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la poesia, la musica ed il loro contrario.

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Post n°388 pubblicato il 19 Novembre 2019 da lontano.lontano

Per capire qualcosa di più di ciò che leggerete, devo far un breve cenno alla genesi umana, quando "Quelli la", modificando la nostra struttura originale, ci hanno fatti diventare quello che ora siamo.
Essendo loro appartenenti ad una civiltà avanzatissima, molto più evoluta persino di quella che per noi oggi è fantascienza, potevano disporre di conoscenze in ogni campo dello scibile umano.
Sono venuti sulla terra perché occorreva loro un materiale prezioso, non certo per le proprietà di bellezza ma per utilità pratiche: L'oro.
Lo utilizzavano nell'ambito di una tecnica legata ai "Telomeri", da cui "Telomerasi", materia inerente i cromosomi e il DNA, su cui non mi dilungo, visto che potrete approfondirla personalmente.
Per sintetizzare, "trattando" l'oro, riuscivano a ottenere una longevità che quella che i miti ci hanno tramandato è stata associata ai Patriarchi.
Tornando al racconto, so di una persona che, accidentalmente, in maniera del tutto casuale, trafficando con una sterlina d'oro, dono di nozze; non chiedetemi sul come, perché non lo so, ha modificato qualcosa nei suoi geni, riuscendo a fermare il suo invecchiamento.
Non aveva assolutamente contezza di ciò che gli era successo e che mai avrebbe immaginato, per cui la sua vita, procedeva similmente a quella di ogni altro essere umano.
Il suo tempo biologico però, anno dopo anno, gli diceva qualcosa di diverso; non tutto andava come stava andando per tutta l'altra gente.
Le cose, le persone, il suo mondo, non erano più in relazione con quello che, ormai, era diventato un mondo parallelo, due emisferi che, nascevano da uno in origine unito.
Dapprima, vedere il suo fisico fermo a quei 50 anni che, pur aumentando, anno dopo anno rimaneva uguale, destava in lui un compiacimento personale e invidia negli altri ma, è ormai assodato, che la vita sia una "partita doppia", sistema contabile che, mi pare sempre più confacente alla filosofia piuttosto che alla ragioneria.
Ciò che la nostra esistenza ci concede si mette, nella colonna dell'"avere", ciò a cui dobbiamo rinunciare, in quella del "dare" ma, non è affatto scontato che il bilancio finisca poi in pareggio.
La persona di cui parlo, sapeva tutto ciò perché disponeva di una sensibilità tanto accentuata quanto particolare che gli permetteva di andar persino oltre la filosofia ma, soltanto successivamente, avrebbe capito che la nuova dimensione del suo pensiero sarebbe sfociata nell'inimmaginabile.
Restare giovani, penso sia il desiderio di tutti ma, è tale perché non lo si concepisce distaccato dalla contemporaneità.
Non invecchiare, pertanto, in una situazione che non invecchia è auspicabile ma non potrebbe esserlo altrettanto se ciò avvenisse unicamente a livello individuale.
Il modo di pensare di noi umani è un po' troppo superficiale, ci si limita ad una considerazione epidermica e la si esprime così com'è, senza soffermarsi sui concetti successivi alla stessa.
Purtroppo, per lui però andava tutto diversamente, non riusciva ad invecchiare mentre invecchiava l'universo che lo circondava.
Invecchiavano i genitori per poi andarsene, probabilmente, dove la disputa col tempo non lacera più, ma questa era l'unica cosa "normale" che gli stesse accadendo, l'unica, proprio la sola cosa normale.
Piano piano, o velocemente, non saprei trovare un confine tra le due sensazioni che, sono talmente soggettive, da sovrapporsi a seconda di percezioni che prescindono da tutto, anche dal tempo.
Se ne andava così, anche la persona che aveva accanto, quelle che gli erano accanto anche senza esserci, i nipoti, i loro figli e quelli dei loro figli, soltanto lui restava, li, dove capiva che non era più il posto, né il momento giusto per restarci.
Un vecchio di 50 anni, giovane nel corpo, nella mente e nella disperazione che, come lui, non riusciva ad invecchiare e che, restando giovane, gli provocava un dolore che rinnovandosi continuamente, assieme a lui invecchiava.
Era arrivato il momento di mettere gli accadimenti che ogni giorno recava con se, solo nella colonna delle passività. 
Nulla era per lui, non dico, fonte di gioia ma, almeno, di non sofferenza, e pensare che gli sarebbe bastato anche solo quello ma, quel poco era diventato troppo da poter esigere.
Ogni affetto lo aveva abbandonato, solo il ricordo di quello, sentiva trasformarsi in parole, in musica, poteva leggerlo in qualche pagina, poteva persino ingigantirlo fino a diventare mito e leggenda ma il mito, a quel punto non è che un rimpianto ancora maggiore della realtà.
Il suo desiderio era sfuggire a quella che era ormai la sua maledizione.
E' strano, come la vita possa trasformare una benedizione divina in dannazione, la fortuna in sfortuna e, a seconda di come gira il vento, ogni cosa nel suo contrario e il contrario persino nel suo opposto.
Non sorprenderà nessuno se affermerò che il condannato a quella semi eternità avrebbe voluto veder esaurirsi il suo tempo, come è concesso a tutti gli altri esseri umani.
Quello che sorprenderà invece voi che leggete di questa storia, come sorprende me che ne scrivo, è rendersi conto di come la morte, spesso, si possa considerare una concessione, piuttosto che una pena da scontare.
Non ci si pensa, perché la morte fa paura, come tutto ciò che non si conosce d'altronde, ed è su questa paura e nella conseguente rassicurazione, che le religioni fondano la loro ragione di vita.
Vogliamo sentirci dire che non moriremo mai del tutto e che, addirittura, vivremo in eterno.
Già, vivere in eterno sarà una grande e allettante prospettiva, forse in altre dimensioni ma qui, dove siamo in questo momento può esserlo altrettanto?
No, alla luce di quanto sto scrivendo, penso proprio di no.
Morire è un diritto e sono abbastanza certo che tutti ne abbiano usufruito ma il problema che ci si deve porre è ... quando.
Il tempo, ancora lui, il mistero insoluto con il quale da sempre l'uomo si trova ad aver a che fare.
Non amo dire tutti ma, non posso neppure fare dei distinguo ogni volta che affermo qualcosa, e se dico che tutti vorremmo andarcene il più tardi possibile, so benissimo che ci sono forzatamente tanti "distinguo" ma il caso della persona di cui parlo penso sia l'unico che non si possa razionalmente contemplare.
Morire prima di un certo momento è il desiderio universale delle persone che fanno della ragione e non della fede cieca un fondamento.
Morire prima dell'umana sofferenza che di umano non ha niente; morire prima che il tempo umili un essere umano, togliendogli i requisiti indispensabili che gli consentano di continuare ad esserlo, sarebbe davvero un diritto che mai, dovrebbe scadere a mero privilegio soggettivo.
E quella persona adesso desiderava farlo valere ma il riuscire ad esigerlo in mancanza di un interlocutore plausibile non era la cosa più semplice.
Non gli restava che una cosa da farsi, quel passo che da uomo semplice lo avrebbe elevato a divinità o a padrone del tempo, a padrone del destino o, ad esser lui stesso il destino.
Certo, non c'era altro da fare ma, fare quello, è soltanto facile a dirsi ma mai a farsi.
Ci vuole coraggio o tanta viltà, ed anche in questo caso gli opposti si confondono, tanto coraggio o tanta disperazione, la sola, probabilmente, che riesca a dare il coraggio quando non lo si possiede.
Se lo abbia trovato non so dirvelo e non so come sia finita questa storia, non avendo neppure nessuna certezza che sia finita.
Ciò che so è che questa persona sia andata via dalla mia città, sia andata sulle montagne che abbiamo alle spalle del mare, o appena sotto di esse, in uno di quei boschi di cui sempre mi aveva parlato quando io ero ancora molto giovane e lui cominciava a non esserlo più pur rimanendolo.
Se vi capiterà di andare in un bosco, magari per funghi o in una giornata di quelle in cui la tramontana sferza il cielo ripulendolo, chissà che non vi imbattiate in una persona che si aggira nei pressi del proprio rifugio.
Fermatevi a fare due parole con lui, senza accennare, però, a ciò che vi ho raccontato.
Se invece vedrete un rifugio disabitato, dove il fumo non esce dal camino e fuori la legna è accatastata in un angolo, fermatevi lo stesso e dedicate un pensiero a chi è riuscito a vincere il tempo ed al tempo si è arreso. 
A chi ha vinta la morte per poi abbandonarsi ad essa perché, in fondo, è l'unica che possa davvero mettere fine a certe sofferenze che, in altra maniera, non riusciamo a sopportare.  

 

 

 

 
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