentare negò di essersi mai interessata di Banca Etruria.

Ma alimentare uno scontro politico sulla questione sbarchi significa soprattutto rischiare una crisi di governo, visto che all’epoca dei fatti denunciati dalla Bonino e confermati da Frontex, Ministro degli Esteri era l’attuale Premier Paolo Gentiloni e quello degli Interni l’attuale Ministro degli Esteri Angelino Alfano.

Possibile che all’epoca nessuno dei due si oppose alla volontà di Renzi, facendogli presente che quell’accordo era un suicidio per il paese?

Se Renzi e il Pd accettassero uno scontro aperto con il M5S sulla vicenda sbarchi rischierebbero un colossale autogol che spalancherebbe la vittoria elettorale al M5S.

Per cui meglio per Renzi andare in televisione e in Piazza a presentare il suo libro Avanti.

Fa niente se all’interno, parlando dei migranti, la ricetta per risolvere il problema degli sbarchi proposta  dall’ex Premier  è la stessa dal leader leghista  Salvini: aiutiamoli a casa loro.

Slogan che ha suscitato non poche critiche e ironie dato che in un primo tempo era stato proposto ufficialmente dal Pd; poi cancellato ma ripreso integralmente dalla Lega Nord.

Dopo il danno la beffa!

L’ITALIA BRUCIA PER MANCANZA DI PREVENZIONE

incendio vesuvio

Gli incendi che da giorni, dalla Toscana alla Sardegna, stanno distruggendo ettari e ettari di macchia mediterranea – in Campania sta andando completamente in fumo il Parco Nazionale del Vesuvio – sono di matrice dolosa, ossia appiccati dall’uomo. Sul Vesuvio sembra addirittura che i piromani per alimentare il fuoco abbiano cosparso di benzina gatti per poi dargli fuoco e liberarli nella selva affinché nella loro mortale fuga le povere bestie estendessero le fiamme in ogni dove.

Drammatiche le testimonianze degli abitanti delle zone interessate raccolte dai cronisti. Tra le tante quella della proprietaria di un ristorante sul Vesuvio che giustamente s’è chiesta come mai, dato che già lo scorso anno sul Vesuvio si visse una situazione simile, seppure in dimensioni ridotte, quest’anno lo Stato non avesse messo in atto un piano preventivo?

Tra il parco del Vesuvio, essendo parco nazionale, è area protetta: da chi?

Un’altra testimonianza che merita d’essere citata è quella di un sacerdote di Ercolano che si è chiesto perché, seppure già da sabato scorso fosse stata denunciata alle autorità la presenza dei primi focolai di incendi sulle pendici del vulcano, non si è intervenuti tempestivamente per spegnerli?

Da ieri lo Stato ha inviato sul Vesuvio l’esercito per supportare i vigili del fuoco, gli uomini della Protezione civile e i tanti volontari impegnati nel tentativo di estinguere l’immane rogo.

Non una parola da parte delle istituzione sulla mancata prevenzione che sarebbe stata resa possibile se la riforma della Pubblica Amministrazione del governo Renzi, portata avanti dal Ministro Madia, non avesse abolito il corpo della forestale accorpandolo in parte nei carabinieri e in parte in quello dei vigili del fuoco. Tenendo bloccati a terra per motivi burocratici ben 28 dei 32 elicotteri in dotazione all’ex corpo forestale.

Che gli incendi tuttora atto siano opera di criminali organizzati è ormai chiaro a tutti.

Quello che per l’ennesima volta non è chiaro è l’assoluta mancanza di prevenzione da parte dello Stato di un fenomeno che non è affatto un’emergenza visto che si ripropone regolarmente ogni anno non appena scoppia l’estate.

Illudendo gli ingenui, pochi, che i roghi siano causati dall’autocombustione conseguenza del surriscaldamento del pianeta.

Radicando nei più la certezza che in Italia la parola prevenzione è ignota, o quasi, alle istituzioni!