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Juliet Berto: "Bisogna tenere a mente il colore della propria ferita per farlo risplendere al sole"

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« Messaggio #725Mi hanno regalato un'al... »

Post N° 726

Post n°726 pubblicato il 25 Dicembre 2006 da ossimora
 

L’uomo beve un sorso

il sorso beve il sorso

il sorso beve l’uomo” 

Cooper

immagine

Senti ad ogni sorso che scende

 la tua mente mutata in ardesia

lavagna vuota,

 incisa di bugie

 viva di illusioni

scordi persino che esiste

appiccicosa assillante.

 Ogni sorso scioglie un singhiozzo

 traduce in risata la disperazione

 l’inedia -

creando momenti di realtà

facilmente obliabili

 vissuti a mezz’aria,

confusi coi sogni

 trasudanti amore,desiderio,morte.

Nell’ebrezza

come nella

danza macabra di Baschenis”

quello che attrae:

 il dualismo

 risata sfrenata-ghigno insinuato.

A.

 
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>> Ueros JBox su millionueroshomepage
Ricevuto in data 26/12/06 @ 20:34
Ciao Ragazzi oggi ho creato una nuova sezione di Millionueroshomepage:  Ueros JBox . Un Juke Box ... (continua)
 
Commenti al Post:
scalzasempre
scalzasempre il 26/12/06 alle 00:28 via WEB
L'integrazione è una promessa che si rincorre ridendo e piangendo. Danza con me, sorella. ILY
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:30 via WEB
Ero piccola ,a Pinzolo,vodo questa danza macabra e non me la sono più tolta dalla testa ,un vero appassionamento
(Rispondi)
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 26/12/06 alle 00:32 via WEB
hai visto e quando vedi non è come guardare.
(Rispondi)
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:33 via WEB
già...lìho tenuto dentro anni quel vedere
(Rispondi)
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 00:35 via WEB
Però quella del sorso è un pelo sinistra... Vorrei che fossi sempre io a bere il sorso. Al massimo concedermigli solo temporaneissimamente... in certi determinati momenti (che per me non è adesso).
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:37 via WEB
quella in effetti è di uno psichiara...cooper
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:39 via WEB
stttttttttttttttt
(Rispondi)
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:49 via WEB
e poi sono anni che ti tieni ste parole scritte e lanciate nel nulla e tirarle fuori ti sembra un atti di coraggio..
(Rispondi)
 
 
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 00:57 via WEB
Beh, provi a te stessa/o che "si può". Si può, in generale, tanto di più di quello che... Ma prima occorre preparargli un po' il terreno. Almeno questo vale per me. Franco è sinonimo di libero, attualmente il mio programma esistenziale
(Rispondi) (Vedi gli altri 1 commenti )
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:58 via WEB
franco...il,mio primo amore
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 00:55 via WEB
quando tiro fuori pezzi di me ...lo so che è criptico e difficile accicinarmi....ufffff
(Rispondi)
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 01:12 via WEB
ma questo dovrebbe essere secondario
(Rispondi)
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 01:13 via WEB
lo è infatti...però non mi dispiace se qualcuno comprende
(Rispondi)
 
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 01:15 via WEB
Ci sono temi condivisibili, che lo sono soprattutto perché coinvolgono tutti, tutti nello stesso calderone. Poi ci sono altre cose sulle quali c'è meno sentir comune.
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 01:17 via WEB
io ondivago...
(Rispondi)
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 01:18 via WEB
(in qualche passaggio sembra che rispondo al commento che precedente il mio, mentre sia per la mia bradipenza, sia per quella, molto maggiore, di questa connessione e soprattutto di questo portale, i commenti che scrivo scendono con una cronologia leggermente casuale)
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 01:19 via WEB
no non direi è che anche io sono ondovaga e flessibile .vottei a volte parlare solo di me e a volte dimenticarmene
(Rispondi)
 
reduced_noise
reduced_noise il 26/12/06 alle 01:23 via WEB
Je pense que je vais fair dodo. Ciao Anto, bacyonotte
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 01:25 via WEB
noyye notte
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 02:32 via WEB
oddio quasi quasi mi pento
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 10:07 via WEB
HO UN CERCHI ALLA TESTA SPAVENTOSO .
(Rispondi)
 
magdalene57
magdalene57 il 26/12/06 alle 10:08 via WEB
ho idea che questa cosa qui, l'A.A. te la censurerebbe...:-)))buona giornata... d.r.t......
(Rispondi)
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 10:09 via WEB
A.A?drt?
(Rispondi)
 
 
magdalene57
magdalene57 il 26/12/06 alle 22:43 via WEB
l'Anonima Alcolisti, buona notte, Dolce Ragazza Talebana...:-))))
(Rispondi)
 
TPP_Christmas
TPP_Christmas il 26/12/06 alle 10:22 via WEB
Testo tratto da: Babbo Natale Fazi Editore) Noi in genere siamo convinti che Babbo Natale così come lo conosciamo (barba bianca, pancione, giubba rossa con i bordi di pelliccia bianca, aspetto gioviale e rassicurante) esista da secoli. Ci lamentiamo al limite del fatto che la sua figura venga sfruttata dalla macchina del consumo più sfrenato. Ma come reagiremmo al pensiero che Babbo Natale, più che essere cavalcato dalla società dei consumi, ne è uno dei prodotti più emblematici? E alla circostanza che la sua presenza nel traffico del nostro immaginario è dovuta soprattutto alla Coca -cola? L ’adozione di Babbo Natale da parte della Coca-Cola avviene quando il portadoni si è ormai quasi del tutto sbarazzato delle sue origini cristiane. Approdato a New York nel XVII secolo come residuato di una tradizione maturata per oltre mille anni nel Vecchio continente, quello che un tempo era stato San Nicola, vescovo di Mira (nell’attuale Turchia), si presentava nei primi decenni del Novecento americano come un potente simbolo del mondo dei consumi. L’impresa della Coca-Cola non consistette nell’aver determinato un processo di scristianizzazione già in atto da tempo ma nell’averlo semmai cristallizzato, rendendolo in qualche modo definitivo. Il fatto che quest’incontro sia avvenuto in modo quasi accidentale, non toglie che ci fossero le premesse di un matrimonio felice. Spesso le grandi imprese hanno bisogno di un pretesto, un imprevisto, un incidente di percorso che costringa i loro autori a tirar fuori dalle proprie azioni quello che non credevano possibile. La riscrittura di Santa Claus ad opera della Coca-Cola trovò questo pretesto nel dottor Harvey Washington Wiley, un personaggio il cui semplice nome evocherà per gli uomini della futura multinazionale scenari da incubo. Il dottor Wiley lavorava al Dipartimento di Chimica degli Stati Uniti e cominciò a diventare noto nel 1902, quando diede vita alla “squadra del veleno”, un gruppo di ragazzi utilizzati come cavie umane allo scopo di assumere additivi alimentari sospettati di essere nocivi. L ’anno successivo Wiley fece partire una crociata salutista che troverà nella bibita con le bollicine un bersaglio privilegiato. «Gli Stati Uniti d’ America contro 40 barili di Coca-Cola». Per quanto ridicolo, questo fu il nome con cui venne chiamato il procedimento giudiziario che per l’azienda di Atlanta rappresentò una delle prove più difficili da affrontare nei primi decenni del XX secolo. La denominazione si deve al sequestro di alcuni barili di Coca-Cola che Wiley fece disporre nel 1907. L’episodio arrivò al culmine di una campagna denigratoria per la quale era stato sobillato il meglio del fervore paranoide nazionale: Martha M. Allen, capo del movimento delle Donne per la Temperanza Cristiana: «So per certo di un giovanotto che è diventato una vera nullità a causa della sua abitudine alla Coca-Cola»); il metodista George Stuart: «Si è saputo che l’ uso di Coca-Cola ha portato in una scuola femminile a deprecabili festini notturni. In più la bibita tiene svegli i ragazzi esponendoli alle tentazioni della masturbazione»). A questi personaggi si accompagnava una nutrita schiera di opinionisti infervorati, cronisti dalla penna facile o semplici approfittatori pronti a giurare che la Coca-Cola conteneva cocaina (non ce n’era più traccia a partire dal 1903), conteneva pericolose quantità di alcool, di caffeina, di oppio, di imprecisate e terribili sostanze velenose. ll processo fu celebrato a Chattanooga e fu un buon prototipo di quegli show sotto le coltri di procedimento giudiziario che appassioneranno gli States negli anni a venire. Innanzitutto l’ accusa: si contestava alla bibita di essere adulterata con sostanze pericolose (nello specifico la caffeina) e di avere una denominazione ingannevole – nella sua composizione non c’ era più cocaina mentre la percentuale di noce di cola sfiorava l’infinitesimale. Quest’ultima imputazione fu un esercizio di comicità involontaria in carta bollata: se la Coca-Cola avesse davvero contenuto cocaina, avrebbe trasformato la sua azienda nel più grande spacciatore di droga del pianeta. Il tribunale di Chattanooga ospitò una sfilata di deposizioni in stato di sovra-eccitazione, pronte a dipingere la Coca-Cola come un perfetto distillato del demonio o, al contrario, come presenza immacolata in un mondo di avvoltoi. I giornali seguirono il dibattimento come se si fosse trattato di una finale di superbowl; furono talmente contagiati dal clima scatenato che si respirava in città che l’ Atlanta Georgian poté titolare: «Otto Coca-Cola contengono abbastanza caffeina da uccidere». Chimici e farmacologi presentarono dettagliatissime deposizioni tecniche che mandarono in confusione i membri della giuria popolare. Si discusse, si controdiscusse, si pubblicarono fiumi di inchiostro e alla fine il giudice Edward Terry Sanford chiuse lo show: dopo aver espresso la sua opinione ordinò praticamente alla giuria di riunirsi e di tornare in aula con un verdetto favorevole alla Coca-Cola. La bibita non rischiò più di essere ritirata dal commercio né fu costretta a rivedere la sua formula. L’unico cambiamento riguarderà la strategia pubblicitaria dell’azienda. Gli avvocati difensori della Coca-Cola non avevano contestato gli effetti negativi della caffeina sui giovanissimi – avevano però cercato di aggirare l’ostacolo dichiarando che i più piccoli non erano consumatori abituali della bibita, il che contrastava con le pubblicità del periodo che ritraevano bambini intenti a bere Coca-Cola insieme ai genitori. Così, dopo il 1911, fu proibito l’utilizzo di materiale pubblicitario in cui ci fossero bambini di età inferiore a dodici anni nell’atto di bere Coca-Cola. Se i danni erano stati limitati al massimo, l’azienda rischiava di perdere una fetta fondamentale di consumatori, sopratutto se si considera il ruolo sempre più importante che la pubblicità sarà destinata a giocare negli anni a venire. Siamo nel 1931: la Coca-Cola, che fino a qualche tempo prima veniva soprattutto servita nei bar, poteva adesso essere acquistata in confezioni da conservarsi nei frigoriferi domestici. Si trattò di un cambiamento epocale. Per i fatturati della Compagnia incominciò a essere decisivo l’esercito di donne che ogni giorno si recavano a fare la spesa. Di conseguenza, cresceva l’importanza dei persuasori neanche troppo occulti che orientavano le massaie in gran parte dei loro acquisti: i loro figli. Bisognava concepire una campagna pubblicitaria in grado di rivolgersi ai bambini senza mai metterli al centro della scena. Il compito fu affidato a Haddon Sundblom, un bizzarro disegnatore di origine svedese che si faceva perdonare i suoi ritardi clamorosi grazie alla forza e all’inconfondibilità del segno grafico. L’ espediente utilizzato fu quello di arruolare un messaggero, un intermediario tra infanzia e mondo degli adulti che fosse in grado di catalizzare l’immaginazione dei bambini. La scelta cadde appunto su Santa Claus. Sundblom ebbe come primo parametro il Santa Claus disegnato da Thomas Nast per Harper’s Weekly nel 1862: un portadoni con pancione e barba bianca che cominciava a distanziarsi dalle versioni esotiche con cui era stato rappresentato fino a quel momento. Il colpo di genio di Sundblom consistette nel far convivere l’aura di soprannaturalità che circondava Babbo Natale con l’estetica dell’ uomo comune. Basta elfi, creature dei boschi, personaggi provenienti da immaginari e culture lontane: il nuovo Babbo Natale avrebbe dovuto essere partorito dal cuore magico dell’America del XX secolo. Sundblom utilizzò come modello l’ uomo della porta accanto, vale a dire il suo vicino di casa Lou Patience, un commesso viaggiatore che l’American way of life aveva fornito di una corporatura robusta, un volto allegro entro i limiti del sospetto, una fiducia nel presente e una vitalità che debordava da tutti i pori della sua persona. A Lou Pantience Sundblom allungò la barba e arroventò le guance, aumentò di qualche misura il girovita, sostituì gli abiti borghesi con la celebre casacca rossa e bianca, e così i cartelloni pubblicitari si riempirono di figure al limite dell’iperrealismo: fragorosamente comuni eppure in qualche modo provenienti da un altro pianeta....
(Rispondi)
 
TPP_Christmas
TPP_Christmas il 26/12/06 alle 10:24 via WEB
..EccoTI..il mio "piccolo" Dono Natalizio...!!
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 10:27 via WEB
Nonostante abbia l'elettroencefalogramma piatto..da abuso di lcool ...ce l'ho fatta a leggere ...Grazie del dono:Interessante.
(Rispondi)
 
poverotroviero
poverotroviero il 26/12/06 alle 10:46 via WEB
bella la tua poesia, non sono un esperto, c'è un po' amelia rosselli? forse non proprio lo stile ma il clima mi sembra quello. Le tue sono immagini ambivalenti, ossimori appunto, a me comunicano l'angoscia di vivere una realtà che non si può comprendere fino in fondo
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 10:55 via WEB
Beh .Amelia Rosselli è un autrice poliedrica,genialoide e di grandi passioni .Ossimori ..già...buona giornata
(Rispondi)
 
JON.L
JON.L il 26/12/06 alle 10:48 via WEB
^__^ grazie ...
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 10:53 via WEB
grazie a te...
(Rispondi)
 
principessapersiana
principessapersiana il 26/12/06 alle 17:31 via WEB
grazie per gli auguri e per questo testo... ci sarebbe da meditare tanto sul concetto "dualismo" che non sempre è sinonimo di ambiguità e contraddizione, ma appartiene anche all'ecclettismo ed al duttile..* Un abbraccio* Sereni giorni natalizi*
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 22:22 via WEB
Grazie ...anche a te !
(Rispondi)
 
elettricomonofase
elettricomonofase il 26/12/06 alle 19:17 via WEB
Bere se stessi, senza diluire il rancore, è già una grande sconfitta.
(Rispondi)
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 22:22 via WEB
Diluire il rancore?
(Rispondi)
 
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 26/12/06 alle 22:33 via WEB
forse come io diluisco il gin nella tonica. Fa meno male.
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 22:36 via WEB
ciao Ylla...beh il bello dello scrivere a ruotalibera è nche che ognuno ti offre le sue interpretazioni no?ILY
(Rispondi) (Vedi gli altri 11 commenti )
 
 
 
 
magdalene57
magdalene57 il 26/12/06 alle 22:45 via WEB
che "rancore" sia il nome di un nuovo vigneto??
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 22:47 via WEB
eh eh ehe ...qui dalle mie parti c'è un vino che si chiama "fantasma",perchè il produttore abita un castello dove si dice ci sia un fantasma...rancore mi mancava...ciao margy
(Rispondi)
 
 
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 26/12/06 alle 23:55 via WEB
che poi dà spunto a delle ideificazioni. E questa roba mi piace. ILY
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 26/12/06 alle 23:57 via WEB
facciamo un produzione numerata limitata di vini con nomi speciali ad esempio ;"Y",perplimendo,nullificato etc...
(Rispondi)
 
 
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 27/12/06 alle 00:01 via WEB
mi piace. L'y però lo si fa rosyllato.
(Rispondi)
 
 
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 27/12/06 alle 00:01 via WEB
of course.
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 27/12/06 alle 00:03 via WEB
un rosè???NON SONO IL MASSIMO COME VINI I ROSè...ma per te ...si può fare ...
(Rispondi)
 
 
 
 
scalzasempre
scalzasempre il 27/12/06 alle 00:17 via WEB
grazie. Lo so che non sono il massimo ma a me piacciono :) ILY
(Rispondi)
 
 
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 27/12/06 alle 03:08 via WEB
è ammesso lo spritz col vino rosso, au lieu du rosé?
(Rispondi)
 
 
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 27/12/06 alle 03:16 via WEB
À propos di colori dei vini, in friulano il vino rosso si definisce nero. Ed è sempre quello stesso liquido.
(Rispondi)
 
 
 
 
reduced_noise
reduced_noise il 27/12/06 alle 03:17 via WEB
Sto aspettando che venga l'ora di andare a dormire... Ciao
(Rispondi)
 
 
 
elettricomonofase
elettricomonofase il 29/12/06 alle 10:47 via WEB
E' cio' che ti spinge a bere, a scrivere a non essere. Se poi il tutto si riduce a far compere in una enoteca, si riesce persino a ridere dell'altrui pensiero. L'importante e che restino salde ed inaccessibili le nostre convizioni di classe.
(Rispondi)
 
 
 
 
ossimora
ossimora il 29/12/06 alle 21:25 via WEB
Senti elettrico monofase delle mie tasche,scrivere ,bere e persino non essere (vorrei non essere a volte dato che le mie giornate sono fin troppo piene e non esserte a mio parere non è niente male ...a volte )tu (donna ?uomo?)non esprimi il TUO pensiero ma dai dei giudizi attraverso le mi e parole,senz asapere per esempio se questo scritto è recente o antico,senz asapere niente di niente e cos'altro dovrei fare se non ridere???mi sembra la cosa più naturale e più sana .
(Rispondi) (Vedi gli altri 1 commenti )
 
 
 
 
elettricomonofase
elettricomonofase il 04/01/07 alle 18:00 via WEB
Parlavo di me, forse mi sono spiegato male. Ma non è il caso che ti inalberi in questa maniera. Non giudico ne mi permetto di giudicare, cosa che invece a quanto ho letto te fai spesso. Ti chiedo scusa per l'incomprensione, ma credo che ognuno debba prendersi carico di ciò che scrive e dice, e farne modello di vita. A volte è facile parlare di etica, morale, rispetto, libero pensiero, ma alla fine tutti guardiamo soltanto il nostro orticello o il nostro variegato blog fatto di verità assolute e di grandi pensieri. Sono solo parole, inutili parole. Ah dimenticavo un ultima cosa : Te sei fin troppo giusta per non "essere" , il non essere è ben altra cosa. Senza rancore continuerò a leggerti ma senza commentare e con un animo più leggero.
(Rispondi)
 
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