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RINASCITA

Nell’attesa che l’emergenza sanitaria passi e potremo finalmente tornare – si spera – alla vita di sempre, con un gruppo di amici ci ritroviamo periodicamente in chat per discutere di argomenti vari: oggi la discussione verteva sulla rinascita. Di seguito un mio racconto inedito in cui affronto il tema.

Per chi come lui aveva della vita una visione induista – credeva che qualunque evento accadesse nella vita di un uomo fosse l’effetto di una sua stessa azione compiuta in passato, se non addirittura in una vita precedente – il fatto che la data del suo licenziamento corrispondesse con quella del suo compleanno lo convinse che quella coincidenza fosse un esplicito segnale della vita affinché non si demoralizzasse: era come se in quel modo gli si dicesse che stava iniziando un nuovo tempo; che invece di demoralizzarsi, come gli stava accadendo, non dovesse disperare perché per lui c’erano in serbo chissà quali sorprese.

Oddio, a dire il vero nel corso degli anni di sorprese la vita gliene aveva fatte fin troppe, per lo più non esaltanti, alcune addirittura pessime. Tuttavia quelle poche buone e belle che gli aveva donato compensavano a sufficienza le sofferenze patite.

Eppure, malgrado il dolore avesse quasi sempre funto da compagno di viaggio, mai aveva inveito contro la vita né contro il mondo sicuro che quella sofferenza fosse il risultato dell’egoismo e dell’opportunismo che avevano caratterizzato il suo essere.

Quando l’ormai ex datore di lavoro gli presentò la lettera di licenziamento perché la firmasse, nell’afferrarla sussurrò:

“Che bel regalo di compleanno che mi state facendo!”

“Perché?”

“Il mio primo giorno da disoccupato coinciderà con la mia data di nascita!”

L’uomo sbiancò.

“Ma che dici?” mormorò.

Per tutta risposta estrasse dal portafoglio la carta di identità e gliela mostrò.

“Mi dispiace” sussurrò lui abbassando lo sguardo da dietro gli occhiali.

“Sapeste a me quanto dispiace” replicò. Firmò la lettera e gliela riconsegnò trattenendosi la copia.

La mattina del suo compleanno con la moglie fecero colazione al bar, seppure ci fosse ben poco da festeggiare. […]

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CORRADA ONORIFICO, UNA DONNA A SPASSO PER IL MONDO.

Sabato 14 marzo all’ArtGarage di Pozzuoli era in calendario il vernisage della mostra fotografica “Viaggio in Mongolia” di Corrada Onorifico, curata da Francesco Cito. A causa degli eventi pandemici, l’evento è stato rinviato a data da destinarsi. Grazie alle tecnologie digitali, lunedì 18 maggio si è tenuto su Skype, moderato da Francesco Soranno, un incontro in video con Corrada che, dopo aver raccontato di sé, ha presentato gli scatti che avrebbe in parte esposti a Pozzuoli. All’evento ha assistito anche Enzo Giarritiello che l’ha poi intervistata.

Corrada perché, dopo tanti anni, hai deciso di abbandonare
l’attività di regista/documentarista per dedicarti alla fotografia?

Quando sei regista in qualunque caso hai bisogno di un tramite – uno, due cameramen, forse anche tre – in base a ciò che devi fare. La loro presenza ti lega al soggetto con cui devi comunicare, dovendoti confrontare prima con loro e poi con esso. Sia chiaro, io non ho mai avuto alcuna difficoltà a interagire con i membri del mio staff: con loro ho avuto sempre un buon feeling; mi capivano e accontentavano perfettamente. Tuttavia quando inquadri c’è un momento in cui hai bisogno di instaurare un rapporto diretto, non solo con il soggetto ma con l’inquadratura stessa: chi fa fotografia sa benessimo che basta cambiare di pochi gradi l’angolo di osservazione per modificare il momento che si vuole raccontare. Io avevo necessità di farlo anche dal mio punto di vista!

Per quanti anni hai lavorato come regista?

Quindici anni!

Poi una mattina ti sei svegliata e hai detto basta!?

No, era un malessere che mi portavo dentro da tempo; un’insoddisfazione che mi coglieva ogni volta che visionavo il girato. Senza nulla togliere a chi collaborava con me, guardando le riprese non trovavo quello che avevo visto e sentito. Tutto ciò mi frustrava perché in quei filmati non riconoscevo l’intimità che si era creata tra me e il soggetto all’atto che giravamo. Fu allora che, piano piano, mi munii di fotocamera e iniziai a scattare. Seppure agli inizi le mie foto non fossero tecnicamente corrette, secondo me, a livello contenutistico, raccontavano molto più dei video. A quel punto decisi di perfezionarmi tecnicamente attraverso lo studio. […]

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SENSO DI COLPA

Nell’attesa che l’emergenza sanitaria passi e potremo finalmente tornare – si spera – alla vita di sempre, con un gruppo di amici ci ritroviamo periodicamente in chat per discutere di argomenti vari: oggi la discussione verteva sul senso di colpa. Di seguito un mio racconto inedito in cui affronto il tema.

Quel giorno, mentre in auto rientrava a casa, sentì forte l’impulso di deviare nel viale sterrato che attraversava il bosco. Quell’improvviso cambiamento, per un abitudinario come lui, testimoniava che qualcosa dentro di sé stava cambiando.

Là per là non si rese nemmeno conto di aver imboccata una strada diversa. Solo dopo alcuni chilometri realizzò di trovarsi sulla scorciatoia che percorreva da giovane quando, dopo studiato, andava a lavorare nell’azienda di famiglia. Fu proprio su quel sentiero che anni prima avvenne l’evento che per sempre gli avrebbe cambiato la vita.

All’epoca aveva ventiquattro anni: camminava a passo veloce quando udì un lamento levarsi tra gli alberi. Incuriosito si incamminò in quella direzione. Steso sul terreno, con la schiena poggiata al tronco di un albero, c’era un uomo in tenuta da jogging con la mano premuta sul petto, gli occhi chiusi. Era il proprietario dell’azienda concorrente. Per anni le due ditte s’erano spartite fette di mercato senza mai invadere l’una lo spazio dell’altra.

Avendo un senso degli affari molto marcato, più volte aveva chiesto al padre perché limitare il business a un territorio ristretto quando lo si sarebbe potuto ampliare invadendo quello della concorrenza con un prodotto qualitativamente identico ma di costo inferiore!?

La risposta era sempre la stessa: tutti dobbiamo vivere. Bisogna smetterla con questa blasfemia che il mercato è una guerra e che il concorrente va schiacciato. Ragionando così si corre il rischio di diventare degli assassini! […]

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LA BLUES WOMAN ELDA SALEMME SI RACCONTA

Di seguito vi propongo la mia intervista alla cantautrice Elda Salemme pubblicata su quicampiflegrei.it

L’appuntamento con la cantautrice/chitarrista Elda Salemme è a Bacoli nell’attico di famiglia da cui si ammira lo splendido panorama del golfo di Pozzuoli. Classe 1987, Elda ha un curriculum di tutto rispetto: è stata fondatrice del trio vocale al femminile The Drops; ha collaborato con Walter Maioli nel progetto di ricerca sonora ancestrale “Oriental Blues” e in “Synaulia”, spettacolo di musica e danze dell’Antica Roma; è presente nell’album italo-portoghese Mar Da Lua di Mimmo Epifani con la sua versione polivocale di Tarantella Del Gargano; ha scritto per Rah.ma il branoUNA STORIA DA RACCONTARE, vincitore di molti premi in Italia, tra cui “Miglior Inedito” e “Primo Classi­ficato” al Festival della Canzone 2017. Dal 2012 insegna Canto Moderno e Chitarra Base con la passione e la curiosità che accompagnano una continua e instancabile ricerca.

Elda, nonostante tu sia nipote dell’attore/regista Vincenzo Salemme, hai orientato la tua vena artistica verso un campo diverso rispetto a quello che ci si poteva attendere, ovvero il teatro e il cinema, perché?

È stata una scelta naturale. Fin da piccola il mio spazio emotivo, in cui coltivavo la vera me stessa, ha trovato nella musica il suo ambiente naturale. Ritengo che l’arte sia la voce dell’anima, l’espressione della propria interiorità. Se questa voce l’avessi falsata per fini opportunistici, avrei di riflesso tradita me stessa e la mia sensibilità. Il teatro e il cinema mi piacciono, ma il mio mondo è la musica e la canzone; è lì che trovo la mia vera dimensione artistica. Inoltre la musica si è rivelata un’ottima medicina per alleviare, metabolizzare e sublimare le sofferenze e il dolore della vita.

Dunque anche tu ritieni che per un artista la sofferenza sia un concime indispensabile per dare vita al proprio estro creativo?

L’artista che non soffre non penso possa creare. E la sofferenza di un artista è rapportata al suo grado di sensibilità. Più sei sensibile, più soffri, più dai corpo al tuo dolore attraverso l’arte. Per quanto mi riguarda sensibilità-sofferenza-arte sono una triade imprescindibile l’una dall’altra. […]

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L’OMAGGIO DI NICOLA DRAGOTTO A GIORDANO BRUNO

Alla domanda se fosse possibile partecipare alle celebrazioni commemorative di un caposaldo della filosofia mondiale qual è Giordano Bruno senza citarlo né fare il minimo accenno a una delle sue opere, istintivamente verrebbe da rispondere “no!”. Soprattutto se il luogo concessoti per eseguire la performance artistica è il chiostro di San Domenico Maggiore dove Bruno studiò quando era un giovanissimo domenicano.

“Solo un folle”, verrebbe da dire, “si azzarderebbe a farlo!”

Ebbene, se davvero così fosse, quel folle esiste: il suo nome è Nicola Dragotto.

Artista imprestato all’avvocatura, da oltre vent’anni impegnato a proporre nei teatri italiani e nei luoghi di cultura i suoi spettacoli di teatro canzone, lunedì 11 maggio 2020 per il maggio dei monumenti dedicato ai 420 anni dalla scomparso del nolano, nella suggestiva atmosfera del chiostro di San Domenico Maggiore, Dragotto ha recitato un ampio spaccato del suo spettacolo IL ROVESCIO DEL MONDO per la regia di Franco Maione. […]

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IL RIVOLUZIONARIO (racconto)

Nell’attesa che l’emergenza sanitaria passi e potremo finalmente tornare – si spera – alla vita di sempre, con un gruppo di amici ci ritroviamo in chat due volte a settimana per discutere di argomenti vari: oggi la discussione verteva sulla libertà. Di seguito un mio racconto inedito in cui affronto il tema.

Fin da ragazzino il suo spirito libero aveva fatto sì che tutti, a cominciare dai famigliari, lo ribattezzassero il rivoluzionario. Quel nomignolo gli piaceva così tanto che, dopo essersi documentato su cosa esattamente significasse, crescendo, adottò un atteggiamento che ne rispecchiasse il significato profondo.

Quel suo modo di essere e di fare fece sì che a scuola fosse inviso ai professori, ma nello stesso tempo fosse ammirato dagli altri studenti. In modo particolare dalle ragazze attratte, come tutte le donne, dai tipi sui generis, che disattendendo le regole e impongono la propria visione di vita.

Tuttavia negli studi eccelleva, costringendo i professori a non poter fare a meno di promuoverlo, seppure con il minimo sindacale, giustificando quella penuria di voti con il fatto che aveva messo il suo intelletto sopraffino al servizio del disordine sociale.

Ogni qualvolta i genitori andavano a scuola per verificarne il rendimento, si sentivano rispondere: è un ragazzo intelligentissimo, peccato sia un ribelle!

Non sapendo se sentirsi lusingati o offesi da quelle dichiarazioni, rientrando a casa dai colloqui, cercavano di parlargli affinché si convincesse a sposare un atteggiamento meno intransigente nei confronti delle regole; rispettando i professori, vittime sacrificali al suo credo libertario, riconoscendone la giusta autorità. […]

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DIGNITÀ (racconto)

Nell’attesa che l’emergenza sanitaria passi e potremo finalmente tornare – si spera – alla vita di sempre, con un gruppo di amici ci ritroviamo in chat due volte a settimana per discutere di argomenti vari: oggi la discussione verteva sulla dignità. Di seguito un mio racconto inedito in cui affronto il tema.

Una delle ultime cose che mio padre mi disse poco prima di spirare fu, “figliolo, nella vita potranno toglierti tutto, tranne la dignità. Quella, se la perdessi, sarà solo per colpa tua! Procurati un gozzo e puoi stare certo che non la perderai mai!”

All’epoca ero poco più che ragazzino. Non appena era libero dal lavoro, papà usciva presto di casa per imbarcarsi sul suo gozzo ancorato a Baia e andarsene a pesca o semplicemente per starsene qualche ora al largo a farsi cullare dal mare mentre leggeva un libro o oziava pigramente con le mani incrociate dietro la testa a fissare le nuvole e il cielo. Quelle rare volte che, su insistenza di mamma, mi portava con sé, non faceva che ripetermi che quel gozzo era il segreto della felicità, sua e nostra.

Pur non comprendendo cosa volesse dire, lo ascoltavo ammirato. Era mio padre, per dio!  […]

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OGGI PARLIAMO DI… GELOSIA

Nell’attesa che l’emergenza sanitaria passi e potremo finalmente tornare – si spera – alla vita di sempre, con un gruppo di amici ci ritroviamo in chat due volte a settimana per discutere di argomenti vari: ieri la discussione verteva sulla gelosia. Di seguito le mie considerazioni sul tema.

Quando in uno dei precedenti incontri parlammo di egoismo, tutti convenimmo che nella vita un po’ di sano egoismo è necessario per evitare di non cadere vittime di se stessi, dato che molte persone, troppe, hanno la tendenza ad approfittare degli altri.

Allo stesso modo penso che in un qualunque rapporto di coppia un pizzico di gelosia sia altrettanto indispensabile in quanto, anche in questo caso, il giusto dosaggio testimonia quanto una persona sia per noi importante.

Del resto perché una persona sentimentalmente già impegnata ceda alle lusinghe di terzi, non basta che questi la sottoponga a un corteggiamento insistente, ma occorre che a sua volta la persona corteggiata sia disponibile, seppure inconsciamente, a lasciarsi conquistare. E, se ciò avvenisse, significherebbe che la relazione in cui era impegnata non la soddisfaceva più, o era solo un diversivo per contrastare la noia e la solitudine della quotidianità in attesa di qualcosa di meglio. […]

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