Scorcio del Rione Terra di pozzuoli prima del restauro. Sullo sfondo il Capo Miseno. Anno 1995

NCOPP ‘A TERRA, LE FOTO DI BICCARI RICORDANO IL DRAMMA DEL RIONE TERRA

Serbare la memoria storica di un luogo è fondamentale non solo per attrarre turisti mediante le bellezze paesaggistiche e archeologiche, ma prima di tutto per comprendere ciò che oggi è diventato il suo popolo. Dal modo in cui sono serbate le antiche vestigia di un luogo abbiamo, infatti, modo di intuire quanto i loro eredi hanno rispetto per i propri avi e per se stessi. È come quando, entrando in una casa di estranei, guardandoci intorno, dal modo con cui è arredata e tenuta comprendiamo la qualità delle persone che la abitano.

Ncopp ‘a terra, la mostra fotografica di Gianni Biccari allestita a Pozzuoli nella chiesa di San Liborio, sul Rione Terra, dal 28 dicembre al 7 gennaio, è una rassegna di foto scattate dall’artista flegreo nel 1995, all’epoca in cui da poco era stato allestito il cantiere per la ristrutturazione della Rocca che, a distanza di trent’anni, non è ancora completata. […]

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L’ultima cosa che i suoi occhi stanchi di dolore videro fu lo sguardo commosso dei veterinari che le avevano provate tutte per strapparlo alla morte, dopo le orrende ferite inferte da mani di mostro per appropriarsi della sua pelliccia. Non si sa se per rivenderla o per il semplice gusto di scuoiarlo vivo. Abbandonato agonizzante sul marciapiede, il caso volle che a trovarlo in quelle pietose condizioni fosse un veterinario del canile municipale che subito lo avvolse in una coperta e lo portò in ambulatorio per cercare di curarlo con il sostegno dei colleghi.

IN RICORDO DI LEONE VITTIMA DELLA CRUDELTA’ UMANA

L’ultima cosa che i suoi occhi stanchi di dolore videro fu lo sguardo commosso dei veterinari che le avevano provate tutte per strapparlo alla morte, dopo le orrende ferite inferte da mani di mostro per appropriarsi della sua pelliccia. Non si sa se per rivenderla o per il semplice gusto di scuoiarlo vivo. Abbandonato agonizzante sul marciapiede, il caso volle che a trovarlo in quelle pietose condizioni fosse un veterinario del canile municipale che subito lo avvolse in una coperta e lo portò in ambulatorio per cercare di curarlo con il sostegno dei colleghi.

Per la tenacia con cui l’animale rispondeva alle cure, tradendo la propria voglia di vivere a ogni costo, lo avevano ribattezzato Leone. Fasciato di bende come una mummia, aveva lottato per quattro giorni tra la vita e la morte, alimentando la speranza che ce l’avrebbe fatta a sopravvivere. Purtroppo non fu cosi. Nel momento in cui esalò l’ultimo respiro, mani amorose ne ricomposero il corpo per poi fotografarlo e diffondere la foto sui social a testimonianza che, fortunatamente, nel mondo non vivono solo criminali e mostri. Ma anche anime sensibili che riconoscono agli animali pari dignità degli esseri umani. […]

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